di Gilbert Achcar
Il crimine di Joe Biden contro l’umanità
Da quando ha annunciato la sua decisione di non candidarsi per un secondo mandato presidenziale, Joe Biden è diventato un'”anatra zoppa” – un’espressione che negli Stati Uniti si riferisce comunemente a un funzionario eletto che ha raggiunto gli ultimi mesi del suo mandato senza alcuna prospettiva di proroga. L’espressione significa che l’influenza del funzionario è ormai limitata, poiché tutti sanno che non resterà in carica a lungo. Tuttavia, una persona che si trova in una situazione del genere, in un sistema politico presidenziale in cui il presidente è eletto dal voto popolare (indirettamente nel caso degli Stati Uniti), è anche, al contrario, più libera di un presidente in campagna elettorale per un ulteriore mandato, che deve quindi assicurarsi di non perdere voti a causa di posizioni o misure che potrebbe prendere.
La verità è che Biden ha finora dimostrato di essere più vicino al secondo caso che al primo per quanto riguarda la guerra genocida che Israele continua a condurre nella Striscia di Gaza. Il comportamento del Presidente degli Stati Uniti nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu si è chiaramente allontanato dall’approccio semi-critico che aveva iniziato ad adottare dopo essersi reso conto di quanto la sua totale complicità nell’aggressione sionista contro il popolo palestinese sia costosa dal punto di vista elettorale, soprattutto tra gli elettori tradizionali del Partito Democratico, e persino risentita all’interno del partito stesso.
L’attuale attacco a Gaza è la prima guerra condotta dallo Stato di Israele con la piena partecipazione (e non solo il sostegno difensivo) degli Stati Uniti, senza i quali un attacco di tale intensità distruttiva e mortale non sarebbe stato possibile.
Da quando Biden ha affrontato le conseguenze del suo sostegno alla guerra genocida sionista, comprese le pressioni esercitate su di lui da un’ala del suo stesso partito affinché facesse almeno uno sforzo per fermare l’assalto che ha raggiunto un livello orribile fin dalle prime settimane, abbiamo visto la sua amministrazione correggere la sua posizione e permettere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di emettere un appello per un cessate il fuoco, dopo averlo impedito per mesi (1). Abbiamo anche visto l’amministrazione Biden fare qualche sforzo per raggiungere un “cessate il fuoco” – in realtà, una cessazione della guerra genocida che lo Stato sionista sta conducendo unilateralmente e senza alcuno “scambio di fuoco” degno di nota (nonostante le solite esagerazioni e vanterie dei media nel campo che si oppone a Israele, seguendo una cattiva abitudine stabilita dai regimi nazionalisti arabi negli anni ’60). L’amministrazione Biden, con l’aiuto dell’Egitto e del Qatar, si è sforzata di raggiungere un accordo per fermare i “combattimenti” (più precisamente per fermare le uccisioni e il genocidio) e lo scambio di prigionieri tra il governo sionista e Hamas.
Questo fino a quando Biden non ha ceduto alle pressioni interne al suo partito, così come a quelle dei suoi sostenitori e dei suoi principali finanziatori, che lo hanno spinto ad annunciare che non avrebbe cercato un secondo mandato presidenziale. Da allora, cioè da quando si è liberato dalle pressioni legate alla guerra di Gaza a cui era sottoposto elettoralmente e partiticamente, la sua posizione è regredita alla collusione del “fiero sionista irlandese-americano” con il “fiero sionista ebreo”, come ha detto Netanyahu durante la sua visita di addio al fragile presidente statunitense. La regressione della posizione di Biden è stata evidente nel modo in cui ha reagito al recente assassinio di Ismail Haniyeh da parte di Israele a Teheran.
Commentando l’assassinio, il presidente statunitense si è limitato a dire che “non aiuta” gli sforzi in corso per raggiungere un accordo tra il governo Netanyahu e la leadership di Hamas – un’affermazione davvero molto eufemistica. L’assassinio del capo dell’ufficio politico del movimento palestinese è in realtà una grande pugnalata alle spalle di questi sforzi, a cui l’amministrazione Biden aveva dato priorità nella sua recente attività diplomatica regionale. Ismail Haniyeh era il principale interlocutore dell’amministrazione, che puntava sulle pressioni esercitate su di lui affinché facesse a sua volta pressione su Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza, per ottenere l’auspicata tregua.
L’assassinio di Haniyeh a Teheran ha avuto un impatto ancora più grave di quello sui negoziati relativi alla guerra di Gaza, in quanto ha rappresentato un’escalation molto pericolosa nel confronto tra lo Stato sionista e il regime iraniano. Essa porterà necessariamente a una risposta da parte di Teheran che potrebbe innescare, anche se involontariamente, una spirale potenzialmente in grado di portare a un confronto militare regionale su larga scala. In altre parole, dando il via libera all’assassinio, Netanyahu ha rischiato di coinvolgere gli Stati Uniti in una potenziale guerra che potrebbe essere peggiore di tutte le guerre che Washington ha combattuto finora in Medio Oriente. Invece di rimproverare il suo “fiero ebreo sionista” alleato, Biden ha dimostrato ancora una volta il suo “impegno ferreo” a difendere Israele, dando istruzioni alla sua amministrazione di affrettarsi a inviare rinforzi militari nella regione per proteggere lo Stato sionista. Quanto alla pretesa dell’amministrazione di continuare a impegnarsi per raggiungere un accordo, è del tutto ipocrita, poiché sa benissimo che l’assassinio ha ucciso questa prospettiva e che l’obiettivo di Netanyahu era proprio quello di ucciderla. Biden si è comportato come se fosse stato a conoscenza del complotto per l’assassinio e non si fosse opposto ad esso, ma anzi lo avesse appoggiato.
Il Presidente degli Stati Uniti ha infatti rivelato che il suo “impegno ferreo” è in realtà incondizionato, al punto che rimane valido anche quando il comportamento di Israele contraddice gli interessi del governo americano – i suoi interessi materiali (l’alto costo di una potenziale guerra, soprattutto perché Washington sta già affrontando grandi difficoltà nel continuare a sostenere il governo ucraino nel fronteggiare l’invasione russa) e i suoi interessi politici (l’immagine degli Stati Uniti in gran parte del mondo e tra gran parte dell’umanità). Joe Biden, ahimè, non salirà sul banco degli imputati della Corte penale internazionale, questo è certo. Non c’è dubbio, tuttavia, che il tribunale della storia, che è il più giusto dei tribunali penali, includerà il suo nome in modo prominente nell’elenco dei responsabili di crimini contro l’umanità.
- Vedi l’articolo dell’autore “Come Biden si è trasformato in una colomba” dell’11 giugno 2024
Tratto da: www.gilbert-achcar.net