Fulco Pratesi li aveva chiamati i clandestini in città.
“Il titolo richiamava … il fenomeno, che in quegli anni si stava diffondendo in molte città, non solo italiane ed europee, dell’arrivo, silenzioso e timido, di molte specie selvatiche di piante ed animali nel deserto di asfalto e cemento dei nostri centri urbani.
Allora gli arrivi erano minimi e molto ben dissimulati. E, a volte, favoriti addirittura da interventi umani. Ricordo ad esempio una femmina di gabbiano reale che mi portarono, ferita, nel 1971, la quale, ospitata in una delle vasche dell’allora Giardino zoologico di Roma (oggi Bioparco), fece innamorare un maschio di gabbiano selvatico che passava da quelle parti, mettendo su, con lui, una prima famigliola di gabbiani urbani. Oggi, a più di trentacinque anni da quella prima nidiata, i gabbiani metropolitani di Roma – unica città al mondo in cui questi grandi uccelli marini nidificano a tal distanza dal mare – costituiscono una popolazione che conta circa 1.000 individui, i quali se la cavano benissimo ai danni dei nidiacei di un’altra specie, un po’ meno “clandestina”, quella dei piccioni torraioli, dei quali controllano il numero, evitando così eccessivi danni ai monumenti e alle statue.
Negli Anni ’40 la cornacchia grigia era praticamente sconosciuta in città. In un negozio di ‘pollarolo’ allora presente in piazza Buenos Aires a Roma, vidi appeso ad un gancio, assieme a polli, fagiani e pernici, uno di questi uccelli il quale portava un cartello che lo definiva Piripicchio del Perù e ne dichiarava il prezzo, che era, ricordo ancora, di 50 lire.
Oggi la cornacchia grigia è divenuta comunissima nei parchi e anche nelle strade e piazze romane, creando problemi alla popolazione dei piccoli uccelli granivori (che si nutrono di graniglie varie), come verdoni, verzellini, cardellini, fringuelli, i cui giovani e le cui uova questi corvidi saccheggiano con intrepida efficienza.
Altri ‘clandestini’ divenuti invadenti e inopportuni, sono gli storni. Cinquant’anni fa gli storni, uccelli grandi come un merlo dal bel piumaggio iridescente blu-verde, arrivavano nelle città italiane del Centro e del Sud solo in inverno, scendendo in migrazione dal nord Europa, dove nidificavano, incalzati dal freddo e dalla neve. Ed era magnifico”.
Eravamo nel 1975 (Ed. Mondadori) e si trattava della prima analisi, empirica, di un fenomeno oggi ampiamente analizzato da numerosi studi scientifici, l’inurbamento animale, “fenomeno per cui popolazioni di specie selvatiche tendono a colonizzare le città e in generale i centri abitati”, secondo l’Enciclopedia Treccani.
Attualmente gli altri animali sono sempre più presenti nelle aree urbane, in particolare i Laridi (fra cui il Gabbiano reale), i Passeriformi (fra cui la Cornacchia grigia), i Ratti.
Le motivazioni sono tante e differenti, soprattutto l’assenza delle schioppettate e l’abbondanza di cibo gratis fornito da scarichi illeciti quando non vere e proprie discariche abusive.
Non c’è da allarmarsi, c’è solo da ricordare che non siamo in un film di Walt Disney e che dobbiamo adottare le opportune attenzioni per contenerli (per esempio, i Ratti), per tutelare la salute pubblica e per conviverci.
Per esempio, se non vogliamo trovare i Cinghiali sotto casa, come a Roma, la dobbiamo smettere di incrementare lo scarico abusivo di rifiuti alla fine della strada.
Si tratta di spazzini naturali e la disponibilità gratuita di cibo li attira.
Un po’ di sano buon senso e c’è spazio per tutti.
Gruppo d’intervento Giuridico (GrIG)
(foto S.D., archivio GrIG)