[INTERNAZIONALISMO] Grande sciopero generale in Argentina! Intervista a Guillermo Kane, del Partido Obrero (ita – españ)

10 months ago 65

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

E’ in pieno corso in Argentina un grande sciopero generale contro la politica del neo-costituito governo Milei, un mix quanto mai brutale di ultraliberismo e militarizzazione della vita sociale, che l’interessato è andato ad esporre pochi giorni fa a Davos sbandierando il pericolo del socialismo. Ne abbiamo parlato con Guillermo Kane, un dirigente del Partito Obrero che, insieme al Polo Obrero, è stato ed è all’avanguardia della risposta proletaria e popolare a questa frontale aggressione all’intero campo del lavoro salariato.

Redazione Il Pungolo Rosso

Intervista a Guillermo Kane,

del Comitato centrale del Partido Obrero, deputato provinciale di Buenos Aires

del Frente de Izquierda y los Trabajadores (Fronte della Sinistra e dei Lavoratori)

Domanda – L’arrivo di Milei alla presidenza segna un cambiamento politico radicale in Argentina – una svolta che il neoeletto presidente sta cercando di realizzare nel modo più rapido ed estremo possibile. Istrionico, pazzo, incompetente… cose simili erano state dette inizialmente anche su Bolsonaro, ma la sua presidenza, per i lavoratori brasiliani, non è stata una farsa, è stato un dramma – basti pensare allo smantellamento della legislazione sul lavoro, alle nuove norme sull’orario di lavoro, alle nuove norme sull’orario di lavoro … A noi sembra, compagni, che fin dal primo momento abbiate preso molto sul serio l’attacco che la classe capitalista argentina, attraverso Milei e la sua cricca di potere, sta sferrando contro la classe operaia e i ceti popolari.

Quali sono i punti principali di questo attacco, che sembra combinare la militarizzazione della vita sociale con l’ultraliberismo?

Abbiamo preso molto sul serio la variante di ultradestra di Milei da quando è emersa alcuni anni fa, e abbiamo incentrato il lavoro di polemica pubblica e di sensibilizzazione sul contenuto profondamente reazionario della sua demagogia. Abbiamo condotto molteplici campagne e dibattiti contro le sue proposte e il suo programma, spiegando che le sue politiche non superano, ma acuiscono la bancarotta capitalista dell’Argentina e della sua democrazia borghese.

La sua pericolosità sta nel fatto che si presenta come completamente diverso e persino contrapposto ai partiti padronali tradizionali, come il peronismo, i radicali, la PRO di Macri, in un momento in cui c’è un enorme odio popolare contro tutti loro. E allo stesso tempo indica quali responsabili della crisi non la classe dirigente, ma settori delle masse: il movimento delle donne, i disoccupati, i sindacati. Questo discorso reazionario è diffuso e promosso dai media e dai gruppi capitalistici. È un modo per cercare di far sì che la rabbia per la miseria, l’inflazione e il debito non venga incanalata nella lotta di classe e dalla sinistra, ma da una variante del regime che propone addirittura una grande offensiva contro le masse.

Nel suo primo mese di presidenza Milei ha lanciato un pacchetto di misure di attacco che ha spinto migliaia di persone alla lotta contro il suo governo. In primo luogo, una mega svalutazione e l’aumento dei prezzi del carburante (+150% in un mese), dei trasporti e dell’energia, che ha portato a un’enorme contrazione del reddito, mantenendo congelati i salari e il bilancio pubblico. In secondo luogo, ha annunciato un protocollo che mira a vietare le manifestazioni e i picchetti che potrebbero esprimere il malcontento, sebbene questa misura non abbia alcuna base legale o costituzionale. Ha poi emanato un decreto, anch’esso in violazione delle norme giuridiche fondamentali, in cui tra le oltre 300 disposizioni limita quasi completamente il diritto di sciopero, distrugge il regime dei contratti collettivi consentendo accordi aziendali, impone molteplici forme di precarizzazione del lavoro abbassando le indennità di licenziamento, stabilendo contratti precari ed estendendo i periodi di prova, facilitando le fusioni aziendali e la vendita massiccia di terreni agli stranieri, oltre a eliminare le norme a tutela dell’ambiente. Ha poi inviato al Congresso una legge omnibus, chiedendone un esame urgente questo mese, minacciando in caso contrario di indire un plebiscito per la sua approvazione. Tra le oltre 600 disposizioni di questo disegno di legge, esso conferisce all’esecutivo poteri straordinari che praticamente assorbono quelli del Parlamento, modifica il regime elettorale annullando la rappresentanza delle minoranze, elimina il sistema di adeguamento delle pensioni, inasprisce le pene e le misure restrittive contro il diritto di manifestare, concede l’impunità legale alla polizia e ad altri agenti di sicurezza per i crimini che compiono in servizio, introduce la possibilità di contrarre debiti con l’estero senza passare dal Congresso, prevede un riciclaggio generale per legalizzare il denaro sporco di capitalisti e mafie, la privatizzazione delle aziende statali, la deregolamentazione economica e la concentrazione monopolistica in tutti i settori, dalle telecomunicazioni alla salute mentale, alla cultura, alle attività estrattive, ecc. Il pacchetto, che Milei non è riuscito a imporre e che viene contestato nel Congresso, nei tribunali e, soprattutto, nelle strade, implica un tentativo di cambiamento del regime politicocon l’imposizione di uno stato di eccezione repressivo. Se riuscisse a imporre il suo programma di massima, sarebbe una sorta di dittatura civile come quella instaurata da Fujimori in Perù negli anni Novanta.

La classe capitalista è unita attorno a questo attacco, o sta cercando di modularlo meglio, magari moderando un po’ i toni? E come si sta posizionando il peronismo politico, sconfitto alle ultime elezioni?

Milei era il meno favorito tra i candidati dei padroni argentini e imperialisti che operano qui. Hanno considerato il suo progetto politico un’avventura. La sua forza politica è quasi inesistente, non ha una struttura territoriale. La sua politica è quella della provocazione permanente delle masse. Ci sono molti dubbi che possa rimanere al governo. Ma, una volta vinte le elezioni, ha promesso tutto ciò che più desiderano a un importante gruppo di aziende locali e internazionali, che lo sostengono nel perseguimento di questi obiettivi indipendentemente dal fatto che poi riesca o meno a rimanere al potere.

Ha coinvolto la Techint [impresa a controllo italiano – ndt], nominando uno dei suoi uomini alla direzione della YPF [il maggior gruppo petrolifero argentino – ndt] e promettendo il controllo totale della compagnia petrolifera e degli importanti giacimenti di Vaca Muerta attraverso la sua privatizzazione. Il ministro delle Finanze Caputo, che era già in carica durante il grande indebitamento del governo Macri, è un rappresentante di Black Rock, un enorme fondo finanziario che è il principale detentore del debito privato argentino. E così via. Tutti i settori del padronato sostengono il nocciolo duro delle riforme del lavoro, il condono finanziario e in generale la concentrazione e la deregolamentazione. Ma le clausole di dettaglio hanno aperto centinaia di scontri inter-borghesi, poiché propongono un cambiamento dell’intero regime economico e sociale, che polverizzerebbe innumerevoli settori piccoli e medi del padronato. Vedremo nelle prossime ore come proseguirà questa complessa trattativa. La magistratura ha già impugnato diverse disposizioni del decreto. C’è una vera e propria crisi politica che si sta definendo in una prova di forza.

Le forze che facevano parte del governo di Macri (Pro, Radicali e altri) oscillano tra l’ingresso diretto nel governo di Milei e la negoziazione di un appoggio parlamentare. Nel peronismo, i principali leader sono usciti di scena per facilitare a Milei il lavoro sporco di distruzione del valore della forza lavoro e della riforma del lavoro. Sergio Massa, l’ultimo candidato peronista alle presidenziali, e Cristina Kirchner hanno criticato lo sciopero nazionale, dicendo che la gente deve sentire il dolore causato dalle misure di Milei e che saranno in grado di incanalarne il risultato nelle prossime elezioni. Una politica di disfatta e smobilitazione, in una logica di speculazione elettorale. Altri peronisti, come i governatori di Tucumán e Formosa, negoziano i loro voti al Congresso con Milei in cambio delle richieste dei settori padronali che rappresentano, e alcuni, come Daniel Scioli, candidato di Kirchner nel 2015, o il peronismo della provincia di Córdoba, integrano direttamente il governo assumendo incarichi.

Fin dall’inizio, il Polo Obrero e il Partido Obrero hanno invitato a lottare contro Milei e il suo “programma della motosega”, sostenendo che l’unica forza che può bloccarlo è un movimento popolare di massa animato dalla classe operaia, ma non limitato ad essa.

Milei è entrato in carica il 10 dicembre. Su richiesta dell’OP, una plenaria di delegati del Fronte di Lotta Piquetero, un’organizzazione di lotta di lavoratori disoccupati, è stata indetta una mobilitazione contro i suoi piani appena dieci giorni dopo la sua entrata in carica, il 20 dicembre, anniversario della ribellione popolare che ha rovesciato il governo antioperaio di De la Rua nel 2001. Questo appello sta ottenendo il sostegno dei sindacati, della sinistra e dei gruppi per i diritti umani. Il governo ha cercato di vietare la manifestazione e ha militarizzato la città di Buenos Aires e i servizi di trasporto, ma quel giorno abbiamo comunque tenuto la manifestazione in Plaza de Mayo. I leader del Polo Obrero e del Partido Obrero, come Gabriel Solano e Eduardo Belliboni, sono stati la controparte politica del governo in una lotta politica e di strada che si è riflessa su tutti i media del Paese. La lotta di massa contro Milei è iniziata nella seconda settimana del suo governo, e la politica dell’OP ha svolto un ruolo importante in questo senso. In queste lotte sono importanti le assemblee di quartiere, che non hanno ancora il peso che avevano nel 2001, ma sono un punto di raccolta per centinaia di attivisti. Il movimento culturale, che comprende cinema, case editrici indipendenti, teatro, musicisti, danza, e che verrebbe distrutto dalle misure di Milei che smantellano ogni sostegno statale a questi settori, ha svolto un ruolo particolarmente rilevante.

Finalmente il principale sindacato argentino, la CGT peronista, ha deciso di indire uno sciopero generale per mercoledì 24, preoccupato per l’agitazione e il malcontento dei suoi iscritti. Qual è la vostra opinione su questa decisione? Cosa intendete per “sciopero attivo” e quali proposte di lotta e di organizzazione state portando alle assemblee che lo stanno preparando?

Lo sciopero è, da un lato, molto necessario. Allo stesso tempo è tardivo (è passato un mese dall’ultima manifestazione del 27 dicembre) e non c’è garanzia di continuità rispetto a una politica per vincere lo scontro [con il governo Milei]. E inoltre genera diffidenza in un settore di lavoratori.

La burocrazia sindacale non ha fatto nulla in 6 anni di distruzione dei salari. Anche oggi, non chiama a lottare per i salari e contro i licenziamenti. Poiché il loro potere, in quanto organizzazioni, è messo in discussione dalle disposizioni di Milei, insieme ai diritti dei lavoratori, e poiché hanno già un grande discredito, sono stati costretti a indire questa azione, contro l’opinione pubblica dei loro leader politici del peronismo. Questo sciopero è attivo in quanto propone di lasciare il lavoro a metà giornata per concentrarsi davanti al Congresso, dove si discute la legge Milei. Questo ci sembra opportuno, anche se siamo in lotta per organizzare questa azione azienda per azienda, cosa che la burocrazia non garantisce in alcun modo. Ma al di là delle riserve sulle politiche della CGT e della CTA (organizzazioni di centro-sinistra che fanno parte anche della coalizione peronista), prendiamo i loro appelli come un’opportunità per la classe operaia di riunirsi in assemblee, fermarsi nei luoghi di lavoro e mobilitarsi massicciamente per tutte le richieste dei lavoratori, a partire dalla sconfitta della legge Milei. Un’irruzione nel giorno dello sciopero rafforza la lotta dei lavoratori e cambia i rapporti di forza.

Il 20 gennaio abbiamo promosso una plenaria di lavoratori occupati e disoccupati, che ha riunito 600 rappresentanti di sindacati e movimenti di lotta. In quella sede abbiamo votato per la promozione di uno sciopero il giorno in cui la legge sarà effettivamente discussa dal Congresso (forse il giorno successivo, il 25). E per stabilire azioni progressive di lotta fino alla sconfitta dell’offensiva, ed estendere il metodo delle assemblee, dei comitati di base dei lavoratori occupati e disoccupati e di tutti i settori in lotta per organizzare questo piano d’azione. Se le centrali sindacali le convocano, noi ci andremo, con la nostra posizione indipendente e le nostre parole d’ordine. E se invece non le convocano, organizzeremo noi la continuità della lotta. Il nostro criterio è la più ampia unità d’azione della classe operaia, che lotta per l’indipendenza politica e organizzativa, per una direzione classista, rivoluzionaria che conduca la lotta alla vittoria.

Qualche parola, infine, sull’eco internazionale e sul significato internazionale della mobilitazione contro il governo Milei

Ovviamente c’è un’enorme attesa e attenzione internazionale. C’è stato uno sconvolgimento profondo. Nel suo discorso al Forum di Davos Milei ha dato un saggio della sua ideologia violentemente anticomunista, favorevole alla distruzione dei diritti dei lavoratori, di tutti i servizi pubblici, ha parlato da nemico dei movimenti delle donne e delle istanze ambientaliste.

Dall’altra parte c’è un movimento operaio e di massa che non è stato sconfitto, che ha una lunghissima storia di lotte e di organizzazione, che ha guidato ribellioni e scontri di massa in questa generazione; un movimento in cui la sinistra rivoluzionaria ha una presenza significativa, come costruzione politica con leader riconosciuti, media, parlamentari, e con una internità ai fronti di massa e alla lotta di classe.

Milei ha chiuso la sua campagna elettorale sventolando la bandiera israeliana. La sua offensiva in Argentina fa parte dell’avanguardia della politica del padronato che vuole risolvere le crisi capitalistiche imponendo una sconfitta al movimento operaio, ricorrendo anche a metodi di guerra civile se necessario. La classe operaia argentina ha buone possibilità di sconfiggere questo prepotente, e ci sono anche segnali che indicano che essa ha iniziato una fase di ascesa politica e di radicalizzazione.

Lo sciopero del 24 ha già dato luogo a mobilitazioni di solidarietà annunciate in decine di Paesi e ad altre dichiarazioni di vicinanza e solidarietà, come quelle che ci hanno inviato il SI Cobas e la TIR. Li ringraziamo e ci sentiamo parte di tutte le lotte dei lavoratori contro l’offensiva dei capitalisti, la guerra imperialista, il genocidio in Palestina. Sappiamo che una vittoria in Argentina può essere un esempio e un punto di riferimento per i lavoratori in lotta nel mondo, e speriamo di potervi contribuire.

Entrevistado:

Guillermo Kane, diputado provincial del Frente de Izquierda y los Trabajadores Unidad en la Provincia de Buenos Aires,

Comité Central del Partido Obrero

Pregunta – La llegada de Milei a la presidencia marca un punto de cambio político radical en Argentina – un punto de inflexión que el recién elegido está tratando de lograr lo más rápido posible, y lo más radicalmente posible. Histriónico, loco, incompetente… cosas parecidas se dijeron inicialmente de Bolsonaro, pero su presidencia, para los trabajadores brasileños, no ha sido una farsa, ha sido un drama -basta pensar en el desmantelamiento de la legislación laboral, las nuevas regulaciones de la jornada laboral…. Nos parece, compañeros, que desde el primer momento vosotros habéis tomado muy en serio el ataque que la clase capitalista argentina está lanzando, a través de Milei y su camarilla de poder, contra la clase obrera y las clases populares. ¿Cuáles son los puntos principales de este ataque que parece combinar la militarización de la vida social con el ultraliberalismo?

Hemos tomado muy en serio la variante de la ultraderecha de Milei desde que ha surgido hace unos años y concentrado un trabajo de polémica pública y concientización sobre el contenido profundamente reaccionario de su demagogia. Hemos hecho múltiples campañas específicas de concientización y debate contra sus planteos y su programa, explicando que su política viene a reforzar la bancarrota capitalista de Argentina y su democracia burguesa, no a superarla. Su peligrosidad radica en que se presenta como completamente distinto y hasta enfrentado a los partidos patronales tradicionales como el peronismo, los radicales, el PRO de Macri, en momentos en que hay un enorme odio popular contra todos estos. Y al mismo tiempo muestra como responsables de la crisis no a la clase dominante, sino a sectores de las masas: el movimiento de mujeres, los desocupados, los sindicatos. Este discurso reaccionario es difundido y promovido por los medios de comunicación y grupos capitalistas. Es una manera de intentar que la bronca por la miseria, inflación, endeudamiento no sea canalizada en la lucha de clases y por la izquierda sino por una variante del régimen que incluso plantea una ofensiva mayor contra las masas.

En su primer mes de gobierno ha lanzado un paquete de ofensiva que ha colocado en pie de lucha a miles contra su gobierno. En primer lugar una mega devaluación y aumentos de precios de combustible (150% en un mes), transporte y energía que ha dado lugar a una gran licuación de ingresos, mientras ha mantenido congelado los salarios y el presupuesto público. En segundo lugar ha anunciado un protocolo que pretende prohibir manifestaciones y piquetes que puedan expresar el descontento, aunque esta medida no tiene ningún fundamento legal ni constitucional. Luego ha emitido un decreto, que también viola las elementales normas legales, donde entre más de 300 disposiciones limita casi completamente el derecho a huelga, destruye el régimen de convenios colectivos de trabajo habilitando convenios por empresa, impone múltiples formas de precarización laboral rebajando indemnizaciones por despido, estableciendo contrataciones precarias y extendiendo periodos de prueba, facilitando concentraciones de empresas y la venta masiva de tierras por extranjeros, así como quitando regulaciones ambientales. Luego ha enviado una ley ómnibus al congreso, exigiendo su tratamiento urgente este mes, amenazando con si no es así convocar un plebiscito para su aprobación. Entre las más de 600 disposiciones de este proyecto se brinda al ejecutivo poderes extraordinarios que prácticamente absorbe las facultades del parlamento, modifica el régimen electoral anulando la representación de las minorías, quita la movilidad jubilatoria, endurece las penas y medidas restrictivas contra el derecho a manifestarse, da impunidad legal a policías y otros agentes de seguridad por los crímenes que realicen estando en servicio, plantea la posibilidad de tomar deuda externa sin pasar por el congreso, un blanqueo general para legalizar fondos de los capitalistas y mafias, dispone privatizaciones de las empresas del estado, y una desregulación económica y concentración monopólica en todos los ámbitos desde las telecomunicaciones a la salud mental, la cultura, actividades extractivas, etc. El paquete de conjunto, que Milei no ha logrado imponer y que está en disputa en el congreso, en la justicia, y sobre todo, en las calles, implica una pretensión de cambio de régimen político, imponiendo un estado de excepción represivo. Si lograra imponer su programa de máxima sería una especie de dictadura civil como la que en los 90 en Perú estableció Fujimori.

Pregunta – ¿Está la clase capitalista unida en torno a este ataque, o se intenta modular mejor el ataque, moderando quizás un poco el tono? ¿Y cómo se está posicionando el peronismo político, derrotado en las últimas elecciones?

Milei era el menos favorito de los candidatos para la patronal argentina y la imperialista que opera aquí. Consideraban a su plan político una aventura. Su fuerza política es casi inexistente, carece de estructuración local. Su política es de provocación permanente a las masas. Tienen muchas dudas de que pueda mantenerse en el gobierno. Pero, una vez que ha ganado la elección del ballotage, les ha prometido sus mayores deseos a un grupo importante de empresas locales e internacionales, que lo apoyan en conseguir esos objetivos con independencia de si después se logre mantener en el poder o no.

Ha sumado a Techint, nombrando un hombre suyo para administrar YPF y prometiendo el control total de la petrolera y los importantes yacimientos de Vaca Muerta mediante la privatización. El ministro de economía Caputo, que ya estuvo en el cargo en la gran toma de deuda en el gobierno de Macri, es representante de Black Rock, un enorme fondo financiero que es el principal tenedor de deuda privada de Argentina. Y así un largo etcétera. Todos los sectores patronales apoyan el núcleo duro de las reformas laborales, el blanqueo financiero y en general la concentración y desregulación. Pero en la letra chica se han abierto centenares de choques interburgueses, ya que plantea un cambio de todo el régimen económico y social, que pulverizaría a incontables sectores pequeños y medianos de la patronal. Los otros partidos han criticado las formas y algunas disposiciones del cambio de régimen político pero están negociando la aprobación, modificada, de su ley ómnibus en el congreso. Veremos en estas horas cómo sigue esa compleja negociación. La justicia ha impugnado ya múltiples disposiciones de su decreto. Hay una verdadera crisis política que se está definiendo en una prueba de fuerza.

Las fuerzas que estuvieron en el gobierno de Macri (Pro, radicales y otros) oscilan entre integrar directamente el gobierno de Milei o negociar un apoyo parlamentario. En el peronismo los principales dirigentes se han ido de la escena para facilitar que Milei haga el trabajo sucio de la destrucción del valor de la fuerza de trabajo y la reforma laboral. Sergio Massa, el último candidato presidencial peronista y Cristina Kirchner han criticado el paro nacional convocado diciendo que la gente debe sentir el dolor que provocan las medidas de Milei y que ellos podrán canalizar el resultado de eso en las próximas elecciones. Una política de derrota y desmovilización, con una lógica de especulación electoral. Otros peronistas como los gobernadores de Tucumán y Formosa negocian sus votos en el congreso con Milei a cambio de reclamos de los sectores patronales que representan y algunos como Daniel Scioli, candidato de Kirchner en el 2015, o el peronismo de la provincia de Córdoba, directamente integran el gobierno con cargos.

Pregunta – Desde el primer momento, Polo Obrero y Partido Obrero han llamado a luchar contra Milei y su “plan motosierra”, argumentando que la única fuerza que puede bloquearlo es un movimiento popular de masas animado por la clase obrera, pero no limitado a ella.

Así es. Milei asumió el 10 de diciembre. A instancias del PO, un plenario de delegados del Frente de Lucha Piquetero, organizaciones de lucha de los trabajadores desocupados, convocó una movilización contra sus planes diez días después, el 20 de diciembre que es el aniversario de la rebelión popular que expulsó al gobierno antiobrero de De la Rua en el 2001. Ese llamado fue sumando apoyos en los sindicatos, la izquierda y los derechos humanos. El gobierno intentó prohibir la manifestación y militarizó la ciudad de Buenos Aires y los servicios de transporte pero igual realizamos el acto en la Plaza de Mayo ese día. Los dirigentes del Polo Obrero y el Partido, como Gabriel Solano y Eduardo Belliboni fueron la contracara política del gobierno en una lucha política y callejera reflejada por todos los medios del país. En las mismas horas Milei anunció su decreto y fue respondido en menos de una hora por concentraciones y cacerolazos de miles de personas en todas las ciudades del país que quebraron su intento de ŕegimen de terror en las calles. La lucha de masas contra Milei empezó en la segunda semana de gobierno y la política del PO jugó un rol importante en que esto sea así. En estas luchas se han ido animando asambleas barriales, que no tienen aún el peso que tuvieron en el 2001 pero que son un punto de reagrupamiento para centenares de activistas, lo cual es importante. Ha tenido un protagonismo en particular el movimiento de la cultura, que incluye al cine, las editoriales independientes, el teatro, los músicos, la danza, y que quedaría destruido por las medidas de Milei que desarman todo apoyo estatal a estos sectores.

Pregunta – Finalmente, el principal sindicato de Argentina, la CGT peronista, ha decidido convocar una huelga general para el miércoles 24, preocupado por el malestar y el descontento de sus bases. ¿Qué opinión le merece esta decisión? ¿Qué entendéis por “paro activo”? y ¿qué propuestas de lucha y organización estáis llevando a las asambleas que lo están preparando?

El paro es por un lado, muy necesario. Al mismo tiempo es tardío (dejaron pasar un mes entero desde la última marcha el 27 de diciembre) y no tiene asegurada una continuidad que plantee una política para ganar el conflicto. Y aparte, genera desconfianza en un sector de los trabajadores. La burocracia sindical no ha hecho nada en 6 años de destrucción del salario. Incluso hoy, no está llamando a pelear por salarios y contra despidos. Como su poder como organizaciones está cuestionado en las disposiciones de Milei, junto a los derechos de los trabajadores, y como ya cuentan con un gran desprestigio, se vieron obligados a convocar esta medida, contra la opinión pública de sus dirigentes políticos del peronismo. Este paro es activo en tanto plantea abandonar el trabajo en la mitad de la jornada para concentrar en el Congreso, donde se discute la ley de Milei. Esto nos parece apropiado, aunque estamos en la pelea por organizar esta medida empresa por empresa, que la burocracia no garantiza de ninguna manera. Pero más allá de cualquier reserva a la política de la CGT y las CTA (centrales centroizquierdistas que también son parte de la coalición peronista), tomamos sus convocatorias como oportunidad para que la clase obrera se reúne en asambleas, pare el lugar de trabajo y se moviliza masivamente por todos sus reclamos, empezando por derrotar las leyes de Milei. Una irrupción en el día del paro refuerza la pelea de los trabajadores y cambia las relaciones de fuerza.

Hemos impulsado el 20 de enero un plenario de trabajadores ocupados y desocupados que reunió 600 representantes de sindicatos y movimientos de lucha. Allí hemos votado promover un paro el día que efectivamente se trate la ley en el congreso (quizás sea el día siguiente, el 25). Establecer acciones progresivas de lucha hasta derrotar la ofensiva y extender el método de asambleas, congresos de base de trabajadores ocupados y desocupados y todos los sectores en lucha para organizar ese plan de acción. Si las centrales convocan vamos, de manera independiente, con nuestras consignas. Y si no convocan, organizaremos la continuidad de la lucha. Nuestro criterio es la más amplia unidad de acción de la clase obrera, luchando por la independencia política y de organización para pelear por una dirección clasista, revolucionaria para llevar la lucha a una victoria. Es en este contexto que promovemos una alternativa política de clase, que entendemos que es el rol que debería jugar el Frente de Izquierda.

Pregunta – Unas palabras, por último, sobre el eco internacional y el significado internacional de la movilización contra el gobierno de Milei

Evidentemente hay una enorme expectativa y atención internacional. Se ha dado un choque en profundidad. Por un lado un exponente de la ultraderecha que viene creciendo en el mundo como resultado de la crisis de partidos tradicionales y falsos progresistas. En su discurso del Foro de Davos ha dado una muestra de su ideología violentamente antiocomunista, partidaria de una destrucción de los derechos obreros, de cualquier servicio público, enemigo de los movimientos de mujeres y los reclamos ambientales. Del otro un movimiento obrero y de masas que no ha sido derrotado, que tiene una larguísima trayectoria de lucha y organización, que ha protagonizado rebeliones y choques de masas en esta generación y donde la izquierda revolucionaria tiene una presencia significativa, como construcción política con dirigentes reconocidos, medios de difusión, parlamentarios y con inserción en los frentes de masas y la lucha de clases.

Milei ha cerrado su campaña electoral flameando una bandera de Israel. Su ofensiva en Argentina es parte de la vanguardia de la política patronal que quiere resolver las crisis capitalista imponiendo una derrota al movimiento obrero incluso apelando métodos de guerra civil si es necesario. La clase obrera argentina tiene grandes posibilidades de derrotar a este bravucón, e incluso hay señales de que ha empezado un ascenso político y una radicalización. El paro del 24 ya ha dado lugar a movilizaciones solidarias que se anunciaron en decenas de países y otras declaraciones de simpatía y solidaridad, como nos ha hecho llegar el SI Cobas y la TIR. Las agradecemos y nos sentimos parte de todas las luchas obreras contra la ofensiva de los capitalistas, la guerra imperialista, el genocidio en Palestina. Sabemos que una victoria en Argentina puede ser un ejemplo y un punto de referencia para los trabajadores en lucha en el mundo, y esperamos poder aportarlo.

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