La petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) è intervenuta con uno specifico atto di “osservazioni” nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) relativo al progetto di centrale eolica “Parco eolico flottante Mistral”, proposto dalla Parco Eolico flottante Mistral s.r.l. (Gruppo Acciona) nel Mar di Sardegna, prospiciente Alghero, la Planargia, le coste settentrionali del Sinis.
Coinvolti il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, il parco naturale regionale di Porto Conte, i Comuni di Alghero, Bessude, Bosa, Ittiri, Putifigari, Villanova Monteleone, San Vero Milis, Cuglieri, Tresnuraghes, Narbolia,.
Il progetto prevede la realizzazione di una centrale eolica off shore, con 32 “torri eoliche” altre più di 200 metri, su una superficie marina di centinaia di ettari, a circa 35 chilometri (circa 19 miglia marine) dalla costa della Sardegna Nord Ovest.
La potenza prevista è di 15 MW per ciascuna “torre eolica flottante” per complessivi 480 MW, mentre la durata prevista della centrale eolica sarebbe di 30 anni e il cavidotto di collegamento dovrebbe approdare sulla terraferma sulla costa algherese, da dove parte un nuovo elettrodotto verso stazioni elettriche e la stazione di connessione alla rete di Ittiri (da potenziare).
Il GrIG era già intervenuto con specifico atto di opposizione (28 giugno 2022), avverso il rilascio della richiesta concessione demaniale marittima trentennale in assenza di qualsiasi atto autorizzativo.
Ora, non rilasciata la concessione demaniale marittima, è stata richiesta la pronuncia di compatibilità ambientale e la procedura di V.I.A. è in corso.
A parte la visibilità dalle coste algheresi e della Planargia (19 miglia marine non garantiscono certo la sparizione dall’orizzonte di “torri” eoliche alte centinaia di metri dall’acqua), i principali elementi di pericolo per l’ambiente e la fauna riguardano la tutt’altro che verificata interferenza con le rotte migratorie dell’avifauna selvatica (con particolare riferimento alle colonie nidificanti di Grifone, del Capovaccaio, del Falco della Regina, nonché delle specie migratrici), come testimoniato dalle carte del rischio per l’avifauna selvatica predisposte da BirdLife International, e della fauna marina, in particolare del Delfino comune, della Tartaruga marina.
Gravi rischi, quindi, in palese violazione del principio di precauzione che deve informare le azioni e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, come esplicitamente previsto dagli artt. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE, versione consolidata) e 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), mentre nel progetto in argomento le scelte azzardate ai fini di una corretta salvaguardia ambientale e della biodiversità appaiono fin troppo presenti.
Non risultano chiari, poi, gli effetti diretti e indiretti sulla navigazione, sulla pesca e in caso di incidenti (caduta rotori, caduta aerogeneratori, ecc.).
Nemmeno risultano adeguatamente considerate le interferenze degli elettrodotti a terra, che interessano nei rispettivi tracciati la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 6 del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in attesa della prevista individuazione con legge regionale delle aree non idonee all’installazione degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, ma già reperite con il recente D.M. Ambiente 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili).
Il GrIG, pertanto, ha chiesto la declaratoria di non compatibilità ambientale del progetto in esame.
La speculazione energetica.
Il ricorso all’energia prodotta da fonti rinnovabili è fondamentale per il contrasto ai cambiamenti climatici, tuttavia non versiamo il cervello all’ammasso dell’ideologia dell’ambientalmente corretto che scivola troppo spesso nell’oggettivo favore verso un’ipocrita speculazione energetica, che danneggia ambiente e soldi dei cittadini.
Qualche sintetica considerazione sull’attuale situazione di speculazione energetica arrembante, con particolare riferimento alla Sardegna.
Appare piuttosto evidente la prevista trasformazione della Sardegna in piattaforma produttiva destinata alla servitù energetica, come esplicitato chiaramente da Terna s.p.a. e avallato dall’allora Ministro della Transizione Ecologica Antonio Cingolani.
La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.
Ma questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 5.930, pari a 341,33 GW di potenza, suddivisi in 3.805 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 150,29 GW (44,03%), 1.992 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 106,74 GW (31,27%) e 133 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 84,30 GW (24,70%).
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 824, pari a 54,39 GW di potenza, suddivisi in 547 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 23,82 GW (43,81%), 248 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,72 GW (30,73%) e 29 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 13,85 GW (30,90%).
54,39 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).
Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata. I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.
Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”. In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.
Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.
Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.
Che cosa si potrebbe fare.
Dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
Inoltre, come afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202)), è molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).
Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”.
Energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali.
Che cosa può fare ognuno di noi.
Nessun cittadino che voglia difendere il proprio ambiente e il proprio territorio, salvaguardando contemporaneamente il proprio portafoglio, può lavarsene le mani.
Quanto sta accadendo oggi in Italia nell’ambito della transizione energetica sta dando corpo ai peggiori incubi sulla sorte di boschi, campi, prati, paesaggi storici del nostro Bel Paese.
Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.
E’ ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolareSi all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!
La petizione popolare, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), si firma qui https://chng.it/MNPNNM9Q62. Ormai siamo quasi 15 mila ad averlo già fatto.
Siamo ancora in tempo per cambiare registro.
In meglio, naturalmente.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
(foto National Geographic, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)