"Omicidio dei morti", risale al 1951 - Basterebbe solo il titolo per comprendere l'ALTA perspicacia dell'"INNOMINABILE" (odiato dai corrotti e dai venduti di ogni epoca...) non solo a livello letterario ma anche a livello di "ambiente" e oggi, diremmo, di "ambientalismo".
Ogni riga, ogni riferimento scuote la coscienza di chiunque per riportarla, trascinati per collotto, a qualsiasi genere di attualità.
Su geocites.ws è disponibile da molti anni anche la versione in inglese e francese ma, da circa un anno, grazie alle segnalazioni in branco di fascisti, leninisti, ROSSOBRUNI e fascio complottisti che imperano sui social l'algoritmo del CAZZO del più troione dei "social" ha finito col mettere al bando qualsiasi link o collegamento a capitoli o alla raccolta (perfino nelle conversazioni private).
In Italia abbiamo una vecchia esperienza delle «catastrofi che si abbattono sul paese» ed abbiamo una certa specializzazione nel «montarle».
Terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, nubifragi, epidemie... Indiscutibilmente gli effetti sono sensibili soprattutto sui popoli ad alta densità e più poveri, e se cataclismi spesso più terrificanti assai dei nostri si abbattono su tutti gli angoli della terra, non sempre tali sfavorevoli condizioni sociali coincidono con quelle geografiche e geologiche. Ma ogni popolo ed ogni paese ha le sue delizie: tifoni, siccità, maremoti, carestie, onde di caldo e di gelo ignote a noi del «giardino d'Europa»; e aprendo il giornale se ne trova immancabilmente più di una notizia, dalle Filippine alle Ande, dalla calotta glaciale ai deserti africani.
Il nostro capitalismo, come cento volte detto, ...poco importante quantitativamente, ma all'avanguardia non da oggi, in senso «qualitativo», della borghese civiltà, di cui offrì i più grandi precursori tra lo splendere del Rinascimento, ha sviluppato in modo maestro l'economia della sciagura.
Noi non ci sogniamo di spremere una lagrimuccia se i monsoni spiantano intere città sulle coste dell'Oceano Indiano, e se le sommerge nel raz de marée, il mare scatenato, da terremoti subacquei, ma per il Polesine abbiamo saputo fare arrivare elemosine da tutto il mondo.
La nostra monarchia era gloriosa per sapere accorrere non dove si danzava (Pordenone) ma dove si moriva di colera (Napoli), o sulle rovine di Reggio e Messina rase al suolo dalle scosse sismiche del 1908.
Oggi il nostro pezzettino di Presidente lo hanno portato in Sardegna e, se gli stalinisti non han detto balle, gli hanno fatte vedere squadre in azione di «lavoratori di Potemkin» che poi correvano all'altra bocca di scenario, come fanno i guerrieri dell'Aida.
Dalle acque del Po esondato non si faceva a tempo a trarre i profughi, ma ben vi si ponevano a mollo stival-gommati deputati deputatesse e ministri, dopo aver predisposto macchine da presa e microfoni per la pitoccata mondiale in grande stile.
Qui abbiamo la formula geniale: interviene lo Stato! E la stiamo applicando da buoni novant'anni. Il sinistrato italico di professione al posto della grazia di Dio e della mano della Provvidenza ha posto il contributo statale, ed è convinto che il bilancio nazionale ha limiti più vasti della misericordia del Signore.
Un buon italiano spende con gioia diecimila lire spremute dalle sue tasche per arrivare dopo mesi e mesi a «mangiarsi mille lire del governo».
E non appena in una di queste contingenze periodiche, che oggi si chiamano con termine di moda emergenze, ma che affiorano ad ogni novella stagione, si innestano le immancabili misure e provvidenze del potere centrale, una banda di non meno specializzati «sinistristi», rimboccatesi le maniche, si tuffa nella ruffianeria delle pratiche e nell'orgia degli appalti.
Con autorità, il ministro delle Finanze di turno, oggi Vanoni, sospende ogni altra funzione dello Stato e dichiara che non darà un soldo di finanza per tutte le altre «leggi speciali», perché tutti i mezzi vanno convogliati nei provvedimenti per la sciagura di attualità.
Miglior prova non si potrebbe avere che lo Stato non serve a nulla e che se la mano di Dio ci fosse, farebbe un vero regalo ai sinistrati di tutti i tipi terremotando o bancarottando questo Stato ciarlatano e dilettante.
Ma se la scempiaggine del piccolo e medio borghese rifulge al massimo quando cerca rimedio al terrore che lo gela nella tepida speranza del sussidio e dell'indennizzo largitogli dal governo, non meno insensata appare la reazione dei capoccia delle masse lavoratrici che nel disastro, essi gridano, hanno tutto perduto, e purtroppo non le loro catene.
Questi capi che si pretendono «marxisti» hanno, in queste congiunture supreme, che spezzano nel proletariato il benessere derivante dal normale sfruttamento capitalistico, una formula economica più scema ancora di quella dell'intervento di Stato. La formula è ben nota: paghino i ricchi!
Vanoni viene allora vituperato perché non ha saputo scoprire e tassare gli alti redditi.
Ma un briciolo solo di marxismo basta a stabilire come gli alti redditi allignano dove avvengono le alte distruzione, e su esse si innestano i grandi affari. La borghesia si paghi la guerra! dissero nel 1919 quei falsi pastori anziché invitare il proletariato ad abbatterla. La italica borghesia è sempre lì, e con entusiasmo investe i suoi redditi nel pagarsi guerre ed altri flagelli, che glieli riportano quadruplicati.