Ci sono bufale che come sappiamo sono nate ben prima di Internet, tra cui la storia della bicicletta di Leonardo da Vinci. La bufala del velocipede Leonardesco si intesse di mistero e qualche assurdità.
Mistero che arriva al suo apice nel restauro degli anni ’60 del Codice Atlantico, ma affonda le radici molto prima nel tempo.
La famosa bufala della bicicletta di Leonardo da Vinci
Sul finire del 1500 lo scultore Pompeo Leoni, primo proprietario dopo Leonardo del Codex decise di incollare tra loro alcune pagine per occultare scarabocchi volgari, per essere precisi figure falliche istoriate col nome “Salaj”, pregato probabilmente a quel Salaì che fu Gian Giacomo Caprotti, allievo prediletto di Leonardo accusato di esserne stato anche amante.
Il restauro degli anni ’60 portò a scoprire delle figure geometriche, congiunte maldestramente da una mano moderna ad imitazione di una bicicletta.
Alcuni critici dell’epoca, come Marinoni, furono persuasi dell’autenticità del disegno, credendo quindi nella bufala della bici leonardesca, ma in realtà nel periodo del restauro molte persone ebbero accesso a quelle pagine usurate dalla colla, se non altro per le riproduzioni manualistiche.
Varie ipotesi sono state proposte per spiegare l’accaduto: una burla? Tentativo di un anonimo ladro di impossessarsi delle pagine ed aumentarne il valore presentandole come “invenzioni perdute”?
In ogni caso le incertezze del tratto e la sovrapposizione di tratteggi e carbocini diversi trasforma quella pagina in un doppio scherzo d’Aprile, con i disegni volgari e la bici appioppati in tempi diversi.
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