Caccia per fame e caccia per divertimento.

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Giraffa (Giraffa reticolata)

2024. La Namibia, paese nel quale gran parte della popolazione è poverissima, sull’orlo di una devastante crisi alimentare uccide circa 700 esemplari di fauna selvatica per fame.

2024. Circa 50 mila cacciatori italiani vanno a praticare la caccia a pagamento nei Balcani e in Marocco, uccidendo migliaia e migliaia di esemplari di fauna selvatica per fini ludici.

Necessità e divertimento.     In mezzo c’è un abisso.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

branco di Lupo europeo (Canis lupus)

da Il Fatto Quotidiano, 3 settembre 2024

La Namibia ha iniziato l’abbattimento di 700 tra elefanti, zebre e ippopotami per combattere la siccità: “Così la popolazione avrà cibo”.

La Namibia ha iniziato l’abbattimento di 700 tra elefanti, zebre e ippopotami per combattere la siccità: “Così la popolazione avrà cibo”.

Ippopotami, elefanti, bufali, zebre e altri animali selvatici. Tutti uccisi per combattere la siccità che sta assettando e affamando il Paese. È questa che la Namibia ha iniziato ad adottare per affrontare una delle più gravi crisi idriche della sua storia recente. Lo Stato ha iniziato l’abbattimento di oltre 700 animali selvatici per nutrire popolazioni affamate a causa della carenza di pioggia che sta provocando scarsità nei raccolti.

Finora sono 160 gli animali uccisi nell’ambito di questa misura governativa annunciata la settimana scorsa che permetterà, oltre a fornire carne a migliaia di persone, di ridurre la pressione sulle risorse di pascolo e idriche gravemente compromesse dalla siccità. Cacciatori professionisti sono stati incaricati di abbattere 30 ippopotami, 83 elefanti, 60 bufali, cento gnu blu ed “eland”, trecento zebre e 50 impala. L’abbattimento dei primi 157 animali ha permesso di “fornire 56.875 kg di carne”, ha precisato il ministero dell’Ambiente.

La Namibia ha dichiarato lo stato di emergenza a maggio a causa di questa siccità che sta colpendo diversi paesi dell’Africa australe. Il Programma Alimentare Mondiale (Pam) delle Nazioni Unite aveva avvertito il mese scorso che circa 1,4 milioni di namibiani, quasi la metà della popolazione, stanno vivendo una grave insicurezza alimentare, con la produzione cerealicola crollata del 53% e i livelli d’acqua delle dighe ridotti del 70% rispetto all’anno scorso.

Orso bruno (Ursus arctos)

da Il Fatto Quotidiano, 1 settembre 2024

L’esodo dei 50mila italiani per cacciare specie protette senza controlli, dai Balcani alla Romania. “Ucciderete orsi e lupi. Poi serate hot”. (Alberto Marzocchi)

C’è chi garantisce: è possibile uccidere tre orsi in tre giorni. Tutto dipende “solo dal budget che avete”. C’è chi, nell’attesa, propone di far fuori qualche lupo. E chi in Romania mette a disposizione dei turisti “quattro milioni di munizioni”. Quattro milioni, è uno scherzo? “No no, abbiamo anche 600 fucili“. Nemmeno volessero muovere guerra alla vicina Moldavia. E in tutti i Paesi contattati, dall’Est Europa fino al Marocco, passando per i Paesi baltici, il divertimento notturno è assicurato: “Abbiamo i nostri contatti, certo. Ve la potete spassare dalla mattina alla sera”. Di cosa si parla? Di prostituzione.

Ci sono decine di agenzie – ufficiali e un po’ meno – che si occupano in Italia di turismo venatorio all’estero. I cacciatori nostrani si danno da fare con le prenotazioni dalla fine di luglio fino a dicembre, per lo più. Dunque sia quando la stagione venatoria nel nostro Paese è ancora chiusa sia quando è nel pieno della propria attività (oggi, domenica 1 settembre, c’è la preapertura, poi dal 15 l’apertura vera e propria). Ma non ci si ferma mai, perché per esempio c’è la possibilità, nel Nord Europa, di cacciare in primavera e, volendo farla proprio grossa, si può optare per mete più esotiche: dal Nepal al Sudafrica, passando per Argentina e Zambia. Cosa si caccia? Di tutto. I pacchetti meno costosi – in genere propongono tre, quattro, cinque notti – sono quelli che riguardano i volatili. Poi ci sono gli ungulati. E qui il discorso cambia, perché per portare a casa un trofeo di cervo si spendono diverse migliaia di euro. Fino alle specie protette in Unione europea, come appunto gli orsi, o quelle più impensabili: l’alce, l’ular asiatico, il tahr dell’Himalaya fino, ovviamente, ai cosiddetti Big Five (leone, leopardo, rinoceronte, elefante e bufalo africani).

SPECIE PROTETTE, ZERO CONTROLLI E SEX WORKER – È difficile quantificare quanti italiani pratichino turismo venatorio oltre confine. A guardare la varietà dell’offerta delle agenzie e di chi sui social si vende come organizzatore di viaggi, non sono pochi. Il Wwf qualche anno fa ha provato a fare una stima: 50mila cacciatori. Il giro d’affari? Milionario, se si considerano il viaggio, gli eventuali trofei, fucile e attrezzatura, il disbrigo delle pratiche burocratiche e, naturalmente, il pernottamento nel Paese straniero. Che cosa spinge un cacciatore italiano ad andare fuori confine? Qui è più facile rispondere. E i punti sono tanti. Per prima cosa, come detto, è possibile uccidere specie che da noi (e in Ue) sono protette. Non solo grandi carnivori, anche volatili, come il gallo cedrone e il francolino. Secondo: molto spesso all’estero non ci sono limiti di carniere. Ed è ciò che assicurano le persone contattate da ilFattoQuotidiano.it: “Vieni qui e spari quanto vuoi”. Terzo aspetto, legato al secondo: ci sono in genere pochi controlli ed è possibile utilizzare strumenti vietati in Italia, come i richiami acustici. Ultimo punto, in parte già anticipato: si può cacciare in periodi in cui da noi l’attività venatoria è ferma. Sì, poi c’è anche la possibilità di intrattenersi con le sex worker locali. Ma questo, in teoria, va oltre la caccia in senso stretto.

Albania, cacciatori sardi (da Facebook)

La prima telefonata è a un cacciatore 60enne, italiano, che ha base in Romania. È quello che ci rivela di avere 600 fucili e quattro milioni di munizioni. Parecchie, se si tiene conto che in Italia si possono detenere 1.500 cartucce a fucile (da caccia) e se ne possono portare mille oltre confine (art. 6bis, DM 24 novembre 1978). Ma tant’è. Lui organizza anche i taxi per il “divertimento notturno”, che in quel Paese sarebbe vietato (come da noi). Qui si spara principalmente a tordi, allodole e quaglie. Sostanzialmente senza limiti: “Nei giorni di magra ne passano 3mila, nei giorni normali ne passano 10mila. Un sogno“. Purché non si spari a specie vietate: “Ti mettono dentro e buttano via la chiave” dice il cacciatore. Volatili che, va sottolineato, subiscono la pressione tanto dei cacciatori locali quanto di quelli che vengono da fuori. Un caso emblematico è quello dell’Albania, che nel 2014 ha avviato una moratoria di due anni sulla caccia, per via delle stragi di passeriformi, conigli, volpi e coturnici. “Una misura drastica ma necessaria” la definì il ministro all’Ambiente di allora, Lefter Koka. Le istituzioni e le doppiette locali diedero la colpa, tra gli altri, ai cacciatori italiani.

LA CACCIA ALL’ORSO (E IL CORTOCIRCUITO) – Nella seconda telefonata risponde un cacciatore italiano che vive in Romania da sei anni. “Sto portando dei clienti a quaglie in questo momento. Cacciare l’orso? Vi do io il contatto giusto. E vi do anche un consiglio: se siete fortunati e lo uccidete subito, potete fermarvi a far fuori qualche lupo, lì ce ne sono tanti”. Con “lì” intende la Bosnia. Nuova telefonata: “L’orso? Certo che si può cacciare. Se siete in tre, possiamo ucciderne tre, uno a testa, dipende soltanto dal vostro budget. Il singolo trofeo va da un minimo di 3mila euro a un massimo di 12mila euro”. In quanti giorni? “Potete fermarvi tre notti”. E in tre notti è possibile cacciare tre orsi? “Sì, devo vedere quali ci sono, in quali zone. In Croazia siete mai stati?”. Mentre la Bosnia non fa parte dell’Unione europea – ha avviato le trattative per aderirvi – la Croazia vi è entrata 11 anni fa. Lì sarebbe vietato cacciare l’orso, ma la persona al telefono si muove sul filo sottile dell’ambiguità: si ammazzano un po’ in Bosnia, un po’ in Croazia. Dipende dai loro spostamenti. E la sera? “Ogni cliente trova ciò che vuole, ce n’è per tutti i gusti. Ci possiamo muovere tra Mostar e Spalato“.

La legislazione italiana vieta di cacciare orsi, linci e lupi e, di conseguenza, vieta l’imbalsamazione. Ma è sufficiente fare una decina di ore in auto (o prendere un aereo) ed ecco che il gioco – e il cortocircuito – è fatto: si ammazza l’orso, lo si lascia lì due-tre settimane per i trattamenti e dopo un mese si può esibire la testa (o la pelle) nel soggiorno di casa. Un passatempo che piace a tutti i cacciatori europei: l’Italia importa appena il 2% dei trofei in tutta l’Unione europea (in testa ci sono Germania, Spagna e Danimarca). E nel quinquennio 2014-2018, rispetto al precedente, il traffico è aumentato del 39,29% (dati: Humane Society International).

RESORT E POLENTA E OSEI – In Bulgaria, vicino a Veliko Tarnovo, ci sono due sistemazioni di lusso in stile rinascimentale con piscina, idromassaggio e centro benessere. Il pernottamento per sei notti, per un cacciatore, costa intorno ai 1.700 euro. Viaggio, fucile, munizioni e trofeo esclusi. Cosa si può uccidere? Cervi, daini, caprioli, mufloni, cinghiali e lupi. I trofei più costosi sono quelli di cervo: oscillano tra i 1.500 e i 12mila euro. Mille, 2.000 o 3.000 euro per daini e caprioli. Mille per il lupo. In Grecia propongono la caccia ai tordi: “È un vero paradiso, li spiumiamo noi, poi li mettiamo nei congelatori e potete riportarli in Italia. Così siete pronti per la polenta e osei. Divertimenti extra? Il posto migliore è il Marocco, ho lì due clienti che vengono dal Qatar. Se la spassano così tanto che non smettono più di ringraziarmi”.

Leone (Panthera leo)

(foto P.F., S.D., archivio GrIG)

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