La Diversity arricchisce i brand

1 year ago 55

Più sono inclusive, più il pubblico le premia. Le aziende che testimoniano una maggiore attenzione ai temi della ‘diversity’ nell’ultimo anno registrano un +21% nell’aumento dei ricavi rispetto alle concorrenti che non usano questi argomenti come leva di crescita.
Sono alcuni dei dati che emergono dal Diversity Brand Index 2023, ricerca condotta su 1.037 persone, per misurare la capacità delle marche di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla Diversity, Equity and Inclusion (DE&I).
La presentazione della ricerca è il 2 marzo, durante la sesta edizione del Diversity Brand Summit. Durante l’incontro, saranno segnalati anche i 10 progetti più meritevoli, individuati dal Comitato Scientifico e dal Security Check Committee.

La top ten

Barbie, Lavazza Group, Intesa Sanpaolo, Lines, Procter & Gamble, Netflix, Rai, Real Time, Spotify e The Walt Disney Company: sono questi – su 356 indicati dagli intervistati – i brand che hanno firmato i migliori progetti e le migliori iniziative del 2022, riuscendo a intervenire sulla percezione di consumatrici e consumatori.
Vincitore del Diversity Brand Summit del 2 marzo sarà il brand che si è distinto per il miglior mix tra impegno intersezionale sulla DE&I rivolta al mercato finale e percezioni di consumatrici e consumatori.
Ci sarò inoltre un vincitore digitale, ossia la marca che ha implementato il miglior progetto digitale.

Francesca Vecchioni

Diversity, non diversity washing

Dice Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity: “La consapevolezza verso le tematiche della DE&I è infatti in continuo aumento. Consumatrici e consumatori, anche in un mercato così affollato, distinguono le azioni e la comunicazione più coerenti e autentiche in tema di inclusione, da quelle più strumentali o imputate di diversity washing. Non basta più stampare una bandierina rainbow sul proprio packaging o fare un post rosa per l’8 marzo per essere inclusivi: su questi temi le persone a cui si vuole parlare sono spesso più competenti delle stesse aziende che li comunicano. Oggi gli standard si sono alzati di molto, ai brand è richiesta coerenza, autenticità e competenza. Non si comunica più la DE&I, si comunica CON la DE&I, ed è uno strumento eccezionale solo se è autentico, l’unico modo per arrivare davvero”.

Meno arrabbiati, più consapevoli

Se 7 persone su 10, in prevalenza over 55, manifestano una propensione positiva di un’azienda considerata inclusiva, calano al 18,3% gli Arrabbiati 2.0, unica categoria realmente negativa nei confronti della DE&.
Mentre gli Impegnati, si confermano come il cluster più numeroso della rilevazione con il 27,7%.
Quanto agli altri gruppi: i Consapevoli toccano l’8,8%; i Coinvolti, sono il 13,7% (-1,9 p.p.); i Tribali, persone attente ai temi della DE&I, soprattutto LGBT+ se coinvolgono il proprio nucleo familiare, si trovano a quota 10,6%.
Il 12,1% degli intervistati appartiene agli Indifferenti: sono soprattutto uomini del Nord Italia e si trovano nel 62% dei casi in una d’età fra i 35 e i 54 anni. Da non confondere però con gli Inconsapevoli (8,5%), che non hanno coinvolgimento né contatto con la diversità.
Interessanti infine le risposte degli under 25, che rappresentano la fascia più polarizzata: 19% Arrabbiati 2.0, 16,7% Consapevoli, 12,3% Impegnati, 11,6% Coinvolti.

Le categorie dei brand

Sulla composizione settoriale dei primi 50 brand percepiti dal mercato come più inclusivi continuano a crescere le marche dell’Apparel & Luxury goods, che arrivano al 22%. Calano invece le aziende legate al Retail, anche se con il loro 24% restano il segmento più ampio.
Scendono per il secondo anno consecutivo i brand dell’Information Technology e dei Consumer Services. Stabili gli altri: i Media al 10%), Healthcare & Wellbeing e i beni di largo consumo (entrambi 8%), Telco al 2% Toys (2%).
Novità di quest’anno, l’ingresso della categoria Automotive (2%), settore finora totalmente assente nella rilevazione.

Le tante facce della diversity

“Il pubblico si dimostra sempre più severo” spiega Emanuele Acconciamessa, coo di Focus MGMT, coideatore del Diversity Brand Index. “Per essere riconosciuti come inclusivi e per rimanere nella mente di consumatrici e consumatori i brand devono dimostrare coerenza nelle attività, sincerità ed eccezionalità. In generale è il coraggio dei brand a essere premiato. La rappresentazione delle forme della diversità è fondamentale, quest’anno abbiamo integrato la ricerca con l’ottava forma di diversità, riconosciuta in letteratura: l’aspetto fisico”.

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