Ordinanze di bonifica ambientale e obblighi di comunicazione.

3 months ago 373

Cagliari, Giorgino, scarico illecito di rifiuti

Pronuncia di rilevante interesse del Consiglio di Stato in materia di ordinanze di bonifica ambientale e obblighi di comunicazione agli interessati.

La sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 20 giugno 2024, n. 5513 ha evidenziato la necessità della comunicazione di inizio procedimento ai soggetti interessati prima dell’emanazione dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati e di bonifica ambientale (art. 192 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), in quanto costoro possono fornire un apporto potenzialmente rilevante al medesimo procedimento, in particolare riguardo il fondamentale accertamento delle responsabilità a meno che non sussista una precedente adeguata interlocuzione con il Comune territorialmente competente

Infatti, “Secondo consolidati principi giurisprudenziali, l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2021 n. 2171; sez. IV, 1 aprile 2016 n. 1301), salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune (sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1763).”.

Nemmeno può esimersi tale fase comunicativa solo per la presenza di un parallelo procedimento penale, in quanto “il fatto che i vertici della società fossero consapevoli delle indagini penali per illecito sversamento di rifiuti non assume rilevanza rispetto al parallelo ma ben diverso procedimento amministrativo finalizzato alla adozione della ordinanza di rimozione dei rifiuti, avente presupposti e finalità differenti.”.

Un procedimento di rimozione dei rifiuti e di bonifica ambientale assistito dalle necessarie garanzie.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Grosseto, scarico illecito di rifiuti

dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 23 luglio 2024

Consiglio di Stato Sez. IV n. 5513 del 20 giugno 2024
Rifiuti. Ordinanza di rimozione e comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati.

L’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti, salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune. La predetta comunicazione non può essere omessa in relazione alle prevedibili conseguenze di un procedimento penale avviato nei confronti di alcuni componenti della compagine societaria per il deposito dei rifiuti nell’area poiché il fatto che i vertici della società siano consapevoli delle indagini penali per illecito sversamento di rifiuti non assume rilevanza rispetto al parallelo ma ben diverso procedimento amministrativo finalizzato alla adozione della ordinanza di rimozione dei rifiuti, avente presupposti e finalità differenti. 

N. 05513/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00902/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 902 del 2023, proposto da –OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Peres, Alessandro Kiniger, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di –OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni, Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (Appa), non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. –OMISSIS-.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di –OMISSIS- e della Provincia Autonoma di Trento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Viste le conclusioni delle parti.

1. La società –OMISSIS- s.r.l. (di seguito nella presente decisione anche società –OMISSIS- o società) ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Provincia di Trento ha respinto il ricorso di primo grado, come integrato dai motivi aggiunti, promosso dall’odierna appellante, per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di –OMISSIS- dell’11 giugno 2021 n. 371, prot. n. 12777, recante “Ordinanza sindacale ai sensi dell’art. 90 del Testo unico provinciale sulla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e dell’art. 192 del D.lgs. 152/2006 e ingiunzione per regolarizzazione e ripristino dei luoghi presso lo stabilimento –OMISSIS- srl con sede in –OMISSIS- (TN), località –OMISSIS-” nonché delle note dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, prot. n. U516/2021/17.4-2018-274 del 17 agosto 2021, prot. n. S307/2021/17.4-2018-274 del 23 agosto 2021, prot. n. S307/2021/17.4-2018-274 del 10 settembre 2021, prot. n. S307/2021/17.4-2018-274 del 1° ottobre 2021.

2. La società appellante premette quanto segue.

2.1. Dichiara di svolgere dagli anni novanta attività di estrazione di minerali nella cava di inerti denominata “-OMISSIS- – -OMISSIS-”, ubicata nel territorio del Comune di –OMISSIS-; l’attuale titolo autorizzativo alla coltivazione è stato rilasciato alla società –OMISSIS- dal Comune di –OMISSIS-, con provvedimento prot. n. 1329 del 20 gennaio 2014; l’attività di coltivazione della cava è regolata dal Disciplinare allegato all’autorizzazione e dal Progetto di coltivazione presentato dalla società e approvato con delibera del Comitato tecnico interdisciplinare cave n. 17/2013 del 18 aprile 2013.

2.2. Nel mese di marzo 2020 il Nucleo Operativo Ecologico (‘NOE’) dei Carabinieri sottoponeva a sequestro preventivo alcuni cumuli e porzioni dell’impianto di recupero di rifiuti non pericolosi dell’appellante sito nel comune di –OMISSIS- (TN), in ragione di modalità di gestione dei rifiuti ritenute non conformi al titolo autorizzativo.

2.3. Le indagini condotte dagli Enti di controllo coinvolgevano anche la Cava –OMISSIS-, che, in data 3 marzo 2020, era oggetto di sopralluogo da parte del Servizio Industria, Ricerca e Minerario della Provincia Autonoma di Trento, su delega del Nucleo Operativo Ecologico; a ciò seguiva il sequestro preventivo di parte della Cava e, più precisamente, dell’impianto di vagliatura, dell’impianto di frantumazione a servizio della cava, nonché di una “porzione della CAVA –OMISSIS- di –OMISSIS- utilizzata per stoccare i rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo della superficie di circa 1.000 mc”.

In sintesi, si contestava alla società di aver conferito nella Cava –OMISSIS- materiali provenienti dall’impianto di –OMISSIS-, senza che questi fossero stati sottoposti ad operazioni di recupero “o/e attraverso certificazioni fittizie, oppure in assenza di qualsiasi documento di trasporto – 3 ambientale”; tali “rifiuti”, asseritamente depositati sul ‘cumulo C1’, sarebbero poi stati lavorati nell’impianto fisso di vagliatura e frantumazione, generando 9 cumuli posti a piè di impianto (successivamente denominati ‘cumuli C6’), a loro volta “da considerarsi cumuli di rifiuti a tutti gli effetti”.

Inoltre, si contestava alla società un’erronea gestione dell’impianto di cava; l’impianto di frantumazione e vagliatura, ai sensi dell’art. 14, comma 2 della legge provinciale n. 7/2006, può sottoporre a lavorazione non solo il materiale estratto nella cava, ma anche il materiale proveniente da altre attività di coltivazione e di scavo, “purché in misura non prevalente rispetto al materiale complessivamente lavorato”. Secondo l’Ente di controllo, la società avrebbe violato tale disposizione, sottoponendo a lavorazione dal 2014 al novembre 2019 materiale esterno in modo prevalente rispetto al materiale estratto dalla cava.

Un’ulteriore irregolarità avrebbe riguardato la mancata comunicazione all’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (‘APPA’) di una modifica sostanziale del piano di utilizzo di taluni sottoprodotti; la società aveva dichiarato nel Piano di utilizzo tre siti alternativi di destinazione (Cava –OMISSIS-, l’impianto di –OMISSIS- e l’impianto di –OMISSIS-), ma avrebbe poi conferito tutto il materiale nella sola Cava –OMISSIS-; tale circostanza avrebbe fatto venir meno il “regime di favore” di sottoprodotto delle terre e rocce da scavo, declassandole a rifiuto.

2.4. Nel gennaio 2021 il NOE trasmetteva ad alcuni Enti (tra cui il Comune di –OMISSIS-) una nota in cui invitava l’Amministrazione comunale ad adottare il provvedimento di ripristino, di cui all’art. 90 del T.U.L.P.

2.5. In data 11 giugno 2021 il Comune di –OMISSIS- notificava all’odierna appellante l’ordinanza n. 371/2021, nella quale, dopo aver riportato pedissequamente il contenuto della nota del NOE, prescriveva alla società di provvedere alla “totale rimozione dei rifiuti presenti nello stabilimento di –OMISSIS- (TN), loc. –OMISSIS- e al ripristino dello stato dei luoghi”.

2.6. La società, pur senza prestare acquiescenza e comunque ferme tutte le riserve, riscontrava l’ordinanza in data 1° luglio 2021, presentando il eleri metrico complessivo delle attività di rimozione dei materiali e, successivamente, nell’agosto 2021, il Piano di campionamento dei cumuli.

2.7. La società –OMISSIS- presentava quindi ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – poi trasposto in sede giurisdizionale a seguito di opposizione presentata, ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di –OMISSIS- – deducendo i seguenti motivi:

I. Difetto istruttorio e motivazionale, il Comune di –OMISSIS- avrebbe ordinato la rimozione dei materiali presenti nella Cava, qualificandoli come rifiuti senza svolgere alcuna autonoma istruttoria a riguardo e adeguandosi pedissequamente alle valutazioni del NOE;

II. Travisamento dei fatti, falsità dei presupposti e difetto istruttorio conseguenti all’errata qualificazione dei materiali costituenti i cumuli quali rifiuti;

III. Omessa adozione della comunicazione di avvio del procedimento.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti venivano formulate nuove censure a sostegno della domanda di annullamento dell’ordinanza impugnata.

2.8. Con la sentenza impugnata il T.A.R.G. della Provincia di Trento ha respinto sia il ricorso introduttivo del giudizio che il ricorso per motivi aggiunti, condannando la società ricorrente anche al pagamento delle spese di giudizio (€ 2.500,00, oltre accessori di legge, sia in favore del Comune di –OMISSIS- che della Provincia Autonoma di Trento).

3. Con il primo motivo di appello, la società appellante deduce: error in iudicando: paragrafi II e VIII; erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto superflua la comunicazione di avvio del procedimento e insussistente il difetto istruttorio e motivazionale (violazione di legge e/o falsa applicazione in relazione agli artt. 24, 97, 111, 113 Costituzione, agli artt. 1, 3, 7 l. n. 241/1990, all’art. 90 T.U.L.P. e agli artt. 177, 183, 184 – bis, 192 d.lgs. n. 152/2006, nonché del d.P.R. 120/2017; omessa o erronea valutazione delle risultanze di causa, erroneità dei presupposti, difetto d’istruttoria e ingiustizia manifesta).

3.1.1. La società fa rilevare che l’ordinanza sindacale è stata adottata omettendo la comunicazione di avvio del procedimento, adempimento ritenuto dalla società imprescindibile al fine dell’instaurazione del contraddittorio procedimentale con gli interessati, specialmente in riferimento alle ordinanze assunte ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006.

Il giudice di primo grado ha sostenuto che tale comunicazione nei confronti della società –OMISSIS- fosse superflua e irrilevante «atteso il procedimento penale che l’ha vista coinvolta, nonché le indagini già da tempo intraprese» e quindi il fatto che la società risultasse «perfettamente consapevole ed informata dei fatti ad essa poi contestati anche amministrativamente e delle loro conseguenze».

3.1.2. La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, facendo rilevare che il fatto che la società fosse o meno informata dei fatti posti alla base del procedimento penale non comporta che fosse altrettanto informata del procedimento amministrativo volto all’emanazione dell’ordinanza ex art. 192 d.lgs. 152/2006 da parte del Comune di –OMISSIS-; la consapevolezza della esistenza di determinate contestazioni penali nei propri confronti non coinciderebbe con la consapevolezza dell’avvio di un procedimento avente un contenuto e una finalità del tutto differenti rispetto alle suddette contestazioni.

3.1.3. La sentenza impugnata si basa anche sul fatto che la società –OMISSIS- avrebbe potuto ipotizzare che le sarebbe stata indirizzata un’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, trattandosi di «un’impresa dotata di esperienza in quanto da tempo attiva nel settore delle cave, degli inerti e del loro recupero».

3.1.4. La società appellante fa rilevare che l’art. 7 della l. n. 241/1990, infatti, esonera le autorità da tale adempimento soltanto nel caso in cui «sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento».

Nel caso di specie, il sequestro preventivo risale al marzo 2020, mentre l’ordinanza sindacale è stata inviata alla società –OMISSIS- solo l’11 giugno 2021; non sussisterebbero quindi le “esigenze di celerità” che possano giustificare la mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Il provvedimento impugnato, limitandosi a riportare sic et simpliciter e tralatiziamente lo stralcio della comunicazione dei Carabinieri del gennaio 2021, non consentirebbe di ricostruire l’iter fattuale, logico e giuridico che ha condotto l’Amministrazione comunale a qualificare come rifiuti i materiali presenti nella cava; inoltre, sarebbe stata omessa qualsivoglia distinzione tra i presunti “rifiuti” provenienti da –OMISSIS-, il materiale estratto dalla cava e quello acquisito da altri cantieri e identificabile come materia prima o sottoprodotto.

3.1.5. In conclusione, la società appellante sostiene che, se avesse avuto consapevolezza dell’instaurazione di un procedimento amministrativo nei suoi confronti, avrebbe potuto far pervenire documenti e memorie volte a dimostrare la correttezza del proprio operato.

3.2. Con il secondo motivo di appello, la società appellante deduce: error in iudicando: paragrafi da III a VII e IX e X; erroneità e contraddittorietà della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado conferma l’obbligo di rimozione di materiali che (a giudizio dell’appellante) non costituiscono rifiuti (violazione e/o falsa applicazione in relazione all’art. 3 l. n. 241/1990, agli artt. 177, 183, 184-bis, 192 d.lgs. n. 152/2006, all’art. 90 TULP, agli artt. 4 e 15 del d.P.R. n. 120/2017 e all’art. 14, comma 2, l.p. n. 7 del 24 ottobre 2006; eccesso di potere nelle forme dell’ingiustizia manifesta, dello sviamento, della carenza dei presupposti, del difetto di istruttoria e di motivazione, omessa od erronea valutazione delle risultanze di causa).

3.2.1. La società appellante sostiene che non sarebbe chiaro se, con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado abbia accolto parte delle argomentazioni difensive formulate dalla società in primo grado, circoscrivendo gli effetti dell’ordinanza sindacale ai soli cumuli di rifiuti individuati con le sigle C1 e C6, o se, viceversa, le abbia rigettate in toto, qualificando come rifiuti tutti i cumuli di materiale presenti in cava.

L’incertezza sarebbe determinata, in massima sintesi, da due circostanze:

a) nella sentenza impugnata non vengono mai menzionati i cumuli C2, C3, C4, C5 e C7, rispetto ai quali anche il provvedimento comunale non sembra disporre nulla di puntuale;

b) il giudice di primo grado ha ritenuto “giustificative del provvedimento di rimozione dei rifiuti e di ripristino dei luoghi” le sole violazioni concernenti l’Autorizzazione unica territoriale disciplinante l’impianto di recupero sito ad –OMISSIS-; “irrilevanti” sono invece state valutate le asserite violazioni dell’art. 14, comma 2, legge provinciale 2006 n. 7 e dell’art. 21, d.P.R. 13 giugno 2017, n. 120.

In base alla sentenza impugnata non sarebbe chiaro quale destinazione debbano avere i cumuli di materiali per i quali (a detta dell’appellante) sarebbe esclusa la natura di rifiuto (ossia, i cumuli C2, C3, C4, C5 e C7).

Fatta questa premessa, la società denuncia, da un lato, l’errata qualificazione come rifiuto del materiale proveniente dall’impianto di –OMISSIS- e depositato sul cumulo C1, dall’altro, evidenzia la natura di sottoprodotto e non di rifiuto del materiale di cui ai cumuli C2, C3, C4, C5 e C7.

3.2.2. Alla base del provvedimento impugnato vi sarebbe la considerazione che nella cava –OMISSIS- sarebbe stato conferito e trattato materiale proveniente dall’impianto di –OMISSIS- da considerarsi rifiuto, in quanto non recuperato nei termini indicati dall’Autorizzazione unica territoriale (AUT) n. 26 del 17 gennaio 2019 né recuperabile in Cava, secondo il provvedimento autorizzativo del 20 gennaio 2014 del Comune di –OMISSIS-.

Tali conclusioni deriverebbero dalle indagini e dagli accertamenti effettuati dal Nucleo operativo Ecologico, che, nel verbale di sequestro del 3 marzo 2020, riscontrava a carico dell’odierna appellante la condotta illecita del c.d. “giro bolla”, consistente nel mancato esperimento delle operazioni di trattamento e di certificazione utili ad espletare realmente le operazioni di recupero sui rifiuti prima del loro conferimento finale quale “End of waste” (par. VII della sentenza).

Il giudice di primo grado ha ritenuto che la procedura di recupero, da eseguirsi nel rispetto delle modalità indicate nell’Autorizzazione unica territoriale, sarebbe stata violata giacché essa non prevedeva che il recupero potesse avvenire per mezzo della mera verifica visiva dei rifiuti, “bensì mediante la verifica di un eluato conforme al test di cessione secondo il metodo previsto in allegato 3 al D.M. 5 febbraio 1998 e con valori di concentrazione di inquinanti compatibili con la destinazione finale d’uso, così come stabilito dalla tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006”.

Tale verifica, oltretutto, sempre a giudizio del TAR, poteva essere eseguita “solo da chi risulta a ciò autorizzato – che non è il produttore del rifiuto bensì il titolare dell’autorizzazione – e presso l’impianto previsto: impianto che, a sua volta, non è quello di –OMISSIS- ma quello della località –OMISSIS-”.

Il materiale proveniente da –OMISSIS- avrebbe poi “contaminato” i cumuli C1 e C6, già presenti nella Cava, in quanto:

– C1 sarebbe costituito anche da materiale non correttamente recuperato ad –OMISSIS-;

– C6 (vale a dire i nove sotto-cumuli che lo compongono) si sarebbe formato a seguito di lavorazione dei materiali contenuti nel cumulo C1.

3.2.3. La società appellante sostiene di aver sempre provveduto, in conformità all’Autorizzazione unica territoriale, a sottoporre i rifiuti in ingresso ad –OMISSIS- alle necessarie attività di recupero finalizzate alla cessazione della qualifica di rifiuto (come prescritto a pagina 50 punto 2 del provvedimento autorizzativo e in conformità con il disposto di cui all’art. 184- ter d.lgs. n. 152/2006).

Sostiene inoltre che i rifiuti giungevano all’impianto di –OMISSIS- accompagnati dagli esiti analitici dei controlli effettuati dal soggetto eleri metri; le analisi, eseguite da laboratori accreditati, confermavano la natura non pericolosa, la conformità ai valori di CSC e l’assenza di scostamenti al test di cessione.

Solo a questo punto la società controllava che il materiale conferito non presentasse elementi tali da giustificare un disallineamento rispetto ai riscontri analitici in suo possesso, ponendo fine all’operazione di recupero.

In conclusione, la società appellante avrebbe agito nel rispetto della normativa in materia e in conformità all’Autorizzazione unica territoriale.

3.2.4. Nella denegata ipotesi in cui si ritenga che, alla luce della sentenza gravata, gli effetti dell’ordinanza n. 371 del Comune di –OMISSIS- si estendano anche ai cumuli C2, C3, C4, C5 e C7 la società svolge le seguenti ulteriori considerazioni.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che, configurandosi il provvedimento gravato come un atto “plurimotivato”, solo “l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili” su cui esso è fondato “può comportare l’illegittimità e il conseguente effetto annullatorio” dello stesso.

La società appellante fa rilevare che tale argomentazione, in linea teorica corretta, potrebbe essere condivisa qualora ogni violazione o contestazione mossa alla società –OMISSIS- si riferisse al medesimo oggetto. Nel caso di specie, ciascuna delle violazioni contestate presenta conseguenze differenti.

Conseguentemente, il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere “irrilevanti” le ulteriori difese formulate a riguardo dalla società –OMISSIS-.

In estrema sintesi, la società appellante sostiene che, anche a voler ritenere le modeste quantità di “rifiuti” provenienti da –OMISSIS-, e depositate sul cumulo C1, atte a giustificare l’ordine di rimozione di quest’ultimo (e al più del collegato cumulo C6), lo stesso non potrebbe dirsi rispetto a quei cumuli che nulla avrebbero a che vedere con quanto recuperato presso l’impianto di –OMISSIS-.

3.2.5. Con riguardo poi alle violazioni di cui all’art. 14, comma 2, l.p. n. 7 del 24 ottobre 2006 e all’art. 21, d.P.R. n. 120 del 13 giugno 2017, la società appellante formula le seguenti ulteriori considerazioni:

– sarebbe stata data una erronea lettura dell’art. 14 l.p. del 24 aprile 2006 n. 7, che sarebbe chiaro nel riferire la “prevalenza” della lavorazione di materiale proveniente dalla cava rispetto a quello proveniente da altre attività di coltivazione e scavo ai quantitativi complessivi lavorati («[…] purché in misura non prevalente rispetto al materiale complessivamente lavorato […]»), e pertanto la valutazione circa la prevalente lavorazione del materiale estratto dalla cava rispetto al materiale esterno avrebbe dovuto essere compiuta rispetto al periodo complessivo di coltivazione della cava (cioè, dal 2012 fino al 2032);

– l’accertamento compiuto sarebbe fondato su dati del tutto errati e in ogni caso valutati con metodi di computo non corretti; la nota dell’11 gennaio 2021, richiamata nell’ordinanza impugnata, riferisce che “dal confronto dei rilievi strumentali del sito estratto, svolti nell’anno 2012 – prodromico al rilascio del provvedimento del 2014- e nel novembre 2019, si stima che siano stati estratti complessivamente 25.000 m3”; questo valore non sarebbe corretto; dagli elaborati grafici “Rilievo eleri metrico dello stato di coltivazione cava di calcare denominata –OMISSIS- PP.F. 1373/3 e 2082/10, Comune di –OMISSIS- – tavola n. 2” derivanti da un rilievo topografico eseguito in data 5 novembre 2019 a cura del perito –OMISSIS-, risulterebbe invece che il quantitativo di materiale estratto dalla cava è pari a 31.575,18 m3;

– in ogni caso, il materiale estratto dalla cava dovrebbe essere moltiplicato per il c.d. “coefficiente di rigonfiamento” (pari a 60%), ottenendo così un quantitativo totale di volume pari a 56.679.712 m3, superiore dunque a 44.298,5 m3 (materiale proveniente da altri siti).

4. Si è costituito in giudizio il Comune di –OMISSIS-, contestando nel merito le deduzioni della società appellante.

5. Si è costituita in giudizio anche la Provincia Autonoma di Trento, sollevando eccezioni di rito e chiedendo il rigetto nel merito delle deduzioni di parte appellante.

6. All’udienza pubblica del 21 marzo 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. In via preliminare, il Collegio è chiamato ad esaminare le eccezioni di rito sollevate dalla Provincia autonoma di Trento.

7.1. Deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità formulata con riguardo alla impugnativa delle note dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, concernenti il Piano di campionamento dei rifiuti presenti nell’area estrattiva “Cava –OMISSIS-” (impugnate unitamente alla ordinanza sindacale), in quanto, come evidenziato dalla Provincia autonoma di Trento, alcuna specifica censura risulta essere stata formulata con riguardo ai predetti atti.

7.2. È infondata invece l’eccezione sollevata dalla Provincia autonoma di Trento in relazione al ricorso per motivi aggiunti formulati in primo grado, nella parte in cui la ricorrente ha sostanzialmente riproposto la censura già formulata nel secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, deducendo la necessità di applicare la percentuale di rigonfiamento del materiale estratto dalla cava nel calcolo del volume del materiale lavorato, al fine di accertare il rispetto del limite della prevalenza del materiale estratto dalla cava rispetto al materiale proveniente dall’esterno, e allegando a riguardo nuova documentazione (tabella di calcolo del volume del materiale oggetto di lavorazione – doc. 24 depositato in data 31 gennaio 2022).

Dal momento che il deposito del predetto documento, allegato al ricorso per motivi aggiunti, è comunque avvenuto nel rispetto dei termini previsti dal codice del processo amministrativo per il deposito dei documenti, non era precluso alla società ricorrente in sede di proposizione del ricorso per motivi aggiunti soffermarsi anche su censure già formulate nel ricorso introduttivo del giudizio, allegando ulteriore documentazione a sostegno della sua tesi.

8. Il ricorso in appello è fondato con riguardo alla domanda di annullamento della ordinanza sindacale impugnata.

8.1. L’art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 dopo aver stabilito, al comma 1, “L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”, dispone, al comma 3, “Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

8.2. Secondo consolidati principi giurisprudenziali, l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2021 n. 2171; sez. IV, 1 aprile 2016 n. 1301), salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune (sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1763).

8.3. Non può essere condiviso quanto sostenuto dal giudice di primo grado in ordine alla non necessità della predetta comunicazione in relazione alle prevedibili conseguenze del procedimento penale avviato nei confronti di alcuni componenti della compagine societaria per il deposito dei rifiuti nella area in questione.

Il fatto che i vertici della società fossero consapevoli delle indagini penali per illecito sversamento di rifiuti non assume rilevanza rispetto al parallelo ma ben diverso procedimento amministrativo finalizzato alla adozione della ordinanza di rimozione dei rifiuti, avente presupposti e finalità differenti.

8.4. L’omessa partecipazione procedimentale si rivela tanto più rilevante, in quanto, come evidenziato dalla società appellante, sulla base del provvedimento impugnato, non si comprende se l’ordine di rimozione dei rifiuti riguardi solo i cumuli C1 e C6 (relativi al materiale che avrebbe dovuto essere preventivamente recuperato presso l’impianto di –OMISSIS-) o se riguardi anche i cumuli C2, C3, C4, C5 e C7, rispetto ai quali non sembra venire in rilievo una qualificazione degli stessi in termini di rifiuto, quanto piuttosto la violazione delle prescrizioni relative alla gestione della cava e alla relativa normativa (segnatamente con riguardo alla percentuale del materiale estratto dalla cava, oggetto di lavorazione, rispetto al materiale proveniente dall’esterno).

La sua partecipazione nella fase procedimentale avrebbe consentito alla società di far valere le proprie ragioni sia con riguardo alla composizione dei cumuli C1 e C6, sia con riguardo alla estensione dell’oggetto della ordinanza anche ai cumuli C2, C3, C4, C5 e C7, rispetto ai quali non è chiara la qualificazione come rifiuti dei materiali che vi sono depositati.

L’ordinanza impugnata deve quindi ritenersi viziata in relazione alla dedotta violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento, e per eccesso di potere, in relazione al dedotto difetto di motivazione e di istruttoria.

8.5. Né il predetto vizio istruttorio può ritenersi superato per effetto dei pareri dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, in quanto, in primo luogo detti pareri sono successivi alla ordinanza sindacale impugnata, e, in secondo luogo, come evidenziato dalla Provincia autonoma di Trento nella memoria depositata in data 19 febbraio 2024: “I pareri di APPA non recano una rinnovazione dell’accertamento della natura giuridica di quanto depositato da –OMISSIS- nei cumuli situati presso cava –OMISSIS-, né recano una rinnovazione del contenuto ordinatorio del provvedimento comunale impugnato” (pag. 20)

9. In conclusione, per le ragioni sopra indicate, assorbita ogni altra censura, il ricorso in appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, deve essere annullata l’ordinanza del Sindaco del Comune di –OMISSIS- dell’11 giugno 2021 n. 371, facendo, tuttavia, salvi i successivi provvedimenti della amministrazione comunale finalizzati alla bonifica dell’area.

Non può invece essere accolta la domanda di annullamento delle note dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, concernenti il Piano di campionamento dei rifiuti presenti nell’area estrattiva “Cava –OMISSIS-” (impugnate unitamente alla ordinanza sindacale), in quanto, come sopra evidenziato, la società ricorrente (odierna appellante) non ha formulato alcuna specifica censura rispetto alle predette note.

10. La valutazione complessiva della fattispecie dedotta in giudizio e l’accoglimento parziale della domanda di annullamento proposta dalla società giustificano l’equa compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, annulla l’ordinanza del Sindaco del Comune di –OMISSIS- dell’11 giugno 2021 n. 371, facendo, tuttavia, salvi i successivi provvedimenti della amministrazione comunale finalizzati alla bonifica dell’area.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento della denominazione nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSOREIL PRESIDENTE
Paolo MarottaGerardo Mastrandrea
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

pubblicata il 20 giugno 2024

S. S. n. 195, scarico illecito di rifiuti ai margini di una piazzola di sosta

(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)

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