ISRAELE: UNA CORSA VERSO L’ABISSO

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di Sylvain Cypel

Israele. Sempre più a destra. Una corsa verso l’abisso.

Il 30 dicembre 2022, il giorno dopo la ratifica del nuovo governo di coalizione da parte del parlamento israeliano, le Nazioni Unite hanno chiesto alla Corte internazionale di giustizia (CIG) di indagare sulla “persistente violazione da parte di Israele del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione”. “Persistente” è la parola giusta. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha infatti moltiplicato le risoluzioni che denunciano la colonizzazione e altri atti illegali perpetrati nei Territori Occupati da Israele dal giugno 1967. Invano, perché le violazioni di queste risoluzioni non sono mai cessate.

L’ultima risoluzione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite (86 favorevoli, 26 contrari, tra cui Stati Uniti, Regno Unito e Germania e 53 astenuti, tra cui la Francia), come le precedenti, rimarrà non vincolante. Tre giorni dopo, Israele ha annunciato lo sgombero forzato di 1.000 abitanti del villaggio cisgiordano di Masafer Yatta per creare una “zona di tiro” per l’esercito…

Preoccupazioni americane

Israele si è appena dato un governo più che mai coloniale e identitario. Per quanto tempo e fino a che punto i suoi sostenitori, gli Stati Uniti e l’Unione Europea (UE), proteggeranno un simile Stato? I media americani sono preoccupati. L’Associated Press (AP) ritiene che il nuovo governo “metta Israele in rotta di collisione con i suoi più stretti alleati, a cominciare dagli Stati Uniti e dalla comunità ebraica americana”.

Mentre Joe Biden si è congratulato con Netanyahu ribadendo il suo impegno per la “soluzione dei due Stati” e il suo Segretario di Stato Antony Blinken ha assicurato che avrebbe “giudicato le politiche [di questo governo], non le persone”, la coalizione al potere a Tel Aviv preoccupa Washington. I primi segnali inviati da Netanyahu non sono stati ben accolti. La politica di Israele sta diventando sempre più problematica agli occhi dell’amministrazione statunitense, soprattutto per una questione interna: le critiche a Israele stanno crescendo tra i giovani democratici. E più di 300 rabbini americani hanno dichiarato di interrompere ogni contatto con i membri del nuovo governo israeliano, in un crescente allontanamento della comunità ebraica americana. Questo vale soprattutto per i giovani ebrei, che considerano il comportamento dello “Stato ebraico” sempre più spaventoso. Le misure annunciate da Netanyahu non li riporteranno all’ovile. “Gli ebrei americani si chiedono: è giunto il momento di dichiarare la propria indipendenza da Israele?” scrive lo storico americano Eric Alterman.

Il capo del governo israeliano ha ristabilito un ruolo speciale di “Ministro degli Affari Strategici” che sarà il vero capo della sua politica internazionale, essendo il Ministero degli Affari Esteri relegato a genuflessioni diplomatiche. Ma il titolare di questi “affari strategici” non è altro che Ron Dermer, da sempre tirapiedi di Netanyahu. È stato lui a organizzare nel 2015, con la complicità di funzionari eletti repubblicani, l’umiliazione di Barack Obama al Congresso degli Stati Uniti, in merito al tentativo di accordo statunitense sul nucleare iraniano. Dermer, allora ambasciatore israeliano a Washington, è stato uno dei fanatici più accesi di Trump.

Pericolose concessioni al campo dei coloni

Per consolidare il suo potere nel parlamento israeliano, per sfuggire ai procedimenti giudiziari che lo riguardano e che sono in corso, Netanyahu ha moltiplicato le concessioni al “campo dei coloni”. Inaugura una novità assoluta: 55 anni dopo l’inizio dell’occupazione della Cisgiordania, viene tolto il controllo assoluto sulle operazioni in tutti i territori occupati dell’esercito israeliano. Il nuovo ministro delle Finanze, Betzalel Somtrich, di estrema destra, avrà il controllo su tutte le attività civili in Cisgiordania, compresa l’espansione degli insediamenti. L’esercito è preoccupato. Così facendo, il Primo Ministro appare come un uomo indebolito. Se una piccola parte dei suoi alleati religiosi espressione dei coloni lo abbandona, la sua coalizione è finita.

Tuttavia, le concessioni di Netanyahu evidenziano due conflitti incombenti. Il primo è una ripresa su larga scala della rivolta palestinese, sia nei territori che all’interno di Israele. Netanyahu ha appena annunciato l’estensione della colonizzazione in Cisgiordania, promette future “annessioni”, senza fissare una data. Niente di nuovo. Ma sarà in grado di controllare Itamar Ben Gvir, nominato capo della polizia? Come può controllare un uomo che per tutta la sua carriera ha incarnato la violenza razzista? I cittadini palestinesi di Israele e ancor più quelli che vivono a Gerusalemme Est devono aspettarsi il peggio. Haaretz ricorda che Ben Gvir, fino a poco tempo fa, “era monitorato dallo Shin Bet, il dipartimento antiterrorismo ebraico”.

E poiché il suo alter ego Betzalel Smotrich è responsabile degli affari civili in Cisgiordania, i palestinesi che vivono sotto occupazione possono temere un rapido deterioramento delle loro condizioni di vita e una più violenta repressione quotidiana.

Gvir e Smotrich sono legati ai circoli di coloni ebrei più estremisti della Cisgiordania. I cassetti dei loro sostenitori sono pieni di piani per espropriare la popolazione palestinese e confiscare le sue proprietà (soprattutto la sua terra). Con l’arrivo di Ben Gvir e Smotrich al timone, il senso di impunità dei coloni ha raggiunto nuove vette, facendo temere un aumento del livello già permanente di aggressione contro i palestinesi (e gli israeliani che vengono a sostenerli). Appena insediato, Ben Gvir si è precipitato sulla Spianata delle Moschee per chiarire le sue intenzioni.

I membri dello stato maggiore israeliano hanno già espresso il timore di una nuova rivolta tra i giovani palestinesi. Il Capo di Stato Maggiore Avi Kochavi, che è alla fine del suo mandato, ha espresso le sue preoccupazioni a Netanyahu. Alla radio, il generale Nitzan Alon, ex comandante militare della Cisgiordania (dal 2009 al 2012) è stato molto esplicito: “La situazione in Giudea e Samaria è molto più difficile oggi di quando c’ero io”, ha spiegato. Affidare le redini a Ben Gvir e Smotrich “è una buffonata”. Stanno cercando di creare il caos nei territori [palestinesi] senza una decisione formale, senza darlo a vedere. Credo che questo governo stia cercando di portarci verso questo scenario.

Nel frattempo, l’esercito ha ottenuto l’impegno verbale che nessuna decisione sarà presa senza il suo preventivo consenso. Ma con Netanyahu, Ben Gvir o Smotrich, le promesse impegnano solo chi ci crede… Già i due accoliti hanno proposto l’adozione di una legge che imponga a qualsiasi membro dello stato maggiore di attendere dieci anni prima di candidarsi a un incarico politico (attualmente il periodo di attesa è di tre anni). In questo modo si terrebbero a bada i generali in pensione.

Minacce alla democrazia

L’altra minaccia in agguato in Israele è sul fronte interno. Riguarda le riforme profonde concesse da Netanyahu. Innanzitutto, le prerogative della Corte Suprema sono state indebolite. Le sue decisioni potrebbero essere abolite dal Parlamento e le modalità di nomina dei suoi membri potrebbero essere controllate dai rappresentanti eletti. Ciò renderebbe possibile l’approvazione di testi di legge che sono stati respinti dalla Corte Suprema perché non conformi alle “leggi fondamentali” (queste sono 14, che fungono da Costituzione). Poi, l’adozione di un “Piano per la legge e la giustizia per modificare il sistema giudiziario e rafforzare la democrazia israeliana”. Questo significa, dicono gli oppositori di Netanyahu, ridurre radicalmente la democrazia.

Questo piano comprende (elenco non esaustivo):

– l’aumento delle sovvenzioni pubbliche alle scuole religiose e la riduzione delle loro materie obbligatorie (matematica, scienze, inglese, storia, ecc.) a favore dell’istruzione religiosa;

– la nomina di un funzionario eletto nei ranghi dell’estrema destra, Avi Maoz, per controllore i libri di testo scolastici. L’uomo è noto per il suo odio verso i “devianti sessuali” (LGBT) e le lotte femministe;

– il diritto per le aziende, gli ospedali o i privati di rifiutarsi di vendere, affittare o commerciare con persone LGBT (un’estensione del rifiuto già praticato nei confronti degli “arabi” di affittare o vendere una residenza).

Si prevede inoltre di modificare la “Legge del ritorno” in modo molto restrittivo. Finora la concessione della cittadinanza era aperta a chiunque avesse un nonno ebreo. La nuova proposta mette all’ordine del giorno l’applicazione della legge talmudica (chiamata “hala’ha”), secondo la quale l’ebraismo si trasmette solo attraverso la madre. Con questa regola, un buon terzo degli ebrei provenienti dall’URSS e una percentuale significativa di ebrei americani perderebbero la loro ebraicità agli occhi del Gran Rabbinato… Così come gli ebrei nati da madri convertite dai cosiddetti rabbini “riformatori”, una pratica frequente negli Stati Uniti. Questi americani perderebbero immediatamente la loro identità ebraica e la possibilità, se lo desiderano, di diventare cittadini israeliani. Come minimo, diverse centinaia di migliaia di ebrei, israeliani e non, sono preoccupati. Questo non turba i palestinesi, che sono stati privati del diritto al ritorno per tre quarti di secolo. Ma la maggioranza degli ebrei americani lo vede come un oltraggio, soprattutto i giovani: i sondaggi mostrano che spesso considerano Israele come uno Stato di apartheid, mentre Ben Gvir ha fatto il suo miglior risultato tra i giovani israeliani!

Queste riforme non saranno necessariamente tutte convalidate in Parlamento. I sindaci delle grandi città hanno già annunciato che si rifiuteranno di collaborare con Avi Maoz nel campo dell’istruzione. Ma per la maggior parte, Netanyahu ha una maggioranza tranquillizzante. La maggior parte degli analisti israeliani ritiene che la società sia a rischio di grandi sconvolgimenti, che mettono in discussione i diritti democratici, a vantaggio dei circoli religiosi e di quelli più corrotti. Due giorni prima della presentazione del nuovo governo, il Parlamento ha approvato una legge che consente al rabbino Arieh Dery – un alleato elettoralmente prezioso del capo del governo – di ricoprire un incarico ministeriale nonostante sia stato perseguito per evasione fiscale. È chiaro che Netanyahu ha poco da temere da un simile parlamento in futuro.

In Israele cresce la preoccupazione per la coercizione religiosa e per una grave erosione della democrazia. Per il sito online +972 Magazine, invece, “la crociata dell’estrema destra contro il liberalismo laico sta provocando una massiccia opposizione in Israele, ma non può essere separata dall’orientamento anti-palestinese dello Stato”.

Più la società israeliana si indirizza verso una forte identità, più coloro che vi si oppongono sono consapevoli che la via d’uscita dalla crisi passa attraverso una lotta comune con i palestinesi. La sinistra sionista, che intende preservare le norme democratiche pur accettando l’ideologia identitaria, sta gradualmente scomparendo dal campo politico, come hanno dimostrato le recenti elezioni.

“L’eccezionalismo dell’Occidente nei confronti di Israele deve finire”.

Nel novembre 2018, due parlamentari israeliani di estrema destra hanno presentato una proposta di legge che stabilisce che un soldato “non sarà interrogato come un sospetto e sarà immune da azioni penali per un atto commesso o [per aver eseguito, N.d.T.] un ordine impartito nell’esercizio delle sue funzioni”. In altre parole, l’obiettivo era quello di incorporare la legalità del crimine nel codice militare. Questo testo non è mai stato discusso in una sessione parlamentare plenaria. Tuttavia, nell’ottobre 2022, è stata presentata una proposta di legge identica, firmata da 23 deputati. Di questi, 8 sono diventati ministri o viceministri del nuovo governo Netanyahu.

Questo è il punto in cui ci troviamo ora. Joe Biden e Antony Blinken aspettano di vedere con i loro occhi, mentre la sinistra anticolonialista israeliana torna a chiedere alle potenze occidentali di porre fine alla sistematica impunità concessa al governo israeliano. “Con l’intensificarsi dei crimini di apartheid, l’eccezionalismo occidentale nei confronti di Israele deve finire”, scrive Michael Sfard, uno dei principali sostenitori dei diritti dei palestinesi in Israele. Questo sentimento è condiviso dai progressisti israeliani: senza una pressione urgente e decisa da parte degli alleati di Israele, la società israeliana, inghiottita nel suo colonialismo trionfante, non sarà in grado di fermare la sua corsa verso l’abisso.

Traduzione dal francese di Cinzia Nachira

5 gennaio 2023

Tratto da: www.orientxxi.info

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