Il Ghiacciaio del Lys sul Monte Rosa si sta ritirando

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Come stanno i ghiacciai alpini italiani?

Per rispondere a questa domanda siamo partiti insieme al Comitato Glaciologico Italiano e al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano per una spedizione sul Monte Rosa.

Destinazione? Il Ghiacciaio del Lys, in Valle d’Aosta, uno dei testimoni più evidenti della crisi climatica da cui è emersa una fotografia preoccupante: il ghiacciaio sta arretrando a un ritmo allarmante. Come se non bastasse, le sue acque di fusione rischiano di rilasciare sostanze inquinanti molto pericolose rimaste intrappolate nei ghiacci per decenni. Sostanze – queste – che rappresentano una minaccia per la biodiversità di ecosistemi montani e vallivi.

Ghiacciaio del Lys, Monte Rosa (Valle d’Aosta)

Il Ghiacciaio del Lys: un gigante in ritirata per colpa della crisi climatica

Dal 1850 a oggi, il Ghiacciaio del Lys ha perso più di un km di lunghezza, e oggi è frammentato in più corpi disconnessi. Questo non è un caso isolato: si stima che i ghiacciai alpini italiani abbiano perso circa il 30% della loro superficie negli ultimi 30 anni a causa del riscaldamento globale, una perdita che impatta non solo sugli ecosistemi montani ma anche sulle comunità che vivono a valle.

Ma cosa significa, nel concreto, la ritirata di questo gigante bianco? I ghiacciai come quello del Lys sono riserve d’acqua cruciali, fondamentali per alimentare i nostri acquedotti ma anche per l’agricoltura e per la conservazione degli habitat naturali. Va da sé, quindi, che proteggere i ghiacciai dal cambiamento climatico significa proteggere la nostra stessa acqua, e la vita che da essa dipende. La velocità con cui il Ghiacciaio del Lys sta perdendo volume non è una buona notizia e si inserisce in un trend molto preoccupante, che vede i ghiacciai alpini del nostro Paese in rapido declino.

Un paesaggio che cambia: il drammatico calo dei ghiacciai italiani

A confermarlo è Luigi Perotti, Segretario del Comitato Glaciologico Italiano: secondo i dati storici, a metà dell’Ottocento in Italia esistevano circa un migliaio di ghiacciai, con una superficie complessiva di 650 km². Oggi, quel numero è drasticamente calato, con la scomparsa totale di circa un terzo dei ghiacciai alpini  e una superficie ridotta a 370 km². In pratica, abbiamo perso quasi il 50% della nostra superficie glaciale. Questa scomparsa è dovuta soprattutto all’aumento delle temperature globali, un fenomeno accelerato dalle attività umane che sta già influenzando la disponibilità e la stagionalità delle risorse idriche. 

Luigi Perotti, Segretario Comitato Glaciologico Italiano, spiega com’è cambiato il Ghiacciaio del Lys dall’800 a oggi

La rapida fusione del Ghiacciaio del Lys rischia di liberare nell’ambiente anche sostanze pericolose come PFAS e pesticidi

La fusione dei ghiacci  del Lys non è solo drammatico per le nostre riserve idriche, ma porta con sé un altro aspetto molto preoccupante: un inquinamento silenzioso dovuto al rilascio di sostanze inquinanti rimaste intrappolate nei ghiacci per decenni.

Ma di quali sostanze si tratta? A spiegarcelo è Marco Parolini, del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. «Sono molecole “storiche”, come il DDT ormai vietato e altri fitofarmaci utilizzati in agricoltura, o emergenti come i composti perfluoroalchilici (PFAS), estremamente reattive e potenzialmente pericolose per la salute degli organismi che popolano gli ecosistemi montani e vallivi: per questo è molto importante indagarne e monitorarne la presenza».

Il professor Marco Parolini durante lo svolgimento di campionamenti delle acque di fusione del LysIl professor Marco Parolini svolge dei campionamenti delle acque di fusione del Lys

I fragili equilibri degli ecosistemi montani sono infatti molto sensibili anche a piccole quantità di sostanze inquinanti che, prodotte principalmente dalle attività umane svolte in pianura, possono arrivare ad alta quota attraverso le correnti atmosferiche o le precipitazioni. Studi preliminari hanno evidenziato tracce di nitrati nelle precipitazioni raccolte a 3000 metri presso l’Istituto Mosso, provenienti per la maggior parte dal traffico veicolare e dall’uso massiccio di fertilizzanti agricoli della Pianura Padana. Il professor Michele Freppaz, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, anche lui presente alla spedizione, ha sottolineato l’importanza di monitorare queste sostanze per capire il loro impatto sull’ecosistema.

Il professor Michele Freppaz spiega come le sostanze inquinanti riescono ad arrivare ad alta quota attraverso le correnti atmosferiche e le precipitazioni

Un futuro da salvare

I ghiacciai, come quello del Lys, sono sentinelle del cambiamento climatico, conservano le tracce del nostro passato e sono importanti riserve d’acqua. Per questo occorre studiarli e proteggerli dagli impatti dei cambiamenti climatici e dalle conseguenze di un inquinamento legato principalmente all’agricoltura intensiva, ad alcune produzioni industriali e ai trasporti, che riesce ad arrivare fino a quote così elevate.

Con il nostro progetto “Fino all’ultima goccia” chiediamo  impegni concreti a governi e aziende, per ripensare il nostro modello produttivo e ridurre le emissioni climalteranti e l’inquinamento. Proteggendo i ghiacciai, proteggiamo anche la nostra acqua e con essa il nostro futuro!

Chiedi insieme a noi misure concrete per fermare il cambiamento climatico

Se non agiamo subito, perderemo non solo i ghiacciai ma anche risorse idriche vitali per noi e per gli ecosistemi.

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