I fertilizzanti sono, se vogliamo partire dalla definizione da vocabolario, sostanze che, per il loro contenuto in elementi nutritivi oppure per le peculiari caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche contribuiscono al miglioramento della fertilità del terreno agrario oppure al nutrimento delle specie vegetali coltivate o, comunque, a un loro migliore sviluppo.
Al netto dei paroloni complicati sono per le piante quello che il cibo e la buona cucina sono noi: sostanze che arricchiscono il terreno di elementi necessari alla sussistenza delle piante, o rendono il terreno più adatto allo sviluppo delle stesse.
Cosa sono i fertilizzanti e perché usarli (e come)
In natura ci vogliono dai 100 ai 1000 anni perché un centimetro quadrato di suolo privato degli elementi nutritivi primari e secondari ne costituisca scorta e, oggettivamente, la specie umana non ha tutto questo tempo, essendo la durata media della nostra vita inferiore al secolo.
Sin dai tempi dei Babilonesi l’essere umano ha quindi sperimentato con l’aggiunta di letame, scorie e minerali come mezzo per ricostituire tali scorte, coi primi fertilizzanti industriali prodotti nel 1842.
Esistono diversi tipi di fertilizzanti, classificati in base alla loro “forma” (liquido, in pellet), al loro scopo (introdurre nutrienti, correggere le proprietà del suolo, migliorarne le caratteristiche fisiche e meccaniche) e alle loro origini.
Appurato che il fertilizzante esiste ed è utile, esso va usato in modo sostenibile e, come tutti i prodotti, verificato da filiera controllabile.
Come per gli esseri umani non esiste il “supercibo” che garantisce la vita eterna, non esiste il fertilizzante magico. Non basta spargere fertilizzante ovunque per avere rigogliose messi: è giusto regolamentarne quindi uso e produzione per il beneficio di tutti.
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