Equo compenso: inciampo “tecnico”. Ddl verso rinvio alla Camera

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Nuovo intoppo, proprio in dirittura di arrivo, per la legge sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti. Quando ci si aspettava che – dopo il via libera all’unanimità del disegno di legge da parte della Camera – l’iter al Senato avrebbe costituito solo un passaggio di conferma del dispositivo, per il suo via libera definitiva, un inciampo di carattere tecnico impone una modifica del testo e quindi il suo ritorno a Montecitorio per l’approvazione finale.

La volontà della maggioranza e del governo (il ddl è a prima firma della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con il leghista Jacopo Morrone come cofirmatario) è sempre quella di licenziare la legge in tempi brevi e senza modifiche rispetto al testo già approvato dalla Camera lo scorso 25 gennaio, ma a remare contro è l’entrata in vigore della riforma Cartabia, a partire dallo scorso 1 marzo, che cancella una norma cui il testo dell’equo compenso attualmente fa riferimento. Una stortura la cui soluzione passerebbe solo dalla modifica del disegno di legge e il suo successivo passaggio alla Camera. L’esame del ddl è fermo per ora in commissione Giustizia di Palazzo Madama. Sono stati presentati 33 emendamenti e 4 ordini del giorno ed anche i necessari pareri sono stati depositati.
“Tutto sembrava filare per il verso giusto, l’intenzione era quello di licenziare senza modifiche il testo, ma ora questo inciampo cambia tutto e i tempi si allungano – osserva la relatrice Erika Stefani, della Lega -. Domani mattina si riunisce la commissione e vedremo come procedere”. Per il momento il calendario dei lavori d’Aula non prevede sedute per la settimana prossima, quindi per evitare lungaggini potrebbe essere presa in considerazione la richiesta di riunione della commissione in sede deliberante, formulata la scorsa settimana dal M5S, in modo da evitare il passaggio all’assemblea e procedere con una trasmissione diretta a Montecitorio, come spiega la relatrice, che però ricorda come la proposta richieda il sostegno all’unanimità. Cosa che contrasta con la volontà di pochi ritocchi da parte prevalentemente dell’opposizione, in particolare relativi al regime sanzionatorio per i professionisti che pattuiscono compensi inferiori ai parametri e all’ampliamento della platea delle imprese interessate.

La legge sull’equo compenso riguarda i liberi professionisti, iscritti a un Ordine, a un Albo o a un Collegio professionale, e le prestazioni da loro svolte a favore di committenti di grandi dimensioni: imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro, sostanzialmente banche, assicurazioni e pubblica amministrazione. La legge definisce equo il compenso che rispetti specifici parametri ministeriali, disciplina la nullità delle clausole che prevedono compensi inferiori ai parametri, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il suo ammontare. Prevede inoltre l’efficacia di titolo esecutivo del parere di congruità emesso dall’Ordine o dal collegio professionale; l’adozione da parte di tutti questi organismi di disposizioni deontologiche e l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’equo compenso.

I giornalisti pur essendo professionisti iscritti a un Ordine non sono toccati da questa norma, essendo oggetto di una specifica norma a loro destinata (n.233 del 31/12/2012), che ha istituito presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio dei ministri una Commissione per la valutazione dell’equo compenso del lavoro giornalistico. I suoi lavori portarono dopo circa un anno a una delibera, poi impugnata dall’Ordine dei giornalisti, con sentenza favorevole a quest’ultimo da parte del Tar e del Consiglio di Stato. La ripresa dei lavori della Commissione è proceduta poi con difficoltà, ripetutamente interrotta dai cambi di legislatura e al momento deve ancora trovare la sintesi di una proposta.

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