Con la sentenza di ieri verso un ricorso presentato da 11 dei circa 5000 lavoratori ex Alitalia espulsi dal ciclo produttivo nella controversa vicenda di ITA, la presidente della terza sezione Lavoro del tribunale di Roma Tiziana Orru riconosce la fondatezza delle ragioni dei ricorrenti sulla sussistenza della cessione del ramo di azienda e sull’applicabilità ai dipendenti delle tutele previste dall’articolo 2112 nella cessione tra Alitalia e Ita, escluso invece dagli accordi intercorsi successivamente.
Allo stesso tempo, solleva la questione di legittimità costituzionale riguardo l’interpretazione autentica di segno diametralmente opposto inserita dal Governo nel decreto energia del settembre scorso, rinviando la decisione definitiva sul ricorso alla Corte Costituzionale.
Questa sentenza rimette finalmente a fuoco gli elementi fondanti di una vicenda incredibile quanto drammatica che coinvolge migliaia di dipendenti di Alitalia, sottoposti a un’enorme mattanza senza precedenti con l’esclusione delle tutele previste dal codice civile, producendo migliaia di ricorsi in tribunale.
Questi ricorsi hanno visto smentire quanto contenuto negli accordi del dicembre 2021, dimostrando la sussistenza della cessione del ramo di azienda ma hanno subito una battuta d’arresto proprio sul tema controverso riguardate la natura della procedura di amministrazione straordinaria, come contenuto nella norma autentica emanata dal Governo Meloni e dal Ministro Giorgetti.
Come nel caso della Fiom contro Marchionne tra il 2011 e il 2013, la Corte Costituzionale viene chiamata a dirimere questioni importanti riguardo le tutele del lavoro nel nostro paese; questa volta sulla legittimità costituzionale del decreto governativo.
Attenderemo questa pronuncia mentre porteremo avanti tutti i ricorsi ancora in piedi e valuteremo i possibili spazi d’intervento nel procedimento appena aperto.
Sul campo rimangono ancora migliaia di lavoratori e lavoratrici esclusi da ITA, la quale nel frattempo attinge liberamente dal mercato senza il rispetto di alcun criterio trasparente, insieme a un profondo senso di ingiustizia e iniquità che pervade un’operazione che sarebbe potuta e avrebbe dovuto essere gestita in modo diametralmente opposto nell’interesse delle persone, del settore e dell’intero Paese.
Unione Sindacale di Base