Agitazione e fermento al Corriere della Sera. I problemi che avevano generato lo sciopero del 9 e 10 giugno non sono stati risolti e le relazioni con l’editore vanno a quanto pare a deteriorarsi ulteriormente. Un comunicato dei giornalisti stamane (17 giugno) sul quotidiano e sul sito – facendo riferimento all’assemblea del giorno prima – elenca la criticità che hanno generato le tensioni. Ragioni economiche, ma non solo. Sul quotidiano e sul sito, a fianco del comunicato dell’assemblea appare la risposta dell’editore, Urbano Cairo.
Il comunicato dell’assemblea recita così
Il documento dell’assemblea così racconta clima e situazione.
“Dopo due giorni di sciopero, proclamati per il 9 e 10 giugno scorsi, i giornalisti del Corriere sono ancora in stato di agitazione per il deteriorarsi delle relazioni sindacali con l’azienda.
Purtroppo le risposte alle richieste di un più adeguato riconoscimento del lavoro della redazione sono state irrispettose e irrisorie per un’azienda che ha dichiarato cospicui utili e distribuito dividendi. Le condizioni di lavoro al Corriere sono progressivamente peggiorate in questi anni. La stragrande maggioranza dei giornalisti tra sede centrale, ufficio di corrispondenza di Roma e cronache locali ha stipendi ai minimi contrattuali con forfait per straordinari, notturni e domenicali risibili, a fronte di un impegno orario sempre più alto. Le redazioni locali sono stabilmente sotto organico e debbono sopportare turni pesanti con scarsi riconoscimenti economici. Alla redazione online, già sovraccarica di lavoro, viene ora chiesto di iniziare a lavorare alle 5.45 del mattino, a fronte di un’offerta economica risibile. Le retribuzioni dei collaboratori, infine, sono state falcidiate fino a toccare i 20 euro (lordi) a pezzo.
Nonostante il nostro lavoro sia stato cruciale per ottenere importanti risultati (come i 500 mila abbonamenti digitali dello scorso anno) negli ultimi mesi è in atto un tentativo di mettere in discussione persino un istituto che fa parte della nostra busta paga: l’aggiornamento professionale. Mentre si moltiplicano le nostre mansioni in ambiti che spesso sono al limite del lavoro giornalistico, l’azienda vorrebbe togliere pezzi importanti di retribuzione.
Abbiamo strappato a fatica, minacciando uno sciopero, 6 giorni di smart working al mese per sei mesi. Il lavoro agile è una modalità in grado di aumentare la produttività e migliorare la qualità di vita delle persone. Ma da noi, che pure lo raccontiamo quotidianamente sul giornale, ancora ne viene negata la stabilizzazione.
I mezzi tecnologici che ci sono forniti sono spesso inadeguati. Il nuovo sistema editoriale che sta per essere introdotto presenta gravi bug operativi. I software messi a disposizione della redazione sono lenti e obsoleti (tra l’altro negati ai collaboratori ex art.2). Mancano figure tecniche per lo sviluppo digitale e si riducono anche quelle tradizionali necessarie al funzionamento della «macchina Corriere». Tutti segnali che rendono difficile affrontare le sfide legate alla trasformazione digitale.
Da troppo tempo, inoltre, la linea rossa che deve separare informazione e marketing è sempre più sfumata, fino ad arrivare a commistioni che fanno male all’immagine e alla tradizione di autonomia del Corriere.
Infine, da settimane in via Solferino sono in corso i lavori per realizzare gli uffici dell’editore Urbano Cairo al primo piano del giornale, nello stesso corridoio dove ci sono direttore e vicedirettori. Mentre altri dirigenti avranno i loro uffici fisicamente accanto alle redazioni. Una scelta che rischia di violare una legge non scritta, ma che è stata la vera forza del Corriere, quella che impone una netta separazione degli spazi: da una parte i rappresentanti dell’azienda, dall’altra i giornalisti. Separazione che garantisce in modo simbolico e sostanziale l’autonomia e la libertà nel trattare le notizie.
È questo il motivo per cui abbiamo scioperato e per cui permane lo stato di agitazione. La redazione rinnova la propria fiducia al direttore al quale chiediamo di essere al nostro fianco in questo delicato passaggio sindacale. Al nostro editore riconosciamo di avere fatto assunzioni e di avere risanato i conti dell’azienda in un momento difficile per l’editoria e di avere riacquistato parte della sede storica di via Solferino. Nel rispetto dei ruoli e con spirito costruttivo riteniamo comunque che sia arrivato il momento di pensare al Corriere del futuro, con investimenti adeguati e con una maggiore disponibilità all’ascolto dei giornalisti e della loro rappresentanza sindacale. Per rimettere l’informazione di qualità al centro di tutto. Lo dobbiamo innanzitutto a voi lettori e alla storia del primo giornale italiano per il quale siamo fieri di lavorare”.
La risposta dell’editore
Firmata Urbano Cairo una risposta dello stesso tenore e tono che così recita.
“La pubblicazione del comunicato che avete appena letto non è dovuta ai sensi dell’art.34 del Contratto Nazionale di Lavoro Giornalistico, poiché non firmata dal Comitato di Redazione. Il comunicato è stato altresì deciso da un’assemblea di 168 giornalisti, con 143 votanti, di cui 130 a favore, circa il 27% dell’intera redazione. Abbiamo condiviso la decisione del Direttore Luciano Fontana di pubblicarlo ugualmente nel rispetto del confronto delle idee, come nella tradizione di questo quotidiano.
In un periodo di crisi del settore, che a livello globale colpisce tutti gli editori, l’azienda ha dovuto fronteggiare una crescita molto significativa dei costi a causa dell’incremento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, per un aumento di 28 milioni di euro nel corso del 2022. In questo contesto, a differenza di molti editori nazionali e internazionali, RCS non ha avviato alcuna operazione volta a ridurre l’organico giornalistico del Corriere della Sera. Al contrario ha continuato nella politica di assunzioni di giornalisti giovani, inserendone 8 nel 2023 che si aggiungono ai 48 redattori assunti al Corriere dal 2016, anno in cui sono diventato Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo RCS MediaGroup. Queste 56 assunzioni complessive portano l’organico del Corriere a 489 dipendenti che, uniti ai 295 collaboratori con contratto e agli ulteriori 520 collaboratori a borderò, portano a 1304 il numero totale di quanti contribuiscono alla realizzazione del Corriere. Nel gennaio 2023 abbiamo inoltre incorporato l’organico complessivo delle Edizioni locali con 104 giornalisti.
A beneficio dei nostri lettori, dal 2016 il prezzo del Corriere è rimasto invariato, mentre nello stesso periodo è stato aumentato dalla gran parte dei giornali concorrenti.
Per lo sviluppo digitale e tecnologico del Corriere della Sera e degli altri giornali italiani di RCS negli ultimi due anni sono stati investiti oltre 21 milioni di euro, in aggiunta ai costi correnti per le attività digitali, per consentire al nostro sistema di affrontare la complessa fase della trasformazione digitale che attraversa il settore editoriale, permettendo al Corriere.it di raggiungere e consolidare la posizione di leadership nell’informazione digitale italiana con oltre 30 milioni di utenti unici mensili e raggiungendo circa 530.000 abbonamenti digitali, per i quali si è privilegiata, con azioni e investimenti promozionali, l’acquisizione e la fidelizzazione dei lettori rispetto alla crescita dei margini.
La scorsa settimana si è conclusa una trattativa con un accordo accettato dal Comitato di Redazione e respinto dall’assemblea. In quell’accordo erano state trovate soluzioni per risolvere i temi specifici in favore di una redazione nella quale la media delle retribuzioni è pari a 90 mila euro lordi.
Durante il periodo di ristrutturazione alcuni dirigenti apicali dell’azienda hanno dovuto avvalersi di soluzioni temporanee con l’utilizzo di stanze storicamente a disposizione della redazione. La decisione è concordata con la direzione del giornale e non modifica in alcun modo i rapporti di lavoro tra direzione di testata e direzione generale, ispirati da sempre al profondo rispetto della assoluta indipendenza del lavoro della direzione giornalistica del Corriere. Il lavoro di tutte le differenti componenti aziendali viene svolto nel rispetto delle reciproche prerogative ed è funzionale a fornire dati e strumenti utili al giornale e al Direttore.
La sede storica di via Solferino è stata riacquistata in virtù di una decisione da me fortemente voluta, anche per il valore simbolico che la sede ha da più di un secolo per il nostro giornale. Abbiamo deciso di ristrutturare la parte non vincolata del palazzo di via Solferino creando due ingressi con accesso separato dagli uffici della direzione giornalistica. In questi spazi, come da tradizione del passato, ho deciso di stabilire la mia sede”.
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