La messa in prova va preceduta dalla demolizione delle opere abusive o, se possibile, dalla loro sanatoria.

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Domus de Maria, Piscinnì, demolizione degli abusi edilizi (1999)

Interessante pronuncia della Corte di cassazione in tema di abusivismo edilizio.

L’istituto della messa in prova è “una forma di probation giudiziale innovativa nel settore degli adulti che consiste, su richiesta dell’imputato e dell’indagato, nella sospensione del procedimento penale per reati di minore allarme sociale”.   E’ stato introdotto nel nostro Ordinamento con la legge n. 67/2014 e ha visto ampliare le possibilità applicative con il decreto legislativo n. 150/2022.

Eboli, pubblicità vendita appartamenti abusivi

La Suprema Corte, con la sentenza Corte cass., Sez. III, 8 giugno 2023, n. 24686, ha indicato autorevolmente le modalità applicative nel campo territoriale/urbanistico, ritenendo che possa applicarsi solo quando siano state preventivamente eliminate le conseguenze negative del reato compiuto, nel caso di specie la demolizione dell’opera abusiva realizzata ovvero la sua sanatoria, qualora sia giuridicamente possibile: “la praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità”.

In particolare, “nella materia edilizia, la corretta applicazione, da parte del giudice, della sospensione del processo con messa alla prova passa, doverosamente, per la preventiva verifica della avvenuta effettuazione, da parte dell’imputato, di condotte atte a ripristinare l’assetto urbanistico violato con l’abuso, o mediante la sua piena e integrale demolizione ovvero mediante la sua riconduzione, ove possibile, alla legalità attraverso il rilascio di un legittimo (e dunque non condizionabile all’esecuzione di futuri interventi) titolo abilitativo in sanatoria (cfr., in motivazione, da ult. Sez. 3, n. 8750 del 06/12/2022, dep. 2023, Tiano, non mass.; ivi, per ulteriori riferimenti)”.

Una forma di giustizia riparativa che può far bene all’ambiente e al territorio oltre che alla legalità.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 27 giugno 2023

Cass. Sez. III n. 24686 del 8 giugno 2023 (UP 25 mag 2023)
Pres. Ramacci Rel. Cerroni Ric. PG in proc. Clemente
Urbanistica. Messa alla prova nei reati edilizi.

La praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità. Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato – ricorrendone le condizioni – sul piano urbanistico.


RITENUTO IN FATTO


1. Con sentenza del 20 luglio 2022 il Tribunale di Palermo ha dichiarato estinto il reato di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ascritto ad Antonina Clemente, per il positivo superamento della messa alla prova.
2. Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo, articolando un motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha dedotto erronea applicazione della legge penale, assumendo che il Giudice aveva errato nell’ammissione dell’imputata alla messa alla prova, senza che costei avesse provveduto alla demolizione delle opere abusive. In tal modo era stata violata la norma di cui all’art. 168-bis, comma 2, cod. pen., laddove la spontanea e preventiva demolizione rientrava tra le condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, intese quale doveroso presupposto per il positivo superamento della messa alla prova.  
Doveva quindi disporsi l’annullamento tanto dell’ordinanza del 17 luglio 2021 che aveva disposto l’ammissione dell’imputata alla messa alla prova quanto della sentenza che aveva dichiarato estinto il resto, atteso che l’imputata non aveva demolito le opere abusive né aveva ottenuto alcuna concessione edilizia in sanatoria.
3. ll Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio al Tribunale di Palermo.   


CONSIDERATO IN DIRITTO


4. Il ricorso è fondato.
4.1. In via all’evidenza preliminare va ricordato che, in tema di messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen., il Procuratore generale è legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, per i motivi di cui all’art. 606 cod. proc. pen., l’ordinanza di ammissione alla prova ritualmente comunicatagli, e, in caso di omessa comunicazione della stessa (come è accaduto in specie), ad impugnare quest’ultima unitamente alla sentenza di estinzione del reato per esito positivo della prova (Sez. U, n. 14840 del 27/10/2022, dep. 2023, PM/La Sportiva, Rv. 284273; Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, PG/Ongaro, Rv. 282156).
4.1.1. Ciò posto, questa Corte di legittimità ha più volte ribadito che, In materia edilizia, la preventiva e spontanea demolizione dell’opera abusiva, ovvero la sua riconduzione alla legalità attraverso il rilascio di un legittimo titolo abilitativo in sanatoria rientrano fra le condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, costituenti possibile oggetto del programma di trattamento e il cui mancato compimento preclude la pronuncia della sentenza di proscioglimento per esito positivo della prova ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 36822 del 14/09/2022, Acquaro, Rv. 283664).
4.1.2. Infatti la concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis cod. pen., è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo.
Va invero considerato che secondo la testuale previsione dell’art. 168-bis cod. pen. la messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. L’istituto prevede altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. La lettura della disposizione evidenzia chiaramente che il legislatore ha inteso assegnare rilievo prioritario, e pregiudiziale rispetto all’affidamento dell’imputato al servizio sociale, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato: deve essere allora chiaro che la mera eventuale prestazione delle attività in seno al servizio sociale non esplica alcuna efficacia, ai fini del positivo superamento della messa alla prova, in assenza di condotte teleologicamente volte, e concretamente ed univocamente idonee, all’eliminazione del danno o del pericolo derivante dal reato.
La praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità. Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato – ricorrendone le condizioni – sul piano urbanistico. Dunque, nella materia edilizia, la corretta applicazione, da parte del giudice, della sospensione del processo con messa alla prova passa, doverosamente, per la preventiva verifica della avvenuta effettuazione, da parte dell’imputato, di condotte atte a ripristinare l’assetto urbanistico violato con l’abuso, o mediante la sua piena e integrale demolizione ovvero mediante la sua riconduzione, ove possibile, alla legalità attraverso il rilascio di un legittimo (e dunque non condizionabile all’esecuzione di futuri interventi) titolo abilitativo in sanatoria (cfr., in motivazione, da ult. Sez. 3, n. 8750 del 06/12/2022, dep. 2023, Tiano, non mass.; ivi, per ulteriori riferimenti).
4.1.3. Di siffatte verifiche non vi è traccia, nella sentenza impugnata, che ha appunto dato atto del solo positivo superamento della messa alla prova.
5. In ragione di ciò, la sentenza impugnata non può che essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo.



P.Q.M.



Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo.
Così deciso in Roma il 25/05/2023

Roma, Corte di cassazione

(foto da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)

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