Martedì 4 aprile dalle ore 10.30 come USB saremo in presidio al tribunale di Palmi, in solidarietà con Raffaele Carbone, giovane operaio calabrese di Polistena, che attende per quel giorno la sentenza di un lungo processo per calunnia nel quale è stato trascinato dall’imprenditore Samuele Furfaro.
I fatti, che risalgono a qualche anno fa, sono abbastanza chiari: una nota trasmissione televisiva nazionale trasmette in prima serata un servizio sulla Fmb Tubes, l’azienda di carpenteria metallica rappresentata dal Furfaro. Durante l’intervista l’imprenditore sciorina i vari ritornelli che ormai siamo abituati a sentire da parte della classe padronale nei vari talk show, come quanto sia importante il valore aggiunto che il lavoratore offre all’azienda per decidere o meno un’assunzione o quanto sia indifferente l’aiuto economico che lo Stato ha offerto in tutti questi anni per assumere lavoratori percettori di Reddito di Cittadinanza (eppure abbiamo visto, soprattutto dopo il Jobs Act, quanto determinante fosse la decontribuzione pagata dalla collettività per l’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato). Dietro di lui immagini a dir poco scontertanti per chi conosce il lavoro in fabbrica e sa quanto sia importante osservare le prescrizioni in tema di sicurezza: mascherine per la saldatura rattoppate con il nastro adesivo, saldature fatte senza aspiratori, personale che fuma e senza guanti durante le operazioni, personale senza cuffie, operai senza cappello protettivo mentre si usa il carroponte. Infine, il “buon esempio” mostrato in mondovisione ha la sua ciliegina sulla torta nel fatto che né la conduttrice né l’imprenditore indossano protezioni all’interno del capannone durante l’intervista.
Raffaele reagisce al messaggio provocatorio che il servizio dà, lo fa alla luce delle sue personali esperienze e consapevole di quanto la disattenzione alle norme di sicurezza abbia costato in Italia negli ultimi anni centinaia e centinaia di morti sul lavoro. Basterebbe ricordare il caso di Luana, morta per via dell’assenza di strumenti protettivi nel macchinario, assenza finalizzata a rendere più spedita la produzione, o l’esempio dei ragazzi in alternanza scuola-lavoro morti colpiti da travi e altri oggetti in fabbrica.
Raffaele lo fa però in maniera spropositata, sbagliando sicuramente nei toni e nei modi e scadendo sul piano personale. Ha anche commesso l’errore di pensare di poter rispondere alle storture del mondo del lavoro in maniera individuale, in uno scontro che in queste condizioni diventa sempre perdente.
La nostra organizzazione sindacale conosce bene la rabbia di Raffaele e dei tanti sopraffatti da un mondo del lavoro fatto di sfruttamento e soprusi, per questo con la nostra solidarietà alla sua vicenda vogliamo dare un segnale a tutti coloro che, spinti dalla rabbia, non sanno come combattere l’arroganza padronale. Uniamoci, denunciamo i soprusi e usiamo le armi che abbiamo per mettere sulla difensiva gli sfruttatori: l’organizzazione e la solidarietà tra sfruttati!
USB Calabria