La rivoluzione green è quella cosa affascinante che trasformerà i terreni agricoli, le macchie, i boschi in centrali di produzione energetica da fonte rinnovabile per fornire energia alle industrie che produrranno cibo sintetico.
Sparisce la fauna selvatica, di fatto non si coltiva più.
Non è ancora realtà, ma è proprio un pericolo incombente.
E’ qui che vogliamo finire?
Chi l’ha democraticamente deciso? Pare nessuno.
Eppure, la Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023).
Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria, qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.
E questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 318 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023).
Noi del GrIG non siamo per niente d’accordo.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
(foto da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)