di Leonardo Bianchi
Il tentato omicidio di Donald Trump, avvenuto lo scorso 13 luglio a Butler (in Pennsylvania), ha generato sin da subito un’immensa quantità di teorie del complotto.
Tra ipotesi di “auto-attentato”, speculazioni su fantomatiche messinscene e attribuzioni di responsabilità ad attentatori falsi – su tutti spicca il caso di “Mark Violets”, ossia il giornalista italiano Marco Violi – il campionario è stato davvero vastissimo.
Molte tesi infondate sono state avanzate da ambienti repubblicani e trumpiani. Una delle più gettonate implica l’inesistente coinvolgimento di Joe Biden e del Deep State – un’espressione che indica una sorta di «stato profondo» annidato nelle istituzioni statunitensi, molto in voga nel movimento complottista di QAnon – nel tentato assassinio di Trump, descritto come un modo di bloccare il suo ritorno alla Casa Bianca.
Questa teoria è stata rilanciata su X, in modo esplicito e implicito, anche da alcuni parlamentari repubblicani.
Il deputato Greg Steube ha scritto che «hanno provato a metterlo in galera e ora cercano di farlo fuori». Mike Collins è andato oltre, dicendo che «Joe Biden ha dato l’ordine» di sparare perché qualche giorno aveva detto di «mettere Trump nel mirino». Il presidente democratico non lo intendeva di certo in senso letterale, ma si è comunque scusato di aver evocato quell’immagine.
Il senatore JD Vance – nominato da Trump come suo vice nel corso della convention del Partito Repubblicano – ha affermato che «non si tratta di un incidente isolato», dal momento che «il punto centrale della campagna di Biden è che Trump è un fascista autoritario che va fermato a tutti i costi. Questo tipo di retorica ha portato al tentato omicidio di Trump».
Anche la deputata ultratrumpiana Marjorie Taylor Greene si è unita al coro, incolpando «i democratici e i media» che «per anni e anni hanno demonizzato Trump e i suoi sostenitori. Alla fine qualcuno ha provato a uccidere il più grande Presidente di tutti i tempi».
Su Truth Social – il social di Donald Trump dove circolano indisturbate disinformazione e teorie cospirazioniste di ogni tipo – oltre a Biden sono stati indebitamente tirati in ballo Hillary Clinton, Barack Obama, George Soros, Bill Gates e la famiglia Rothschild.
Come ha notato il New York Times, dal giorno dell’attentato il tono dell’intera piattaforma è diventato molto più feroce e incattivito. Un utente, giusto per fare un esempio, si è rivolto a Trump con queste parole: «Ci lasci sapere se c’è qualcosa che possono fare per Lei 100 MILIONI DI PATRIOTI AMERICANI DAL SANGUE ROSSO [repubblicano]. Dica solo una parola, Signore, soltanto una parola».
Le teorie del complotto liberal sull’attentato a Donald Trump
Non sono però mancate teorie del complotto di segno opposto, provenienti cioè da personalità e influencer liberal e democratici.
Secondo una ricostruzione del Washington Post, utenti di orientamento progressista hanno avanzato dubbi su X sul fatto che il sangue di Trump dall’orecchio fosse vero; sostenuto che la sparatoria fosse una false flag – ossia un’operazione sotto falsa bandiera – organizzata dalla campagna di Trump; e infine, hanno parlato di una vera e propria messinscena a fini elettorali.
In un post visualizzato più di un milione di volte, un utente su X ha scritto che «questa è la cosa più finta degli ultimi tempi. [Trump] sa che perderà le elezioni, così mette in piedi questa roba e urla alla folla di combattere». Un altro utente citato dal Washington Post ha avanzato dubbi sul comportamento del servizio di sicurezza: «Perché gli hanno permesso di alzarsi e fare il pugno? Volete davvero mettermi in croce se penso che questa cosa sia falsa?» In realtà, Trump si è potuto alzare perché l’attentatore era stato ucciso e gli agenti avevano avuto il via libera per muoversi, come si sente nitidamente dalle conversazioni radio del servizio di sicurezza.
Il consulente politico Dmitri Mehlhorn – che lavora per Reid Hoffman, co-fondatore di Linkedin nonché grosso finanziatore del Partito Democratico – ha mandato una mail a diversi giornalisti spiegando che «la sparatoria potrebbe essere stata orchestrata […] da Trump e Putin» per far guadagnare consensi al candidato repubblicano. In seguito, dopo che la testata Semafor aveva riportato il contenuto della missiva, Mehlhorn è tornato sui suoi passi e si è scusato.
Anche una delle foto scattate subito dopo la sparatoria – quella in cui Trump è accovacciato per terra, circondato dagli agenti – è stata ritenuta fasulla dall’influencer democratico @LakotaMan1. «Il sangue è finto. La bandiera americana è al contrario. Non ci casco. È troppo perfetta», ha scritto su X. Un altro utente ha espresso perplessità sulla composizione del famoso scatto del fotografo dell’Associated Press Evan Vucci, suggerendone l’artificiosità in un post che ha raggiunto più di tre milioni di visualizzazioni.
Per catalogare questa specifica forma di complottismo, alcuni esperti hanno utilizzato il termine “BlueAnon” – un gioco di parole tra Blue, il colore ufficiale del Partito Democratico, e QAnon.
L’espressione designa per l’appunto una rete informale di personalità mediatiche, utenti di tendenze liberal e influencer democratici che adottano atteggiamento cospirazionisti, per certi versi assimilabili a quelli dei seguaci qanonisti.
La giornalista Taylor Lorenz, che si occupa di disinformazione e teorie del complotto, ha scritto sul Washington Post che il mondo di “BlueAnon” – come succede in quello di QAnon – è ossessionato dall’esistenza di «forze oscure che tramano nell’ombra per mettere i bastoni tra le ruote alla candidatura di Biden e riportare Trump al potere».
Le origini e l’ascesa di “BlueAnon”
“BlueAnon” aveva già fatto capolino nel dibattito pubblico statunitense. Le prime occorrenze si sono registrate tra il 2020 e il 2021, quando alcuni influencer filotrumpiani l’hanno utilizzato per screditare i democratici.
In particolare, chiunque parlasse di interferenze russe nella campagna elettorale del 2016 – accertate da quattro indagini diverse condotte da organismi parlamentari e agenzie di sicurezza federali – o delle accuse di molestie sessuali nei confronti del giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, veniva tacciato di far parte di “BlueAnon”.
Tuttavia, sempre intorno allo stesso periodo, altri osservatori non repubblicani avevano comunque rilevato la crescente diffusione di teorie del complotto anti-Trump di segno liberal. Come aveva scritto il giornalista Mike Rothschild in un articolo sulla testata Daily Dot, «i quattro anni di presidenza Trump sono state costellati da discussioni sul suo presunto status di spia russa, sulle sue finanze, sulla sua salute, e addirittura sull’ipotesi che sua moglie [Melania Trump] sia stata rimpiazzata da una sosia».
L’effetto cumulativo delle teorie del complotto a favore e contro Trump, proseguiva Rothschild, «hanno reso estremamente difficile discutere di politica in modo razionale […]. Invece di adottare un rigoroso scettiscismo, stiamo scivolando sempre di più verso spiegazioni intrise di complottismo».
Il termine “BlueAnon” è riemerso in tempi più recenti, soprattutto dopo il primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden. Su X, diversi utenti democratici hanno imputato la disastrosa performance del presidente all’illuminazione scelta dalla CNN, che l’avrebbero «reso pallido come un fantasma».
Sempre su X, altri utenti hanno sostenuto che l’intervista di Biden a ABC News – organizzata dopo il dibattito per dissipare i dubbi sulla sua salute fisica e mentale – non sarebbe andata per il verso giusto a causa di un presunto abbassamento della qualità audio operato dalla rete per far apparire il candidato democratico vecchio, debole e confuso.
Di fronte a queste speculazioni, il giornalista progressista Mehdi Hasan si è provocatoriamente chiesto sul Guardian se il Partito Democratico «non si stia trasformando in una specie di culto politico simil-trumpiano davanti ai nostri occhi».
Se da un lato c’è «una genuina e comprensibile paura per l’eventualità di un secondo mandato di Trump», dall’altro lato questa paura è accompagnata sempre più frequentemente da «mentalità di branco, iper-partigianeria […] e misinformazione». In altre parole, chiosa Hasan, «complottismo e paranoia stanno attecchendo anche nella sinistra liberal, non solo nella destra trumpiana».
A differenza di QAnon, che ormai è parte integrante della propaganda repubblicana, “BlueAnon” rimane comunque un fenomeno confinato in specifiche sacche dell’elettorato democratico, senza però venire adottato da parlamentari eletti.
Di sicuro, dopo l’attentato a Trump non è più possibile ignorare questo fenomeno. «Il paradigma manicheo Bene-contro-Male di QAnon si è impadronito del movimento anti-Trump», ha puntualizzato Mike Rothschild in un’intervista al Washington Post. «Trump è ritenuto talmente subdolo da essere capace di fingere il suo tentato omicidio per dare una spinta alla sua campagna elettorale».
E se il proprio avversario diventa l’incarnazione del male assoluto, allora si può finire col credere in qualsiasi cosa.
L'articolo “BlueAnon”, il complottismo anti-Trump che spopola tra i progressisti proviene da Facta.