No alla partita Iva per le attività associative del terzo settore

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È valore sociale, non vendita. No alla partita Iva per le attività associative del Terzo settore. L’appello al Governo di Legambiente e delle associazioni del Terzo settore in Italia. 

Dal 1° gennaio 2025 le attività associative del Terzo settore saranno soggette ad Iva.
Le previsioni formulate dal Governo obbligheranno infatti gli enti a un forte e costoso aggravio burocratico tra cui, di fatto, il registratore di cassa.
Abbiamo proposto al Governo una soluzione affinché l’entrata in vigore della norma non valga ad alcune condizioni.
L’aggravio riguarderà peraltro anche i conti pubblici, perché lo Stato rischia di dover rimborsare l’eventuale Iva non recuperata dalle associazioni al momento delle erogazioni delle prestazioni mutuali, ovvero quelle rivolte ai propri soci.
Le associazioni del Terzo settore in Italia aggregano milioni di persone che organizzano nelle città e nei territori risposte ai bisogni delle comunità, alle fragilità, alle disuguaglianze. Generano relazioni e costruiscono prossimità sotto forma di spazi aperti, cultura, socialità. Sono espressione della libertà dei cittadini di associarsi per il benessere del Paese. Una libertà sancita anche dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e riconosciuta dalla Costituzione italiana.
L’Iva sulle attività mutuali sarà quindi un colpo alla stessa libertà di associazione.
Le associazioni sostengono le proprie attività sociali con l’autofinanziamento e la condivisione delle spese: equiparare tutto ciò alla vendita è falso ed offensivo perché lede l’effettivo esercizio della libera partecipazione delle persone, specie dei meno abbienti, ed equipara la solidarietà al commercio.
Associarsi e condividere le spese che si sostengono per i propri soci non è vendere.
Non chiediamo al Governo di opporsi alla procedura d’infrazione europea che ha imposto questo passaggio, ma, così come avviene ora, il riconoscimento di esclusione dall’Iva per l’associazionismo del Terzo settore per quelle attività senza diretta corrispondenza tra contributi versati dai soci e costi effettivi sostenuti. Esclusione che, va ricordato, è già prevista per altri soggetti, peraltro senza alcuna condizione particolare circa l’equilibrio tra spesa ed incasso.
Il Terzo settore e l’associazionismo contribuiscono allo sviluppo e alla coesione sociale del Paese. Per questa ragione la Corte costituzionale, valorizzando il portato della legge di riforma, ne ha riconosciuto il ruolo nella realizzazione di attività di interesse generale a favore delle persone e delle comunità.

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