G. Cadalanu – M. De Angelis / La guerra nascosta

1 year ago 55

“I giornalisti, quelli onesti, hanno sempre una grande prudenza a trattare il tema della Verità, quella con la “V” maiuscola. In genere ce la caviamo parlando delle verità, al plurale e con la “v” minuscola, per sottolineare che possiamo offrire al lettore o ascoltatore la nostra visione delle cose, non un concetto filosofico inattaccabile. In compenso siamo molto disponibili a parlare delle bugie, quando le vediamo direttamente e possiamo verificarle.
Ecco, il tema fondamentale del libro ‘La guerra nascosta – L’Afghanistan nel racconto dei militari italiani”, che Massimo de Angelis ed io abbiamo pubblicato con Laterza, è proprio questo. La missione era una grande, intollerabile bugia rivolta all’opinione pubblica, al Parlamento, ai cittadini.

In Italia, si dice, non esiste una cultura della Difesa, e i governi cercano di evitare al massimo ogni ammissione sulla vera natura delle operazioni internazionali. Ma se i soldati italiani hanno combattuto, hanno ucciso, sono caduti, vuol dire che erano in guerra. Non erano impegnati in un intervento umanitario, ancora meno in un’operazione di peacekeeping: era una guerra. Per noi giornalisti che spesso abbiamo seguito le vicende afghane, sia “embedded” con i militari del nostro contingente che in totale autonomia, i fatti erano evidenti. Molto meno chiara era la narrativa suggerita dagli Stati maggiori, che obbedivano com’è ovvio a disposizioni dall’alto e proponevano una versione sempre annacquata di tutto.

Lavorando con gli strumenti giornalistici sul libro avevamo almeno tre buone carte da giocare: i tempi di lavorazione, per fortuna più distesi delle esigenze di quotidiani e tv, poi il fatto che ormai la missione era conclusa e i “rischi” politici erano sicuramente trascurabili. Ma la carta più importante era la fiducia degli uomini con le stellette, conquistata in decenni di lavoro al loro fianco, esercitando il rispetto per l’impegno e il sacrificio anche quando – succedeva e anche non di rado – le valutazioni dei fatti non erano le stesse.

Qualche volta, com’è facile immaginare, lavorare da giornalisti “embedded” può impedire di vedere alcune cose, ma allo stesso tempo rende possibile vederne altre. E noi abbiamo visto con chiarezza che la bugia dei governi – tutti uguali, da questo punto di vista – non reggeva la verifica dei fatti. Abbiamo scoperto qualcosa di paradossale: la cappa di eufemismi o persino di censura che circondava la missione italiana lasciava spiragli inattesi ovunque. Persino nelle motivazioni delle medaglie abbiamo trovato il racconto di episodi di sangue, che gli Stati maggiori si erano ben guardati dal comunicare.

Abbiamo raccolto le testimonianze dei militari spesso in modo anonimo, per ovvi motivi. Il lettore dovrà contare sulla garanzia degli autori, che ci mettono la faccia: ci sono solo alcuni dettagli raccontati in modo da nascondere l’identità delle persone e non rendere identificabili le fonti. Grazie al coraggio e all’onestà di chi ha raccontato, siamo convinti di aver contribuito a una visione più corretta: insomma, la guerra in Afghanistan oggi è un po’ meno nascosta”. (Giampaolo Cadalanu)

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