Pronuncia di particolare interesse da parte della Corte di cassazione in tema di tutela demaniale e salvaguardia del paesaggio.
La sentenza Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2024, n. 8152 interviene per definire compiutamente gli elementi necessari per motivare correttamente un provvedimento cautelare per la difesa di demanio e paesaggio.
La Corte, in primo luogo, ricorda la giurisprudenza consolidata “(cfr. ex multis Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Rv. 265433 e Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Rv. 261677), secondo cui nella valutazione del ‘fumus commissi delicti’, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali, delle contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa”.
Devono, quindi, sussistere almeno sommari accertamenti sulla concretezza dei fatti contestati, nonché valutazioni concrete sulla sussistenza del “periculum in mora”, verificando non solo “la natura dell’area sequestrata, correlata alla tipologia dei reati contestati (art. 44 d.P.R. 380/2001, 181 d. Lgs. 42/2004, 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen.)” e la “presenza di due escavatori in azione, con cui le trasformazioni e le distruzioni dei luoghi continuavano a essere portate avanti dalle ditte appaltatrici”, ma anche eventuali controdeduzioni difensive.
In particolare, la Corte evidenzia la giurisprudenza costante “(Sez. 3, n. 2627 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284059 – 03 e Sez. 3, n. 50336 del 05/07/2016, Rv. 268331)”, secondo cui “è legittimo il sequestro preventivo impeditivo di un bene demaniale, pur destinato a soddisfare i bisogni e gli interessi di una platea indeterminata di utenti, quando la sua fruizione, per effetto delle modifiche allo stesso apportate, possa aggravare il pregiudizio per l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, essendosi altresì precisato che, nelle aree vincolate, anche in presenza di opere ultimate, deve pur sempre valutarsi, l’impatto degli abusi sulle zone oggetto di particolare tutela”.
Un orientamento giurisprudenziale garantista, ma puntuale nelle esigenze di tutela ambientale e demaniale.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 26 febbraio 2024 (Ud. 12/12/2023), Sentenza n.8152
DIRITTO DEMANIALE – Area demaniale – Pregiudizio per l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico – Sequestro preventivo impeditivo di un bene demaniale – Responsabilità del Sindaco e del Funzionario (resp. del procedim.) – Lavori per un itinerario di cicloturismo per e-bike – Nesso di strumentalità – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Art. 181 del d. Lgs. n. 42/2004 – Artt. 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen. – Fattispecie.
È legittimo il sequestro preventivo di un bene demaniale, pur destinato a soddisfare i bisogni e gli interessi di una platea indeterminata di utenti, quando la sua fruizione, per effetto delle modifiche allo stesso apportate, possa aggravare il pregiudizio per l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, essendosi altresì precisato che, nelle aree vincolate, anche in presenza di opere ultimate, deve pur sempre valutarsi, l’impatto degli abusi sulle zone oggetto di particolare tutela. Fattispecie: sequestro preventivo d’urgenza dell’area interessata dai lavori riguardanti l’itinerario di cicloturismo di e-bike tra i Comuni di Macugnaga e Saastal, misura cautelare reale disposta nei confronti del, Sindaco di Macugnaga, e del funzionario del medesimo ente locale e responsabile del procedimento, in quanto, la natura dell’area sequestrata, correlata alla tipologia dei reati contestati (art. 44 d.P.R. 380/2001, 181 d. Lgs. 42/2004, 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen.) rendeva evidente il nesso di strumentalità, a ciò aggiungendo che erano ravvisabili le ragioni di urgenza della cautela reale, stante la rapidità, rivelata dalla presenza di due escavatori in azione, con cui le trasformazioni e le distruzioni dei luoghi continuavano a essere portate avanti dalle ditte appaltatrici.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Bonacci A., nato a Villadossola il –/–/—-;
Fabbri M., nato a Domodossola il –/–/—-;
avverso l’ordinanza del 23-06-2023 del TRIBUNALE DI VERBANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Luigi Orsi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 giugno 2023, il Tribunale del riesame di Verbania confermava l’ordinanza del 1° giugno 2023, con cui il G.I.P. presso il Tribunale di Verbania aveva convalidato il sequestro preventivo d’urgenza dell’area interessata dai lavori riguardanti l’itinerario di cicloturismo di e-bike tra i Comuni di Macugnaga e Saastal, misura cautelare reale disposta nei confronti di A. Bonacci, Sindaco di Macugnaga, e M. Fabbri, funzionario del medesimo ente locale e responsabile del procedimento, essendo i predetti indagati dei reati di cui agli art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, 181 del d. Lgs. n. 42 del 2004 e 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale piemontese, Bonacci e Fabbri, tramite i loro comuni difensori di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando cinque motivi.
Con il primo, la difesa deduce la violazione di legge e/o l’apparenza della motivazione in ordine al giudizio sulla sussistenza del periculum in mora, osservando che al vizio genetico che affligge il decreto del G.I.P., che si è limitato a recepire acriticamente il provvedimento d’urgenza del P.M., senza alcuna autonoma valutazione, ha fatto seguito quello del Tribunale del Riesame, che non ha fornito alcuna motivazione, nonostante la disomogeneità della posizione degli indagati e la specificità delle deduzioni difensive.
Il secondo motivo è dedicato alla valutazione sulla sequestrabilità dell’area demaniale interessata dalla pista di e-bike, non essendo stato adeguatamente illustrato il nesso pertinenziale tra i reati contestati e l’area demaniale sequestrata e non essendosi considerato che, nel caso di opere costruite abusivamente su un bene demaniale, ciò che deve essere sottoposto a sequestro non è il bene demaniale in quanto tale, ma la costruzione abusivamente realizzata, essendo il vincolo funzionale a impedire non l’utilizzo del bene pubblico da parte della collettività, ma il protrarsi delle attività connesse al bene.
Dunque, erano al più sequestrabili le sole opere di realizzazione della pista ciclabile, tanto più che la modifica del tracciato della pista non ha riguardato l’intero percorso, ma solo alcuni tratti della pista originariamente autorizzata.
Né il Tribunale ha illustrato le ragioni per cui si dovrebbe ritenere sussistente il rischio di aggravamento del danno all’ecosistema, pur essendo peraltro sostanzialmente fermi i lavori di prosecuzione della realizzazione del tracciato. Con il terzo motivo, è stata censurata la valutazione sul fumus del reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, non avendo i giudici cautelari considerato che, ai sensi dell’art. 7 del citato decreto, la realizzazione di opere esecutive di lavori pubblici, quale si configura la pista di e-bike oggetto del presente procedimento, non richiede il rilascio del previo permesso di costruire.
Né del resto era ravvisabile nella vicenda in esame una “nuova costruzione”, non essendo tale l’intervento di urbanizzazione primaria o secondaria realizzato da un Comune, fermo restando che, nel caso di specie, il Comune di Macugnaga, il 26 aprile 2023, ossia ben prima del sequestro, aveva dato avvio al procedimento amministrativo per l’approvazione della variante in corso d’opera, agendo nel rispetto dell’obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti.
Con il quarto motivo, la difesa eccepisce la violazione di legge e/o l’apparenza della motivazione rispetto alla valutazione indiziaria concernente il reato di cui all’art. 181 del d. Igs. n. 42 del 2004, evidenziando come, nel caso di specie, non sia chiaro se si sia in presenza di opere realizzate in assenza del titolo autorizzativo, o se si verta in un’ipotesi di opere in difformità rispetto alla autorizzazione del 2021, non essendo stato neanche spiegato, nei provvedimenti di imposizione del vincolo cautelare, quale fosse la procedura autorizzativa che il Comune di Macugnaga avrebbe dovuto seguire per le modifiche di tracciato della pista, ossia se quella ordinaria o quella semplificata ex d.P.R. n. 31 del 2017.
Tali omissioni, ancor prima di rilevare sotto il profilo dell’omessa motivazione del provvedimento impugnato, si riflettono sull’esistenza del reato paesaggistico.
Con il quinto motivo, infine, oggetto di doglianza è il giudizio sulla sussistenza del fumus delicti rispetto al reato ex art. 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen., rimarcandosi in proposito il vuoto motivazionale assoluto del provvedimento impugnato, al di là della menzione degli articoli di legge, non essendo state esplicitate le condotte in cui si sarebbe concretizzato il fatto tipico, né le ragioni per le quali le asserite opere di modifica del tracciato della pista comportebbero la distruzione del bene paesaggistico oggetto di tutela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito esposti.
1. Premesso che, in materia cautelare reale, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen. (cfr. ex plurimis Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119), deve evidenziarsi che, nell’ordinanza impugnata, appare ravvisabile l’apparenza della motivazione sia con riferimento alla valutazione indiziaria, sia rispetto alla valutazione sul periculum in mora.
2. Iniziando dal primo aspetto, occorre innanzitutto richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Rv. 265433 e Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Rv. 261677), secondo cui nella valutazione del “fumus commissi delicti”, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali, delle contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa.
Orbene, tale verifica non può ritenersi adeguatamente compiuta dal Tribunale del riesame che, pur a fronte di specifici rilievi difensivi, si è limitato a rimarcare l’astratta configurabilità dei reati (pag. 6 e 7 dell’ordinanza impugnata), senza tuttavia descrivere la natura, l’entità e la dinamica delle condotte contestate, per cui, in mancanza di parametri di riferimento, risulta meramente assertivo il richiamo alla “difformità tra il tracciato eseguito e quello autorizzato”, come pure è connotata da genericità l’affermazione circa l’avvenuta “trasformazione del suolo” e il correlato “pericolo di distruzione e deterioramento dello stesso”, non essendo sufficiente a colmare la sostanziale apparenza di motivazione l’anodino riferimento a “dimensione, caratteristiche e ubicazione delle opere”, mancando al riguardo un’adeguata descrizione del contesto territoriale in cui si assumono commessi i reati e dell’effettiva incidenza dei vincoli genericamente evocati.
L’unico dato noto della vicenda è invero quello riportato a pagina 1 del provvedimento impugnato, ossia che il sequestro preventivo d’urgenza convalidato dal G.I.P. ha riguardato l’area interessata dalla realizzazione delle opere relative all’itinerario di cicloturismo per e-bike tra i Comuni di Macugnaga e Saastal, ma, a parte tale elemento fattuale, sono rimaste sostanzialmente inesplorate le ragioni e il contenuto delle violazioni contestate, che peraltro sono molteplici ed eterogenee (art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, 181 del d. Lgs. n. 42 del 2004, 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen.), dovendosi altresì rivelare che, anche rispetto alle diffuse censure difensive riguardanti l’ascrivibilità delle condotte agli indagati, il provvedimento impugnato è rimasto silente.
2. Analogo difetto motivazionale è altresì ravvisabile rispetto alla valutazione concernente il periculum in mora.
Sul punto, il Tribunale si è limitato a osservare (pag. 6) che “la natura dell’area sequestrata, correlata alla tipologia dei reati contestati (art. 44 d.P.R. 380/2001, 181 d. Lgs. 42/2004, 518 duodecies e 518 sexiesdecies n. 1 cod. pen.) rende evidente il nesso di strumentalità”, a ciò aggiungendo che erano ravvisabili le ragioni di urgenza della cautela reale, stante la rapidità, rivelata dalla presenza di due escavatori in azione, con cui le trasformazioni e le distruzioni dei luoghi continuavano a essere portate avanti dalle ditte appaltatrici.
Orbene, al di là di quest’ultimo aspetto, su cui la risposta fornita nell’ordinanza gravata risulta senz’altro pertinente, deve osservarsi che sulle doglianze riguardanti l’esistenza del periculum in mora, i giudici della impugnazione cautelare hanno mancato di confrontarsi con le censure difensive, il che integra anche in tal caso la sussistenza della dedotta violazione di legge.
In proposito, deve innanzitutto evidenziarsi che, come già affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 2627 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284059 – 03 e Sez. 3, n. 50336 del 05/07/2016, Rv. 268331), è legittimo il sequestro preventivo
impeditivo di un bene demaniale, pur destinato a soddisfare i bisogni e gli interessi di una platea indeterminata di utenti, quando la sua fruizione, per effetto delle modifiche allo stesso apportate, possa aggravare il pregiudizio per l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, essendosi altresì precisato che, nelle aree vincolate, anche in presenza di opere ultimate, deve pur sempre valutarsi, l’impatto degli abusi sulle zone oggetto di particolare tutela.
Tale verifica è mancata nel caso di specie, avendo il Tribunale desunto l’esistenza del periculum in mora dalla mera insistenza delle opere su area demaniale e sottoposta a vincoli, senza tuttavia accertare né l’effettiva incidenza dei lavori ritenuti abusivi sui beni protetti, né tantomeno l’estensione dei predetti lavori rispetto alle aree demaniali sequestrate, di cui sono rimaste ignote le dimensioni, il che non consente di cogliere l’effettiva entità delle opere ritenute illegittime.
4. In definitiva, alla stregua delle ravvisate lacune argomentative dell’ordinanza impugnata in ordine al duplice profilo del fumus commisi delicti e del periculum in mora, si impone, in sintonia con la richiesta del Procuratore generale, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale del riesame di Verbania, nuovo giudizio da compiere, nel confronto con i rilievi difensivi, alla luce delle richiamate premesse interpretative.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Verbania competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 12/12/2023
(foto S.D., archivio GrIG)