La notzia o forse non notizia del giorno investe diverse piattaforme social e portali di informazione: Nintendo usa emulatori per il suo museo, forse.
L’allarme arriva da Chris Mack, su X che ha pubblicato un video che dovrebbe provare l’esistenza di un emulatore. La prova è semplice: un dispositivo misterioso nascosto in un cassone dal quale emergono un monitor e un pad USB stile SNES offre una serie di giochi.
Staccando il cavo USB parte il cicalino di Windows che annuncia la rimozione di una periferica USB: a parte postulare che il suono sia stato aggiunto in postproduzione, non essendo presenti non possiamo affermare con certezza, questo potrebbe essere il marchio di una emulazione.
E ma allora dove è il problema?
(Forse) Nintendo usa emulatori per il suo museo: ma di cosa vi stupite?
Non so se avete una Nintendo Switch a casa: essa arriva con un servizio online che comprende giochi del passato emulati.
Non penserete mica che in caso di abbonamento nel minuscolo frame della Switch si sblocchino funzioni hardware particolari: la Switch può scaricare almeno cinque emulatori approvati da Nintendo.
L-CLASSICS per NES e SNES, peraltro direttamente derivato da quello di NES Classic e SNES Classic, le piccole miniconsole basate su emulazione prodotte da Nintendo ad esempio, ma anche Hiyoko per GameBoy Color e Classic, Hovercraft per Nintendo 64, Sloop per GameBoy Advance e m2Engage per le console SEGA, in cooperazione con M2, produttore della serie di giochi SEGA Ages.
E l’elenco potrebbe andare storicamente avanti: ricordiamo come Pokémon fu sviluppato su computer, testato su computer e la prima “distribuzione” di Pokémon speciali in assoluto avvene inviando a Game Freak le cartucce dei giocatori per caricarvi sopra l’elusivo Mew.
L’uso dei citati emulatori è così noto che Nintendo sul suo shop online vende agli abbonati controller bluetooth per ognuna delle piattaforme emulate in grado di rendere la Switch l’emulatore retro assoluto.
Immaginate ora quale incubo trascendentale sarebbe fornire il Nintendo Museum di sole console retro, sapendo (cosa di cui vi abbiamo parlato) i problemi di gestione e manutenzione che esso comporta.
Posso quindi usare in un museo, per riprodurre i giochi dal NES in poi, uno degli emulatori che già Nintendo possiede. La manutenzione sarà minima. O riesumare un NES, pregare che continui a funzionare, cercare di collegarlo ad un monitor moderno o, peggio riarmare una serie di Playchoice-10 (cabinato arcade con 10 giochi per NES) sapendo che ormai componenti essenziali come i monitor CRT sono irreperibili.
Per la fruzione (non conservazione) museale ha molto più senso usare emulatori, miniconsole e computer dedicati che non “le console storiche”.
Certo, le varie testate storcono il naso ricordando la politica assai aggressiva di Nintendo contro l’emulazione dei suoi giochi.
Ma ovviamente ricordiamo la battaglia Nintendo è contro l’emulazione di terze parti: un po’ come l’eterna battaglia di Nintendo contro i majikon, ovvero le “schedine pirata” per trucchi e giochi copiati, l’obiettivo di Nintendo non è mai stato bandire l’emulazione, ma bandire quella che non possono controllare.
Del resto, tra NES Classic, Switch Online e il “nuovo Game&Watch” Nintendo riesce ancora a venderti i primi giochi di Mario Bros., e al Museo potrai trovare le carte da gioco che un tempo furono il core business della casa quindi non dovrebbe sorprendere i lettori così come accade il fatto che Nintendo voglia “centralizzare” non solo il gioco fisico, ma quello emulato.
E non ci sorprenda realizzare che i musei informatici del futuro probabilmente avranno emulatori per il pubblico, e i sempre più rari esemplari “fisici” chiusi a chiave dove il pubblico non può logorarli.
Va anche detto che al momento non risulta Nintendo abbia risposto alle critiche: visto quanto sopra, non capirei comunque cosa vi è da replicare.
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