la petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.
Nei giorni scorsi, in clamoroso ritardo di anni sulla previsione legislativa, si sono susseguite varie proposte in relazione alla disciplina nazionale di individuazione delle c.d. aree idonee o meno alla installazione degli impianti di produzione energetica da finto rinnovabili.
Il 7 giugno 2024 la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha siglato specifica “intesa, ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, sullo schema di decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura e con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, recante ‘Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili’ (PNRR – M2C2, Riforma 1.1)”.
Sono state recepite alcune osservazioni dell’A.N.C.I. e alcune proposte integrative avanzate dalla Regione autonoma della Sardegna, fatte proprie dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, e si è giunti alla sottoscrizione dell’intesa prevista (art. 20, comma 1°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.) sulle c.d. aree idonee.
Così è stata approvata la bozza dello schema di decreto MASE sulla ‘Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili’ (7 giugno 2024), che in seguito dovrà esser formalizzato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
La disciplina sulla c.d. aree idonee.
Come noto, ai sensi dell’art. 20, comma 1°, dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i., con decreti del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica saranno approvati principi e criteri per la aree idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, poi puntualmente resi esecutivi in sede regionale con provvedimenti legislativi e regolamentari ai sensi del comma 4° del medesimo art. 20.
I provvedimenti relativi alle c.d. aree idonee provvedono a
a) dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili;
b) indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Lo schema di decreto MASE sulla ‘Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili’ su cui è stata raggiunta l’intesa fra Stato, Regioni e Province autonome presenta poche luci e molte ombre per il futuro del Bel Paese.
In primo luogo, prevede (art. 1) “la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’, anche alla luce del pacchetto ‘Repower UE’” oltre che a individuare “principi e criteri omogenei per l’individuazione da parte delle Regioni e delle Province autonome delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi”.
La potenza installabile aggiuntiva rispetto a quella esistente all’1 gennaio 2021 assegnata alle Regioni e Province autonome (art. 2, Tabella A) è da considerarsi il traguardo minimo assegnato, da cui non si può transigere (complessivamente GW 80,001) e onestamente non si comprende in base a quali analisi aggiornate sia stata determinata.
Alla Sardegna, per esempio, è assegnata la potenza aggiuntiva al 2030 pari a GW 6,264, cioè circa 3,5 volte la potenza attualmente installata (GW 1,93).
La potenza relativa alle centrali eoliche offshore dev’essere riferita alla Regione prospiciente (art. 2, comma 2°).
Entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del D.M., le Regioni e le Province autonome “individuano … con propria legge … le aree” idonee e non idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili.
Qualora il termine scada infruttuosamente, sono previste procedure statali sostitutive anche ai fini del raggiungimento coattivo degli obiettivi di installazione previsti (art. 6).
In linea generale, sono da considerarsi “non idonee le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri”. Tuttavia, “per i rifacimenti degli impianti in esercizio non sono applicate” queste norme di salvaguardia.
In particolare, per l’individuazione delle aree idonee e non idonee si deve tener conto “delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa” (art. 7, commi 2° e 3°).
In ogni caso, sono fatte salve le competenze discendenti dagli statuti delle Regioni e province autonome, nonché dalle relative norme di attuazione (art. 9).
Non è, tuttavia, chiaro il destino dei tantissimi progetti di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili attualmente presentati (ben 5.678 in tutta Italia, 809 solo in Sardegna, dati al 31 marzo 2024): secondo il principio giuridico fondamentale tempus regit actum, i procedimenti attualmente avviati dovrebbero esser disciplinati dalla normativa ora in vigore, solo dopo l’entrata in vigore delle leggi regionali attuative del D.M. aree idonee potranno operare le relative disposizioni.
Resta da sottolineare che – in ogni caso – i quantitativi di potenza installabile aggiuntiva al 2030 (per esempio, GW 6,264 per la Sardegna) sono inderogabili.
Il disegno di legge regionale n. 15 del 2024. Il ruolo del Consiglio regionale sardo.
In contemporanea all’individuazione del provvedimento sulle c.d aree idonee d’intesa fra Stato, Regioni e Province autonome, il Consiglio regionale sardo sta esaminando la proposta normativa per fermare la speculazione energetica e gestire il territorio isolan avanzata dalla Giunta regionale presieduta dall’on. Alessandra Todde, che ha approvato la deliberazione n. 11/3 del 30 aprile 2024, Disegno di legge concernente “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali“ (qui la relazione).
Non si sa se esista – e in quale misura – una qualche forma di coordinamento fra le diverse procedure.
Le Commissioni permanenti IV e V del Consiglio regionale della Sardegna stanno esaminando il disegno di legge e il 6 giugno 2024 hanno proceduto a una lunga serie di audizioni. Hanno ascoltato numerosi soggetti imprenditoriali, associazioni e comitati sul disegno di legge regionale a iniziativa della Giunta n. 15 del 2024, “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”.
Queste le osservazioni e le considerazioni del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG).
Il disegno di legge regionale n. 15 del 2024.
Il disegno di legge prevede “il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo” anche per gli “impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili le cui procedure di autorizzazione o concessione sono in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge” (art. 2) in attesa dei decreti del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che individuino le aree idonee e non idonee per l’installazione di tali impianti (direttiva n. 2018/2001/UE, art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53) e del successivo adeguamento del piano paesaggistico regionale (P.P.R.), comunque non oltre 18 mesi.
Innanzitutto, non vengono presi in considerazione i potenziali effetti dei numerosi progetti di centrali eoliche offshore già presentati per il rilascio delle relative pluridecennali concessioni demaniali marittime (artt. 36 e ss. del R.D. n. 327/1942 e s.m.i., Codice della Navigazione, nonchè 5 e ss. del D.P.R. n. 328/1952 e s.m.i., Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione): detti impianti in progetto prevedono necessariamente cavidotti e strutture di connessione con la rete elettrica nazionale presenti sulla terraferma, sui cui appare necessaria puntuale disciplina.
Inoltre, nonostante quanto segnalato nella Relazione di analisi tecnico normativa (ATN) del 29 aprile 2024, non pare si sia tenuto adeguatamente conto della previsione del pur noto art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.
La giurisprudenza costituzionale è stata estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023; sentenza Corte cost. n. 11/2022; sentenza Corte cost. n. 177/2021; sentenza Corte cost. n. 106/2020).
In particolare, lo Stato “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che … non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021)”.
Una norma regionale che preveda la moratoria delle procedure ovvero la sospensione delle autorizzazioni delle centrali eoliche e fotovoltaiche sul proprio territorio regionale verrebbe con altissima probabilità ancora una volta impugnata per conflitto di attribuzioni (art. 127 Cost.) dallo Stato davanti alla Corte costituzionale con esiti abbastanza agevolmente prevedibili.
Non solo. Il d.d.l.r. prevede (art. 1, comma 1°)
“Nelle more dell’emanazione dei decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica di cui al comma 1 dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) dell’approvazione della legge regionale sull’individuazione delle aree idonee ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del medesimo decreto legislativo e del successivo adeguamento e completamento del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e comunque per un periodo non superiore a 18 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, l’intero territorio regionale è sottoposto a misure di salvaguardia del paesaggio, del territorio e dell’ambiente comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo”.
Tali disposizioni, con esclusione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili destinati all’autoconsumo (art. 1, comma 3°), “si applicano anche agli impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili le cui procedure di autorizzazione o concessione sono in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge” (art. 1, comma 2°).
La previsione del “divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo” non può incidere – e non inciderebbe – sui procedimenti autorizzativi di competenza nazionale, in particolare il procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.), significando de facto l’inibizione di progetti che hanno concluso le proprie procedure autorizzative, così come chiaramente indica il prescritto Elenco degli oneri amministrativi a carico dei cittadini, delle imprese e degli altri utenti ai sensi dell’art. 14, L.R. n. 24/2016: “Il disegno di legge comporta degli oneri amministrativi a carico delle imprese che abbiano procedure di autorizzazione o concessione in corso alla data di entrata in vigore, in quanto si determina il divieto di realizzazione di impianti di produzione o accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili per 18 mesi”.
La pudica espressione “oneri amministrativi” può e deve esser letta anche come oneri economici a carico delle società proponenti, determinando lo scontato avvio di azioni risarcitorie nei confronti della Regione autonoma della Sardegna in numero e proporzioni attualmente non calcolabili.
La normativa di tutela provvisoria vigente.
In proposito, si ricorda che l’art. 6, comma 1°, del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in relazione all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è stata individuata una “fascia di rispetto … determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”.
Successivamente, con l’art. 47, comma 1°, del decreto-legge n. 13/2023, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 41/2023, la fascia di tutela è stata ridotta a “tre chilometri” per gli impianti eolici e a “cinquecento metri” per gli impianti fotovoltaicidal limite delle zone tutelate con vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e/o con vincolo paesaggistico/ambientale (artt. 136 e ss. e 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Bisogna tener presente che il bene culturale (es. Nuraghe, Chiesa campestre, ecc.) presente in aree di titolarità privata dev’essere formalmente oggetto di provvedimento di vincolo per poter esser preso in considerazione (vds. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 29 maggio 2024, n. 414), in quanto per il solo “patrimonio culturale di proprietà pubblica è previsto un sistema di tutela che può definirsi reale in quanto vige una presunzione di interesse storico ed artistico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 12, comma 1(Cass. Civ., Sez. II, ord. 17 ottobre 2023, n. 28792)”.
E bisogna anche tener presente che “una volta esaurita la fase di consultazione, il Ministero dell’Ambiente è tenuto a concludere l’iter procedimentale entro termini precisi -che riguardano tanto l’adozione del provvedimento finale quanto le fasi prodromiche- scaduti infruttuosamente i quali dovrebbe attivarsi il potere sostitutivo” (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 3 giugno 2024, n. 436), per cui i tantissimi procedimenti di V.I.A. attualmente in corso potrebbero esser conclusi in tempi brevi.
A esse dovrebbero quantomeno aggiungersi le aree ricadenti nella Rete Natura 2000, S.I.C., Z.P.S., Z.S.C. individuate ai sensi delle direttive n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica.
La realtà della speculazione energetica, con particolare riferimento alla Sardegna.
La realtà della speculazione energetica è di banale quanto spaventosa evidenza. Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.
Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo.
La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria, qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.
La cartografia elaborata dalla Soprintendenza speciale per il PNRR è emblematica di quanto sta accadendo nell’Isola.
Ma questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 marzo 2024 risultano complessivamente ben 5.678, pari a 336,38 GW di potenza, suddivisi in 3.642 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 144,84 GW (43,06%), 1.897 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 101,14 GW (30,07%) e 139 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 90,41 GW (26,88%).
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 marzo 2024 risultavano complessivamente ben 809, pari a 57,67 GW di potenza, suddivisi in 524 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 22,99 GW (39,87%), 254 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,86 GW (29,23%) e 31 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 17,82 GW (30,90%).
57,67 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica,dati Terna, 2021).
Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata.
I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.
Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”. In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.
Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”..
Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.
Le proposte alternative.
Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta: dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale(non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
La Regione autonoma della Sardegna è coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza permanente delle Regioni e Province autonome (delibera del 31 marzo 2016, vds. deliberazione Giunta regionale Sardegna n. 37/26 del 21 giugno 2016): in quella sede può esser approvata una proposta di moratoria nazionale da portare alla Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome, così da farla divenire provvedimento a efficacia nazionale.
A medio termine, è certamente necessario completare il processo di pianificazione paesaggistica avviato nel 2006 e già previsto su tutto il territorio regionale (art. 1, comma 2°, della legge regionale Sardegna n. 8/2004 e s.m.i.).
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha recentemente promosso in proposito la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!, che ha già ampiamente superato 9 mila adesioni.
Siamo ancora in tempo per cambiare registro.
In meglio, naturalmente.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
dal sito web istituzionale della Commissione europea, 4 giugno 2024
La Commissione europea ha approvato, ai sensi delle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato, un regime italiano volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili. Il regime contribuisce al conseguimento degli obiettivi strategici dell’UE relativi al Green Deal europeo, aiutando nello stesso tempo a porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi e ad accelerare la transizione verde.
Il regime italiano
L’Italia ha notificato alla Commissione l’intenzione di avviare un regime per sostenere la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili. La misura, che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2028, sarà finanziata mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali.
Il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi.
Nel quadro del regime, l’aiuto assumerà la forma di un contratto bidirezionale per differenza per ogni kWh di energia elettrica prodotta e immessa in rete e sarà versato per una durata pari alla vita utile delle centrali. I progetti saranno selezionati mediante una procedura di gara trasparente e non discriminatoria, in cui i beneficiari presenteranno un’offerta relativa alla tariffa incentivante (il prezzo di esercizio) necessaria per realizzare ogni singolo progetto. Il prezzo di riferimento per l’energia elettrica sarà calcolato come il prezzo zonale orario, vale a dire il prezzo dell’energia elettrica al momento dell’immissione dell’energia nella rete e nell’area di mercato in cui è ubicata la centrale.
Quando il prezzo di riferimento è inferiore al prezzo di esercizio, i beneficiari avranno diritto a ricevere pagamenti pari alla differenza tra i due prezzi. Quando il prezzo di riferimento è superiore al prezzo di esercizio, i beneficiari dovranno invece versare la differenza alle autorità italiane. Il regime garantirà la stabilità dei prezzi a lungo termine per i produttori di energia rinnovabile garantendo un livello minimo di rendimento; nello stesso tempo i beneficiari non saranno sovracompensati per i periodi in cui il prezzo di riferimento è superiore al prezzo di esercizio.
Valutazione della Commissione
La Commissione ha valutato il regime sulla base delle norme dell’UE per gli aiuti di Stato, in particolare l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), che consente agli Stati membri di sostenere lo sviluppo di talune attività economiche a determinate condizioni, e della disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, della tutela dell’ambiente e dell’energia 2022 (“disciplina CEEAG” – Climate, Energy and Environmental Aid Guidelines).
La Commissione ha rilevato quanto segue:
- il regime facilita lo sviluppo di un’attività economica, vale a dire la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili utilizzando tecnologie innovative o non ancora mature, oltre al biogas e alla biomassa. Contemporaneamente sostiene gli obiettivi strategici dell’UE, quali il Green Deal europeo e il piano REPowerEU;
- la misura è necessaria e adeguata affinché l’Italia consegua gli obiettivi climatici europei e nazionali; è inoltre proporzionata in quanto l’aiuto si limita al minimo necessario per stimolare gli investimenti. Sono altresì in vigore le necessarie misure di salvaguardia, tra cui una procedura di gara competitiva per la concessione dell’aiuto e un meccanismo bidirezionale di contratto per differenza che limita la redditività in caso di aumenti dei prezzi dell’energia, in quanto la remunerazione garantita non può superare la tariffa incentivante indicata dal richiedente nell’offerta iniziale;
- l’aiuto ha un effetto di incentivazione, in quanto senza il sostegno pubblico i beneficiari non realizzerebbero nella stessa misura gli investimenti nelle centrali di produzione di energia rinnovabile;
- l’aiuto produce effetti positivi superiori a qualsiasi potenziale distorsione della concorrenza e degli scambi nell’UE.
Su queste basi la Commissione ha approvato la misura italiana in quanto conforme alle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.
Informazioni generali
La disciplina CEEAG del 2022 fornisce orientamenti per comprendere come la Commissione valuta la compatibilità delle misure di aiuto a favore dell’ambiente, comprese quelle per l’energia e per la protezione del clima, che sono soggette all’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE.
Le norme creano un quadro flessibile e adeguato ad aiutare gli Stati membri a fornire il sostegno necessario per conseguire gli obiettivi del Green Deal in modo mirato ed efficace sotto il profilo dei costi. Le norme comportano un allineamento agli importanti obiettivi e traguardi dell’Unione stabiliti nel Green Deal europeo e ad altre recenti modifiche normative nei settori dell’energia e dell’ambiente e tengono conto della crescente importanza della protezione del clima.
Con la comunicazione sul Green Deal europeo del 2019, la Commissione ha fissato l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, obiettivo sancito dalla normativa europea sul clima. In vigore dal luglio 2021, le norme hanno inoltre introdotto l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030. Con l’ adozione delle proposte legislative “Pronti per il 55 %“, l’UE ha posto in essere obiettivi climatici giuridicamente vincolanti che coprono tutti i settori chiave dell’economia.
La versione non riservata della decisione sarà consultabile sotto il numero SA.105880 nel registro degli aiuti di Stato sul sito web della Commissione dedicato alla concorrenza una volta risolte eventuali questioni di riservatezza. Le nuove decisioni relative agli aiuti di Stato pubblicate su internet e nella Gazzetta ufficiale figurano nel bollettino elettronico di informazione settimanale in materia di concorrenza (Competition Weekly e-News).
Citazioni
Questo regime consente all’Italia di sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili a partire da diverse tecnologie, comprese quelle innovative. La misura aiuta l’Italia a raggiungere gli obiettivi relativi alla riduzione delle emissioni e alla produzione di energia elettrica. Contribuirà inoltre al conseguimento degli obiettivi del Green Deal europeo, limitando nello stesso tempo le possibili distorsioni della concorrenza.
Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva responsabile per la Concorrenza
35,3 miliardi aiuti di Stato regime italiano Scarica il sito
(foto da mailing list ambientalista, C.B., S.D., archivio GrIG)