Ancora una volta l’Italia davanti alla Corte di Giustizia europea sulle acque reflue.

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corso d’acqua inquinato da scarichi

La Commissione europea ha nuovamente citato l’Italia davanti alla Corte di Giustizia europea per cattiva attuazione della normativa comunitaria sulle acque reflue.

La Corte di Giustizia europea ha già condannato l’Italia per ben due volte in proposito.

In precedenza, la sentenza Corte Giust. UE, Sez. I, 31 maggio 2018, causa C-251/17 aveva imposto all’Italia una sanzione pecuniaria di 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di oltre 100 centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie o sistemi di trattamento delle acque reflue in violazione della direttiva n. 91/271/CEE.

L’Italia era già stata condannata dalla Corte di Giustizia europea nel 2012 (sentenza 19 luglio 2012, causa C-565/10) e deferita per la seconda volta dalla Commissione europea per una procedura di infrazione avviata nel 2004.

A oltre sei anni di distanza dalla prima sentenza – ha osservato la Corte – il numero degli agglomerati non conformi si è ridotto da 109 a 74, ma è comunque grande il ritardo nel seguire le disposizioni comunitarie, che si applicano dal 31 dicembre 2000.

Non basta.  LItalia è già stata condannata dalla Corte per la gestione inadeguata delle acque di scarico urbane e ha in corso due procedura di infrazione per lo stesso motivo, una delle quali ha portato a una prima sentenza nel 2014.

Per questi motivi i giudici europei hanno stabilito che l’Italia dovrà versare nel bilancio comunitario una somma forfettaria di 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nell’applicazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012.

Nel 2014 il Governo Renzi aveva creato la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche per rendere più rapidi gli interventi infrastrutturali in questi settori, tuttavia i risultati sono stati ben inferiori alle attese e ora se ne pagano le conseguenze.

Negli ultimi anni l’Italia ha già pagato sanzioni pecuniarie irrogate dalla Corte di Giustizia europea per quasi 300 milioni di euro per la cattiva gestione dei rifiuti in Campania e per violazione delle normative comunitarie sulle discariche.

In caso di riscontrato contrasto, il GrIG ha chiesto l’apertura di una procedura di infrazione, ai sensi dell’art. 258 del Trattato UE (TFUE, versione unificata): qualora lo Stato membro non si adegui ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione  può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna che può prevedere una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.

Le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione.   

L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).

Attualmente sono ben 70 le procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, di queste 18 in materie ambientali.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

scarichi fognari

dal sito web istituzionale dell’Unione Europea, 13 marzo 2024

pacchetto infrazioni di marzo: decisioni principali.

La Commissione decide di deferire l’ITALIA alla Corte di giustizia in quanto il paese non ha pienamente rispettato la direttiva sulle acque reflue urbane.

Oggi la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia (INFR(2017)2181) alla Corte di giustizia dell’Unione europea in quanto il paese non ha pienamente rispettato gli obblighi di raccolta e trattamento stabiliti dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE).

La direttiva, che ha l’obiettivo proteggere la salute e l’ambiente, prevede che le acque reflue urbane siano raccolte e trattate prima di essere scaricate nell’ambiente. Le acque reflue non trattate possono comportare rischi per la salute umana e inquinano i laghi, i fiumi, il terreno e le acque costiere e sotterranee. Le informazioni presentate dall’Italia hanno evidenziato una diffusa inosservanza della direttiva in un totale di 179 agglomerati italiani.

Nel caso di 36 agglomerati l’Italia deve tuttora garantire la disponibilità di sistemi di raccolta delle acque reflue (o sistemi individuali o altri sistemi adeguati, in casi giustificati). In 130 agglomerati, l’Italia continua a non trattare correttamente le acque reflue raccolte. Per gli agglomerati che scaricano acque reflue in aree sensibili è necessario un trattamento più rigoroso di tali acque. In 12 agglomerati italiani questo obbligo non è ancora rispettato. Infine, in 165 agglomerati l’Italia non garantisce che gli scarichi idrici soddisfino nel tempo le condizioni di qualità richieste.

La Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel giugno 2018 e successivamente un parere motivato nel luglio 2019. Nonostante alcuni progressi, molti agglomerati continuano a non rispettare gli obblighi della direttiva. La Commissione ritiene che gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane siano stati insufficienti e ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Contesto

Ai sensi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, gli Stati membri devono disporre di una rete fognaria per tutti gli agglomerati con almeno 2.000 abitanti. Se l’istituzione di una rete fognaria non è giustificata, in particolare perché comporterebbe costi eccessivi, è possibile utilizzare sistemi individuali o altri sistemi appropriati, a condizione che garantiscano lo stesso livello di protezione ambientale. Gli Stati membri devono inoltre garantire che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane negli agglomerati con almeno 2.000 abitanti siano quantomeno conformi al livello di trattamento secondario (consistente nel trattamento del materiale organico nelle acque reflue urbane) prima di essere rilasciati nell’ambiente.

La presente procedura di infrazione rappresenta il quarto caso di infrazione aperto in relazione all’applicazione non corretta della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane in Italia (e si va a aggiungere alle procedure di infrazione INFR2004 (2034), INFR2009 (2034) e INFR2014 (2059). Non vi è sovrapposizione tra questi quattro casi, in quanto ciascuno di essi riguarda diverse violazioni degli obblighi stabiliti dalla direttiva. Complessivamente le quattro procedure riguardano più di 900 agglomerati.

Ulteriori informazioni

Procedura di infrazione dell’UE

Banca dati delle decisioni sui procedimenti di infrazione 

Link al pacchetto infrazioni del marzo 2024

Procedura di infrazione nei confronti dell’Italia (INFR(2017)2181)

Mappa interattiva delle infrazioni ambientali

Cologna Veneta, scarichi nel Fiume Fratta-Gorzone

(foto da mailing list ambientalista, M.F., archivio GrIG)

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