Il nuovo articolo sulle tracce di sangue sulla Sindone di Torino: un’analisi critica

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di Luigi Garlaschelli

Il 19 luglio 2024 è comparso un articolo [1] a firma di Giulio Fanti, professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, che presenta sue ulteriori analisi sulle (vere o presunte) tracce di sangue sulla Sindone di Torino. Può essere utile fornire qualche informazione per meglio inquadrare l’argomento.

L’autore e la rivista

Il professor Fanti è probabilmente il più attivo studioso italiano della Sindone. Dal 1998 ha pubblicato sull’argomento decine di lavori – tra articoli su riviste e comunicazioni a congressi – e alcuni libri. Ha ottenuto dall’Università di Padova un finanziamento per ricerche su questo tema.

L’articolo andrebbe esaminato con qualche cautela, visto che è stato pubblicato in Archives of Hematology Case Report and Review, della casa editrice Peertechz, nota per figurare da sempre nel più noto elenco [2] delle cosiddette riviste predatorie, ovvero quelle che pubblicano a pagamento lavori senza un adeguato processo di revisione critica. Sull’argomento si vedano anche alcuni recenti articoli del CICAP. [3] 

Analisi delle macchie di sangue

Sul problema delle macchie di sangue sulla Sindone si è discusso moltissimo. Le polemiche vedono da un lato i sindonologi, che sono convinti si tratti veramente di sangue; dall’altro i critici, ai quali questa affermazione pare poco credibile. [4]

In primo luogo le cosiddette “colature” di sangue – al capo, alle mani, ai piedi, al costato – sono morfologicamente poco verosimili. Inoltre il loro colore – dopo settecento, o anche duemila anni – è rosso-rosa vivo, mentre il vero sangue diventa presto scuro, fino ad apparire quasi nero. 

Una cosa deve essere subito ben chiara: se si presuppone che la Sindone sia un artefatto non è rilevante che le macchie di presunto sangue contengano colore, vero sangue, o entrambi. Un falsario avrebbe potuto usare inizialmente del sangue e, più tardi, avrebbe potuto ritoccare il telo con del colore; ciò però sarebbe potuto accadere anche se la Sindone fosse autentica. Solo se si potesse affermare che non vi è traccia alcuna di vero sangue, ma solo di colore, ciò sarebbe un forte indizio di falsità.

Le prime analisi della commissione istituita dal cardinal Pellegrino del 1976 , avvalendosi di medici legali “neutrali”, non rilevarono alcuna evidenza di sangue, né di globuli rossi o altri corpuscoli tipici del sangue; furono invece rilevati corpuscoli di una materia colorante. [5]

Nel 1980 il famoso microscopista McCrone trovò sui nastri fornitigli dalla commissione dello STURP tracce di ocra, di cinabro (solfuro di mercurio, pigmento rosso molto diffuso nel Medioevo) e di alizarina (pigmento vegetale rosso-rosa). Egli riportò inoltre la presenza di un legante proteico per le particelle di pigmento che ritenne potesse essere collagene (gelatina) o bianco d’uovo.

Al contrario, Heller e Adler – nessuno dei due esperto di analisi forensi e i soli chimici a eseguire queste microanalisi all’interno del gruppo dello STURP – affermarono di aver accertato la presenza di sangue, avendo evidenziato su un nastro reazioni tipiche delle porfirine, una struttura molecolare tipica dell’emoglobina e dei suoi derivati. Il nastro però fu da loro rovinato e non fu eseguito nessun test di controllo su altri nastri.

Le conclusioni di McCrone furono fortemente contestate, affermando che egli si fosse ingannato nel ritenere che l’immagine della Sindone fosse stata dipinta con dell’ocra, che le tracce di ferro derivassero dall’emoglobina del sangue, oppure da residui del trattamento delle fibre del lino prima della filatura, o ancora che l’ocra e altri pigmenti pittorici fossero frutto di inquinamenti successivi: ad esempio, particelle staccatesi dagli affreschi circostanti, oppure finite sulla Sindone quando di essa venivano eseguite delle copie. 

Alcune delle ricerche di McCrone, tuttavia, furono in seguito confermate proprio durante un convegno di sindonologi. Nel 2008, infatti, furono eseguite analisi per spettrometria Raman sulla polvere che, durante le analisi dello STURP nel 1978, il microanalista Riggi di Numana aveva raccolto con uno speciale aspiratore, tra la Sindone e una tela di supporto applicata nel 1532 sul suo retro. Fu confermata sui filtri la presenza di una grande quantità di particelle di ossidi di ferro a vari gradi di idratazione (ocra), nonché di cinabro, alizarina e altri pigmenti pittorici [6] – più alcuni debolissimi segnali in una sola particella che furono attribuiti ad emoglobina.

Il lavoro di Fanti

In questo lavoro, Fanti esamina varie fotografie della Sindone, quattro striscioline larghe un millimetro di nastro adesivo tagliato dai nastri utilizzati dallo STURP nel 1978, polveri dai filtri dell’aspirapolvere di cui sopra e fibre di lino (peso da uno e 3 milligrammi) sempre da un filtro dell’aspirapolvere. Gli strumenti che usa sono un microscopio ottico a polarizzazione in luce trasmessa e riflessa, nonché UV, fino a 1500 ingrandimenti, e un microscopio elettronico.  Analisi sulla composizione delle particelle sono state effettuate con la tecnica EDX (Energy Dispersion X-ray spectroscopy) e per spettroscopia Raman. 

Per un comune mortale non è semplice orientarsi tra esami tanto specialistici (l’autore stesso ringrazia per l’aiuto cinque o sei esperti), ipotesi, opinioni personali e affermazioni generiche. 

Un tentativo è stato fatto sul blog [7] di Hugh Farey (un insegnante di scienze già caporedattore della rivista della British Society for the Turin Shroud, divenuto poi uno dei più convinti sostenitori della falsità del famoso Telo); Fanti ha immediatamente risposto alle obiezioni di Farey con contro-obiezioni. 

Vediamo alcuni punti che sono meritevoli di qualche commento. 

Esame di immagini: Operando su fotografie a colori, Fanti sceglie dei punti della grande macchia di sangue del costato, altri in aree meno colorate della macchia stessa, altri ancora lontani da essa.  Con un apposito programma di grafica cerca di identificare quelli che hanno lo stesso colore, e ovviamente ottiene un grafico con le coordinate dei punti, disposti grossomodo in due gruppi: quelli colorati e quelli non colorati. (Fig. 3 del lavoro). Ma poi l’autore divide arbitrariamente in due parti il gruppo di quelli meno colorati, affermando che i punti campionati nelle aree meno colorate della ‘ferita al costato’ sono diversi e corrispondono a siero sanguigno derivante da un edema polmonare: forse quello che cita il Vangelo quando afferma che dalla ferita uscirono “sangue e acqua”. La sostanza, secondo Fanti, sembra simile a quella trovata da altri studiosi (non citati) sul Telo di Oviedo, un piccolo telo studiatissimo in Spagna, che sarebbe stato posato sul volto di Cristo morto. Peccato che questa presunta reliquia sia stata datata per ben quattro volte col C-14, fornendo un’età che lo fa risalire al VII secolo d.C.

Nel suo già citato blog Hugh Farey ha esaminato le stesse immagini con un programma di grafica, Photoshop. Fornendo le coordinate colorimetriche e chiedendo al programma di suddividerle in rosse, gialle e blu, si vede che le macchie rosse corrispondono a quelle visibili come ‘sangue’, che quelle gialle corrispondono ad ampie zone della tela, e quelle blu corrispondono anch’esse ad ampie zone di non-immagine, solo di una sfumatura un po’ diversa, e non sono caratteristiche del presunto ‘siero’. Nella replica al post di Farey, immediatamente comparsa nel blog, Fanti afferma che la critica è accettabile se si usa il metodo a bassa sensibilità di Farey, ma certamente non per il metodo sensibilissimo utilizzato dal suo collaboratore Privitera. Però questo, aggiunge, è solo uno studio preliminare, non ancora pubblicato.

Esame di particelle: Fanti distingue tre tipi di particelle di dimensioni inferiori al micron, che definisce “Sangue A, B e C” in funzione delle loro dimensioni. Cita di sfuggita “varie particelle di ocra rossa e vermiglione, mescolate al sangue, dovute a una probabile contaminazione della Sindone con copie poste in contatto con essa”. Una spiegazione che si sente ripetere in continuazione, oltre a quella che il ferro potrebbe derivare dall’emoglobina, dall’acqua usata per macerare il lino dopo la raccolta, da frammenti di affreschi caduti sulla Sindone, e così via. Visto che tracce quasi solo di ocra sono state trovate (vedi nota 6) sotto la Sindone, tra di essa e il telo di protezione posteriore, non è chiaro quanto verosimile possa essere questa ipotesi.

Fanti identifica alcune di queste particelle come globuli rossi, mai riconosciuti come tali da nessuno prima di lui perché si sarebbero rimpiccioliti: da 7 micron a 0,7 micron. Questo fenomeno sarebbe accaduto perché il sangue di Cristo, a causa delle sofferenze della passione aveva rilasciato nel siero una grande quantità di urea. I globuli rossi, immersi in questa soluzione concentrata, si sarebbero raggrinziti per il fenomeno dell’osmosi. Fanti riferisce pure un suo esperimento: mette dei globuli rossi in una soluzione satura di urea e osserva che essi si sono ridotti a un diametro inferiore al micron. Peccato che una soluzione satura di urea ne debba contenere l’assurda quantità di 545 grammi per litro!

Sembrerebbe ben più logico che questi corpuscoli siano quelli già osservati dalla Commissione Pellegrino (vedi Nota 5), i cui esperti videro “corpi tondeggianti o ovali… di 0,5-0,7 micron che “per le loro caratteristiche possono essere con certezza identificati come spore batteriche”.

Fanti cita di nuovo il ritrovamento di ferritina e creatinina, che sarebbero tipiche nel sangue di persone che hanno subito forti traumi, riferendosi a un lavoro del 1917, il quale però dopo la pubblicazione era stato ritirato. [8]

Vi sono altre incertezze. Fanti afferma che lo spettro di una delle particelle di ‘Sangue A’ (Fig, 10 del lavoro) mostra gli elementi Carbonio C, Ossigeno O, Ferro Fe, Calcio Ca, Cloro Cl, Azoto N, Potassio K e Fosforo P. 

Ma in effetti lo spettro mostra i segnali per C,  O, Fe, Na, Cl, Ca,  forse K, oltre a Oro e Silicio (dalla preparazione del campione per il microscopio elettronico). Non compaiono Azoto , Fosforo, Zinco, Magnesio e Zolfo, che sarebbero invece da attendere. Altre particelle di presunto sangue mostrano segnali per C, O, Mg, Al, Si, Cl, K, Ca e Fe. Di nuovo, niente Azoto, né Fosforo, Zinco e Zolfo.

Nella sua citata risposta a queste osservazioni di Farey nel blog citato, Fanti rimanda a un suo lavoro pubblicato in un’altra rivista [9], nel quale si spiega che Zolfo, Magnesio e Zinco a volte non compaiono in questo tipo di analisi. (Ma allora perché dire che sono presenti?) Secondo questo lavoro l’Azoto manca perché… durante la Resurrezione è stato investito da un flusso di neutroni che lo hanno trasformato in Carbonio 14, alterando così anche la radiodatazione! 

Ogni anomalia viene quindi risolta con una spiegazione miracolistica che, come bonus aggiunto, permette anche di studiare la fisica della Resurrezione. Ecco altri esempi.

Fanti trova alcune particelle discoidali, che identifica come globuli rossi dagli elementi in essi contenuti, che sono impilate tra loro. Un caso? No, ovviamente: siccome (vedi oltre) egli scopre pure che alcune fibre emettono radiazioni Beta, i globuli sono elettricamente carichi; quindi, se immersi in un campo elettrico esterno (un fortissimo campo elettrico è la sua ipotesi sulla formazione dell’immagine sindonica per ‘effetto corona’) ecco spiegato perché essi si allineano in quel modo.

Altro esempio: Fanti vede alcune tracce di sangue leggermente al di fuori dell’immagine dorsale del corpo: un segno di flagello sulla spalla destra e anche presso le ginocchia.

Una svista del presunto pittore? O forse prima l’immagine c’era, e col tempo si è sbiadita sui bordi? No, la spiegazione sarebbe che il decalco del sangue è avvenuto per contatto diretto col telo, che seguiva la curva del corpo; invece l’immagine del corpo è stata prodotta anche grazie a un campo elettrico verticale, la cui intensità si riduce ai lati del corpo (senza dimenticare i neutroni che aumenterebbero la quantità di C-14, ma che non pare colorerebbero la tela, e non sono deviati da campi elettrici). 

In altri lavori, Fanti spiegava l’irrealistico aspetto dei rivoli di sangue sui capelli dell’immagine nel seguente modo: i rivoli erano sul volto, e hanno lasciato un’impronta per contatto appena su di essi è stato appoggiato un telo. Poi il corpo si è dissolto nel nulla e il telo si è afflosciato, allargandosi, mentre si generava l’impronta, così che le tracce di sangue sono finite sui capelli.[10]

Fibre radioattive: E ancora: Fanti ha misurato eventuali radiazioni emesse dalle fibre a sua disposizione, quali raggi Alfa (nuclei di Elio, con due cariche positive), raggi Beta (elettroni, con una carica negativa), raggi Gamma (radiazioni elettromagnetiche simili ai raggi X), neutroni. Sorprendentemente, Fanti scopre che le particelle di sangue emettono radiazioni Beta con intensità di vari ordini di grandezza superiori a quella normale dell’ambiente. Dato che si tratta, pare, di un’analisi nuova, per di più eseguita su particelle del peso di qualche microgrammo e annegate in un nastro adesivo applicato su un vetrino da microscopia, l’Autore stesso è piuttosto prudente nell’esprimere pareri su questo fatto.

Nel lavoro, infine, si trovano altre considerazioni di ogni genere: sulla polvere trovata sul Telo, che sarebbe simile a quella di Gerusalemme; sulle cause della morte di Cristo; su forma e direzione dei rivoletti di sangue; sulla fluorescenza del sangue, e perfino sui testi della veggente visionaria Maria Valtorta, che Fanti cita anche in altri suoi lavori.[11]

Note

Immagine da Wikimedia Commons, pubblico dominio

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