Crisi idrica e inquinamento in Basilicata: è l’ora del risveglio

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Oggi, sembra, che tutti siano d’accordo su un fatto: il fiume Basento è inquinato. Sono anni che Cova Contro e altre associazioni ambientaliste lanciano l’allarme, tra l’indifferenza e, spesso, la negligenza delle istituzioni. Adesso che il fiume potrebbe essere la soluzione, seppure, temporanea, per rimpinguare l’invaso del Camastra e fornire acqua a 140mila cittadini, qualcuno si sveglia dal sonno e fa i conti con l’incubo.

Nella Conferenza di servizio di ieri presieduta dall’assessore regionale all’Ambiente, sono state pronunciate parole preoccupanti: se gli inquinanti (del Basento) non saranno eliminabili l’acqua sarà fornita solo per uso igienico sanitario. Se stiamo a questo punto, qualcuno dovrebbe risponderne. Non abbiamo notizie di un Piano per proteggere il fiume dagli inquinanti, né di una strategia di contrasto alle fonti di inquinamento che in molti fanno finta di non vedere. E non parliamo di oggi, ma di anni e anni di gestione superficiale (usiamo un eufemismo) di una delle criticità più drammatiche della regione: l’inquinamento in tutte le sue forme. Nella riunione di ieri dei vertici di tutti gli enti coinvolti nella soluzione del “problema Camastra”, si è dunque affacciata l’ipotesi che non tutti gli inquinanti del fiume siano eliminabili. E’ grave. Questo significa che, come avvertiva il Movimento Tutela del Basento nel 2021 che il fiume sembra una “fogna chimica a cielo aperto.”

Intanto dalla Conferenza emergono poche certezze, tranne una: mettere in connessione il fiume con l’invaso del Camastra. Ma su questo le Associazioni firmatarie di un articolo da noi pubblicato hanno già evidenziato forti criticità: “A causa della situazione di emergenza – scrivono – dovremmo bere l’acqua del Basento? Un’acqua che, se lo sbarramento venisse effettuato a valle dell’abitato di Potenza, avrebbe costeggiato l’area industriale di Potenza con i suoi innumerevoli inquinanti e, quel che è peggio, anche l’area industriale di Tito classificata come SIN (Sito di Interesse Nazionale), ossia come uno dei 42 siti più inquinati d’Italia, che necessiterebbe di una bonifica la quale, invece, latita da molti anni? Quale potrebbe mai essere la qualità di un’acqua piena di contaminanti di ogni genere che, con ogni probabilità, i potabilizzatori non potrebbero neanche eliminare? E si utilizzeranno tecnologie sufficientemente avanzate per trattare un’acqua che, se bevuta o utilizzata per cucinare o per lavarsi (anche per lavarsi, perché il contatto con la pelle può essere anch’esso deleterio) potrebbe determinare l’insorgenza di tumori e malattie letali? Davvero dovremmo accettare una soluzione simile a causa dell’emergenza e delle sue cause? E quali sarebbero le conseguenze ambientali di uno sbarramento permanente su tutto il territorio interessato dal corso del fiume fino alle spiagge del metapontino, già fortemente erose dalle mareggiate e che potrebbero risultare ancor più depauperate dei materiali che alimentano la formazione ed il mantenimento dell’arenile?”

C’è da dare credito a queste considerazioni, a maggior ragione se analizziamo il “dibattito” svolto in sede di Conferenza. La sensazione è che nessuno ha dati certi sugli inquinanti e che nessuno ha le idee chiare su come evitare che dai rubinetti esca acqua inaffidabile sotto il profilo della salute degli utilizzatori. Ma c’è dell’altro: nella riunione di ieri le questioni poste dalle Associazioni sono state quasi tutte rimosse dalla discussione.

E basta con questa storia degli “allarmismi” ingiustificati attribuiti all’associazionismo ambientalista. Una giaculatoria che ci ha portati, anno per anno, a confrontarci con una drammatica realtà.  Ci auguriamo che questa crisi sviluppata nell’incrocio tra la sciagura ambientale, le responsabilità politiche nei decenni, i cambiamenti climatici, la fatiscenza delle infrastrutture idriche serva da lezione oggi per il futuro. E’ banale dire che prima o poi i nodi vengono al pettine, ma da queste parti il pettine è stato sempre nascosto. E’ ora che i cittadini si rendano conto della gravità della situazione, è ora di riprendere le battaglie abbandonate da anni. E’ ora che i cittadini sostengano le associazioni e i movimenti che si battono per la tutela del territorio e che quei movimenti agiscano insieme e in sintonia. Bisogna difendere con più decisione le acque, i fiumi, il mare, tutto il patrimonio naturalistico che ci rimane dopo gli scempi causati dal cosiddetto “progresso”. La politica può anche dormire o fare gli interessi dei gruppi industriali senza scrupoli, ma quando i cittadini insorgono le cose cambiano. Non è difficile da capire.

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