Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questa dichiarazione dei GPI, che motiva la loro convinta adesione alla Rete Liberi/i di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660, ai cui lavori preparatori hanno preso parte con altrettanta convinzione fin dai primi passi.
Ci piace il loro invito conclusivo a “tutti/e” ad aderire a questo sforzo unitario di contrapposizione frontale al disegno repressivo del governo Meloni e della classe capitalistica che ne guida i passi.
27 settembre,
Redazione Il Pungolorosso
Come Giovani Palestinesi d’Italia aderiamo alla rete “Liberi/e di lottare” per opporci
all’approvazione del Disegno di legge 1660 (Ddl Sicurezza).
Qualche giorno fa la Camera dei deputati del Parlamento ha approvato il disegno di legge (Ddl), che ora passerà al Senato per una discussione che avverrà a ritmi serrati.
Il Ddl in questione non è certo l’inizio nella repressione del conflitto sociale e del dissenso, ma ne rappresenta sicuramente un salto di qualità, secondo alcuni il più grande in decenni.
MA COSA PREVEDE IL DDL 1660?
Reati di “terrorismo” e cittadinanza
Il testo approvato dalla Camera interviene innanzitutto sul reato di terrorismo, estendendo la gamma di condotte sanzionabili, arrivando a punire la detenzione di materiale contenente istruzioni per il compimento di azioni di attivismo o resistenza, oltre al cosiddetto “terrorismo della parola”.
Inoltre, il Ddl prevede che possa essere revocata la cittadinanza a chi ce l’ha doppia: questa disposizione rende le persone di origine straniera (indipendentemente dal luogo di nascita) maggiormente esposte all’azione repressiva.
Criminalizzazione della marginalizzazione sociale Il disegno di legge prevede un generalizzato aumento delle pene previste per i reati legati all’occupazione di case, accattonaggio ed estensione delle ipotesi di applicabilità del DASPO.
L’aumento delle pene superiori nel massimo a 5 anni permetterebbe ai giudici di
applicare la misura cautelare detentiva in carcere.
Incremento della repressione diretta del dissenso e del conflitto sociale
Il testo del Ddl prevede aumenti di pena per violenza o resistenza alle forze dell’ordine, oltre che un inasprimento del regime sanzionatorio per diversi reati, punendo sia gli autori che chi coopera nello stesso modo, irragionevolmente. Inoltre, alcuni illeciti amministrativi sono stati trasformati in penali, con applicazione della pena detentiva.
La repressione nel carcere e nei CPR
La stessa ratio repressiva si ritrova anche nel “reato il rivolta”, che prevede pene altissime per chi protesta attivamente o passivamente negli istituti penitenziari, ma anche nei CPR e nelle strutture di accoglienza per migranti. L’applicazione del reato anche ai centri di rimpatrio, così come ai centri di cosiddetta “accoglienza”, conferma ancora una volta la natura detentiva e disumana di questi posti, in cui la reclusione è lo stumento prediletto per rispondere all’immigrazione.
Aumento dei poteri e immunità delle forze di polizia
Tra le diverse disposizioni, desta particolare allarme l’autorizzazione per gli appartenenti alle forze dell’ordine di portare senza licenza un’arma diversa da quella di ordinanza fuori dall’esercizio delle proprie funzioni.
Il testo di legge in corso di approvazione segna la trasformazione da stato sociale a stato penale, in cui la crescita della repressione non è solo un aumento delle fattispecie punitive, ma diventa una vera e propria tecnica di governo, soprattutto contro gli elementi più fragili ed emarginati della società. L’aumento di pene e il generale inasprimento delle misure repressive è direttamente collegato al conflitto sociale, trasformando la repressione in uno strumento ordinario di governo della società.
Il Ddl 1660 rappresenta un salto di qualità nella repressione, ma non è di certo l’inizio, e il contesto in cui è arrivato ne è la prova:
- Le nostre città sono sempre più militarizzate (in modo generalizzato, o in occasione delle manifestazioni);
- Le politiche di governo della piazza di ordine pubblico sono sempre più cruente, seguendo una tendenza esponenzialmente violenta e repressiva;
- Graduale (re)introduzione di vecchi strumenti di repressione negli ultimi tre decenni, ora applicati spe cificatamente al conflitto sociale (es. DASPO, fogli di via, reato di oltraggio e di blocco stradale);
- Tutto ciò avviene in quadro di saldatura sempre più evidente tra politica, media e apparati militari, tesi sempre di più verso un’alleanza di stampo conservatore e reazionario.
Stiamo assistendo a un salto di qualità repressivo, che richiede una risposta all’altezza della situazione, che sia salda e ferma.
Per questo aderiamo alla rete “Liberi/e di lottare” e invitiamo tutti e tutte a farlo.
Il Manifesto della Rete Liberi/e di lottare
Fermiamo insieme il DDL 1660
C’è stata nei giorni scorsi un’ampia consultazione sulla bozza di Manifesto proposta dai promotori delle assemblee on line del 21 luglio e del 4 agosto, e fatta circolare tra i partecipanti alle stesse. La grandissima parte degli organismi che hanno aderito a questa Rete ha accettato il testo così com’era; altri, invece, hanno presentato proposte di integrazione o di piccole specificazioni che abbiamo inserito, senza ovviamente modificare in nulla il suo contenuto essenziale.
Pubblichiamo anche un primo elenco delle adesioni, ne sono già preannunciate altre. Le nuove adesioni vanno inviate alla seguente email: fermiamoidecretisicurezza@gmail.com
Nei prossimi giorni creeremo un gruppo Telegram della Rete in modo da consentire una rapida comunicazione diretta tra tutti gli organismi aderenti, e daremo informazioni sulla sede del seminario e della riunione di domenica 8 settembre a Roma. (Red.)
Da molti anni, con i più svariati pretesti, i governi di diverso colore hanno introdotto leggi per limitare l’agibilità di scioperare, lottare, manifestare.
Il governo Meloni è deciso a proseguire questa operazione facendo un salto sia qualitativo che quantitativo rispetto ai precedenti governi attraverso il disegno di legge 1660, che il 10 settembre passa alle Camere per la discussione e l’approvazione.
Con questa “legge-manganello” il governo vuole “regolare i conti” con tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.
Il DDL 1660, introducendo nuovi reati e nuove aggravanti di pena, colpisce insieme le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio di Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto.
Il DDL 1660 arriva a punire anche il “terrorismo della parola”, cioè la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta – dal momento che, gratta gratta, dietro il ricorso alla categoria “terrorismo”, usato apposta per creare paura, non c’è altro che la lotta di classe e le lotte sociali ed ecologiste.
Il DDL 1660, mentre criminalizza ogni forma di dissenso, prevede la totale impunità per le forze dell’ordine, le quali saranno ulteriormente tutelate nei casi sempre più frequenti di “abuso in divisa” e potranno portare armi anche fuori servizio : massima restrizione della libertà di lottare per tutti/e da un lato, massimo ampliamento della potestà di reprimere, picchiare e punire per le “forze dell’ordine”, messe al riparo da ogni responsabilità per i loro comportamenti.
Questo disegno di legge è parte del più generale programma reazionario del governo Meloni (Dio, patria, famiglia) ed è funzionale all’economia di guerra, alla corsa al riarmo e verso una nuova guerra globale; è scritto sotto dettatura dei comandi militari italiani, europei, NATO, e in linea con il restringimento delle libertà politiche che prende corpo in tutti i paesi del vecchio continente: lo firmano insieme, non a caso, i tre ministri dell’interno, della “difesa” e della “giustizia” (Piantedosi, Crosetto, Nordio).
Una legge liberticida, schiavista, da stato di polizia, che va assolutamente fermata!
Vogliamo unire le nostre forze per respingere questo disegno politico, e affermare che ci riterremo liberi/e di continuare a lottare.
Questo DDL va fermato: ma non saranno certo le opposizioni parlamentari a fermarlo, quelle che negli anni passati hanno varato i decreti Minniti e i decreti Salvini; quelle che sostengono fanaticamente la guerra tra NATO e Russia in Ucraina; quelle che non hanno alzato un dito contro il genocidio in Palestina perché da sempre schierate a favore dell’oppressione coloniale e razzista del sionismo contro le masse palestinesi.
Solo il rilancio delle lotte proletarie, sociali, ecologiste, e contro le guerre in corso, solo un grande movimento unitario contro questo DDL nei luoghi di lavoro, di studio e nelle piazze, potrà impedire l’approvazione della legge e, se questa verrà approvata, contrastarne l’applicazione e fare da argine alla repressione padronale e di stato: è in questa ottica che le nostre assemblee hanno avviato un dialogo tra movimenti ed esperienze che negli anni passati si sono quasi sempre reciprocamente ignorate pur cadendo tutte, in una forma o nell’altra, sotto i colpi di magistratura, polizia e carabinieri.
Per questo, dopo le due assemblee del 21 luglio e del 4 agosto, e l’assemblea indetta dal SI Cobas il 28 luglio, abbiamo messo all’ordine del giorno la costituzione di un coordinamento permanente tra i movimenti, i collettivi, gli organismi, le organizzazioni sindacali, politiche, le singole e i singoli attivisti che condividono l’obiettivo di una mobilitazione unitaria contro il DDL 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso esprime, con l’invito a costituire dei nodi locali di questa Rete per promuovere iniziative diffuse di lotta e di sensibilizzazione.
Questo coordinamento prende il nome di Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660 proprio perché in gioco c’è la possibilità stessa di mobilitarsi contro le guerre in corso, contro lo sfruttamento del lavoro, il saccheggio della natura, la speculazione edilizia ed energetica, il razzismo di stato che discrimina le popolazioni immigrate, gli attacchi ai diritti acquisiti delle donne, la possibilità di resistere e lottare per i reclusi nei CPR e nelle carceri, dove ogni giorno si muore di violenza, di torture e di disperazione.
La Rete è aperta ad accogliere chi ne condivida gli obbiettivi, con tre sole (ma imprescindibili) discriminanti: essere per il totale rigetto del DDL, che non è riformabile né emendabile; essere in modo inequivoco contro le guerre in corso e l’economia di guerra, da cui il DDL nasce; impegnare le proprie forze per lo sviluppo di una mobilitazione unitaria, in autunno e oltre l’autunno, con il ricorso a tutti i mezzi di lotta necessari, inclusi quelli che il DDL vuole a tutti i costi interdire.
La vera sfida che ci attende è quella di raggiungere con la nostra propaganda e agitazione un’area della società molto più ampia di quella abitualmente coinvolta nelle proteste e nelle lotte, composta di lavoratori/lavoratrici, disoccupati/e, studenti/studentesse e persone comuni che forse intuiscono i pericoli da noi denunciati, ma ancora non si sono mossi.
Il percorso di lotta che la situazione interna ed internazionale ci prospetta come necessario non sarà breve, ma per ora cominciamo a fissarne i primi passi:
1) Domenica 8 settembre a Roma un seminario in modalità mista, in presenza e on line, nel quale l’ex-magistrato Livio Pepino, gli avvocati Marina Prosperi ed Eugenio Losco, e l’Osservatorio repressione, dopo un inquadramento di tutta la serie dei “decreti sicurezza” e della logica che li collega, sezioneranno il DDL 1660 per consentire al più largo numero possibile di attivisti/e di impadronirsi di tutti gli aspetti essenziali di esso.
2) Costruzione nel maggior numero di città possibile di coordinamenti cittadini per organizzare iniziative territoriali, “di settore”, tematiche, con l’accortezza di evitare il più possibile sovrapposizioni tra le scadenze e le mobilitazioni contro il DDL 1660, tra le quali ad oggi indichiamo:
– la manifestazione contro guerra, NATO, invio di armi e spese militari, convocata per il 21 settembre a Firenze dal Comitato NO comando NATO né a Firenze né altrove;
– l’assemblea convocata dal SI Cobas a Bologna il 29 settembre per organizzare, con il sindacalismo di base, uno sciopero nazionale contro il DDL – a cui si sono già dichiarati disponibili l’SGB e settori della CUB;
3) Manifestazione nazionale a Roma contro il governo Meloni prima dell’approvazione finale del DDL, nella quale far confluire tutte le iniziative territoriali, “di settore”, tematiche.
4) Fare appello a tutto il sindacalismo di base e combattivo perché si indica in tempi brevi (prima della manifestazione nazionale e in collegamento con essa) uno sciopero generale unitario contro il DDL, con un confronto, a settembre, tra tutte le realtà interessate.
5 settembre 2024,
Rete Liberi di Lottare
Fermiamo insieme il Ddl 1660
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prime adesioni (in ordine alfabetico)
Assemblea in solidarietà con la resistenza palestinese, Trento – Associazione Libertade, Sardegna – Blocchi precari metropolitani, Roma – Brescia anticapitalista – Cagliari Social Forum – Casa del popolo, Teramo – Centro Handala Ali – 22 comitati sardi contro la speculazione energetica (*) – Comitato 23 settembre – Comitato No Tav di Trento – Comitato permanente contro le guerre e il razzismo, Marghera – Coordinamento dei Comitati di lotta di Roma e Viterbo – Cpa Firenze Sud – Cub Pisa – CUB Rail – “Dobbiamo vivere” / Lavoratori disoccupati e precari, Torino – Gpi / Giovani Palestinesi d’Italia – International Migration Alliance / sez. Italia – Laboratorio politico Iskra – Liberare tutt*, coordinamento contro la repressione e il carcere – Madri contro la repressione – Movimento di lotta per il lavoro 7 novembre, Napoli – Movimento No Tav – Osservatorio Repressione – Panetteria occupata, Milano – SI Cobas – Sbm / sindacato di base multicategoriale, Trento – Verona per la Palestina – Tendenza internazionalista rivoluzionaria – Udap / Unione Democratica Arabo-Palestinese – Ultima generazione – Usb sociale Sardegna
Nuove adesioni (in ordine alfabetico)
Associazione culturale La credenza, Bussoleno – Associazione marxista rivoluzionaria Controvento – Associazione Yairaiha onlus – Associazione politico-culturale Notti rosse Casalgrande (Reggio Emilia) – Attac Italia – Cobas Cagliari – Cobas Pubblico Impiego, Lombardia – Collettivo radiofonico Radio Grad, Pisa – Collettivo studentesco Liceo B. Croce, Palermo – Comitato anti-razzista 5 luglio, Fermo – Comitato Piazza Carlo Giuliani Odv, Genova – Giovani comunisti/e – Laboratorio politico perUnaltracittà, Firenze – Mamme in piazza per la libertà di dissenso, Torino – Movimento Nonviolento Sardegna – No Camp Derby, Pisa – Parallelo Palestina – Rifondazione comunista – Pcl – Terra e Libertà, Calabria.
Ulteriori adesioni
Collettivo femminista di inchiesta sociale Ipazia, Napoli – Collettivo Hurriya, Pisa – Centro sociale Foa Boccaccio, Monza – Comitato Besta, Bologna – Comitato internazionalista, Como – Csoa ex-Snia, Roma – Carc – Melitea – Odissea, giornale di Milano – Plat, Bologna – Rete ambientalista/Movimento di lotta per la salute G. Maccacaro – Rosa rossa, blog anticapitalista – Soccorso Rosso Internazionale (Torino, Roma) – Pcmli – Uds della Campania – Coordinamento di solidarietà con il popolo palestinese, Roma
Ultime adesioni
Campagna Lasciatecientrare/MaipiuCie, Gruppo anarchico Bakunin (Roma e Lazio), Cub Trento, Bilocale Popolare di Sferracavallo (Orvieto), Presidio No Inceneritori No Aeroporto (Firenze), Collettivo transfemminista FuoriGenere (l’Aquila), Rete Jin – nodo di Milano, Collettivo Controtendenza (Piacenza), Ambulatorio medico popolare, Milano – Casematte (L’Aquila), Genova antifascista, Nuova Resistenza, Unione degli studenti (a livello nazionale), Mezzoradaria (Radio Città Fujiko), Link – coordinamento universitario, Rete della conoscenza, Rete Mai più Lager No ai Cpr, Cantiere sociale Cienfuegos (Firenze), Laboratorio politico Alberone (Roma), Futura società, Circolo Prc Di Vittorio/Lenin (Torino), Risorgimento socialista, Collettivo Caracol (Palermo), Fuori da Nato e guerre (Ravenna), Forum nazionale Salviamo il paesaggio Difendiamo i territori
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