C’è la pista cinese a spiegare le dimissioni/licenziamento di Osvaldo De Paolini dal Messaggero arrivate inaspettatamente ieri.
La storia è legata all’articolo pubblicato sul giornale sabato 3 giugno, intitolato ‘Pirelli, l’ombra di Pechino: gestione italiana a rischio. Il governo valuta il golden power’ …” in cui De Paolini scriveva che Pirelli corre “un grave rischio” perché l’autonomia decisionale dell’azienda di pneumatici verrà limitata dal gruppo cinese Sinochem, l’azionista più importante (possiede il 37 per cento delle quote), che tuttavia fino a soli pochi giorni prima dichiarava di volerne “proteggere l’italianità”. Secondo Il Messaggero, Sinochem non vuole soltanto essere più presente nei processi operativi di Pirelli, ma anche “azzerare il diritto per Camfin” – la holding dell’amministratore delegato Marco Tronchetti Provera: possiede il 14 per cento – di selezionarne i quadri dirigenziali”.
I motivi del nuovo comportamento di Sinochem sono dovuti fondamentalmente al contesto geopolitico cambiato nei rapporti tra l’Italia e la Cina, e alle dure regole di controllo decise dalla nuova politica del Partito Comunista.
La storia di Pirelli ha mobilitato tutto il mondo dell’informazione nostrano e anche il governo, ma nel gruppo Caltagirone ha avuto effetti collaterali indesiderati. Infatti tra le aziende europee attive in Cina c’è la Aalborg Portland White che opera nel cemento bianco con stabilimenti produttivi in Danimarca, Egitto, Malesia, e anche in Cina, controllata attraverso Vv la società danese Aalborg Portland A/S dal Gruppo Cementir, produttore leader nel mondo di cemento bianco, la cui maggioranza è del Gruppo Caltagirone che a sua volta attraverso Caltagirone Editore controlla il Messaggero per cui si è assistito una reazione a catena.
Il sacrificio di De Paolini, una vera perdita per il gruppo editoriale, è dunque il prezzo pagato per quietare possibili punizioni dalla Cina, sempre più vicina.
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