Pensate ad un gioco: vi verrà in mente Tetris. E con Tetris possiamo chiudere un percorso iniziato a Lucca Comics and Games, partito col Principe di Persia, continuato con Final Fantasy e che ora si incrocia con Tetris, e con buona parte di questa rubrica.
Tetris nasce infatti da un ecosistema come quello sovietico provero di mezzi ma, talora, ricco di immaginazione e tentativi di fare di necessità virtù.
C’era una volta Tetris
Aleksej Pajitnov era un semplice ricercatore per l’Accademia Sovietica delle Scienze: il suo lavoro era assai semplice, testare l’hardware presente. Hardware umile anche per gli anni ’80, ma nondimeno, un mezzo per un uomo che sognava di “rendere tutti felici” con la sua arte.
I videogiochi non erano l’unica passione della vita di Pajitnov, ma lo erano anche i pentamini, un buffo incrocio tra i regoli e il domino, figure composte da cinque quadratini montati in vari forme che potevano essere assemblati in diverse forme geometriche.
Come Satoshi Tajiri dopo di lui (anche qui ci torneremo), Pajitnov era abituato a pensare i suoi programmi intorno ad una idea: giocare coi pentamini e doverli rimettere faticosamente nella loro scatola. Anche i programmatori sono stati bambini, e Pažitnov era stato un bambino povero in una casa popolare con una sola camera da letto.
Decise così che avrebbe provato a riprodurre l’esperienza dei pentamini sull’umile Elektronika 60, un clone senza licenza del DEC PDP-11/23, parte della serie di computer che abbiamo visto anche alle origini del computer occidentale.
Una serie di limiti crearono il Tetris moderno: Elektronika 60 non aveva grafica, quindi bisognava creare i pentamini con le parentesi quadre. Inoltre, i pentamini avrebbero reso il gioco particolarmennte complesso: Pajitnov si decise ad abbandonare i pentamini per passare ai tetramini, figure con soli quattro quadratini, introducendo peraltro un sistema in cui una linea “completata” si sarebbe automaticamente cancellata, per risparmiare risorse preziose nel programma.
Il “protoTETRIS” era già in buona parte il gioco che amiamo: mancava per ovvi motivi tecnici un sistema di punteggi e livelli, e Pajitnov decise di battezzare il suo gioco “Tetris”, ovvero “Tennis + Tetramini”, unendo il suo sport preferito (con un richiamo ad un gioco tipo Pong della prima generazione) con la sua passione preferita.
Tetris fu completato nel 1984, ed ebbe la stessa sorte che toccò a Colossal Cave Adventure e Zork: presto si diffuse tra gli accademici e dentro i confini della “Cortina di Ferro” di copia in copia.
Quando l’anno dopo ci fu domanda per una copia per i PC Compatibili che cominciavano a diffondersi all’epoca, Pajitnov affidò il codice al brillante sedicenne Vadìm Geràsimov, che non solo convertì tutto in Turbo Pascal, ma aggiunse il supporto per il colore e assieme a Pajitnov aggiunse il conteggio dei punteggi.
Tetris cominciava a prendere forma, ma non aveva una casa.
Il viaggio di Tetris
A questo punto della storia, Pajitnov voleva portare in giro Tetris per il mondo come “ambasciatore della benevolenza”, ma sembrava nessuno lo volesse. Pajitnov trasferì i diritti di sfruttamento all’Accademia, e il suo supervisore Victor Brjabrin ottenne che la Polacca Novotrade, fallita nel 2006 come Appaloosa Interactive, distribuisse Tetris in Polonia..
L’imprenditore americano Robert Stein si fa faxare (mediante Telex) un accordo commerciale che Pajitnov non comprendeva ancora essere tale: armato di questo accordo, Stein provò a portare Tetris nel mondo, incassando una serie di rifiuti.
Broderbund, famosa per la saga del Principe di Persia, rifiutò il prodotto in quanto “troppo russo”, come anche la Mastertronic famosa per i giochi economici per Commodore 64.
Sia pur non avendo tecnicamente ancora firmato un contratto, Stein cedette i diritti all’europea Mirrorsoft e alla Americana Spectrum Holobyte, andando poi a regolarizzare la posizione di diritti con Elorg, l’ente del ministero Sovietico che rappresentava Elektronika.
Tetris era arrivato su Amiga, Atari ST, ZX Spectrum, Commodore 64 e Amstrad CPC, con un’estetica a base di scenari russi che premeva l’acceleratore sulle origini sovietiche all’inizio rifiutate.
Pajitnov in questo rivolo di diritti non percepiva che spiccioli, se pure. Era contento comunque di aver visto il suo Tetris diventare l’ambasciatore di benevolenza che sognava. Ma a questo punto, con Tetris vincitore nel 1988 dei premi Best Entertainment Software, Best Original Game, Best Strategy Program, e Best Consumer Software come si direbbe nei videogames a new challenger appears, appare un nuovo personaggio sbloccabile.
Arriva Henk Rogers
Henk Rogers, vitriolico, istrionico ed energetico programmatore olandese, si trasferisce in Giappone nel 1970. “Questioni di donne”, dirà a Lucca Comics and Games nel 2024 per l’anniversario di Tetris, ma a voler essere seri, ebbe il problema che molti freelance hanno ancora oggi.
Nel 1984 anche lui aveva creato un videogioco, The Black Onyx, noto per essere se non il primo, uno dei primi giochi di ruolo alla Giapponese e codificatore di tutti gli stilemi del genere.
Genere che per dire, avrebbe portato dritto al Final Fantasy disegnato da Amano e alla saga di Pokémon senza passare dal via.
Rogers aveva tra le mani qualcosa che non sapeva avrebbe creato un genere amatissimo, ma sapeva di non avere nessuno a cui venderlo: gli fu proposto di fondare una casa editrice ed occuparsi delle vendite.
Per caso ed avventura Rogers divenne il CEO della Bullet-Proof Software Inc. e insieme alla moglie Giapponese divenne “imprenditore di se stesso”, promuovendo e vendendo la sua creazione.
Da cosa nasce cosa e Henk Rogers riuscì ad entrare in contatto con Hiroshi Yamauchi terzo presidente di Nintendo e primo presidente “dell’era attuale”.
Yamauchi fu quello che passò dalle carte Hanafuda alle carte plastificate coi personaggi Disney e poi assegnò a Gunpei Yokoi l’incarico di creare i giocatoli elettromeccanici prima, i giochi elettronici poi.
Fu anche l’origine del rigidissimo sistema del Nintendo Seal of Approval e il motivo per cui, ancora oggi, il punto di forza delle console Nintendo sono le forti proprietà intellettuali approvate dalla casa madre e il disprezzo della casa per l’homebrew, la possibilità di caricare agevolmente giochi di terze parti non voluti e fuori dal controllo Nintendo.
Henk Rogers riuscì a vincere le diffidenze di Yamauchi producendo una versione di Go, noto gioco da scacchiera Giapponese di cui Yamauchi era invaghito: il prodotto finale fu definito da Yamauchi troppo “facile” per un avido giocatore come lui, ma Rogers lo convinse che l’utente medio del NES l’avrebbe apprezzato.
Yamauchi, al contrario del suo successore Iwata, non era un giocatore. Era un imprenditore: non fu in grado di provare il Go di Rogers senza qualcuno che usasse il Pad progettato da Yokoi per lui, ma apprezzò e remunerò l’idea di Rogers.
Capirete ora dove si va a parare: al punto della storia in cui Henk Rogers viene a conoscenza di Tetris e decide di dargli un’occasione. Yamauchi era un imprenditore lontanissimo dalla figura del gamer, Rogers un ottimo conoscitore del mercato e del mondo dei videogames: nel 1988 Rogers scopre Tetris e ne comprende le potenzialità.
Il 1988 fu anche l’anno di presentazione alla stampa del GameBoy, venduto poi nel 1989 proprio con un bundle con Tetris: un noto aneddoto vuole Hank Rogers convincere Yamauchi ad acquisire i diritti di Tetris facendolo oggetto del primo bundle con un discorso riassumibile con una frase iconica
“Vendi il Gameboy con Mario e lo compreranno i bambini. Vendilo con Tetris e lo compreranno tutti”
Già a quei tempi, anzi da quei tempi in poi, Nintendo era ferocemente abbarbicata alle sue nascenti IP, ma il GameBoy sarebbe nato senza una vera e propria killer app.
Mario e Super Mario Bros. erano ben performanti sul NES, ma Henk Rogers comprese per primo che sul GameBoy ci voleva qualcosa di radicalmente diverso. Ricordiamo che fino al 1996, con la saga di Pokémon, il GameBoy non ebbe vere e proprie “killer app”, Tetris arrivò secondo dietro Pokémon ma Pokémon arrivò praticamente alla fine del ciclo vitale del GameBoy originale e assieme alle sue varianti, dal Color in poi.
Sostanzialmente la profezia di Henk Rogers era corretta: senza il bundle con Tetris, il destino del GameBoy sarebbe stato radicalmente diverso.
A latere, fu prodotto almeno un esemplare di Game&Watch con Tetris, lo “scacciapensieri” antenato del GameBoy e col doppio display che sarebbe tornato sul DS/3DS/2DS. Henk Rogers lo trovò scomodo, in quanto il doppio schermo spezzava l’azione.
Ironico, data la presenza di un Tetris per Nintendo DS nel 2006. Ma ora torniamo al passato.
Henk Rogers decise di ottenere i diritti di Tetris per il GameBoy, scontrandosi con la complicatissima storia legale emarginata fin’ora. Storia lunga, molto lunga, fatta breve, Henk Rogers si avvide di non riuscire ad ottenere i diritti per console portatili del Tetris da Stein e si recò personalmente in URSS, dove conobbe Pajitnov, per negoziare col governo Russo i suddetti.
Rogers riuscì ad anticipare Kevin Maxell, inviato da Mirrorsoft per ottenere i diritti e per questo descritto nel film Tetris del 2023 come il figlio e “servente” del padre reimmaginato come un cattivaccio da fumetto boss finale dell’eroico Rogers (in realtà il film tende a spettacolarizzare: comunque c’erano interessi economici e politici nel mezzo), riuscendo anche a tenere di conto il fatto che, come noi in questa rubrica ben sappiamo, l’URSS ha sempre avuto un concetto assai sui generis di proprietà intellettuale.
Il più era fatto: nel 1989 Nintendo e Bullet-Proof software ottennerro i diritti per la distribuzione di Tetris su console.
A questo punto il contratto di Stein prevedeva il concetto di computer come strumento con monitor e tastiera, lasciando quindi i diritti per console ad un diverso contratto che era quello di Nintendo.
Nintendo affrontò un ultimo ostacolo: una versione di Tetris di Atari/Tengen, che aveva ottenuto i suoi diritti da Stein, riuscendo a dimostrare ironicamente che il FamiCom (aka Family Computer), il nome originale del NES non era un computer anche se potevi munirlo di una cartuccia opzionale con BASIC e una tastiera.
Accessorio mai arrivato in Occidente, e sporadico per la sua rarità.
Il Tetris Atari, che pure ha tutt’ora la sua nicchia di appassionati, sparì dal commercio in un mese e il 21 Giugno del 1989 la Corte di San Francisco dichiarò che l’unica versione legittima di Tetris era quella Nintendo per NES e GameBoy.
Cominciò così la grande era di Tetris, che non è mai finita.
I colorati Tetromini, il Korobeiniki come tema musicale, quell’atmosfera un po’ Russa, un po’ “Russa come immaginata in Occidente” avrebbe accompagnato per sempre generazioni di giocatori.
Cosa accadde dopo
Pajitnov spese buona parte degli anni ’90 in Occidente, arrivando a trasferirsi negli USA nel 1991. Era ormai un programmatore di videogiochi a tempo pieno, e la Perestrojka aveva aperto opportunità a lui ed al mondo libero.
Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale (e forse fino al conflitto in Ucraina, purtroppo…) lo scenario descritto da Broderbund per cui qualcosa proveniente dalla Cortina di Ferro sarebbe stato rigettato e odiato e viceversa era stato spezzato. Tetris fu, era e sarà un vero ambasciatore di benevolenza.
Ci saranno decine di versioni e seguiti di Tetris, da Bombliss all’attuale Tetris 99, party game online fornito coi servizi multiplayer di Nintendo Switch, erede tematica di NES e GameBoy, console sia fissa che portatile.
Henk Rogers e Aleksej Pajitnov cercheranno, riuscendovi, di riunificare la questione dei diritti frammentati, arrivando a fondare la The Tetris Company nel 1996, all’apposito scopo di riunire le licenze (comprando anche le parti rimaste di ELORG dopo la caduta dell’URSS) e creare un framework per cui ogni autore di giochi su licenza Tetris possa basarli su un set di regole condiviso.
Tetris è diventato una vera e propria leggenda, anche esso avvolto da leggende metropolitane, come quella sui veri nomi americani dei Tetramini (in realtà nata da una scansione falsificata del manuale) e protagonista di diversi eventi di cronaca, come l’avventura del primo ragazzo al mondo a finire Tetris per NES (in realtà, a “finirlo” in senso letterale: allenando i suoi riflessi perfezionati fino al punto di mandare in crash il NES diventando uno dei casi più famosi di uomo che sconfigge la macchina).
Durante un’intervista a Lucca Comics&Games 2024 Henk Rogers definirà anche per questo Tetris come “un’esperienza zen” e un prodotto per meditare.
Tra gli aneddoti rivelati, scopriamo che la versione preferita di Rogers è Tetris: The Grand Master, versione prodotta da Arika nel ’98 come evoluzione della versione Arcade caratterizzata da un livello di difficoltà ed abilità richiesta superiore, mentre la più odiata è Tetrisphere, tentativo di rendere il gioco tridimensionale basato su un porting per Nintendo 64 di un gioco inizialmente nato per lo sciaguratissimo Atari Jaguar.
Con Rogers e Pajitnov inseriti nella Lucca Walk of Fame per l’eternità, chiudiamo la storia ricordando che ora Hank Rogers è un fervente ambientalista che finalmente dopo una vita avventurosa ha deciso di regalarsi un lunga pensione, ma non priva della passione per la vita e per il mondo che ha caratterizzato tutta la sua vita, e Pajitnov è ora un affermato programmatore che continua a sognare il mondo di pace e benevolenza alla base del Tetris.
Oggi potremmo definire Rogers un Elon Musk migliore, pronto a difendere l’ambiente e progettare una corsa allo spazio dal volto umano e sorridente di qualcuno che, creando avventure, ha vissuto il mondo stesso come la più grande delle avventure.
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