Ci segnalano una serie di articoli che parlano del “ritorno delle dimissioni in bianco”. Ciò è impreciso: non può tornare quello che non è mai stato di fatto consentito, ma quello che salterebbe se il DDL Lavoro proseguisse lungo la sua strada sono una serie di cautele rafforzative introdotte con l’art. 26 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151.
Che introdusse un meccanismo per cui le dimissioni volontarie devono attualmente passare per una forma predefinita e telematica, mediante appositi moduli forniti.
DDL Lavoro: perché si parla di “dimissioni in bianco”? Le previgenti tutele del Jobs Act
La ratio della riforma era evitare abusi: ad esempio il c.d. “abuso di biancosegno” possibile coi moduli cartacei o con forme di consenso maggiormente libere e non vincolate.
Il caso tipico di scuola esaminato nelle facoltà di giurisprudenza come esempio di “biancosegno” e quindi di illegalità consentita dall'”analogico” è il foglio in bianco sottoscritto dal lavoratore col tacito patto che esso, alla bisogna, sarà riempito dal datore di lavoro con le sue dimissioni, avendo così un licenziamento che sono dimissioni travestite.
L’articolo 19 del ddl lavoro, nel testo iniziale, stabiliva che “in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore”, durata estesa poi a quindici giorni.
Secondo le opposizioni questo aprirebbe ad uno scenario parallelo al combattuto “abuso di biancosegno”: si potrebbe anziché avere un lavoratore che si presta a lasciare la sua firma su un foglio in bianco un lavoratore (specie un soggetto in posizione di oggettiva difficoltà come una madre incinta) che si presta a “sparire” per un tempo sufficiente ad ottenere celeri dimissioni.
La Dem Chiara Gribaudo aveva inoltre presentato un emendamento che introduceva un controllo obbligatorio dell’ispettorato del lavoro, cancellando quindi questo automatismo inserito, ma non è stato votato.
Va premesso che il DDL Lavoro è ancora in discussione e fonti del ministero precisano che «la disposizione inserita nel ddl Lavoro riguarda esclusivamente il caso del lavoratore assente ingiustificato per 15 giorni», lasciando quindi inalterato l’impianto del Jobs Act.
Il resto del dibattito politico proseguirà però su questa direttrice, ovvero sul rischio di aprire una scappatoia che consenta licenziamenti “mascherati”, anche solo in alcuni casi.
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