UNIAMO LE NOSTRE FORZE CONTRO LE LORO GUERRE
SABATO 21 OTTOBRE CORTEO A GHEDI
Concentramento piazza Roma ore 14.00, Ghedi (BS)
Comizio conclusivo: piazzale di ingresso della base.In continuità con i contenuti dello sciopero generale nazionale del 20 ottobre l’indomani, sabato 21 ottobre, il SI Cobas sarà a Ghedi come co-promotore di una manifestazione proletaria e internazionalista contro la guerra, l’economia di guerra, il governo Meloni, la NATO, l’imperialismo capitalista Cinese e Russo.
Questa la lista delle adesioni al 3 ottobre:
Brescia anticapitalista – Collettivo NN Brescia – Collettivo Linea Rossa della bassa bresciana – Centro di documentazione contro la guerra, Milano – Comitato internazionalista, Como – Comitato permanente contro le guerre e il razzismo, Marghera – Controtendenza Piacenza – Controvento – Laboratorio politico Iskra – Movimento di lotta per il lavoro 7 novembre, Napoli – Plat Bologna – Rete dei comitati e dei collettivi di lotta Roma e Viterbo – SI Cobas – Tendenza internazionalista rivoluzionariaComitato 23 settembre, Fronte della gioventù comunista, Fronte comunista, Potere al popolo, Collettivo Occhio di classe, FIR, IMA (International Migrants Alliance), USB Brescia, Slai Cobas per il sindacato di classe, Collettivo autonomo gardesano, Infospazio 161 Verona, Cantiere antifascista Valpolcevera (Genova), Centro di iniziativa proletaria G. Tagarelli di Sesto san Giovanni.
A breve comunicheremo la lista delle città e i relativi contatti per i pullman.
La preparazione di Ghedi è cominciata bene
– e nuove adesioni alla manifestazione
La preparazione della manifestazione di Ghedi del 21 ottobre è cominciata sotto ottimi auspici, non c’è che dire. L’assemblea on line di ieri, più di 100 partecipanti, è stata quanto mai concreta e concorde nel dare avvio con determinazione alla mobilitazione. Tre ore fitte di confronto, venti interventi, zero retorica.
Il compagno della TIR (Tendenza internazionalista rivoluzionaria) che ha aperto i lavori ha riassunto i punti essenziali di inquadramento della guerra in atto in Ucraina, che sono stati assunti, a volte ripresi e sottolineati, dalla quasi totalità degli interventi come base comune di analisi e comune prospettiva di lotta:
1)la guerra in corso in Ucraina tra NATO e Russia è una guerra combattuta da ambo i lati per finalità di sfruttamento e di dominio;
2)essa è un punto di svolta nella storia del mondo contemporaneo in quanto è l’inizio di una furiosa, sanguinosissima, devastante contesa inter-capitalistica, inter-imperialistica, per la rispartizione del mondo;
3)le bandiere dell’auto-determinazione e libertà dell’Ucraina, della guerra santa tra democrazie e autocrazie, così come quelle della denazificazione dell’Ucraina e della costruzione di un armonioso mondo multipolare, sono false insegne di guerra per l’arruolamento al massacro;
4)la guerra in corso è in realtà una guerra contro i proletari, anzitutto ucraini e russi che stanno morendo a frotte sui campi di battaglia, ma anche contro i proletari di tutto il mondo, alle prese con gli effetti materiali e ideologici della guerra: inflazione, difficoltà nei rifornimenti di grano, impennata delle spese militari, veleni nazionalisti a vagonate. Come tutte le guerre del capitale, questo conflitto è un moltiplicatore di oppressione e di sfruttamento, un incitamento ai proletari a farsi la pelle a vicenda per le tasche, la potenza e la gloria dei loro sfruttatori;
5)la guerra tra NATO e Russia in Ucraina, perciò, non è una nostra guerra, è una loro guerra, una guerra degli sfruttatori contro i lavoratori e gli sfruttati, per cui l’unica consegna da dare e attuare è quella di guerra alla guerra, il disfattismo su entrambi i fronti, e – per quello che ci riguarda – il disfattismo nei confronti del capitalismo, dell’imperialismo italiano (che è tale a tutti gli effetti, altro che colonia degli Stati Uniti!), della sua alleanza militare, la NATO, che comporta la lotta contro il governo Meloni – un governo nei confronti del quale c’è tuttora un’incredibile mollezza, nonostante la sua politica aggressivamente anti-proletaria.
Uso il “noi”, ha precisato il compagno, non soltanto con riferimento alla TIR e al SI Cobas che, almeno nella parte più combattiva e cosciente dei suoi proletari, condivide queste posizioni, ma anche con riferimento al confronto con altri organismi e organizzazioni (Iskra, Fgc, FC, Movimento 7 novembre, CSA Vittoria, etc.) che prima nel convegno di Roma del 16 ottobre dello scorso anno, e poi nell’assemblea di Milano dell’11 giugno, hanno definito un punto di vista di classe, internazionalista su questa guerra e lo hanno portato in piazza a Roma il 3 dicembre, e in diverse città a febbraio e il 1° maggio. Il compito, ora, è di portarlo in piazza a Ghedi il prossimo 21 ottobre con ancora maggior forza. Tornare a manifestare contro la guerra in Ucraina e la generale tendenza a una catena di guerre fino al possibile scoppio di una nuova, apocalittica guerra mondiale è urgente perché il conflitto bellico tra NATO e Russia in Ucraina è lontano dal concludersi. E anche se si dovesse arrivare ad un provvisorio armistizio, la tendenza evolutiva di fondo della crisi del sistema sociale capitalistico non muterebbe affatto.
Il perché andiamo a Ghedi è stato illustrato con grande chiarezza da Sauro di Brescia anticapitalista: si tratta della principale base d’attacco dell’aeronautica militare italiana, una base storica, che ha già festeggiato due centenari, e che è sede di decine di bombe atomiche da montare con tecnici italiani su aerei italiani (i 100 addetti statunitensi svolgono semplici funzioni di supporto). Manifestare davanti a quella base esprime bene il principio internazionalista a cui ci atteniamo: “il primo e principale nemico è nel ‘proprio’ paese”.
Il 21, è noto, si manifesterà oltre che a Ghedi, a Pisa e in Sicilia. Agli organizzatori di queste manifestazioni è stato proposto da noi organizzatori di Ghedi di lanciare un appello unitario alla mobilitazione, ma la proposta non è stata accolta. Il che dipende, molto probabilmente, dalle differenti prospettive: è evidente, infatti, che “il no alla guerra”, il nostro “not war, but class war”, e il semplice “no all’escalation” della guerra corrispondono a due linee politiche assai diverse. Nonostante ciò, la manifestazione di Ghedi intende parlare anche a quanti riterranno di andare a Pisa o altrove. Tuttavia, ha sottolineato il compagno della TIR, la nostra ambizione non è così modesta da accontentarsi di questo. Miriamo ad arrivare alla massa delle lavoratrici e dei lavoratori che stanno subendo le conseguenze della guerra, che sono già stati scaraventati in un’economia di guerra, in un contesto di progressivo disciplinamento e militarizzazione tipico delle fasi di preparazione alle guerre, e che ancora non si sono mossi. Miriamo ad arrivare alla massa di coloro che aspirano ad un mondo senza guerre, che vedono la barbarie capitalistica montante, toccano con mano che la civiltà capitalistica è caratterizzata sempre più dall’aggressione distruttiva al lavoro e alla natura, avvertono che questa civiltà è in putrefazione, è da archiviare, ma non sanno come. Miriamo ad arrivare a quanti, in Ucraina e in Russia anzitutto, mettendo a rischio la loro libertà e la loro vita, stanno opponendosi con coraggio a questa guerra reazionaria.
Proprio i nessi tra guerra, economia di guerra, militarizzazione dei rapporti sociali, montante autoritarismo, repressione delle lotte sono stati al centro di molti interventi (dalla Rete dei comitati di lotta di Roma-Viterbo al Comitato 23 settembre, dal Fronte della gioventù comunista a Iskra) che hanno evidenziato la necessità di un’azione di propaganda e agitazione capace di arrivare al più largo raggio possibile di lavoratrici e di donne, le prime a pagare i terribili costi delle guerre, di lavoratori e di giovani. Esemplare nel mostrare con efficacia questi nessi è la propaganda del Movimento di lotta dei disoccupati 7 novembre. Un contributo di valore, a riguardo, è stato portato da Antonio Mazzeo che si è concentrato sulla denuncia della militarizzazione delle scuole e delle università, mostrando come è in atto in Italia l’introduzione del “modello Israele” di pervasiva e strutturale formazione dei giovani a considerarsi, ed essere, “soldati della nazione” in servizio permanente effettivo, e nello stesso tempo ad accettare come un dovere nazionale ogni tipo di rapporti di lavoro precari e di sacrifici.
Quanto alla giornata del 21, in un clima di confronto senza estremizzazioni e vuote polemiche, si è sottolineata – al tempo stesso – la differenziazione di piattaforme in campo, che non avrebbe senso negare, e la necessità di mantenere aperto il dialogo tra le piazze, tra quanti, purtroppo sono ancora una piccolissima minoranza, si stanno comunque muovendo contro la guerra. Gli interventi del coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e quello di Luca Scacchi di Controvento sono stati forse il punto di equilibrio tra gli accenti più critici verso l’impostazione politica dell’iniziativa di Pisa-Coltano e quelli che, all’opposto, hanno rischiato di sorvolare sulle diversità di impostazione. Tra questi Giorgio Cremaschi di Potere al popolo, che ha partecipato all’assemblea e ha consegnato ad un messaggio in chat la sua critica a quanti “mettono in contrapposizione” le due piazze – lo stesso Cremaschi, peraltro, è stato tra i primi a dichiarare l’adesione di Potere al popolo alla manifestazione di Ghedi come a quella di Pisa, di cui PaP è tra gli organizzatori. Una posizione espressa anche da Fgc e FC, che però non hanno nascosto la loro maggiore vicinanza alla piattaforma di Ghedi.
Un altro tema fondamentale ha segnato l’assemblea: lo strettissimo legame tra lo sciopero generale indetto il giorno 20 da gran parte del sindacalismo di base e l’iniziativa a Ghedi. Ne ha parlato nella relazione introduttiva il compagno della TIR sottolineando come la classe lavoratrice sia stata in passato e resti tuttora il fulcro sociale della lotta di classe contro il capitalismo e contro le guerre del capitale, la classe senza di cui nulla è possibile. Qui in Italia lo è in particolare quel proletariato multinazionale della logistica protagonista di un ciclo decennale di lotta, composto da molti che hanno vissuto in prima persona l’orrore delle guerre scatenate dalle potenze imperialiste, e sono stati costretti a fuggire da contesti di guerra. Se ci fosse stato bisogno di dimostrare le ragioni di questa centralità, esse sono state ampiamente esposte dagli interventi di alcune avanguardie di lotta della logistica organizzate nel SI Cobas (Asmeron, Arafat, Papis, Karim) con parole dirette, limpide nel loro contenuto di classe, forti, che hanno segnato i momenti di massima intensità dell’assemblea.
Una questione spinosa, e molto concreta, è stata posta dal compagno Michele intervenuto per confermare la attiva partecipazione di Plat di Bologna al corteo di Ghedi: quella di svolgere un’attività di solidarietà con i fuoriusciti e i disertori ucraini e russi, come espressione di un lavoro organizzato.
Roberto Luzzi (responsabile del lavoro internazionale del SI Cobas, militante della TIR) ha illustrato un altro versante del lavoro di questi mesi e della stessa manifestazione di Ghedi: l’obiettivo di costruire un coordinamento internazionale di azione contro la guerra in Ucraina e la tendenza alla guerra attraverso la moltiplicazione, negli ultimi tempi quasi frenetica, dei rapporti internazionali – in particolare in America del Sud, in Germania e in altri paesi europei dell’Ovest e dell’Est. Stiamo svolgendo questo lavoro sulla base della discriminante politica fondamentale di questo momento storico – quale posizione si è assunta davanti alla guerra in corso tra NATO e Russia – e consapevoli che tutte le aree ideologico-politiche (anarchiche, emmelle, staliniste, trotskiste, internazionaliste) si sono spaccate su posizioni contrapposte di opposizione di classe o di compartecipazione alle mobilitazioni di guerra. Ha infine ribadito con forza ciò che già era stato detto nell’introduzione e in altri interventi, e cioè che la manifestazione di Ghedi contro il governo Meloni e la NATO, è al tempo stesso contro entrambi i fronti di guerra; quindi non potrà accettare né bandiere ucraine, né bandiere russe, né a maggior ragione le bandiere tricolori di questa squallida Italia corresponsabile e profittatrice di tutte le disgrazie altrui.
La riuscita dell’assemblea di domenica rappresenta una buona premessa del lavoro di preparazione e di costruzione della mobilitazione del 21 ottobre a Ghedi. Sta ora a tutti noi far sì che nelle prossime settimane questa mobilitazione si sviluppi (con iniziative cittadine) e si allarghi a tutti quei settori di proletari e di attivisti sensibili alle ragioni e alle parole d’ordine contenute nell’appello di indizione.
Nuove adesioni alla manifestazione di Ghedi:
Comitato 23 settembre, Potere al Popolo, Fronte della gioventù comunista, Fronte comunista, Collettivo Occhio di classe, FIR, IMA (International Migrants Alliance), USB Brescia.
Prime adesioni:
Brescia anticapitalista, Collettivo NN Brescia, Collettivo Linea Rossa della bassa bresciana, Centro di documentazione contro la guerra, Milano, Comitato internazionalista, Como, Comitato permanente contro le guerre e il razzismo, Marghera, Controtendenza Piacenza, Controvento, Laboratorio politico Iskra, Movimento di lotta per il lavoro 7 novembre, Napoli, Plat Bologna, Rete dei comitati e dei collettivi di lotta Roma e Viterbo, SI Cobas, Tendenza internazionalista rivoluzionaria
IL 20 OTTOBRE È SCIOPERO GENERALE
Contro guerra, carovita e precarietà
FERMIAMO IL GOVERNO MELONI
Per aumenti salariali generalizzati e pari all’inflazione
L’impatto drammatico dell’economia di guerra sulle condizioni materiali e di vita di milioni di lavoratori italiani ed europei è sempre più tangibile.
Mentre prosegue senza sosta la mattanza della popolazione ucraina, vittima dello scontro imperialista tra la Nato e la Russia di Putin, assistiamo a una corsa al riarmo senza precedenti su scala globale.
In un quadro già segnato dall’aumento costante delle spese militari nell’ultimo decennio, lo scorso 13 luglio il parlamento europeo, con voto quasi unanime, ha approvato in via definitiva il regolamento Asap (“Atto di supporto alla produzione di munizioni”) col quale l’UE stanzia 500 milioni di finanziamenti alle industrie di armi al fine di aumentare la produzione di proiettili e missili da inviare al governo di Kiev, e prevede la possibilità di dirottare a tal fine gli stessi fondi del Pnrr (che nelle enunciazioni dei governi sarebbero dovuti servire per contrastare l’impatto economico e sociale della pandemia).
Ma soprattutto, in tale regolamento si dichiara apertamente che i livelli di spesa pubblica destinata alle armi (e alle guerre) dovranno aumentare anche nei prossimi anni per far fronte a un nuovo contesto che “non è più di pace”, lasciando intendere che la tendenza generale al riarmo (e allo scontro tra le grandi potenze) va ben al di là degli esiti della guerra in Ucraina, caratterizzandosi come elemento sempre più centrale delle politiche economiche delle grandi potenze a livello globale.
Così noi lavoratori, precari, disoccupati e pensionati, già duramente colpiti negli ultimi 3 anni dagli effetti della pandemia, vedremo le nostre condizioni di vita ulteriormente e duramente peggiorate per effetto dell’inflazione sui salari già poveri, dei rincari di tutti i beni di prima necessità, delle bollette, degli affitti e dei mutui.
In un simile contesto, le politiche del governo Meloni rappresentano una vera e propria dichiarazione di guerra contro i ceti sociali meno garantiti: il sostegno incondizionato ai piani di guerra fa il paio con le ricette securitarie (carcere ai minori e ai loro genitori), con la repressione degli scioperi e del conflitto sociale e con misure apertamente reazionarie.
L’abolizione del reddito di cittadinanza, supportata da una campagna di odio contro i disoccupati, sta condannando milioni di famiglie alla povertà estrema e al ricatto di dover accettare condizioni di lavoro ultra-precarie e con salari da fame.
Dopo l’approvazione del dl Lavoro che ha incentivato la precarietà attraverso l’estensione dell’utilizzo dei voucher e la facilitazione dell’uso reiterato dei contratti a termine, e di una legge di rifinanziamento delle missioni militari all’estero (43 in totale) che incrementa di oltre 100 milioni di euro (e di 1500 soldati) la spesa destinata ai contingenti italiani in Europa orientale, la prossima manovra economica non potrà che confermare il carattere antisociale e guerrafondaio dell’attuale governo, teso ancora una volta a colpire lavoratori e disoccupati aumentando le diseguaglianze al fine di tutelare e alimentare i già alti profitti del grande capitale, della finanza speculativa e delle lobbies belliciste.
Intanto decine e decine di contratti collettivi sono scaduti: milioni di lavoratori si ritrovano privi di qualsiasi tutela e con in tasca un salario falcidiato dall’aumento dei prezzi.
Tutto ciò col sostanziale silenzio-assenso delle ‘opposizioni’ parlamentari e dei vertici di Cgil-Cisl-Uil e Ugl, i quali al di là di qualche dichiarazione ad effetto sui media e di qualche passeggiata rituale convocata in autunno, si guardano bene dal lavorare a una nuova stagione di lotta dentro e fuori ai luoghi di lavoro.
Contro questa nuova macelleria sociale, le nostre organizzazioni sindacali hanno proclamato una giornata di sciopero generale nazionale per il prossimo 20 ottobre, che avrà come principali rivendicazioni:
– NO ALLA GUERRA, NO ALLE SPESE MILITARI, ALLA PRODUZIONE E ALL’INVIO DI ARMI
– PER L’AUMENTO GENERALIZZATO DEI SALARI PARI ALL’INFLAZIONE E DELLE SPESE SOCIALI
– NO ALL’ABOLIZIONE DEL REDDITO DICITTADINANZA
– PER IL LAVORO STABILE E SICURO O UN SALARIO GARANTITO A TUTTI I DISOCCUPATI
– BASTA CON LA STRAGE DEI MORTI SUL LAVORO
Intendiamo dar vita a una giornata di lotta che, a partire dai luoghi di lavoro e dal protagonismo dei lavoratori e dei disoccupati, punti ad attraversare e coalizzarsi con l’opposizione sociale che in questi mesi si sta sviluppando sui territori sul NO al riarmo e alle spese militari, contro l’abolizione del reddito di cittadinanza, le devastazioni ambientali e la catastrofe climatica prodotta dal modello di sviluppo capitalista promosso da Governo e opposizioni parlamentari, contro le politiche razziste e sessiste e più in generale contro l’ondata reazionaria alimentata da questo governo.
In queste settimane alcune soggettività sociali si stanno mettendo in moto per sviluppare mobilitazioni e appuntamento di lotta: dalle manifestazioni lanciate dagli ex percettori del RdC per le prossime settimane, ai cortei contro la guerra indetti per il prossimo 21 ottobre presso la base militare di Ghedi (principale deposito di ordigni nucleari Nato in Italia), a Pisa su iniziativa del Movimento No Base a Coltano Né Altrove e in Sicilia; dagli scioperi nazionali nei settori del trasporto aereo e locale e del trasporto merci e logistica, alle mobilitazioni per il diritto all’abitare.
Vogliamo sviluppare, prima, durante e dopo lo sciopero generale, la massima unità d’azione con tutti coloro che intendono costruire ed animare un’opposizione reale e di classe alle politiche lacrime e sangue del governo Meloni e ai signori della guerra.
Per questo motivo, invitiamo le realtà di lotta, sociali, politiche e sindacali, i movimenti studenteschi, i comitati ambientalisti e le reti attive contro la guerra e il militarismo a una
ASSEMBLEA NAZIONALE
8 OTTOBRE 2023
MILANO
Guerra ed economia di guerra
Salari bassi e tagli alle pensioni
Precarietà e sfruttamento
Taglio del reddito di cittadinanza
Morti sul lavoro
Dissesto dei territori
Discriminazioni di genere
Blocco dell’edilizia popolare
Aumento dell’inflazione e del costo della vita
Distruzione del sistema sanitario
Distruzione del welfare, dei trasporti e della scuola
SCIOPERO GENERALE
20 OTTOBRE 2023
H24
SE NON ORA, QUANDO?
12 settembre 2023,
Adl Varese – Cub – Sgb – SI Cobas – Usi – Ci
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