“L’Antica apocalisse”, pseudoarcheologia apocalittica targata Netflix

1 year ago 69

di Damian Fernandez-Beanato * (da Skeptical Inquirer vol. 47 no. 2, traduzione di Annarita Noschese, revisione di Fara Di Maio)

L’Antica Apocalisse, recente serie tv di successo di Netflix, mostra immagini panoramiche di posti incredibili di sorprendente alta qualità, siti storici e archeologici situati in diversi continenti – sulla terra, sotto terra, e sott’acqua – posti che probabilmente nessuno di noi visiterà mai di persona. Graham Hancock, il conduttore e autore della serie, espone i fatti in maniera coinvolgente. 

La tesi centrale è interessante e curiosa allo stesso tempo: la scienza mainstream è sbagliata, la civilizzazione dell’uomo sarebbe iniziata molto prima rispetto a quanto dichiarato da storici ed archeologi, e gli scienziati sono, sicuramente, troppo focalizzati sulla loro carriera, troppo testardi e pieni di sé per ammetterlo. A conti fatti, l’eloquente Hancock sembrerebbe meritare la possibilità di dire la propria.

Fa in modo che le sue idee risultino più plausibili evitando accuratamente ogni riferimento esplicito a visitatori extraterrestri, cosa che autori di programmi simili amavano fare negli anni ’60 e ’70. La serie sembra essere più seria e fatta meglio rispetto – per esempio – a Enigmi Alieni. L’Antica Apocalisse sa essere piacevole: ho visto tutta la serie sette volte dalla sua uscita avvenuta il 10 Novembre 2022.

Ma coloro che potrebbero scambiarlo per un vero documentario devono sapere che L’Antica Apocalisse ricicla vecchi tropi pseudoscientifici e li mescola a fatti errati ed epistemologicamente inattendibili. Di seguito offro  un’analisi e una decostruzione di tutta la serie da un punto di vista scientifico, filosofico e storiografico. 

Metterò l’accento anche su alcuni segnali a cui stare attenti quando si vaglia il grado di affidabilità di una fonte d’informazione o l’informazione stessa. Questa critica è esclusivamente basata su quello che viene mostrato nella serie – e non sulle opere di Hancock o su di lui come persona.

Il problema dell’ipotesi

Secondo Hancock, approssimativamente 12.800-12.500 anni fa un evento catastrofico (l’antica apocalisse del titolo, legata al cambiamento climatico del Dryas recente) distrusse una civiltà avanzata dell’età del ghiaccio, la cui esistenza è completamente ignorata dalla scienza moderna. I sopravvissuti appartenenti a quella civiltà si sono poi diffusi per il mondo ed hanno introdotto altre popolazioni meno avanzate all’agricoltura, all’architettura monumentale, allo stato di diritto, all’astronomia e altre innovazioni. A supporto di ciò, Hancock presenta miti e leggende degli eroi civilizzatori presi da varie culture del mondo, dai Sumeri el centroamericano Quetzalcoatl. Tutti esempi, secondo lui, di storie basate in sostanza sulle memorie di quegli eventi storici “reali”. Per altri autori con posizioni più radicali, tali personaggi mitologici erano astronauti extraterrestri. Il conduttore, in sostanza, sostituisce l’ipotesi degli antichi astronauti con una basata sul mito di Atlantide, che per molti è una narrazione attraente.

Il problema lampante è che praticamente nessuno storico o archeologo mainstream con una formazione scientifica supporterebbe un’idea del genere, perché priva di sufficienti evidenze.

Gli “improvvisi” sviluppi e lo spaccio di misteri

Uno degli elementi caratteristici della pseudoscienza è che a volte “fa appello a misteri senza fondamento (cf. Tuomela 1985, 228) ad esempio presentando un fenomeno reale che ha già una spiegazione scientifica soddisfacente come se fosse misterioso, o rappresentando in maniera errata un fenomeno documentato dal punto di vista scientifico per trasformarlo in misterioso” (Fernandez-Beanato 2021, 1341). L’Antica Apocalisse, come i suoi precursori degli anni ’60 e ’70, cerca di far leva, tra le altre cose, anche sul fatto che popoli di cacciatori- raccoglitori avrebbero “improvvisamente” iniziato a scolpire strutture megalitiche. Da chi impararono a farlo? Oppure, come venne loro in mente quell’idea? E ancora, in che modo la realizzarono? Questo è un vecchio tropo tipico anche degli autori di testi sugli antichi astronauti, come Erich von Däniken.

Improvvisamente è un termine vago. Quando un evento improvviso è tanto improvviso da non essere credibile? Hancock dà un esempio del fantastico sito di Göbekli Tepe in Anatolia, che ha circa 11.500 anni. Le testimonianze archeologiche per quell’area (la Mezzaluna Fertile) però mostrano invece un graduale sviluppo. Gli archeologi hanno scoperto che le popolazioni del pre-Neolitico, sempre più sedentarie e sempre più dedite ad incrementare la coltivazione di piante, hanno portato nel Neolitico alla creazione di popolazioni sedentarie e dedite all’allevamento. Culture antecedenti note, come quella natufiana, si trovavano già da prima a Göbekli Tepe, ed erano situate lì vicino. I nostri antenati hanno avuto molto tempo per esercitare e sviluppare le loro tecniche; non c’è niente di sospettosamente improvviso o misterioso in tutto ciò. Le culture del Neolitico i cui membri osservavano il cielo ed impilavano e scolpivano rocce sono ben raccontate nella storiografia e nell’archeologia mainstream. Hancock neanche menziona quelle culture antecedenti (cancellerebbero il “mistero” di Göbekli Tepe). Invece, egli si è focalizzato su datazioni marginali di altri siti archeologici, come Gunung Padang, sull’isola di Giava, Indonesia, un sito che egli, basandosi sul lavoro di un solo geologo – evidentemente, non un archeologo – afferma avere 24.000 anni! Il geologo stesso ammette nel documentario di non essere riuscito a indurre la comunità scientifica a concordare sulle sue idee. Gli archeologi fanno risalire il sito a non prima del 500 a. C.

Hancock riconosce che le strutture megalitiche considerate più antiche, come quelle di Göbekli Tepe, sono state costruite prima dell’epoca in cui sono state individuate l’invenzione della ruota e la domesticazione del cavallo. La scrittura avrebbe impiegato altri 6000 anni per essere ideata. Perché, poi, i bravi emigranti di cui lui parla non hanno insegnato nulla di tutto ciò ai loro studenti? Incidere e organizzare rocce era tutto quello che gli studenti potevano fare? Sembra potessero farlo molto bene per conto proprio.

La scienza presenta certamente dei misteri intriganti, nel senso che ragiona sugli spazi vuoti di un quadro che analizza. È generalmente questo che intendono gli scienziati quando parlano di indagare i misteri. Le rivoluzioni scientifiche, i “cambi di paradigma”, la variazione di conoscenze di base sono eventi rari e devono essere ben giustificati (prima bisogna provare che l’opinione mainstream presenti molti problemi e poi provare che la proposta alternativa funzioni bene). In scienza i grandi misteri sono rari ed indicherebbero che è un intero approccio a una materia ad avere problemi. 

Gli pseudoscienziati, dall’altro lato, sembrano voler rivoluzionare ogni volta le nostre conoscenze di base senza avere delle buone ragioni per farlo. Hancock non presenta alcuna prova sull’inconsistenza dell’attuale conoscenza scientifica mainstream, afferma solo che le interpretazioni della comunità scientifica non hanno fondamento. Secondo il conduttore, l’attuale conoscenza non richiede una narrativa altamente speculativa, ingiustificata e non confermata. Quindi il rasoio di Occam (il principio per il quale, se due teorie spiegano gli stessi dati, dovremmo prediligere quella più semplice) favorisce l’opinione mainstream. Se qualcosa non è rotto ed una proposta di riparazione non migliora quello che si ha già, è preferibile non provare a sistemarlo.

Sul principio di autorità 

Hancock si definisce giornalista, quindi non uno storico né un archeologo, il che porta immediatamente a chiedere perché dovrebbe capire di archeologia o di storia più della comunità scientifica. E le sue affermazioni sulla storia della civiltà umana sono in contraddizione con quelle che godono del consenso della comunità. Questo è un segnale di allarme che indica che si dovrebbe stare attenti sul grado di affidabilità di quello che si sta ascoltando.

Hancock respinge questa tesi, sostenendo che equivale a commettere la fallacia informale di ricorrere all’autorità. In realtà, la scienza dovrebbe certamente essere basata sul ragionamento, sulla logica, sull’osservazione, evidenza e sperimentazione, non sulla semplice autorità. Ma appellarsi all’autorità dei presunti specialisti rappresenta una fallacia solo se essi non sono dei veri specialisti – o se le loro affermazioni non sono state conseguite con il ragionamento, la logica, l’osservazione, le prove e la sperimentazione. 

Hancock ammette di essere ritenuto uno pseudoscienziato e uno pseudoarcheologo, e si difende dichiarando che egli è tutte queste cose nella stessa misura in cui un delfino è uno pseudo-pesce. Il fatto è che, mentre i delfini sono mammiferi e non pesci – e i delfini certamente non affermano di essere pesci – un delfino è sicuramente uno pseudo-pesce nel senso che i delfini possono essere, e sono, erroneamente considerati pesci da milioni e milioni di persone. Lo stesso vale per la pseudoscientificità delle ipotesi di Hancock: si tratta comunque di pseudoscienza e pseudoarcheologia anche se egli non pretende di essere uno scienziato o un archeologo, dal momento che milioni di persone crederanno – erroneamente – che egli abbia ragione.

Hancock definisce “cosiddetti esperti” gli archeologi mainstream, facendo così intendere di non riconoscere la comunità scientifica come autorità epistemica nel campo di azione che le è proprio. Questo è un altro segnale d’allarme a cui fare attenzione. Come già detto, le rivoluzioni scientifiche sono di certo accadute a fronte di prove sufficienti e adeguate. E sebbene la scienza usi a volte un certo numero di convenzioni (perché non si può testare tutto dall’inizio ogni volta) è, per sua natura, antidogmatica. L’opinione scientifica di storici e archeologi sulla storia umana non è a priori; piuttosto, è falsificabile. Nella scienza, se qualcosa è logicamente possibile, c’è sempre una soglia di evidenza che ci convince di quel qualcosa. E se qualcuno ha prove sufficienti e appropriate, queste vengono accettate. Ma le affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie.

Una vera prova per l’ipotesi di Hancock sarebbe per esempio, ad esempio, dimostrare che conoscenze o capacità esclusivamente moderne hanno avuto una sostanziale influenza civilizzatrice su alcune culture umane subito prima della transizione al Neolitico.

Sarebbe innegabilmente riconducibile alle rovine di una intera civiltà avanzata perduta. Il semplice fatto che i popoli antichi abbiano compiuto cose meravigliose e ammirevoli con le risorse e la tecnologia di cui disponevano, di per sé, non ha alcun valore dimostrativo.

Hancock afferma anche che gli archeologi stabiliscono “orizzonti artificiali”, come se avessero deciso di non scavare o prendere in considerazione alcunché oltre un certo strato sedimentario. Se questo fosse il caso, gli archeologi più giovani avrebbero il terreno spianato per fare una brillante carriera usando tutta quella montagna di materiale ignorato!

Errate rappresentazioni, persecuzione e scorciatoie

Anche i fraintendimenti e un atteggiamento paranoico sono elementi tipici che caratterizzano la pseudoscienza. L’Antica Apocalisse descrive in maniera errata lo stato attuale della ricerca, affermando che la posizione scientifica mainstream ritiene che l’agricoltura sia iniziata solo dopo la fine dell’ultima glaciazione (la più recente “Era Glaciale”), avvenuta circa 11.700 anni fa.

Ignora, di conseguenza, le recenti scoperte fatte nell’ambito della ricerca scientifica, che datano all’indietro le origini della transizione neolitica (Snir et al. 2015; Nadel et al. 2016).

Un’altra importante falsificazione presente nel documentario è l’affermazione che l’Antartide sia apparso sulle mappe prima di essere scoperto. Quello che mostrano quelle mappe è la Terra Australis (“Terra Australe”), un ipotetico continente che sin da tempi immemorabili, e su presupposti metafisici, si credeva esistesse nel sud del mondo per “bilanciare” le terre presenti nel suo nord.

Il complesso di persecuzione deriva dai teorici della pseudoscienza che avvertono la necessità di offrire una spiegazione (diversa dall’aver torto) del fatto che praticamente ogni scienziato specialista sia in disaccordo con loro. Quindi, la persecuzione diventa quella spiegazione alternativa. In L’Antica Apocalisse, Hancock fa continui riferimenti a quello che chiama storiografia e archeologia “ufficiali” e sequenze temporali “ufficiali”, come se la storiografia e l’archeologia fossero state decise da uno Stato o da un governo e fatte rispettare come conseguenza di una linea obbligatoria di partito

Certamente, nell’utilizzare tali espressioni, il documentario sta semplicemente facendo riferimento all’attuale scienza storiografica e archeologica mainstream, che sono mainstream per ragioni epistemologicamente valide e affidabili. Ci sono stati casi di vere “scienze” ufficiali (per esempio, il Lysenkoismo nel blocco sovietico), ed è vero che in quei casi, gli “scienziati” erano decisamente fuori strada. 

Da molto tempo però i casi di “scienza ufficiale” si sono verificati soltanto a gran distanza l’uno dall’altro ed erano sempre molto riconoscibili. Attualmente la storiografia e l’archeologia mainstream si sviluppano in società aperte. Forse, utilizzando in maniera denigratoria la parola ufficiale, Hancock vuole davvero far riferimento al concetto di Thomas Kuhn (1996) di scienza normale: la scienza cioè che ha luogo tra una rivoluzione scientifica e l’altra, che si suppone essere relativamente conservativa, priva di fantasia, e caratterizzata da una visione priva di ampie vedute. Del resto, Hancock usa il tipico termine di Kuhn paradigma più di una volta nel suo programma. Pur volendo ammettere quanto di corretto c’è nel lavoro di Kuhn, la storia ha dimostrato più volte che gli scienziati non hanno avuto problemi ad accettare di essersi completamente sbagliati quando sono state presentate loro prove sufficienti e del giusto tipo.

Sì, a volte i “ricercatori” pseudoscientifici sono banditi da siti archeologici (i ricercatori hanno il permesso di entrare, anche se hanno punti di vista scientifici opposti). Ciò avviene perché quello che i “cercatori” pseudoscientifici intendono fare in quei luoghi non vale la pena di esser fatto, e può risultare controproducente.

L’uso stesso che fanno dei luoghi tende a dare loro una parvenza di rispettabilità che non meritano. Hancock afferma che questo equivale a censura, ma si sbaglia. Gli archeologi hanno studiato, hanno svolto un duro lavoro nel loro campo di competenza.

La qualità dell’informazione e la qualità della sua fonte

Altre peculiarità da considerare quando si valuta il grado di affidabilità di una fonte di informazione, o dell’informazione stessa, sono la presenza di confusioni di base, equiparazioni, inclusione non spiegata di materiale o lo scorretto uso dei termini. Tali segnali potrebbero indicare mancanza di conoscenza o comprensione di base, difetti di logica, argomentazioni non strutturate o ipersemplificate, mancanza precisione. 

Ne L’Antica Apocalisse si afferma che ci sono stati alti e bassi nello sviluppo della storia della civilizzazione, che quello che il programma chiama “esseri umani moderni da un punto di vista anatomico” non sono frutto di un progresso su una linea dritta. Ogni ipotesi citata nel programma però si occupa di epoche in cui gli esseri umani erano già anatomicamente moderni da molto, molto tempo. Ciò lascia molti tra il pubblico a chiedersi se menzionare gli esseri umani anatomicamente moderni sia un’uscita casuale, che nulla ha a che fare con altri argomenti del programma, o se Hancock creda che gli esseri umani non fossero anatomicamente moderni 13.000 anni fa. (La nostra specie, Homo sapiens, è moderna da un punto di vista anatomico da oltre 300.000 anni e, per quel che sappiamo, è stata l’unica specie umana esistente per decine di migliaia di anni, dall’estinzione degli uomini di Neanderthal). 

Analogamente, si verifica un fatto curioso quando Hancock, un essere umano, dice a un altro essere umano che è di fronte a lui che c’è stata “un’estinzione di esseri umani” (e no, non intende dire che gli esseri umani siano stati riportati in vita come i dinosauri in Jurassic Park).

Un’altra caratteristica della pseudoscienza è che spesso fa affidamento su aneddoti e non su un insieme di dati corretti. Analizzando la cosiddetta Strada di Bimini con altri membri della squadra (un biologo ed un cercatore di relitti, nessun geologo od archeologo in vista), Hancock e il biologo dicono che loro non hanno mai visto di persona rocce di una spiaggia fratturate in quel modo, come se questo fosse un dato di fatto a cui la scienza possa far riferimento. (Per saperne di più sulla Strada di Bimini vedere Randi [1981] e Shinn [2004]). Altre affermazioni che sono in netto contrasto con l’attuale scienza mainstream, come l’affermazione che esistono prove della presenza di esseri umani nelle Americhe 130.000 anni fa, vengono semplicemente sorvolate nello show senza essere spiegate o giustificate.

Appeal emotivo

Per valutare il grado di affidabilità delle fonti nel caso in esame, dovremmo anche fare attenzione all’appeal emozionale piuttosto che a quello razionale. L’Antica Apocalisse sembra usare le attuali paure ecologiche e climatologiche per rafforzare la propria narrazione altamente speculativa. Il programma insinua che se una civiltà ha subito un’atroce catastrofe 12.800 anni fa, probabilmente collegata a un peggioramento delle condizioni climatiche, allora forse dovremmo imparare da ciò che è successo. Da un punto di vista archeologico si tratta palesemente di un appeal emozionale, perché è ovvio che qualunque cosa stiamo affrontando oggi non ha proprio nessuna rilevanza su ciò che è successo 12.800 anni fa. 

Il pubblico (anche quello scettico) può gustarsi questa piacevole serie, fantastica da un punto di vista visuale, e potrebbe anche seriamente adorare questo mockumentary per quello che è. Sarebbe bene, però, non pensare che abbia valore scientifico, né prenderlo troppo seriamente. Per questioni storiche o archeologiche rivolgetevi a storici e archeologi.

Riferimenti

  • Fernandez-Beanato, Damian. 2021. Feng shui and the demarcation project. Science & Education 30(6): 1333–1351. Consultabile online all’indirizzo https://link.springer.com/article/10.1007/s11191-021-00240-z.
  • Kuhn, Thomas S. 1996. The Structure of Scientific Revolutions (3rd ed.). Chicago, IL: University of Chicago Press.
  • Nadel, Dani, Ehud Weiss, and Iris Groman-Yaroslavski. 2016. Composite sickles and cereal harvesting methods at 23,000-years-old Ohalo II, Israel. PLOS ONE 11(11): e0167151. Consultabile online all’indirizzo https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0167151.
  • Randi, James. 1981. Atlantean road: The Bimini Beach rock. Skeptical Inquirer 5(3) (Spring).
  • Shinn, Eugene. 2004. A geologist’s adventures with Bimini Beachrock and Atlantis true believers. Skeptical Inquirer 28(1) (January/February).
  • Snir, Ainit, Dani Nadel, Iris Groman-Yaroslavski, et al. 2015. The origin of cultivation and proto-weeds, long before Neolithic farming. PLOS ONE 10(7): e0131422. Consultabile online all’indirizzo https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0131422.
  • Tuomela, Raimo. 1985. Science, Action, and Reality. Dordrecht, Netherlands: Reidel.


* Damian Fernandez-Beanato ha conseguito la laurea in storia (Università di Buenos Aires), un master in epistemologia e storia della scienza (Università Tres de Febrero) e un dottorato in filosofia (Università di Bristol). Ha lavorato nel giornalismo dal 2002 al 2015. Ha insegnato logica, filosofia e metodologia della scienza presso l’Università di Buenos Aires e l’Università di Bristol ed è autore di numerosi articoli accademici peer-reviewed. Il suo sito web è https://www.damianfernandez-beanato.com/.

Immagine: Atlantide, di Hernan Fednan, da Flickr, CC BY-SA 2.0

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