Baku – La prima settimana della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima è cominciata subito dopo l’elezione di Trump negli Stati Uniti, continuata con la decisione di Milei di ritirare la delegazione argentina e finita con lo scontro tra l’Azerbaijan e la Francia, a causa del supporto di quest’ultima all’Armenia, in conflitto con il Paese ospitante.
Qualche giorno dopo l’intervento in plenaria di Meloni, che ha detto che “un approccio troppo ideologico e non pragmatico rischia di farci deragliare dalla strada del successo”, l’Italia è stata irrisa davanti alla stampa di mezzo mondo venendo nominata – per essere il secondo importatore di gas in Europa e per il suo rapporto intimo con l’Azerbaijan – “Fossil of the day”. Secondo la società civile riunita a Baku, che ha simbolicamente consegnato a una delegata di Italian Climate Network questo “tapiro”, siamo uno dei “paesi che fanno del loro meglio per fare del loro peggio”.
Uno dei protagonisti di questo risultato in negativo è SACE, dal momento che l’agenzia italiana di credito per l’esportazione è la meno virtuosa a livello europeo per finanziamenti fossili esteri, soprattutto in progetti gas in Africa.
Nei primi giorni di Cop si è arrivati a due risultati positivi, sulla regolamentazione dei mercati del carbonio e sul fondo Loss&Damage per i paesi meno responsabili ma più vulnerabili.
Lunedì e martedì sono state due giornate di stallo, in cui il negoziato è stato congelato in attesa degli esiti di due vertici lontani da Baku.
L’incontro dell’OCSE sui sussidi fossili a Parigi, dove si è discussa la proposta di tagliare la spesa pubblica internazionale dei Paesi OCSE per progetti di combustibili fossili attraverso le agenzie di credito all’esportazione, e soprattutto il G20 di Rio de Janeiro.
A Rio erano presenti tutti i leader che hanno disertato la Cop di Baku: Macron, Scholz, von der Leyen, Xi Jinping, Modi, Milei. Giorgia Meloni ha incontrato Lula in un bilaterale con al centro l’energia.
Da Rio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha detto che il clima è a un punto di rottura. “Se non limitiamo l’aumento della temperatura globale a 1,5°C, disastri vertiginosi devasteranno ogni economia. Le politiche attuali ci porterebbero oltre i 3°C e questo significa catastrofe.”
Il Segretario Generale delle UN ha aggiunto che il fallimento a Baku può essere prodromico del fallimento alla Cop30 del prossimo anno, che sarà ospitata proprio dal Brasile.
Grazie alla sua spinta, nella dichiarazione finale del G20 c’è un lungo pezzo che si chiama “Sustainable Development, Energy Transitions and Climate Action”. È debole sul tema della mitigazione ma significativo sulla finanza climatica. Spinge la Cop verso un accordo, ma non ne indica i termini.
“Il G20 è il G20 e l’UNFCCC è l’UNFCCC”.
Facendo il punto sullo stato del negoziato, il segretario esecutivo Simon Stiell ha ricordato che, per quanto quei 20 paesi facciano da soli l’80% delle emissioni e 1’85% del PIL globale, la sintesi deve essere trovata qui a Baku.
Dopo le difficoltà della scorsa settimana, con la spinga della dichiarazione del G20 le Parti hanno deciso di avviare consultazioni informali. I Paesi in via di sviluppo, guidati negozialmente dalla Cina nel gruppo G77+Cina, continuano a chiedere un obiettivo annuale tra 1 e 1,3 mila miliardi di dollari in finanza mobilitata a sostegno dei Paesi più vulnerabili, possibilmente in forma di sovvenzioni e non di prestiti.
Dall’altra parte, Stati Uniti, Unione Europea, paesi OCSE e il resto del Nord Globale chiedono un allargamento della base dei contribuenti che possa includere i paesi formalmente in via di sviluppo secondo i termini del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi, ma che nei fatti sono già sviluppati e climalteranti (a partire proprio dalla Cina).
Per il secondo anno di fila il capo negoziatore dell’UE, il neerlandese Wopke Hoekstra, si è rifiutato di rendere chiaro fin dove è disposta a spingersi l’Unione, cosa propone, quanti soldi e a che condizioni.
Poco fa, durante una conferenza stampa, un giornalista ha chiesto ai portavoce dei paesi in via di sviluppo cosa ne pensassero della cifra rivelata da Politico attorno ai 200 miliardi per l’NCQG, il nuovo importante obiettivo di finanza climatica. “È uno scherzo?” ha risposto l’ugandese Adonia Ayebare.
La coppia ministeriale che coordina il negoziato su NCQG – Chris Bowen (Australia) e Yasmine Faoud (Egitto) – dovrà guidare i colleghi verso un accordo nei prossimi due giorni. Ammesso che la Conferenza si chiuda effettivamente venerdì, e non si vada ai tempi supplementari.