Pronuncia di grande rilievo recentemente emanata dal T.A.R. Sardegna nel complesso e difficile rapporto fra produzione di energia da fonti rinnovabili e valori naturalistici, ambientali, storico-culturali dei territori interessati.
Tematica di attualissimo interesse sulla quale è intervenuta la sentenza T.A.R. Sardegna, Sez. I, 1 ottobre 2024, n. 671, indicando principi di sicura rilevanza.
I Giudici amministrativi sardi hanno respinto l’istanza di una Società di produzione energetica finalizzata alla realizzazione di un grande impianto fotovoltaico nella Sardegna meridionale (Comune di Uta, Progetto “Macchiareddu” avente potenza pari a MW 41,758), evidenziando l’inidoneità del sito individuato, correttamente indicata con parere negativo prot. n. 3380 del 14 settembre 2022 dalla Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), organo centrale del Ministero della Cultura competente per tali tipologie di procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.).
Esclusa ogni ipotizzata operatività del meccanismo del silenzio-assenso disciplinata dall’art. 17 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i., in quanto, come riconosciuto recentemente dalla giurisprudenza cautelare (T.A.R. Sicilia, PA, 25 gennaio 2024, n. 40, ord.), al procedimento si applica la norma specifica che prevede l’eventuale potere sostitutivo ministeriale per l’espressione del prescritto parere (art. 25, comma 2 quater, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), “l’area di impianto … non può ritenersi idonea ai sensi dell’art. 20 co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico dell’immobile denominato ‘Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella.”.
Escluso ogni automatismo nel ritenere ogni zona classificata “industriale” o “sito di bonifica” quale area idonea all’ubicazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili (art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.), in quanto nel concreto “non essendo ancora stata acclarata l’effettiva compromissione del sito dal punto di vista ambientale e/o sanitario”.
Non vale, inoltre, l’individuazione del sito quale “zona industriale” nello strumento urbanistico comunale e nel Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, “in quanto lo stesso Piano urbanistico comunale (al pari del Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari) non è stato adeguato al Piano Paesaggistico Regionale”, esecutivo con decreto presidenziale R.A.S. n. 82 del 7 settembre 2006, strumento di pianificazione prevalente e immediatamente cogente in tutte le aree tutelate con il vincolo paesaggistico (artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), ivi presente (art. 142 comma 1°, lettera c, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) perchè attraversato da un corso d’acqua.
Altresì, “in relazione alla motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione del progetto, dal momento che il … parere del MiC, attraverso il richiamo della normativa pertinente, mostra di aver tenuto in considerazione il ‘favor’ legislativo per la massima diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili, ed è alla luce di tale normativa che ha espresso la propria valutazione in ordine al progetto presentato dalla società ricorrente, esprimendo parere contrario per quella parte di progetto che rappresentava l’esigenza di tutelare altrettanti interessi pubblici relativi alla protezione del patrimonio culturale e del paesaggio. Dunque, alcuna omissione motivazionale può essere censurata”.
In particolare, “la Soprintendenza ha anche evidenziato, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, che le aree interessate dal progetto sono ancora utilizzate pienamente con funzione agricolo – agroforestale ‘con campi che si distendono in maglie regolari tra i diversi rami dell’infrastruttura idraulica, ovvero allo stato ancora naturale, benché inserite da molti decenni nella Zona Industriale di Macchiareddu’, regolata urbanisticamente dallo specifico Piano Regolatore Territoriale dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari non adeguato al Piano Paesaggistico Regionale e dunque governato da strumenti di pianificazione che non considerano i livelli di tutela paesaggistica definiti dal D.Lgs 42/2004”.
Un’analisi tecnico-scientifica approfondita che testimonia “evidenza della legittimità e correttezza dell’operato delle amministrazioni resistenti che hanno concluso formulando una pronuncia di compatibilità ambientale parzialmente sfavorevole”, come riconosce il Giudice amministrativo di primo grado.
Una motivazione adeguata che deve comunque sussistere anche in presenza di una classificazione quale “non idonea” dell’area prescelta per la produzione energetica da fonte rinnovabile, come recentemente indicato dalla giurisprudenza amministrativa (vds. T.A.R. Umbria, Sez. I, 6 agosto 2024, n. 592).
Pronunce di sensibile interesse per un rapporto fra produzione energetica e salvaguardia ambientale decisamente complesso, ma fondamentale per una corretta transizione energetica effettivamente utile alla collettività.
dott. Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
N. 00671/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00733/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 733 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
PV Ichnosolar S.r.l., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Cultura e Ministero della Transizione Ecologica, ora Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria “ex lege” in Cagliari, via Dante, 23;
nei confronti
Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regione Autonoma della Sardegna, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e SU, Comune di Uta, non costituitisi in giudizio;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
“in parte qua”, del parere 3380-P del 14.9.2022 del Ministero della Cultura – Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – , tramesso al MiTe con nota 111922 del 14.9.2022 e pubblicato sul Portale Via del MiTe in data 26.9.2022, con il quale il Ministero della cultura ha espresso “parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C […], parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C – UR 7 (parte) […], parere tecnico istruttorio favorevole [con prescrizioni] alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle restanti parti dell”impianto fotovoltaico” relativamente al Progetto definitivo ID_VIP 7536 “Realizzazione di un impianto fotovoltaico denominato MACCHIAREDDU della potenza di 41,758 MWp, in Comune di Uta (CA) all’interno dell’Area Industriale Macchiareddu”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;
per quanto riguarda i motivi aggiunti:
per l’annullamento, “in parte qua”, e nei limiti dell’interesse in questa sede azionato, del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell’11 gennaio 2024, notificato alla ricorrente in data 15 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all’art. 1., co. 1, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha espresso parziale giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto di “impianto fotovoltaico denominato “Macchiareddu” sito nel Comune di Uta (CA) all’interno dell’area Industriale Macchiareddu per quanto attiene “alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C […], alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C – UR 7 (parte) […];
della nota del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, prot. 40167 del 1°.3.2024, con cui il MASE ha precisato che spetta al MIC “la competenza esclusiva sull’individuazione delle aree idonee”;
solo ove occorrer possa, della nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024) con cui il Ministero della Cultura ha espresso la propria posizione sul tema dell’idoneità dell’area, precisando che “nel caso in esame non sussistano le condizioni per far rientrare tout court l’area in questione tra quelle classificate come “idonee” dalla normativa in materia”;
per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Pv Ichnosolar S.r.l. il 13/3/2024:
per l’annullamento, “in parte qua” e nei limiti dell’interesse in questa sede azionato, del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell’11 gennaio 2024, notificato alla ricorrente in data 15 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all’art. 1., co. 1, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha espresso parziale giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto di “impianto fotovoltaico denominato “Macchiareddu”, sito nel Comune di Uta (CA) all’interno dell’area Industriale Macchiareddu per quanto attiene “alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C […], alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C – UR 7 (parte) […];
– della nota del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, prot. 40167 del 1°.3.2024, con cui il MASE ha precisato che spetta al MIC “la competenza esclusiva sull’individuazione delle aree idonee”;
– solo ove occorrer possa, della nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024, doc. 20), con cui il Ministero della Cultura ha espresso la propria posizione sul tema dell’idoneità dell’area, precisando che “nel caso in esame non sussistano le condizioni per far rientrare tout court l’area in questione tra quelle classificate come “idonee” dalla normativa in materia”;
– sempre ove occorrer possa, della nota prot. 7302/2024 datata 1°marzo 2024, con cui il Ministero della Cultura ha comunicato alla proponente “un aggiornamento in merito alla classificazione del sito di realizzazione del predetto progetto come “area idonea” ai sensi del comma 8 dell’art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021”, precisando che l’area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non possa ritenersi idonea ai sensi dell’art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell’immobile denominato “Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella” (comune di Uta – Catasto Foglio 26, mappale 186p) ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a), e dell’art. 13 del D.Lgs. n. 42 del 2004;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto dall’odierna ricorrente;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei Ministeri;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Roberto Montixi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe, la società PV ICHNOSOLAR S.R.L. ha impugnato, “in parte qua”, il parere 3380-P del 14.9.2022 del Ministero della Cultura – Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – trasmesso al MiTe con nota 111922 del 14.9.2022 e pubblicato sul Portale VIA del MiTe in data 26.9.2022, con il quale il Ministero della cultura ha espresso “parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C […], parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C – 2 UR 7 (parte) […], parere tecnico istruttorio favorevole [con prescrizioni] alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle restanti parti dell’impianto fotovoltaico” relativamente al Progetto definitivo ID_VIP 7536 “Realizzazione di un impianto fotovoltaico denominato MACCHIAREDDU della potenza di 41,758 MWp, in Comune di Uta (CA) all’interno dell’Area Industriale Macchiareddu“.
2. Espone la ricorrente di aver presentato istanza, con nota prot. n. MATTM/112499 del 18.10.2021, ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., per l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale per un “Impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 41,758 MWp, sito nel Comune di Uta (CA) all’interno dell’Area Industriale Macchiareddu”, area classificata come Zona D – Area di sviluppo industriale, artigianale e commerciale dal Piano Urbanistico Comunale del Comune di UTA.
3. Precisa la società che il progetto rientra tra quelli disciplinati dall’art. 8, c. 2-bis, del D.Lgs.152/2006 in quanto ricompreso tra le categorie progettuali, di competenza statale, di cui all’Allegato II alla Parte Seconda del D.Lgs.152/2006, e tra i progetti di attuazione del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) di cui all’Allegato I bis del medesimo D.lgs. 152/2006.
4. Con nota del MITE prot. 0008985 del 26/01/2022 veniva comunicata la procedibilità dell’istanza di VIA ai sensi dell’art. 23 del D.lgs 152/2006 e successivamente perveniva il parere favorevole n. 37 del 03/08/2022, reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC all’esito dell’istruttoria VIA, e quello, parimenti favorevole, ma recante prescrizioni in tema di realizzazione di saggi preliminari archeologici, reso dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna con note n. 4431 dell’11.2.2022 e n. 30215 del 12/08/2022.
5. Prosegue la società ricorrente rappresentando che il Ministero per la Cultura, con il parere 111922 del 14.9.2022 si esprimeva, tuttavia, in senso contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione di una significativa parte dell’impianto.
6. Avverso tale determinazione la ricorrente è insorta, per l’eventualità che il suddetto parere del MIC dovesse esser ritenuto preclusivo per la integrale assentibilità del progetto proposto dalla Società, formulando cinque motivi di gravame.
6.1. Con il primo motivo la Ichnosolar deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, dell’art. 242 ter del d. lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010 e degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Deduce inoltre: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrazione. Violazione degli art. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, della direttiva 2011/92/CE e della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, per disparità di trattamento e travisamento dei fatti rilevanti.
6.1.1. Espone in primo luogo la ricorrente che il provvedimento del MIC non potrebbe determinare in alcun modo il rigetto –neppure parziale– dell’istanza di VIA presentata dalla ricorrente in quanto, da un lato, l’intervento ricadrebbe in area classificata come idonea atteso che il progetto è localizzato all’interno dell’agglomerato Industriale di Macchiareddu, in Zona D – Area di sviluppo industriale, artigianale e commerciale dal Piano Urbanistico Comunale del Comune di Uta e dal Piano Regolatore del CACIP e, dall’altro, l’impianto non presenterebbe interferenze dirette con beni paesaggistici, né con edifici e manufatti di valenza storico-culturale, né riguarderebbe paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di interesse naturalistico. Inoltre, l’agglomerato industriale di Macchiareddu ricadrebbe all’interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese.
Pertanto, l’esponente evidenzia che l’area individuata per la realizzazione dell’intervento, proprio perché ricadente non solo in area industriale ma anche all’interno di un sito di interesse nazionale, è, ai sensi del D.M. 10.9.2010, nonché del più recente art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 oltre che dell’art. 242 ter del T.U.A., espressamente qualificata come area idonea all’installazione di impianti FER.
6.1.2. Alla luce di quanto sopra, e della richiamata idoneità dell’area di progetto, il parere parzialmente negativo reso dal MIC dovrebbe, a giudizio dell’esponente, essere qualificato, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 199/2021 (norma speciale rispetto alla disposizione recata dall’art. 25 del D.Lgs del Codice dell’Ambiente), come non vincolante e recessivo rispetto al parere positivo espresso dalla Commissione VIA.
6.2. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/90, violazione dei principi del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza, violazione degli artt. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, della direttiva 2011/92/CE., dell’art. 6 CEDU, dell’art. 41 CDFUE, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. Ancora, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa e travisamento dei fatti rilevanti.
6.2.1. Si duole la ricorrente del fatto che nella procedura in esame sarebbero state violate le garanzie minime del giusto procedimento in quanto il MiC non avrebbe comunicato all’esponente il preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241/90.
Il MIC, in particolare, avrebbe assunto le proprie determinazioni obliterando i pareri positivi già rilasciati tanto dalla Commissione speciale presso il MiTe quanto dalla Soprintendenza SABAP, e avrebbe impedito alla ricorrente di formulare le proprie circostanziate considerazioni in fatto e in diritto volte a confutare le ragioni poste alla base del diniego; considerazioni che, secondo la ricorrente, ove correttamente esaminate avrebbero scongiurato l’adozione del provvedimento impugnato in questa sede, anche in un’ottica deflattiva del contenzioso.
6.3. Con un terzo ordine di doglianze la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, del d.lgs. n. 199/2021, del D.M. 10.9.2010, dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 65 del d.l. n. 1/2012, degli artt. 1, 2, 3, della legge n. 241/90, dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, degli artt. 3, 9, 20, 41, 42 e 97 Cost., del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e di tipicità degli atti amministrativi, del principio del legittimo affidamento, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. Ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa, travisamento dei presupposti in fatto e diritto nonché violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
6.3.1. Rappresenta la ricorrente che il provvedimento del MIC si rivelerebbe illegittimo anche per difetto di motivazione, in quanto sarebbero stati del tutto trascurati elementi dirimenti ai fini del rilascio del provvedimento favorevole di compatibilità ambientale.
In particolare, sempre a giudizio della ricorrente, il MIC non avrebbe tenuto in debita considerazione che:
– il sito di Progetto insisterebbe in un’area idonea alla localizzazione di impianti fotovoltaici ai sensi del d.m. 10.9.2010, dell’art.20 del d.lgs. n. 199/2021 e dell’art. 242 ter del T.U.A.;
– la Soprintendenza aveva già espresso, al pari della Commissione tecnica PNRR-PNIEC e della RAS, una valutazione favorevole di compatibilità paesaggistica. Pertanto il MIC, per superare tali pareri positivi, avrebbe dovuto adottare una motivazione rafforzata. Il Ministero della Cultura, invece, si sarebbe limitato a rendere il parere negativo contestato formulando affermazioni tautologiche e comunque infondate perché vertenti su aspetti già ritenuti sia dalla Commissione speciale presso il MiTe, sia dalla Soprintendenza Regionale e sia -infine- dalla Regione Sardegna non ostativi alla realizzazione dell’impianto;
– la realizzazione del Progetto era sostenuta da un rilevante interesse pubblico; il MIC, al contrario, in nessun passaggio dell’atto impugnato avrebbe operato il necessario bilanciamento tra le conseguenze correlate all’adozione del provvedimento negativo e la salvaguardia dell’interesse pubblico alla promozione di energia “green” e all’autonomia energetica regionale e statale.
6.4. Con il quarto motivo di gravame la ricorrente ha censurato le valutazioni formulate dalla Soprintendenza PNRR nel gravato parere istruttorio deducendo violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004 e violazione del principio di legalità, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere per illogicità e irrazionalità dell’azione amministrativa, violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del d.m. 10.9.2010, inosservanza del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e violazione della direttiva n. 2009/28/CE.
6.4.1. Nel prendere posizione sugli specifici motivi posti a base del parere parzialmente contrario espresso dal Ministero della Cultura, la ricorrente contesta che la rilevata interferenza, ai sensi degli artt. 142 e 143 del D.Lgs. 42/2004, tra il progetto e la fascia di rispetto di 150 metri dalle sponde dei corsi d’acqua Rio S’Isca de Arcosu e Gora S’Acqua Frisca, assuma una portata decisiva ai fini del rilascio della VIA.
Infatti, l’intervento in progetto non incorrerebbe nei divieti esplicitati dall’art. 18 delle NTA del Piano Paesaggistico della Sardegna, concernenti gli interventi che interessano le sponde o i piedi degli argini, per una fascia di 150 metri, dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.
La ricorrente ribadisce che, sul punto, assumerebbe rilevanza dirimente il parere prot. MIC-SABAPCA/11/02/2022/0004431 della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (SABAP) per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna che, relativamente all’esame del progetto sotto il profilo della tutela paesaggistica e della tutela del patrimonio architettonico dell’area in argomento, si è espressa favorevolmente rispetto alla realizzazione dell’impianto, limitandosi a prescrivere la salvaguardia della vegetazione ripariale dei richiamati corsi d’acqua “Riu S’Isca de Arcosu” e “Gora s’Acqua Frisca” evitando la collocazione dei tracker entro tale perimetro di fascia ripariale.
6.4.2. Avuto riguardo alla asserita non conformità del progetto rispetto al Piano Paesaggistico Regionale, la ricorrente evidenzia che il sito in cui è prevista la realizzazione del campo fotovoltaico risulterebbe estraneo ad aree sottoposte a specifici vincoli di protezione ambientale, collocandosi al di fuori del loro perimetro di definizione; inoltre, sotto il profilo dell’assetto storico-culturale, l’area di progetto risulterebbe esterna ai beni paesaggistici individuati dagli artt. 47, 48, 51, 54 e 57 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.P.R., e l’area d’intervento rispetterebbe inoltre la distanza di cui al comma 1 dell’art. 49 delle NTA, distanza che deve essere non inferiore ai 100 metri da edifici e manufatti di valenza storico-culturale di cui all’art. 48 delle richiamate NTA.
Con riferimento al profilo dell’assetto insediativo, precisa la ricorrente che le aree ricadono all’interno delle “Grandi Aree Industriali” definite all’art. 92 comma 2 delle NTA come rappresentative del tessuto produttivo delle “aree industriali attrezzate, di maggiore dimensione, urbanisticamente strutturate e dotate di impianti e servizi”. Infine, con riguardo ai profili di compatibilità idraulica, la ricorrente censura il fatto che il MIC avrebbe omesso di rilevare che l’intervento in questione non contemplerebbe opere di progetto (trackers, cabine) nelle aree a pericolosità alta ed elevata Hi3 e Hi4 e che l’area interessata dalle opere si collocherebbe ad una distanza dall’asse dei corsi d’acqua sufficiente a garantire adeguati margini di sicurezza.
6.4.3. Con riguardo all’asserito impiego dell’area interessata dal progetto con funzione agroforestale la ricorrente deduce che, in realtà, l’area da decenni costituisce la Zona Industriale di Macchiareddu di competenza del Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari (CACIP).
Tale circostanza sarebbe corroborata dal parere a suo tempo reso dalla Soprintendenza che avrebbe attestato l’insistenza del progetto “in un’area priva di insediamenti di qualche rilievo dal punto di vista architettonico e di colture di pregio dal punto di vista agrario, essendo che si tratta di un lotto di terreno destinato ad accogliere insediamenti produttivi in un’area già pianificata per tale scopo”. Anche il parere reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC avrebbe evidenziato che “il progetto ricade all’interno dell’area industriale di Cagliari, area espressamente destinata all’insediamento di attività industriali e produttive, e il territorio dell’agglomerato non interessato direttamente dagli insediamenti industriali è caratterizzato da estese aree destinate a varie forme di agricoltura. Per quel che riguarda il progetto in esame, le aree interessate si presentano come parzialmente abbandonate: non interessano paesaggi agrari di particolare pregio e neppure colture arboree specializzate; parte dei terreni interessati sono incolti, parte interessati da colture orticole e parte destinata alla coltivazione dell’olivo e a frutteti”.
6.4.4. Con riguardo alle criticità rilevate dal MIC in merito al rapporto tra l’impianto e i saggi archeologici preliminari realizzati durante l’istruttoria, cui si correla la richiesta di eliminare dall’area di progetto il Lotto A – UR1 e la maggior parte del Lotto C UR 7, la ricorrente evidenzia come la posizione assunta dal Ministero sia affetta da un evidente deficit motivazionale.
In particolare, sottolinea la ricorrente, nel parere espresso in fase di screening VIA la Soprintendenza, con nota prot. DGA n. 1863 del 21/01/2021 aveva statuito che “l’area in cui ricadono le opere in progetto non è interessata da vincoli di natura archeologica ai sensi degli artt. 10, 12, 13 del D.Lgs. 42/2004 ma (…) a nord della zona dove è previsto il posizionamento dell’impianto è nota in bibliografia un’area a potenziale rischio archeologico per la presenza di attestazioni verosimilmente riconducibili alla presenza in antico di un villaggio pluristratificato in loc. Mitza de S’Acqua Bella”.
All’esito della redazione, da parte della ricorrente, di apposita relazione di verifica preventiva di interesse archeologico, ai sensi dell’art. 25, comma I del D. Lgs n. 50/2016, con nota prot. 34895 del 29/09/2021 la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, condividendo le valutazioni contenute nella VIARCH, aveva ritenuto necessario attivare la procedura di cui all’art. 25, commi 8 e segg. del D.Lgs. 50/2016 e realizzare saggi archeologici preliminari tali da assicurare una sufficiente campionatura dell’area interessata dai lavori.
A tale proposito la ricorrente evidenzia che, allo scopo di non interferire con aree a potenziale rischio archeologico alto, si era già determinata nel senso di scorporare dal progetto precedentemente sottoposto alla procedura di screening la porzione occidentale del Lotto A identificata con il codice UR1 nella cartografia della VIARCH; pertanto, il progetto fotovoltaico che era stato sottoposto alla procedura di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, e nel perimetro del quale era stata condotta la suddetta verifica preventiva di interesse archeologico, ricopriva una superficie più ampia rispetto a quella del progetto in esame sottoposto alla procedura di V.I.A. statale. Per converso, il MIC ha espresso parere negativo su un’area (Lotto C- Ur 7) su cui la VIARCH non aveva segnalato particolari rischi archeologici.
A seguito dello scorporo della zona identificata come UR1 nel lotto A, la Soprintendenza, in via prudenziale, al fine di limitare ulteriormente il rischio di eventuali rinvenimenti fortuiti, suggeriva un approfondimento di indagine con un numero limitato di saggi di dimensioni ridotte nelle zone immediatamente adiacenti alle aree a rischio.
La Soprintendenza aveva poi reso parere favorevole all’inserimento dell’esecuzione dei suddetti saggi nel quadro prescrittivo del procedimento di VIA in esame, per cui la richiesta del MIC di escludere il Lotto C – Ur7 dal progetto assentito si rivelerebbe ancor di più illegittima, alla luce della posizione assunta dall’Organo tutorio.
6.4.5. Con riguardo, infine, alla prescrizione inerente alla necessaria modifica ed aggiornamento del progetto definitivo, con previsione della collocazione della Sottostazione elettrica 220/30kV nell’ambito della esistente zona industriale, parte ricorrente evidenzia come tale prescrizione debba ritenersi superata e meritevole di annullamento atteso che tale sottostazione elettrica è già stata autorizzata in seno al procedimento di Autorizzazione Unica relativa al progetto di un altro operatore, nominato capofila della progettazione ed autorizzazione in considerazione del fatto che la soluzione di connessione proposta dal Gestore della rete è funzionale ad una pluralità di iniziative di impianti di produzione FER, tra cui quello della ricorrente.
7. Con atto depositato in data 4 marzo 2024, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, estendendo l’impugnativa al Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell’11 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all’art. 1., co. 1, le amministrazioni concertanti hanno espresso un giudizio negativo parziale sulla compatibilità ambientale del progetto in questione. Sono stati impugnati anche gli atti correlati, indicati in epigrafe.
7.1. Rappresenta la ricorrente che, in ottemperanza alla sentenza n° 22/2024 di questo Tribunale, con la quale era stato accolto il ricorso presentato da PV Ichnosolar nella parte in cui la società era insorta avverso l’inerzia serbata dal Ministero della Cultura sulla richiesta, pervenuta dal MASE in data 25.5.2023, di accertare l’idoneità, o meno, dell’area di impianto ai sensi dell’art. 20, co.8, del d.lgs. 199/2021, con nota del 2.2.2024, prot. 3859_2024 il Ministero della Cultura confermava l’idoneità dell’area tenuto conto della localizzazione in area SIN, salvo svolgere alcune ulteriori riflessioni rispetto all’avvenuto espletamento o meno di attività di bonifica.
7.2. Prosegue la ricorrente evidenziando di aver proposto, nelle more della predisposizione dei motivi aggiunti ora posti all’attenzione del Collegio, apposita istanza di riesame, richiedendo al MASE di accertare che l’impianto della proponente è interamente localizzato in area idonea ai sensi dell’art. 20, co. 8, lett. b) del D.lgs. 199/2021 e conseguentemente, in riesame del Decreto VIA n. 3/2024, di procedere al rilascio del titolo ambientale per l’intero progetto, in conformità con il Parere n. 37 del 03/08/2022, reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC, all’esito dell’istruttoria VIA.
7.3. Con provvedimento dell’1°3.2024 il MASE ha rigettato, tuttavia, l’istanza di riesame, evidenziando la spettanza in capo al MIC della competenza esclusiva sull’individuazione delle aree idonee, e ha confermato il diniego parziale di VIA, ritenendo vincolante l’accertamento svolto dal MiC con la nota del 2.2.2024.
7.4. Con nota prot. 7302/2024 datata 1° marzo 2024, il Ministero della Cultura, infine, ha comunicato alla proponente e al MASE “un aggiornamento in merito alla classificazione del sito di realizzazione del predetto progetto come “area idonea” ai sensi del comma 8 dell’art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021”, precisando che l’area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non potesse ritenersi idonea ai sensi dell’art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell’immobile denominato “Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella” (comune di Uta – Catasto Foglio 26, mappale 186p) ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a), e dell’art. 13 del D.Lgs. n. 42 del 2004.
7.5. Avverso tali ulteriori determinazioni la società ricorrente ha proposto tre motivi di gravame.
7.5.1. Con il primo motivo la Ichnosolar deduce l’illegittimità del decreto di VIA per violazione e falsa applicazione dell’art. 17-bis della L. n. 241/90, del principio dell’acquisizione “per silentium” del concerto in materia paesaggistica e culturale, degli artt. 1 e 2, comma 8 bis, della L. n. 241/90, dell’art. 25, commi 2 bis e 7, del D.Lgs. n. 152/2006, dell’art. 11 TUE e del principio di integrazione delle tutele, del Regolamento UE 2577/2022; nonché eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e sviamento di potere.
7.5.1.1. Evidenzia la ricorrente che il Decreto gravato di VIA si paleserebbe errato e illegittimo atteso che il MASE non avrebbe potuto adottare autonomamente un provvedimento di diniego di compatibilità ambientale. Ciò in quanto, a fronte del parere del MiC tardivo e, quindi, inefficace, il MASE avrebbe dovuto considerare il medesimo parere acquisito “per silentium” e, per l’effetto, rilasciare la VIA sulla base del parere favorevole n. 37 del 03/08/2022 reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC, all’esito dell’istruttoria VIA.
Infatti, il MiC – Soprintendenza PNRR, ha espresso il proprio parere solo il 14.9.2022, nonostante l’adozione del parere della Commissione Tecnica risalga al 3.8.2022 e dunque tale ultimo avviso è intervenuto ben oltre il termine di 20 giorni previsto dall’art. 25 del TUA il quale prevede:
– al comma 2, che nei 60 giorni successivi alla conclusione della fase di consultazione di cui all’art. 24 l’Autorità competente “adotta il provvedimento di VIA previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di trenta giorni”;
– al comma 2 bis: che -per i progetti di cui all’art. 8, co. 2 bis, del TUA- nei 30 giorni successivi all’adozione del parere della CT PNRR-PNIEC “il Direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente Direttore generale del MiC entro il termine di 20 giorni”;
– in ogni caso, al comma 7: che “tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori”.
Sarebbe quindi maturata, a giudizio dell’esponente, la fattispecie del silenzio assenso orizzontale in base alla quale, una volta decorso il termine previsto dalla legge, il concerto “si intende acquisito”.
7.5.2. Con il secondo motivo aggiunto la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d. lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010, degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90; nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrazione, violazione degli art. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, delle direttiva 2011/92/CE e 2009/28/CE e, ancora, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ed eccesso di potere per disparità di trattamento e per travisamento dei fatti rilevanti.
7.5.2.1. Rappresenta l’esponente che l’illegittimità del diniego di VIA (e del diniego di riesame) discende dalla non vincolatività del parere del MIC, conseguente al fatto che l’impianto sarà realizzato in un’area classificata idonea ai sensi della normativa vigente.
Precisa la ricorrente che, in termini generali, l’art. 25 comma 2 bis del Codice dell’ambiente, in merito alla necessità del concerto “fa salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199”. Quindi, nel caso di progetti di competenza statale, il provvedimento di VIA richiede il concerto tra il parere espresso dal MIC (la cui competenza è limitata agli aspetti paesaggistici) e il parere espresso dal MASE. Tuttavia, la citata previsione risulta derogata nel caso di specie dalla richiamata norma speciale di cui all’art. 22, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 199/2021 ai sensi della quale “a) nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante”.
In ragione di quanto sopra, nei casi come quello in esame, il MASE avrebbe potuto rilasciare la VIA positiva prescindendo dal parere reso dal MIC.
7.5.2.2. Nello specifico, l’area individuata dalla ricorrente sarebbe idonea ai sensi dell’art. 20, co.8, lett. b) in quanto ricompresa tra le “aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Ciò in quanto l’impianto progettato dalla ricorrente ricade nell’agglomerato industriale di Macchiareddu. Tale agglomerato, insieme all’Area Industriale di San Gavino Monreale, all’Area Industriale di Villacidro, all’Agglomerato Industriale di Portovesme, all’Agglomerato Industriale di Sarroch e all’Agglomerato Industriale di Macchiareddu ricade all’interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese, istituito con il D.M. n. 468/2001.
Sul punto, prosegue Ichnosolar, già nel parere reso dalla Commissione VIA n. 37/2022 si dava atto che l’impianto era localizzato integralmente in area SIN (cfr. prescrizione n.11).
L’idoneità dell’area era, peraltro, riconosciuta dallo stesso MIC nella nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024); tale Ente, tuttavia, si spingeva ad osservare che le aree d’intervento in effetti non lo sarebbero state in quanto “non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente”. Così facendo, l’Ente ministeriale –sempre a giudizio dell’esponente- avrebbe però espresso una valutazione estranea alla propria competenza, essendo il MASE (e non il MIC) il Dicastero competente a dirimere tutti i temi ambientali connessi alla idoneità dell’area. Infatti, la specifica ipotesi di idoneità dell’area, prevista dall’art. 20, co. 8, lett. b) del d.lgs. 199/2021 non involgerebbe temi paesaggistici o archeologici, richiedendo esclusivamente la valutazione di temi ambientali di esclusiva competenza del MASE.
La ricorrente evidenzia, inoltre, che alcuna valenza assumerebbe la nota del MiC del 1°.3.2024, con la quale viene ribadito che l’impianto non può essere considerato localizzato in area idonea poiché posto ad una distanza inferiore di 500 metri rispetto ad un sopravvenuto bene archeologico. Ciò in quanto l’esistenza di un bene archeologico nel buffer di 500 metri rispetto all’impianto incide esclusivamente sulla ipotesi di idoneità “ex lege” prevista dall’art. 20, co. 8, lett. c-quater del D.lgs. 199/2011, ma non ha alcuna attinenza rispetto all’ipotesi prevista dall’art. 20, co.8, lett. b.
Ancora, a differenza di quanto sostenuto dal MiC, l’idoneità dell’area non potrebbe essere acclarata in dipendenza con la assoggettabilità in concreto della stessa a procedure di bonifica già approvate.
Ciò, in primo luogo, in quanto, dall’analisi del testo dell’art. 20, co. 8, lett. b del D.lgs. 199/2021 si evincerebbe che la perimetrazione dell’area quale sito di interesse nazionale determinerebbe “ex lege” l’idoneità della stessa ai sensi dell’art. 20, co. 8, lett. b del D.lgs. 199/2021 (che richiama tutte le norme del Titolo V, Parte Quarta del T.U. Ambiente e fa riferimento a tutte le aree individuate ai sensi del medesimo T.U. e non solo alle aree per cui sono già avviate le attività di bonifica). Ciò risulterebbe confermato anche dal dettato dell’art. 242 ter del T.U.A., il quale ricondurrebbe i siti di interesse nazionale nella definizione di “siti oggetto di bonifica” a prescindere dal concreto avvio di attività di bonifica.
In secondo luogo, nell’area è già stata avviata una procedura di caratterizzazione (che costituisce la prima fase della procedura di bonifica) e la Commissione VIA ha già impartito prescrizioni in merito alla prosecuzione dell’iter di caratterizzazione; pertanto, il sito d’impianto, in tesi, deve essere comunque classificato come sito (potenziale) di bonifica ai sensi del Titolo V, Parte Quarta, del Decreto Legislativo n. 152/2006, con conseguente declaratoria di idoneità dell’area ai sensi dell’art. 20, co. 8, lett. b) del Decreto Legislativo n. 199/2021.
7.5.3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d. lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010, degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Deduce poi eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa. Violazione degli art. 3 e 97 Cost. e del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2011/92/CE. e della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, per disparità di trattamento e per travisamento dei fatti rilevanti.
7.5.3.1. La ricorrente si duole, in sintesi, del fatto che il MASE abbia adottato un provvedimento di VIA parzialmente negativo (e ne abbia denegato il riesame) senza svolgere, si sostiene, un’autonoma valutazione sul progetto. L’autorità emanante, nella sostanza, avrebbe recepito poi in modo acritico il diniego del MiC.
La ricorrente evidenzia che il MASE avrebbe dovuto valutare puntualmente le gravose prescrizioni imposte dal MIC e –sulla scorta del “favor” legislativo per lo sviluppo delle energie rinnovabili e delle risultanze dell’istruttoria condotta– non recepire tali prescrizioni nel provvedimento finale di VIA, valorizzando sia l’insussistenza di profili ambientali ostativi alla realizzazione del progetto, come accertato nel parere positivo reso dalla Commissione VIA, sia la circostanza che il parere del MIC non poteva ritenersi vincolante in ragione della idoneità dell’area di Progetto e sia, infine, l’interesse pubblico alla realizzazione del progetto, espressamente qualificato dalla normativa di riferimento come “prevalente”.
7.5.4. In via subordinata, con il quarto motivo la ricorrente deduce vizi autonomi di illegittimità della nota prot. 3859/2024 del 2.2.2024 e della nota 7302/2024 datata 1°marzo 2024; atti che vengono censurati per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, del d.lgs. n. 199/2021, del D.M. 10.9.2010, dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, del d.lgs. n. 152/2006, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d. lgs. n. 152/2006, dell’art. 65 del d.l. n. 1/2012, degli artt. 1, 2, 3, della legge n. 241/90, dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, degli artt. 3, 9, 20, 41, 42 e 97 Cost., del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e di tipicità degli atti amministrativi, del principio del legittimo affidamento, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. E per : eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
7.5.4.1. Parte ricorrente insta in particolare per l’annullamento della nota prot. 3859/2024 del 2.2.2024 in ragione dell’ubicazione dell’impianto in area idonea, contestando quanto affermato sul punto proprio dal MiC nella nota del 2.2.2024 laddove si afferma che “benché le aree di cui trattasi siano inserite nel perimetro di bonifica del SIN Sulcis-IglesienteGuspinese e per questo risultino idonee ai sensi della lett. b) del comma 8 dell’art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021, le stesse in effetti non lo sono in quanto il Proponente dichiara che “non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente”.
7.5.4.2. Oltre a richiamare gli argomenti di censura già formulati nel secondo motivo di gravame, la ricorrente evidenzia che l’area individuata dalla ricorrente si inserisce in un contesto di tipo industriale fortemente antropizzato, come comprovato dal certificato di destinazione urbanistica dell’area stessa. Inoltre, nell’agglomerato Industriale di Macchiareddu sono presenti una molteplicità di impianti fotovoltaici in esercizio.
Ancora, la società ricorrente rappresenta che, alla luce della più recente giurisprudenza, la mera localizzazione dell’impianto in area industriale (pacifica, nel caso in esame) deve considerarsi elemento di per sé solo sufficiente per ritenere integrata la fattispecie di “area idonea” ai sensi dell’art. 20, co.8 del D.lgs. 199/2021. Questo anche perché la non idoneità dell’area sancita dalla Delibera di Giunta Regionale n. 59/90 del 27.11.2020 (per l’interferenza con un corso d’acqua) deve ritenersi comunque superata da una norma di rango primario successivamente emanata: ci si riferisce all’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, il quale prevede che “nella definizione delle aree idonee […] sono privilegiate le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica”, al pari di quanto statuito dalle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010 che stabilisce che il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche costituisce elemento per la valutazione positiva dei progetti (art. 16.1. Parte IV^).
7.5.4.3. Ancora, secondo la ricorrente, l’idoneità dell’area prescelta per l’impianto sarebbe rafforzata dal dettato dell’art. 20, co. 8, lett. c ter, n. 1, che qualifica idonee “esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere”.
Sul punto, la ricorrente censura la posizione assunta dal MIC, secondo il quale non risulterebbe accertata l’idoneità dell’area ai sensi della lett. c-ter), n. 1, risultando l’area classificata come “industriale” e non “agricola”, in quanto, a giudizio dell’esponente, se con l’art. 20, co. 8, lett. c ter, n. 1 il legislatore ha ritenuto “ex lege” idonee le aree agricole distanti non più di 500 metri da aree industriali e da aree SIN, “a fortiori” devono essere considerate idonee, ai sensi della medesima lettera dell’art. 20, co.8, tutte le aree SIN e tutte le aree industriali.
7.5.4.4. In ogni caso, la ricorrente evidenzia che la localizzazione dell’impianto in area industriale acquisirebbe una valenza dirimente anche ai sensi dell’art. 20, co.8, lett. c ter), n. 2 che sancisce l’idoneità delle “2) aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall’articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto 32 legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento”. Ciò in quanto essendo l’impianto localizzato in un’area industriale, la fattispecie per analogia (e per logica) dovrebbe essere trattata alla stregua di un impianto localizzato in uno stabilimento industriale, non potendosi condividersi l’assunto del MIC, in base al quale l’impianto non risulterebbe “proposto all’interno di esistenti impianti industriali o stabilimenti (per il primo termine, con la prevista connotazione ‘industriale’, si veda la definizione di cui all’art. 268, rubricato «Definizioni», comma 1, lett. l, per il secondo termine la lett. h, del D.Lgs. n. 152 del 2006)”.
7.5.4.5. Avuto riguardo alle considerazioni formulate dal MIC sul fatto che l’area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non possa ritenersi idonea ai sensi dell’art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell’immobile denominato “Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella”, la ricorrente sottolinea che la localizzazione dell’impianto ad una distanza inferiore a 500 metri “rispetto al perimetro esterno dell’area vincolata ai sensi della Parte II del D.Lgs. n. 42 del 2004” (comunque sopravvenuta rispetto al decreto di VIA) non inciderebbe in alcun modo sulle ipotesi di idoneità dell’area in quanto dall’analisi dell’art. 20 del D.lgs. 199/2021 emergerebbe che la distanza rispetto ad un bene archeologico ai sensi della Parte II del D.lgs. n. 42/2004 inciderebbe solamente in relazione all’ipotesi di idoneità prevista dalla lett. c-quater del comma 8 dell’art. 20 del D. Lgs. n. 199 del 2021, mentre rispetto alle ipotesi di idoneità “ex lege” previste dall’art. 20, co. 8 lett. b (motivo n. 2) e dall’art. 20, co.8, lett. c ter nn. 1 e nn. 2 (motivi 3.2. e 3.3.) e in assenza di precisazioni di sorta da parte del legislatore, la distanza dell’impianto rispetto ad un bene archeologico (in questo caso inferiore a 500 metri) costituirebbe una circostanza del tutto neutra e non decisiva.
Ciò risulterebbe confermato dal dato testuale dell’art. 20, co. 8, lett. c quater) in cui il legislatore precisa che “fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), [sono da considerarsi idonee] le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 , né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell’articolo 136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente lettera, la fascia di rispetto è determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di tre chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici”.
Pertanto, l’esistenza di un bene archeologico ad una distanza dall’impianto inferiore rispetto ai 500 metri, a differenza di quanto rilevato dal MiC, non determinerebbe “tout court” l’impossibilità di ritenere l’impianto localizzato in area idonea ai sensi dell’art. 20, co.8 del D.lgs. 199/2021, ma imporrebbe, semplicemente, che non possa essere invocata l’ipotesi di idoneità “ex lege” prevista dall’art. 20, co.8, lett. c-quater) del D.lgs. 199/2021.
7.5.5. In via ulteriormente subordinata la Ichnosolar impugna il provvedimento di VIA e il diniego di riesame datato 1°.3.2024 nella parte in cui hanno imposto l’osservanza delle condizioni prescritte dal MIC con il parere 3380-P del 14.9.2022, già gravate con il ricorso introduttivo e inficianti, in via derivata gli atti a valle adottati, ovvero il provvedimento di VIA “in parte qua” ed il successivo diniego di riesame. A tale proposito la società ripropone i motivi di gravame rivolti avverso il predetto parere negativo.
8. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica instando per la reiezione del ricorso.
9. All’udienza camerale del 17 aprile 2024, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare.
10. In vista dell’udienza pubblica le parti hanno depositato documenti e memorie.
11. La causa è stata, infine, trattenuta in decisione all’udienza del 25 settembre 2024.
DIRITTO
1. La questione di fondo posta all’esame del Collegio concerne la legittimità dei provvedimenti resi a seguito dell’istanza presentata dalla società PV Ichnsolar S.r.l. il 18/10/2021 ai sensi dell’art. 23 del D.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. per l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale per un “Impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 41,758 MWp, sito nel Comune di Uta all’interno dell’Area Industriale Macchiareddu”. Il progetto rientra, in particolare, tra quelli disciplinati dall’art. 8 co. 2-bis del D.lgs. n. 152/2006 in quanto ricompreso tra le categorie progettuali di cui all’Allegato II alla Parte Seconda del medesimo decreto di competenza statale, nonché tra i progetti di attuazione del PNIEC di cui all’Allegato I-bis del medesimo D.lgs. n. 152/2006.
Nello specifico, la società ricorrente ha impugnato, con il ricorso introduttivo, il parere in data 14.9.2022 reso dal Ministero della Cultura – Soprintendenza speciale per il PNRR e, con successivi motivi aggiunti, il Decreto del MASE, di concerto col MiC, n. 3/2024 dell’11.1.2024, conclusivo del procedimento di VIA, il diniego da parte del MASE di riesame dell’istanza, datato 1.3.2024, nonché le note del MiC del 2/2/2024 e dell’1/3/2024 (in relazione all’asserita inidoneità dell’area di progetto).
In via preliminare il Collegio, stante l’intervenuta impugnazione del Decreto col quale il Mase, di concerto col Ministero della Cultura ha concluso il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell’art. 25 del TUA, rileva la sopravvenuta carenza di interesse in relazione al ricorso principale col quale è stato impugnato il parere del MIC del 14.9.2022 reso nell’ambito del medesimo procedimento di VIA.
I medesimi motivi di ricorso avanzati con il ricorso introduttivo, tuttavia, sono stati riproposti avverso il Decreto del MASE n. 3/2024, che tale parere ha recepito, quali vizi di illegittimità derivata. Lo scrutinio di tali motivi avverrà, pertanto, in sede di vaglio dei motivi aggiunti proposti contro il Decreto Via e avverso il diniego di riesame dell’istanza.
2. Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente sostiene che il Decreto di VIA sarebbe illegittimo in quanto il MASE non avrebbe potuto adottare autonomamente un provvedimento di diniego di compatibilità ambientale, dal momento che il parere del MiC è stato reso oltre i termini previsti dalla legge, risultando tardivo e, quindi, inefficace. Al contrario, secondo la ricorrente, il MASE avrebbe dovuto considerare il medesimo parere acquisito, operando nel procedimento in oggetto il meccanismo del c.d. silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis della l. 241 del 1990.
2.1. Rileva in via preliminare il Collegio come l’eccezione d’inammissibilità del motivo di impugnativa formulata dalla difesa erariale, a cagione dell’asserita tardività della doglianza avanzata in merito al gravato parere istruttorio del 14 settembre 2022, sia priva di pregio atteso che ciò che parte ricorrente censura non è la tardività in sé del parere emanato dal Ministero della Cultura, ma il fatto che tale parere sia stato ritenuto dotato di una propria efficacia ai fini del successivo dipanarsi dell’iter procedimentale da parte del MASE.
2.2. La doglianza è comunque infondata.
2.2.1. La fattispecie in esame, nel cui ambito si è determinata una situazione di tardiva emanazione del parere emanato dal MIC è governata da una disposizione di legge speciale rappresentata dall’art. 25 del D.lgs. n. 152 del 2006 che, al comma 2-quater prevede che: “… In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni”.
La previsione di siffatta disposizione, specifica per la procedura in esame, preclude con ogni evidenza l’operatività del meccanismo del silenzio-assenso disciplinata dall’art. 17 bis della legge 241/90, come condivisibilmente osservato dalla giurisprudenza che ha recentemente evidenziato che “la previsione di poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 25 co. 2 quater d.lgs. 152/2006 esclude la formazione del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis l. 241/1990”. (Tar Sicilia, Sez. V., ord. n. 40/2024).
Tale opzione ermeneutica è condivisa da questo Collegio in ragione della dirimente considerazione che ove si ritenesse applicabile, anche nell’ambito sopra richiamato, l’operatività del “silenzio assenso orizzontale”, la chiara scelta del legislatore di introdurre una fattispecie di silenzio devolutivo per scongiurare eventuali situazioni di stallo procedimentale verrebbe posta nel nulla.
In altri termini, il legislatore ha ritenuto che l’individuazione di una specifica modalità di risoluzione di eventuali ingiustificati ritardi nella definizione delle istanze rappresentasse un appropriato punto di sintesi ed equilibrio nell’ambito di un settore governato, da un lato, da eminenti esigenze di concentrazione e snellezza procedurale e, dall’altro, però, dalla necessità di un governo consapevole e oculato dei molteplici interessi sensibili coinvolti.
2.2.2. Tale disposizione, peraltro, appare coerente con le peculiarità proprie della materia delle autorizzazioni ambientali, in relazione alle quali è stato evidenziato il contrasto tra la previsione normativa del silenzio assenso ed i principi comunitari, che impongono l’esplicitazione delle ragioni della compatibilità ambientale del progetto (cfr. Cons. Stato, V, 25-8-2008, n. 4058; Cons. Stato, sez. IV, sent 13.10.2015, n° 4712).
In particolare, gli artt. 8, 8-bis e 9 della Direttiva Europea n. 92/2011 militano nel senso di ritenere necessario un atto espresso in materia di autorizzazione di impatto ambientale anche per quanto concerne pareri o simili atti richiesti ad autorità diverse da quella procedente, prescrivendo che i risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte nel procedimento siano tenute in debita considerazione.
In coerenza con tale approccio si è osservato che “pur tenendo conto dei commi 2 e 3 del predetto art. 17 bis L. n. 241/1990, nella parte in cui prevedono che il concerto si intende acquisito dopo il decorso di 90 giorni, anche se l’Amministrazione concertata è preposta alla tutela ambientale e paesaggistica, nella specie potrebbe trovare applicazione il comma 4 dello stesso art. 17 bis L. n. 241/1990, ai sensi del quale “le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione Europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi”, tenuto conto degli artt. 8, 8 bis e 9 della Direttiva Europea n. 92/2011” (così, in modo condivisibile, di recente, Tar Basilicata – ord. ord. n. 22/2024).
2.2.3. In definitiva, ritiene il Collegio che la rilevanza eurounitaria della disciplina in discorso abbia indotto il legislatore nazionale a introdurre, nel contesto dei procedimenti di valutazione ambientale di progetti compresi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, caratterizzati da un iter snello e da particolari esigenze di celerità, un potere sostitutivo di carattere speciale, rendendo applicabile tale disciplina, inerente al silenzio – devolutivo, in luogo del meccanismo del silenzio-assenso di cui al citato art. 17-bis. Ciò al fine di coniugare, come detto, le esigenze di celerità del procedimento con quelle di salvaguardia di interessi di particolare rilievo, quali quelli di carattere paesaggistico e culturale.
3. Con il secondo dei motivi aggiunti la ricorrente contesta l’illegittimità del diniego di VIA (e del diniego di riesame) per avere, l’Amministrazione emanante, omesso di considerare che l’impianto sarà realizzato in area idonea ai sensi dell’art. 20 comma 8 lett. b) del D.lgs. n. 199/2021, con conseguente qualificazione del parere del MiC, parzialmente negativo, quale non vincolante ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. a) del D.lgs. n. 199/2021.
A sostegno della propria doglianza parte ricorrente, come è stato rammentato nella parte in Fatto, adduce, in particolare, la circostanza che l’area in oggetto sarebbe ricompresa tra le “aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Ciò in quanto l’impianto progettato ricade come detto nell’agglomerato industriale di Macchiareddu il quale, insieme all’Area Industriale di San Gavino Monreale, all’Area Industriale di Villacidro, all’Agglomerato Industriale di Portovesme, all’Agglomerato Industriale di Sarroch e all’Agglomerato Industriale di Macchiareddu ricadono all’interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese, istituito con il D.M. n. 468/2001, come riconosciuto dallo stesso MIC nella nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024). Tale Ente, tuttavia, come si ricava dagli atti e come riconosciuto dalla stessa società ricorrente, si spingeva ad osservare che le aree d’intervento “non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente”, così concludendo per l’inidoneità dell’area, ma con una valutazione che, a parere di parte ricorrente, eccederebbe le proprie competenze, attenendo a temi ambientali (e non paesaggistici o archeologici) che avrebbero dovuto essere vagliati dal MASE in via autonoma.
3.1. Tale ricostruzione non può essere tuttavia condivisa, con la conseguenza che anche tale motivo – cruciale, invero, nella economia del giudizio – va respinto, per le ragioni che seguono.
In particolare va osservato, alla stregua di quanto già affermato da questo Tribunale nella sentenza n. 22/2024, che il MASE correttamente ha rimesso la questione circa la valutazione dell’idoneità dell’area – o meno – ai sensi del comma 8 dell’art. 20 del D.lgs. n. 199/2021, al MiC, in quanto “alla luce di un parere negativo del MIC particolarmente articolato, è l’autorità tutoria competente a dover evidenziare eventuali profili che conducano a ritenere l’area come non idonea, non rientrando nelle ipotesi ex lege individuate dall’art. 20 comma 8 D.lgs. n. 199/2021 con valutazione espressa che, eventualmente, la ricorrente potrà contestare”, senza che a tal fine incida la distinzione tra temi strettamente “ambientali” e quelli afferenti ai beni culturali e paesaggistici, anche per quanto di seguito esposto.
Ciò è confermato anche da una recente pronuncia del Tar Puglia – Bari n. 1151/2023 secondo cui: “Ferma restando la classificazione dell’area di impianto come non compresa in area definita idonea, ai sensi del D. Lgs. n. 199/2021, per la presenza di beni tutelati ai sensi della Parte Il del D.Lgs. n. 42/2004, nonché la natura obbligatoria del parere espresso dal MiC, si evidenzia che tale inquadramento non può essere effettuato in via autonoma dal MASE su aspetti di stretta competenza del MiC.
In altre parole, contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, il MASE non può autonomamente sovvertire né l’analisi degli impatti sul paesaggio e sul patrimonio culturale effettuati dal MiC, né il conseguente inquadramento dell’area in termini di “idoneità” o “non idoneità” effettuato da quest’ultimo”.
3.2. Ciò posto, va rilevato a ogni modo che la valutazione tecnico – paesaggistica operata dalla Soprintendenza speciale PNRR col parere del 14.9.2022 e recepita dal Decreto del MASE risulta adeguatamente motivata e immune da travisamenti in punto di fatto e da vizi di manifesta arbitrarietà o illogicità, profili, questi, all’interno dei quali detta valutazione potrebbe essere assoggettata al sindacato di questo Giudice amministrativo.
Osserva, infatti, il Collegio che la normativa prevede che la idoneità dell’area ai sensi dell’art. 20 co. 8 lett. b) del D.lgs. n. 199/2021 discende dalla sua qualificazione quale area “dei siti oggetto di bonifica individuati ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. La ricorrente sostiene che proprio la formulazione letterale della norma imporrebbe un richiamo ampio alle norme in materia di bonifica, cosicché la mera localizzazione dell’impianto in un’ “area SIN”, unitamente alla circostanza per cui sarebbe stata avviata in relazione all’area in oggetto la procedura di caratterizzazione, sarebbe sufficiente a ritenere l’area localizzata in area idonea “ex lege” ai sensi della menzionata lett. b).
Il Collegio non ritiene, tuttavia, condivisibile tale tesi.
La caratterizzazione è infatti definita dall’Allegato 2 alla Parte IV – Titolo V del Testo Unico Ambiente, secondo cui “la caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito”. In particolare, continua l’Allegato in premessa, “per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l’intero processo costituito dalle seguenti fasi:
1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.
2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.
3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.
4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.
5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.
6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili – sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell’analisi di rischio-calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato”.
Alla luce di quanto sopra si rileva che al mero avvio della fase di caratterizzazione non segue necessariamente l’espletamento di attività di messa in sicurezza e/o di bonifica, non essendo ancora stata acclarata l’effettiva compromissione del sito dal punto di vista ambientale e/o sanitario. Ciò lo si desume anche dalle definizioni contenute nell’art. 240 del T.U. Ambiente, laddove si definisce alla lett. d) il sito potenzialmente contaminato quale “sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”. Tali CSR sono ulteriormente definite dal medesimo articolo alla lett. c) quali “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica … e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica…”.
È, dunque, la presenza di tali CSR a determinare la contaminazione del sito a un livello tale per cui si rendono necessarie la messa in sicurezza e la bonifica dell’area.
Pertanto, la caratterizzazione ambientale del sito solo latamente può essere ricompresa tra le fasi del procedimento di bonifica, essendo volta alla verifica preliminare della presenza di una concentrazione di sostanze inquinanti tale da ritenere l’area compromessa dal punto di vista ambientale e quindi da sottoporre a interventi di messa in sicurezza permanente e/o di bonifica in senso stretto.
Tale circostanza induce il Collegio a ritenere che, nella materia di cui trattasi, il mero avvio, come nel caso di specie, di una procedura di caratterizzazione ambientale del sito non sia sufficiente a ritenere l’area compresa tra “i siti oggetto di bonifica” ai sensi della lett. b) dell’art. 20, disposizione che, nel definire una tale area idonea “ex lege” senza ulteriori precisazioni, evidentemente presuppone che sia già stata accertata la compromissione dell’area (comprese quella denominata “SIN”) dal punto di vista ambientale.
In altri termini, nello specifico contesto delle aree idonee ex art. 20 comma 8 lett. b) si impone una interpretazione letterale e, dunque, non estensiva del concetto di “aree dei siti oggetto di bonifica ai sensi del Titolo V, Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” soprattutto alla luce del fatto che la qualificazione di aree come quella in esame come idonee ai sensi della lett. b) determinerebbe, anche in forza del confronto con quanto prescritto per le successive lettere, la natura recessiva delle esigenze di tutela inerenti ai beni culturali e paesaggistici – che, infatti, non vengono richiamati – , il che induce anche a ritenere che non vi sia alcuna incompetenza del MiC nella valutazione dell’idoneità dell’area anche ai sensi della lett. b).
Ciò impone di ritenere che tale rilievo recessivo sia limitato ai soli casi in cui la compromissione dell’area dal punto di vista ambientale, a causa di una concentrazione di sostanze inquinanti al di sopra della soglia dei livelli CSR, sia stata effettivamente acclarata (e non sia, dunque, meramente potenziale) alla luce, quanto meno, della concreta assoggettabilità dell’area stessa a procedure di messa in sicurezza e/o bonifica già approvate.
Peraltro, e in senso dirimente, va soggiunto che, come si ricava dagli atti, è lo stesso proponente a dichiarare che “le aree interessate dalla realizzazione del progetto in esame non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente (…)”.
Né varrebbe a superare tale considerazione la disposizione dell’art. 242 ter del T.U. Ambiente, il quale, invece, al contrario, presuppone che sia stato dato quantomeno avvio all’esecuzione delle opere di bonifica e, quindi, necessariamente presuppone la conclusione della fase preliminare di caratterizzazione.
4. Di conseguenza, anche il terzo motivo, con cui la ricorrente si duole, in sintesi estrema, del fatto che il MASE abbia adottato un provvedimento di VIA parzialmente negativo e abbia denegato il riesame senza svolgere un’autonoma valutazione sul progetto e, nella sostanza, abbia recepito in maniera acritica il diniego del MiC è infondato e va respinto, dal momento che l’esclusione dell’area di impianto dalla categoria delle aree idonee ex art. 20 comma 8 lett. b) esclude la possibilità per il MASE di ritenere non vincolante il parere del MiC e, quindi, la possibilità di effettuare un’autonoma valutazione di impatto ambientale del progetto.
5. In subordine, col quarto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che l’area di progetto debba essere considerata idonea, sì che gli atti impugnati dovrebbero reputarsi illegittimi poiché tale idoneità è stata ricusata, dal momento che l’impianto sarebbe localizzato in area industriale ai sensi del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Uta e del Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, con la conseguenza che la non idoneità sancita dalla Delibera di Giunta Regionale n. 59/90 del 27.11.2020 (per l’interferenza con un corso d’acqua) dovrebbe ritenersi comunque superata dall’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, il quale prevede che “nella definizione delle aree idonee […] sono privilegiate le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica”, e dal DM del 10.9.2010 in relazione alle aree c.d. brownfield, tra cui rientrano i siti industriali.
5.1. Anche tale motivo è infondato dal momento che, come rilevato dall’Amministrazione resistente in memoria, la destinazione urbanistica dell’area ai sensi del Puc del Comune di Uta non può dirsi dirimente in quanto lo stesso Piano urbanistico comunale (al pari del Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari) non è stato adeguato al Piano Paesaggistico Regionale. Con la conseguenza che assumerebbero allora rilevanza, anche ai sensi del D.M. 10.09.2010 (Allegato 3 – par. 17 lett. f), la non idoneità dell’area sancita dalla normativa regionale in attuazione del PPR (D.G.R. n. 59/90 del 27/11/2020 in relazione ai beni tutelati ex artt. 142 comma 1 lett. c del D.lgs. n. 42/2004 e 17 comma 3 lett. h delle NTA al PPR) ai fini della inidoneità delle aree indicate dal parere (sul punto, contrario) del MiC per la vicinanza con beni paesaggistici tutelati (e, in particolare, con i corsi d’acqua citati nel parere del MiC del 14/09/2022).
Né, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, l’idoneità dell’area “ex lege” (al di là della motivazione fornita sul punto dal MiC) potrebbe essere affermata alla luce del dettato del citato art. 20, co. 8, lett. c ter), n. 1, norma che qualifica idonee “esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere”.
Tale idoneità, infatti, a prescindere dalla qualificazione dell’area di progetto interessata come agricola o industriale, comunque richiede l’assenza di vincoli di cui alla parte II del d.lgs. n. 42/2004 in relazione ai beni culturali, le cui esigenze di tutela sono state invece accertate positivamente dal parere del MiC del 14/09/2022 (sulla scorta di quanto precedentemente evidenziato dalla Soprintendenza SABAP -archeologica, belle arti e paesaggio della città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, che aveva anche prescritto la realizzazione di saggi archeologici preliminari).
Al riguardo il Collegio rileva che il MiC (quanto alle aree ricomprese nel Lotto A – UR 1 e C – UR (7) per una parte), nel predetto parere aveva già dato atto del fatto che il Piano operativo di saggi archeologici preventivi già approvato dalla SABAP per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna non era stato attuato dal Proponente e che, pertanto, le aree a rischio archeologico da indagarsi secondo tale Piano non potevano “essere oggetto allo stato attuale di modificazioni tali da poter costituire anche solo un eventuale danno alla conservazione e alla tutela del patrimonio archeologico”.
Inoltre, il medesimo parere richiama la necessità di tutela del patrimonio culturale di cui alla parte II del D.lgs. n. 42/2004, “la cui presenza in materia di beni archeologici è documentata nelle aree interessate dal progetto di cui trattasi come indicato nei pareri endoprocedimentali della competente Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio come sopra integralmente riportati”.
Per le medesime ragioni, e a prescindere dalla loro esatta qualificazione, le aree di progetto non possono essere ricomprese neanche nel n. 2 della lett. c-ter) dell’art. 20 comma 8 del d.lgs. n. 199/2021, disposizione che sancisce l’idoneità delle “2) aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall’articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento”. Ciò in quanto l’area (per cui è stata coerentemente negata la compatibilità ambientale) è interessata dai medesimi vincoli culturali sopra citati ai sensi della parte II del D.lgs. n. 42/2004.
5.2. Quanto detto sopra determina l’infondatezza anche delle censure mosse dalla ricorrente avverso la nota del MiC datata 1° marzo 2024, atto secondo il quale l’area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non può ritenersi idonea ai sensi dell’art. 20 co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico dell’immobile denominato “Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella”. Secondo la ricorrente, in particolare, la distanza dell’impianto inferiore a 500 metri “rispetto al perimetro esterno dell’area vincolata ai sensi della Parte II del D.Lgs. n. 42 del 2004” inciderebbe solamente in relazione all’ipotesi di idoneità prevista dalla lett. c-quater, mentre non rileverebbe rispetto alle aree idonee ai sensi delle lettere b e c-ter, in cui sarebbe localizzato, in tutto o in parte, l’impianto.”
5.2.1. Tale impostazione non può essere condivisa.
Si è, infatti, già osservato come la localizzazione dell’impianto in area idonea ai sensi delle lettere b e c-ter dell’art. 20 co. 8 sia stata legittimamente esclusa dal Ministero competente (e dal successivo Decreto Via n. 3/2024), con motivazione secondo questo Collegio adeguata.
6. Una volta acclarata la non riconducibilità dell’area di progetto alle aree idonee “ex lege” ai sensi dell’art. 20 co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 occorre esaminare i restanti motivi di gravame proposti anche alla luce della natura discrezionale della valutazione di impatto ambientale.
In via ulteriormente subordinata, infatti, la PV Ichnosolar S.r.l. ha impugnato il provvedimento di VIA e il diniego di riesame datato 1° marzo 2024 per illegittimità derivata, nella parte in cui è stata imposta l’osservanza delle condizioni prescritte dal MIC con il parere 3380-P del 14.9.2022, già gravate con il ricorso introduttivo. A tale proposito la società ripropone i motivi di gravame già rivolti avverso il predetto parere negativo, i quali devono essere esaminati singolarmente.
6.1. Quanto al primo motivo, concernente l’omessa comunicazione di preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della l. 241/1990, osserva il Collegio che tale comunicazione è esclusa espressamente dal dato normativo per i procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale. L’art. 6 comma 10-bis del D.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce, infatti, che “Ai procedimenti di cui ai commi 6, 7 e 9 del presente articolo, nonché all’articolo 28, non si applica quanto previsto dall’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241”, e i commi 6 e 7 si riferiscono, appunto, ai procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale.
6.2. Con un ulteriore e articolato motivo la società ricorrente deduce l’illegittimità del parere del MiC del 14/9/2022 e, in via derivata, del Decreto del MASE n. 3/2024 per difetto di motivazione, avendo gli atti stessi, in tesi, omesso di considerare elementi dirimenti ai fini del rilascio di un provvedimento favorevole di compatibilità ambientale: ciò, in relazione all’onere di motivazione rafforzata derivante dalle posizioni espresse dagli altri soggetti coinvolti nel procedimento.
6.2.1. Anche tale motivo è infondato e va respinto.
In proposito va premesso, infatti, che per principio giurisprudenziale pacifico le scelte compiute dall’Amministrazione in tema di VIA “sono scelte tecniche espressione di ampia discrezionalità; come tali non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non in casi di esito abnorme o manifestamente illogico, esito che secondo logica deve essere dimostrato da chi le contesta” (v., “ex multis”, Consiglio di Stato, n. 4199/2021, n. 1392/2017 e, da ultimo, n. 6947/2024). Dunque, se è pur vero che l’esistenza di un vincolo culturale e/o paesaggistico non può essere considerata elemento di per sé impeditivo della compatibilità ambientale, è anche vero che la valutazione operata sul punto dalla amministrazione è censurabile solo per vizi macroscopici, i quali non si ritengono presenti nel caso di specie.
Il parere reso dal Mic in data 14/9/2022, infatti, appare sorretto da una motivazione adeguata, espressa alla luce di una istruttoria approfondita anche in ragione delle posizioni espresse dalle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento (e, in particolare, dalla Soprintendenza SABAP della Città metropolitana di Cagliari e Province di Oristano e Sud Sardegna).
Nello specifico, in riferimento alla carenza di motivazione circa l’inidoneità dell’area ai sensi dell’art. 20 comma 8 del D.lgs. n. 199/2021 si rileva che la motivazione stessa risulta essere stata integrata in ottemperanza a quanto statuito con la sentenza di questo Tribunale n. 22/2024.
Quanto, poi, all’onere di motivazione rafforzata, lo stesso nel caso di specie ben può dirsi assolto in quanto, in realtà, come emerge dalla lettura del parere stesso, il MiC – Soprintendenza speciale PNRR ha preso in considerazione i pareri precedentemente espressi dalla Soprintendenza SABAP e dalla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC dichiarando, tuttavia, motivatamente, alla luce della normativa vigente e delle esigenze di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di non condividerli per quanto attiene alle parti di progetto interessate dai vincoli medesimi. Vincoli che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, come risulta in atti non lambivano “marginalmente” l’area progettuale ma la coinvolgevano per circa un terzo della sua estensione.
Ciò vale anche in relazione alla motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione del progetto, dal momento che il predetto parere del MiC, attraverso il richiamo della normativa pertinente, mostra di aver tenuto in considerazione il “favor” legislativo per la massima diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili, ed è alla luce di tale normativa che ha espresso la propria valutazione in ordine al progetto presentato dalla società ricorrente, esprimendo parere contrario per quella parte di progetto che rappresentava l’esigenza di tutelare altrettanti interessi pubblici relativi alla protezione del patrimonio culturale e del paesaggio. Dunque, alcuna omissione motivazionale può essere censurata.
6.3. La ricorrente ha, infine, criticato le valutazioni di merito espresse nel parere istruttorio del Ministero della Cultura – Soprintendenza speciale PNRR deducendo violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004, violazione del principio di legalità, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere per illogicità e irrazionalità dell’azione amministrativa, violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del d.m. 10.9.2010, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e della direttiva n. 2009/28/CE.
6.3.1. Osserva preliminarmente il Collegio che la giurisprudenza ha da tempo evidenziato che il sindacato giurisdizionale amministrativo sugli apprezzamenti tecnici dell’Amministrazione può ben svolgersi attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni compiute da quest’ultima, sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo. Tuttavia, la giurisprudenza ha anche precisato che il controllo del Giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto “ab extrinseco”, nei limiti cioè della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità dell’azione amministrativa. Soprattutto, tale verifica giudiziale non può essere finalizzata alla sostituzione dell’Amministrazione emanante nelle valutazioni compiute (cfr. negli esatti termini, Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175, dal p. 3.; Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871).
Fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, in sede di giurisdizione generale di legittimità può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (Cons. Stato, Sez. VI, 27 maggio 2021, n. 4096; Sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145; Sez. VI, 16 giugno 2020, n. 3885; Sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Sez. VI, 24 agosto 2018, n. 5049; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21.03.2022, n. 269 e, più di recente, TAR Lazio III^ 31.1.2023 n° 1749).
6.3.2. Nel caso di specie, tuttavia, l’operato dell’Amministrazione appare immune da tali evidenti aporie logiche, da travisamenti fattuali o deficit istruttori, non potendo la funzione giurisdizionale estendersi fino ad operare – giova forse ribadirlo – un vaglio sostitutivo degli apprezzamenti tecnici effettuati dall’amministrazione a ciò preposta.
Il Collegio ritiene a tale proposito sufficiente osservare che la Soprintendenza PNRR, nell’ambito dell’esplicazione delle proprie prerogative tutorie ha preso posizione in modo esplicito sulle varie questioni sollevate, evidenziando che l’incidenza dell’intervento proposto sulle fasce di tutela paesaggistica rappresentava elemento idoneo a compromettere gli standard di salvaguardia paesaggistica dell’area, andandosi a sostituire a tale contesto naturale la realizzazione di opere a carattere industriale, così violando i vincoli di cui all’art. 142 comma 1 lett. c) del D.Lgs n° 42 del 2004 e all’art. 17, comma 3, lett. h) delle norme tecniche di attuazione del PPR.
L’organo tutorio ha, inoltre, espressamente formulato un giudizio di non condivisione in merito alla posizione assunta dalla Commissione Tecnica PNRR-PNEC nel parere n° 37 del 3 agosto 2022, articolando sul punto compiute argomentazioni corredate anche da planimetrie e documentazione fotografica (v. da pag. 26 del parere 14.9.2022) che rendono, sul punto, il giudizio espresso immune da profili evidenti di inattendibilità e irragionevolezza.
Le superiori considerazioni valgono anche a confutare gli ulteriori specifici profili di censura afferenti alla affermata compatibilità del progetto rispetto al Piano Paesaggistico Regionale e al fatto che il sito in cui è prevista la realizzazione del campo fotovoltaico risulterebbe estraneo ad aree sottoposte a specifici vincoli di protezione ambientale, collocandosi al di fuori del loro perimetro di definizione;
La Soprintendenza ha anche evidenziato, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, che le aree interessate dal progetto sono ancora utilizzate pienamente con funzione agricolo – agroforestale “con campi che si distendono in maglie regolari tra i diversi rami dell’infrastruttura idraulica, ovvero allo stato ancora naturale, benché inserite da molti decenni nella Zona Industriale di Macchiareddu”, regolata urbanisticamente dallo specifico Piano Regolatore Territoriale dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari non adeguato al Piano Paesaggistico Regionale e dunque governato da strumenti di pianificazione che non considerano i livelli di tutela paesaggistica definiti dal D.Lgs 42/2004.
6.3.3. In definitiva, il quadro sopra delineato offre evidenza della legittimità e correttezza dell’operato delle amministrazioni resistenti che hanno concluso formulando una pronuncia di compatibilità ambientale parzialmente sfavorevole alla società ricorrente.
Le questioni vagliate sopra sono idonee ad esaurire la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: “ex plurimis”, per le affermazioni più risalenti, v. Cass. civ., Sez. II, 22.3.1995, n. 3260, e per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16.5.2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19.1.2022, n. 339, Cons. Stato Sez. II, Sent. 14-10-2022, n. 8778), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sul punto, non pare superfluo richiamare anche il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente a supportare l’intero provvedimento, con il corollario che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l’eventuale illegittimità di queste altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento” (cfr., “ex plurimis”, C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104; id., 27 ottobre 2022, n. 9161; id., 11 ottobre 2019, n. 6928; Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63; id., 26 ottobre 2022, n. 9128; Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341; id., 12 settembre 2022, n. 7927; id. 17 agosto 2022, n. 7165; Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791; id., 3 marzo 2022, n. 1529; Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157; id., 18 febbraio 2020, n. 1240).
7. Per tutte le suesposte considerazioni il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, mentre i motivi aggiunti si rivelano infondati e dunque meritevoli di reiezione.
8. Nondimeno, la particolare complessità della vicenda induce il Collegio a compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Marco Buricelli, Presidente
Gabriele Serra, Primo Referendario
Roberto Montixi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Roberto Montixi | Marco Buricelli | |
IL SEGRETARIO
pubblicata l’1 ottobre 2024
(foto S.D., archivio GrIG)