Reporter Senza Frontiere, l’organizzazione non governativa nota per la promozione e la difesa della libertà di informazione e la libertà di stampa, ha più volte criticato le autorità russe per le pratiche censorie nei confronti dei media e dei giornalisti, sottoposti a giudizio «in base a leggi draconiane formulate in modo vago e spesso adottate in tutta fretta». In un articolo del 15 marzo, l’ONG descrive come il Cremlino abbia imposto la censura nei confronti dei dissidenti impedendo ai cittadini l’accesso a fonti attendibili, arrivando a definire «finte» le recenti elezioni presidenziali («bogus presidential election»).
Dal 22 aprile, le autorità russe hanno bloccato l’accesso al sito dell’organizzazione. Quest’ultima è accusata dai media allineati al Cremlino di ricevere finanziamenti dai servizi segreti americani per valutare negativamente il Paese, senza alcuna prova. La Russia risulta al 164° posto su 180 Paesi nel World Press Freedom Index 2023 di Reporter Senza Frontiere.
La risposta dell’Organizzazione
«L’unico “crimine” di RSF è quello di aver attirato l’attenzione del mondo sugli abusi del governo russo contro i giornalisti in Russia e Ucraina, sulla loro sistematica censura sui media e sull’apparato di propaganda statale». Questa è la risposta di Giovanna Cavelier, responsabile Europa orientale di RSF, pubblicata nel sito dell’ONG denunciando l’abuso russo: «Il blocco arbitrario del nostro sito dimostra ancora una volta che il Cremlino e la sua cricca non tollerano le critiche». Quello di RSF non è l’unico sito bloccato. Secondo l’ONG oltre 1,7 milioni di URL risulterebbero censurate in Russia, includendo quelle di dozzine di organi di stampa. Come riporta RIA Novosti, risultano bloccati anche i siti russi Polit.ru, The Mosca Post, Russian Crime e Kompromat-Group, tutti accusati di aver diffuso falsità sull’invasione in Ucraina, la stessa accusa rivolta a RSF.
La disinformazione e gli abusi contro i giornalisti nei territori occupati
Reporter Senza Frontiere aveva denunciato il «controllo sistematico dei media da parte della Russia nei territori ucraini illegalmente annessi». Il canale ucraino Union TV, creato nel 2001 per poi passare nel 2014 sotto il controllo dei filorussi dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, e il canale Lugansk 24, fondato dai separatisti, sono stati indicati dall’ONG come media che trasmettono disinformazione sulla guerra in Ucraina.
Nei territori occupati, sempre secondo RSF, i giornalisti indipendenti vengono braccati, minacciati e costretti a diffondere la propaganda del Cremlino. L’ONG riporta alcune testimonianze dei colleghi prima arrestati e poi costretti a pubblicare ogni giorno «tre ‘articoli’ pubblicati dall’agenzia di stampa LNR». La giornalista di Kharkiv “Olena” – nome di fantasia per tutelare la sua sicurezza – racconta a RSF di come le truppe russe erano entrate a casa sua per poi prelevarla e portarla via in macchina coprendole gli occhi con una mascherina chirurgica. Trattata come una criminale, si ritrovò in cella con alcuni colleghi arrestati nei giorni precedenti. A “Olena” vennero proposte tre scelte: la prigione, la deportazione o la collaborazione. A un altro suo collega le scelte erano ben diverse: o collaborava o finiva in prigione o condannato a morte. Dopo un periodo di “collaborazione”, di fatto forzata ed controllata, “Olena” è riuscita a scappare rischiando la propria vita.
Le “scuole di propaganda”
Secondo RSF, solo i media che seguono la linea del Cremlino sono abilitati ad operare nei territori occupati. Inoltre, la propaganda russa organizza delle vere e proprie “scuole di propaganda” con l’obiettivo di diffondere ulteriore disinformazione su vasta scala. Come spiega sempre Giovanna Cavelier, «in mancanza di giornalisti disposti a collaborare, i nuovi organi della propaganda controllati dal Cremlino stanno cercando di reclutare i loro futuri “soldati dell’informazione” tra i giovani locali». L’obiettivo, secondo la responsabile di RSF, è quello di «integrare i territori ucraini attraverso un panorama mediatico controllato dalle autorità occupanti».
Nel raccontare l’esistenza delle “scuole di propaganda”, RSF cita un report su Alexander Malkevich, un propagandista del Cremlino vicino a Prigozhin che gestisce una “rete di fabbriche della propaganda” nei territori occupati. Si tratta della stessa persona indicata come “docente” di una scuola per “corrispondenti di guerra” che risulterebbe supportata economicamente attraverso dei fondi presidenziali russi per le “iniziative culturali”. Secondo il sito ufficiale, il progetto costerebbe oltre 9 milioni di rubli e mira a “migliorare le qualità della copertura informativa” durante il conflitto in ottica filo Cremlino: «La cultura russa, con il suo potenziale spirituale e intellettuale, è una forza unificante per il Donbass».
Nella lista dei docenti troviamo il propagandista di WarGonzo Semyon Pegov. Tra gli “ospiti” che hanno collaborato al progetto spunta il nome dell’italiano Andrea Lucidi in qualità di “corrispondente di guerra”. Lo stesso aveva pubblicizzato la sua presenza in un post Telegram del 13 aprile: «Ricevo e volentieri ripubblico il comunicato della Scuola per Corrispondenti di Guerra di Mosca. Durante la loro visita a Lugansk ho partecipato ad un incontro con i loro studenti».
Foto di copertina: articoli di RSF.
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