Doug Mills, fotografo americano e premio Pulitzer, è l’autore dello scatto fotografico che ha immortalato la scia del proiettile che ha colpito l’orecchio destro di Donald Trump durante l’attentato del 13 luglio scorso. In un articolo del New York Times, l’agente speciale dell’FBI in pensione Michael Harrigan spiega come potrebbe essere stata realizzata e con quale tecnologia, scatenando però qualche dubbio. Il fotoreporter italiano Ferdinando Mezzelani, titolare dell’agenzia GMT e noto fotografo di Sport e Salute e del Coni, mette in dubbio la sua autenticità: «Un’autentica barzelletta». Secondo quanto riportato da Adnkronos, i settaggi della macchina fotografica utili a realizzarla sono quelli utilizzati per gli eventi sportivi come le Olimpiadi e non per un comizio politico: «Se imposti quel tempo per fotografare Trump fermo come una statua, aspetti solo un attentato e un proiettile» afferma Mezzelani. In realtà, Doug Mills è abituato a utilizzare questo metodo da anni.
Per chi ha fretta
- Non si tratta di un fotomontaggio: è stata scattata da una fotocamera Sony e inviata al NYT appena Trump è stato portato via dai Servizi Segreti.
- I settaggi della fotocamera, leggibili anche nei dati Exif dello scatto, sono quelli utilizzati per la fotografia sportiva.
- Doug Mills, autore dello scatto, effettua già dal 2018 servizi fotografici scattando 20 fotogrammi al secondo.
- In un’intervista del 2018, Doug Mills spiega come la sua fotocamera, con quei settaggi, poteva dargli un vantaggio competitivo rispetto ai colleghi.
Le impostazioni usate per lo scatto
Le dichiarazioni di Ferdinando Mezzelani, considerando in particolare alcune sue parole, potrebbero essere usate per sostenere le teorie del complotto dell’area democratica e dei cosiddetti “BlueAnon“. Nelle recenti interviste rilasciate ai vari media americani, i giornalisti non hanno posto domande riguardo al motivo per cui avesse utilizzato per un comizio politico un settaggio da eventi sportivi: 30 fotogrammi al secondo con una velocità di otturazione di 1/8000, come riportato da Mezzelani e dall’agente dell’FBI al New York Times. La risposta risale al 2018, quando Doug Mills ha avuto l’opportunità di utilizzare una Sony estremamente silenziosa che gli conferiva un vantaggio competitivo rispetto ai colleghi.
Difficile che si tratti di Photoshop. Oltre all’estrema accuratezza e all’originalità dei metadati contenuti nelle foto scattate dalla fotocamera, lo scatto era giunto alla redazione del New York Times nei primi istanti dopo l’accaduto, pertanto la tempistica è tracciabile. In un’intervista a Times Insider, Doug Mills racconta che aveva inviato le foto alla redazione poco dopo la partenza di Trump, dall’interno di una tenda dove i Servizi Segreti avevano portato i fotografi. Una volta spedite, ha chiamato la redattrice Jennifer Mosbrucker per informarla che c’era tutta la sequenza in cui Donald Trump porta la mano all’orecchio, ma sarebbe stata la sua collega a dargli la notizia (come raccontato in un’intervista a CBS): «Mi ha detto che avevo un’immagine del proiettile che gli passava dietro la testa, ho avuto i brividi, ero completamente sbalordito».
L’intervista del 2018
Doug Mills, fotografo del New York Times, è un veterano della Casa Bianca, avendo documentato con le sue macchine fotografiche ogni presidente americano da Ronald Reagan in avanti. Durante un’intervista rilasciata nel 2018 a Brian Lamb di C-SPAN, Doug Mills racconta come la sua Sony Alpha 9 gli abbia permesso di scattare una foto straordinaria all’interno delle stanze del potere americano: «Sto utilizzando una macchina fotografica Sony che è completamente silenziosa. Quindi, posso stare seduto o in piedi accanto ai miei colleghi e loro non mi sentono più scattare foto. Prima potevano sentirmi, ma ora no. Sono completamente silenziosi». Non è l’unica caratteristica che lo rende competitivo, c’è anche la velocità di scatto (dal minuto 3:24): «Inoltre, è in grado di scattare fino a 20 fotogrammi al secondo, il doppio di quanto utilizzassi in precedenza. Quindi, se fotografo eventi sportivi, raddoppio il mio frame rate, la quantità di immagini che posso ottenere, il momento esatto in cui… sai, il momento. A volte lo uso anche in politica, dove alzo il frame rate a 20 fotogrammi al secondo».
Per quale motivo varrebbe la pena scattare così tante foto in ambito politico? Doug Mills racconta di come cercò di fotografare Robert Mueller, l’allora procuratore speciale per le indagini sul Russiagate, riuscendo a beccarlo mentre stava uscendo per prendere l’auto. Grazie alla sua macchina fotografica, ottenne circa 50 fotogrammi in una finestra di circa 8 secondi con una qualità che lui definisce «fantastica». Inoltre, come racconta sempre Doug nell’intervista a C-SPAN, la macchina fotografica gli permette di inviare gli scatti appena realizzati al giornale: «Se so di avere una scadenza o se la redazione è in attesa di qualcosa, posso inviarli direttamente». In un video della Sony, pubblicato su YouTube, è possibile osservare il funzionamento del “Creator’s Cloud“, il quale permette al fotografo di inviare i fotogrammi appena scattati allo smartphone, il quale a sua volta li carica nel Cloud.
La fotocamera usata da Doug Mills
Come possiamo conoscere il modello di fotocamera usato da Doug Mills? Se Harrigan e Mezzelani parlano di una macchina capace di realizzare 30 fotogrammi al secondo, non poteva essere la Sony del 2018. In un reel pubblicato dall’account Instagram del New York Times, Mills fornisce i dati Exif dello scatto che riportano il modello utilizzato: una Sony Alpha ILCE-1, capace di realizzare i tanto citati 30 fotogrammi al secondo.
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