Il Canada prepara il suo “Online News Act” e Google blocca l’accesso ai siti di notizie

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In Australia il progetto di far pagare il copyright agli editori da parte delle grandi piattaforme di distribuzione – Meta e Google su tutte – è diventato legge nel 2021 (e sarebbe valso circa 200 milioni di dollari per i giornali australiani). Negli Stati Uniti e nell’Unione Europea se ne sta discutendo da tempo. E il fatto che Google abbia risposto all’Online News Act – ora all’attenzione del Senato Canadese – sperimentando nei giorni scorsi il blocco dell’accesso alle notizie da motore di ricerca o Google News ha fatto infuriare il capo del Governo nordamericano. È un terribile errore», ha commentato iol premier canadese Justin Trudeau, dicendosi letteralmente «infastidito» dall’azione del colosso americano. «Mi sorprende davvero che Google abbia deciso di impedire ai canadesi di accedere alle notizie piuttosto che effettivamente pagare i giornalisti per il lavoro che fanno». E’ quanto riporta il Corriere.it.

Sulla scorta di quanto fatto in Australia, il Bill C-18 canadese – meglio conosciuto appunto come Online News Act – chiederebbe a piattaforme come Facebook (Meta), Google e Youtube (Alphabet) di negoziare con gli editori del Paese accordi per pagare per i loro contenuti d’autore. Sui quali le big tech monetizzano tramite la pubblicità. Nessuna risposta di Google è stata registrata al momento dopo l’intervento di Trudeau. Ma la società di Mountain View si era già espressa nei mesi scorsi – presentando i propri dubbi di fronte alla commissione governativa -, e nei giorni scorsi direttamente sulla sperimentazione «di blocco» messa in atto. «Stiamo sperimentando una risposta del nostro prodotto (il motore di ricerca, ndr) alla proposta di legge», aveva spiegato mercoledì scorso la portavoce di Google, Shay Purdy, specificando che il test – ristretto al 4% degli utenti canadesi – iniziato a febbraio sarebbe andato avanti cinque settimane. «Fa parte delle migliaia di prove che facciamo ogni anno in risposta a ogni possibile modifica del motore di ricerca».

Il giorno dopo l’annuncio, era stato Pablo Rodriguez, ministro del Patrimonio Canadese, a rispondere a Big G con un tweet piuttosto chiaro, sulla linea seguita poi dal premier: «È deludente sapere che Google sta tentando di bloccare l’accesso ai siti di notizie. I canadesi non saranno intimiditi. Alla fine, tutto ciò che chiediamo ai giganti della tecnologia è di compensare i giornalisti quando usano il loro lavoro».

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In sintesi, i Google e Meta, ricorda il Corriere, convergono su una prima istanza, economica: gli editori di giornali, e tutte le altre realtà economiche del Paese, usufruiscono gratuitamente dell’enorme platea delle due piattaforme per pubblicizzare i propri prodotti. Su cui poi i giornali costruiscono il oro patrimonio di abbonati. Meta scende nel dettaglio: «In Canada stimiamo che il feed di Facebook abbia inviato agli editori registrati più di 1,9 miliardi di clic in un solo anno: marketing gratuito per i loro contenuti sotto forma di post con un valore stimato di oltre 230 milioni di dollari canadesi (160 milioni di euro circa)». La nota conclude: «In poche parole, questo è quanto sarebbe costato agli editori ottenere lo stesso risultato su Facebook se quello spazio non fosse stato loro fornito gratuitamente». In un altro punto, sempre Meta provvede a sottolineare la marginalità del business legato ai contenuti giornalistici: «I post con collegamenti ad articoli di notizie costituiscono meno del 3% di ciò che le persone vedono nel loro feed di Facebook e i canadesi ci dicono che vogliono vedere meno notizie e contenuti politici. Abbiamo ripetutamente condiviso con il governo che i contenuti delle notizie non sono un’attrazione per i nostri utenti e non rappresentano una fonte significativa di entrate per la nostra azienda».

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