Il governo italiano sta frenando sullo stop alle auto endotermiche al 2035 affermando che l’opzione dell’elettrico non è l’unica risposta alla mobilità del futuro e che si deve dare spazio anche alle alternative, come biocarburanti e idrogeno, oltre che carburanti sintetici.
Ma il concetto di “neutralità tecnologica”, utilizzando queste ultime tecnologie e vettori energetici appare fuorviante, perché non vengono analizzati i livelli di efficienza, di emissioni e di potenziale disponibilità/produzione, molto differenti tra loro.
Intanto il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti dei 27 Stati membri al Consiglio Ue) ha dato via libera al regolamento sulle emissioni di CO2 delle auto, che prevede il loro azzeramento dal 2035 e quindi, di fatto, il blocco delle vendite di nuovi veicoli endotermici.
Oggi, martedì 28 marzo, è prevista l’adozione finale del provvedimento al Consiglio energia in corso a Bruxelles. La situazione si è sbloccata grazie all’accordo raggiunto in questi giorni tra Germania e Commissione europea sul futuro impiego post 2035 degli e-fuel, i carburanti sintetici ricavati da idrogeno e CO2.
Tuttavia, utilizzare biocarburanti e carburanti sintetici è un modo per mantenere in vita i motori a combustione. Ad esempio, usarli per le auto è una soluzione fino a quasi 5 volte meno efficiente, in termini di consumi energetici, rispetto alle prestazioni dei veicoli elettrici a batteria. Avrebbe senso impiegarli per aerei e navi a lunga percorrenza, ma non per i veicoli su gomma.
In sostanza, ciò significa che, a parità di fabbisogno di mobilità, i veicoli alimentati con biocarburanti o carburanti sintetici richiedono una quota di energia nettamente superiore, emettendo perciò potenzialmente molta più CO2 dei veicoli elettrici.
La maggiore efficienza dei veicoli elettrici può in media (in Ue) ridurre le emissioni di CO2 del 69%, nel corso del loro ciclo di vita, rispetto ai veicoli a benzina.
Questi dati arrivano da diversi centri di ricerca e sono stati riportati in un recente documento di Transport & Environment (T&E) dal titolo “Carburanti biologici e sintetici: tutto ciò che bisogna sapere” (vedi link in basso), che invitiamo a leggere perché ricco di dati.
Un altro aspetto che va considerato è che l’utilizzo di carburanti biologici e sintetici ha una limitata disponibilità: la produzione non è scalabile, cioè i volumi di cui si potrà disporre nei prossimi anni, daranno un contributo estremamente modesto alla decarbonizzazione del trasporto stradale.
Ma è il dato sui biocarburanti prodotti da colture dedicate, tanto voluti da Eni e quindi dal nostro governo, a essere rilevante: producono fino a 3 volte le emissioni del diesel tradizionale che dovrebbero sostituire.
E dal punto di vista energetico (output energetico), la loro produzione richiede un consumo di suolo 40 volte superiore rispetto al fotovoltaico con cui si può alimentare la batteria di un veicolo elettrico, oltre a richiedere un ingente uso di acqua.
Nel disegno sotto, si chiarisce questo aspetto sull’eventuale uso del suolo per produrre l’energia necessaria a soddisfare lo stesso chilometraggio, con terreni coltivati per i biocarburanti e con terreni su cui sono installati pannelli fotovoltaici (fonte: T&E).
Quindi per far percorrere a un’auto alimentata da biocarburanti lo stesso percorso di un’auto elettrica alimentata dal solare, il fotovoltaico richiede appena il 2,5% del suolo necessario alla coltivazione di biocarburanti.
Peraltro, il loro utilizzo è molto inefficiente nei motori a combustione interna, tanto che se la stessa quantità di energia prodotta dai biocarburanti fosse impiegata per alimentare veicoli elettrici, sarebbe possibile far circolare un numero di veicoli 3,5 volte superiore.
Inefficiente è anche l’ipotesi della produzione di HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) che Eni vorrebbe produrre e commercializzare entro il 2030.
Si tratta di 5 milioni di tonnellate di HVO che potrebbero alimentare al massimo 6,9 milioni di veicoli del parco circolante italiano (o il 20%). Con la stessa energia prodotta da questi combustibili, e a parità di chilometraggio, l’elettrificazione diretta permetterebbe di alimentare 24 milioni di veicoli elettrici al 2030 (70% circa del parco circolante italiano).
Adottare la soluzione più efficiente – veicoli elettrici alimentati da rinnovabili – e lasciare il terreno restante (97,5%) al processo di ri-naturalizzazione, porterebbe poi ad ulteriori benefici ambientali e climatici: da un lato l’aumento della biodiversità e dall’altro l’incremento della capacità di assorbimento di carbonio.
Così si potrebbero risparmiare fino a 3 volte le emissioni teoricamente evitate con i biocarburanti. Questo grafico tratto dal documento T&E lo spiega bene.
In aggiunta va ricordato che il processo di combustione dei motori endotermici, siano essi alimentati da carburanti fossili, biologici o sintetici, produce inquinanti locali che hanno un notevole impatto sulla qualità dell’aria. Biocarburanti ed e-fuel generano emissioni di particolato e ossidi di azoto (NOx) simili a quelli prodotti dalla benzina.
Una curiosa incongruenza la evidenzia la responsabile energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla, che si domanda: come mai Coldiretti, che si oppone al fotovoltaico a terra affermando che “ruba terra all’agricoltura”, è però molto favorevole ai biocarburanti che potrebbero veramente entrare in competizione con la produzione di cibo?
Una possibile risposta data dalla stessa Midulla è che Coldiretti ha stretto un accordo con Eni sui biocarburanti. Il colosso energetico, forse oggi il vero ostacolo alla maggiore spinta dell’auto elettrica, punta di fatto a non modificare più di tanto il suo modello di business.
Ci piacerebbe ricevere una replica circostanziata da parte di Coldiretti sulla questione biocarburanti vs fotovoltaico. Qualche dubbio però che arrivi da Eni, invece, ce lo abbiamo.
- Il documento di T&E (pdf)