Europa e Australia stretti alleati per il clima e le fonti rinnovabili?
È uno scenario plausibile, stando alle dichiarazioni di Chris Bowen, ministro australiano per l’energia, intervenuto a un evento organizzato martedì 31 gennaio al CEPS (Centre for European Policy Studies), think tank sugli affari europei basato a Bruxelles.
Parlando di cooperazione tra Unione europea e Australia sui temi energetici e ambientali, Bowen ha rilanciato l’idea che il suo Paese possa diventare una “centrale energetica rinnovabile” per il vecchio continente.
Al centro di questa visione ci sono le materie prime critiche, come litio, cobalto, nickel e terre rare, di cui il territorio australiano è assai ricco, oltre alla possibilità di produrre ingenti volumi di idrogeno verde, con maxi parchi eolici e solari e numerosi elettrolizzatori.
In Australia, in particolare, si produce più della metà del litio mondiale: oltre 55mila tonnellate nel 2021, il doppio del Cile e quasi quattro volte il litio estratto in Cina (dati World Economic Forum).
Si torna quindi a parlare della prospettiva – come fu con il progetto Desertec in Africa, poi naufragato – di sviluppare un grande hub energetico green, geograficamente molto lontano ma con ampia disponibilità di risorse naturali, da cui esportare energia pulita verso i Paesi europei. In questo caso, un ruolo di primo piano lo avrebbe l’idrogeno.
Le premesse australiane, fino a poco tempo fa, non erano però delle migliori.
La lobby fossile ha imperversato per anni, tanto che ancora nel 2021 più del 70% del mix elettrico era costituito dalle fonti fossili, con il carbone al 51% e il gas al 18%, mostrano i dati ufficiali del governo, riassunti nel grafico sotto.
Ma le rinnovabili stanno crescendo (29% del mix), con progetti e investimenti in tutti gli Stati australiani per grandi impianti eolici, fotovoltaici e di accumulo con batterie.
Non a caso, AEMO (Australia Energy Market Operator), il gestore del sistema elettrico e del gas del Paese, si sta già preparando a una sfida tecnica enorme: far funzionare tutta la rete elettrica australiana con il 100% di energie rinnovabili, senza usare carbone e gas per il backup di sicurezza.
È una sfida senza precedenti a livello mondiale. Si punta, infatti, a gestire un’intera rete di trasmissione e distribuzione energetica, con decine di GW di impianti e numerose interconnessioni tra le singole reti degli Stati australiani, basandosi solo sulla produzione istantanea delle fonti rinnovabili.
Per istantanea, si intende un periodo di 30 minuti; un traguardo che potrebbe essere raggiunto intorno al 2025. Poi si cercherà di sviluppare una rete in grado di lavorare con il 100% di rinnovabili per più ore consecutive e intere giornate (si veda Come l’Australia punta al 100% di rinnovabili su tutta la rete elettrica nazionale).
Sempre in Australia, si stanno pianificando enormi iniziative per sistemi di accumulo elettrochimico. Tra le più recenti, il progetto Sun Cable per 20 GW di fotovoltaico e 42 GWh di batterie nello Stato del Northern Territory. Questo progetto prevede addirittura la realizzazione di un cavo sottomarino di 4.200 km per fornire energia pulita a Singapore.
In funzione ci sono già grandi installazioni di batterie come la Victorian Big Battery da 300 MW/450 MWh, realizzata e gestita da Neoen nello Stato del Victoria.
Il nuovo premier australiano, il laburista Anthony Albanese, uscito vincitore dalle elezioni federali dello scorso maggio 2022, ha annunciato una svolta verde con un obiettivo di tagliare del 43% le emissioni di CO2 al 2030 (in confronto ai livelli del 2005), per poi azzerare le emissioni entro il 2050.
E le rinnovabili dovrebbero fare il grosso della produzione elettrica nel 2030 (il target è l’82%).
Tornando alle recenti dichiarazioni del ministro Bowen, su twitter ha scritto che il governo Albanese sta preparando il terreno per fare dell’Australia un leader mondiale nella produzione ed esportazione di idrogeno verde.
Si citano diversi progetti, per decine di milioni di dollari complessivi, volti a sviluppare una filiera industriale per produrre H2 a basso costo su vasta scala, con elettrolizzatori alimentati da energia elettrica rinnovabile.
Ma qui arrivano le incognite.
Come spiegato in più occasioni (si veda Trasporto dell’idrogeno, non c’è una soluzione ideale per tutti gli scenari), trasportare idrogeno o suoi derivati (ammoniaca green, ad esempio) su lunghe distanze è una impresa complessa e molto costosa.
Si dovrebbe invece puntare a produrre idrogeno verde “in casa”, il più vicino possibile ai luoghi di consumo, presso le grandi industrie che devono essere decarbonizzate.
Creare un’economia dell’idrogeno incentrata su flussi globali di produzione-esportazione di H2 potrebbe rivelarsi una carta perdente, anche perché per molte applicazioni (trasporti, riscaldamento degli edifici) ci sono alternative molto più efficienti ed economiche (veicoli elettrici, pompe di calore), rispetto all’uso di idrogeno.
Resta il fatto che il potenziale australiano nelle fonti rinnovabili è enorme, e una cooperazione più forte con la Ue potrebbe creare tante opportunità di progetti e investimenti congiunti, assicurando vantaggi a entrambe le parti nella corsa verso la decarbonizzazione.