Lo sosteniamo da sempre e lo afferma chiaramente anche la giurisprudenza, il paesaggio è rappresentazione concreta, tangibile, dell’identità nazionale.
Nel nostro Ordinamento emerge in piena luce fin dall’art. 9, comma 2°, Cost., quando dichiara che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”: paesaggio e beni culturali contribuiscono a individuare l’identità dell’Italia, nelle varie parti del territorio nazionale.
La sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2023, n. 2559 ha ben disegnato nella realtà sul piano giuridico la grande portata della tutela paesaggistica (oggi disciplinata nel decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) per la salvaguardia della stessa identità del territorio italiano.
Afferma il massimo Organo di Giustizia amministrativa: “come i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia siano considerati aree tutelate per legge ex art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, rientrando, quindi, nella categoria dei beni paesaggistici di cui all’art. 136 del medesimo articolato normativo. La scelta legislativa assegna, quindi, protezione giuridica ai territori costieri, preservandoli da possibili lesioni esteriori che possano intaccare non solo la dimensione naturalistica ma, altresì, collettiva e identitaria che caratterizza le coste. Deve, infatti, considerarsi come il percorso normativo in tema di tutela dei beni paesaggistici muova da una concezione relazionale delle ragioni del valore culturale cui la tutela è funzionale. Il paesaggio non è, infatti, considerato nella sua dimensione strettamente territoriale e indifferenziata, ma, dando continuità alla matrice dell’accezione storicistica di paesaggio (manifesta nei lavori preparatori della L. n. 1497/1939 e nella L. n. 733/1922), nell’essere ‘rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali’ (art. 131, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004). Il paesaggio ha, quindi, un immanente valore culturale che emerge, del resto, dalla stessa disposizione di cui all’art. 9, comma 2, della Costituzione, ove l’espressione ‘della Nazione’, figura – come notato in dottrina – come specificazione speculare, connotativa sia in relazione al patrimonio storico e artistico che al paesaggio”.
Nel caso di specie, si inquadrano “anche le coste alle quali … la previsione di cui all’art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, assegna quel valore culturale immanente alla nozione giuridica di paesaggio e che … costituisce, al contempo, la ragione fondante e il parametro della tutela. Il valore culturale del paesaggio costiero si afferma non soltanto in ragione del dato di natura (che in sé risulterebbe tutelabile mediante strumenti diversi, calibrati sugli aspetti ambientali e naturali), ma in considerazione della valenza identitaria che le coste assumono, quali parti della ‘forma’ del Paese e testimonianze materiali della storia millenaria di una penisola che ha avuto nelle proprie coste il crocevia delle partenze, dei ritorni e degli approdi degli uomini e delle civiltà che hanno concorso a determinare l’identità della Nazione italiana”.
Un orientamento giurisprudenziale di estremo rilievo non solo per la salvaguardia del paesaggio, ma delle stessa identità del Bel Paese.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 19 aprile 2023
Consiglio di Stato Sez. VI n. 2559 del 10 marzo 2023
Beni ambientali. Territori costieri.
I territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia siano considerati aree tutelate per legge ex art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, rientrando, quindi, nella categoria dei beni paesaggistici di cui all’art. 136 del medesimo articolato normativo. La scelta legislativa assegna, quindi, protezione giuridica ai territori costieri, preservandoli da possibili lesioni esteriori che possano intaccare non solo la dimensione naturalistica ma, altresì, collettiva e identitaria che caratterizza le coste. Deve, infatti, considerarsi come il percorso normativo in tema di tutela dei beni paesaggistici muova da una concezione relazionale delle ragioni del valore culturale cui la tutela è funzionale. Il paesaggio non è, infatti, considerato nella sua dimensione strettamente territoriale e indifferenziata, ma, dando continuità alla matrice dell’accezione storicistica di paesaggio (manifesta nei lavori preparatori della L. n. 1497/1939 e nella L. n. 733/1922), nell’essere “rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali” (art. 131, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004). Il paesaggio ha, quindi, un immanente valore culturale che emerge, del resto, dalla stessa disposizione di cui all’art. 9, comma 2, della Costituzione, ove l’espressione “della Nazione”, figura – come notato in dottrina – come specificazione speculare, connotativa sia in relazione al patrimonio storico e artistico che al paesaggio. In queste coordinate generali si ascrivono, pertanto, anche le coste alle quali, come spiegato, la previsione di cui all’art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, assegna quel valore culturale immanente alla nozione giuridica di paesaggio e che, come evidenziato supra, costituisce, al contempo, la ragione fondante e il parametro della tutela. Il valore culturale del paesaggio costiero si afferma non soltanto in ragione del dato di natura (che in sé risulterebbe tutelabile mediante strumenti diversi, calibrati sugli aspetti ambientali e naturali), ma in considerazione della valenza identitaria che le coste assumono, quali parti della “forma” del Paese e testimonianze materiali della storia millenaria di una penisola che ha avuto nelle proprie coste il crocevia delle partenze, dei ritorni e degli approdi degli uomini e delle civiltà che hanno concorso a determinare l’identità della Nazione italiana.
N. 02559/2023 REG.PROV.COLL.
N. 07803/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7803 del 2017, proposto da:
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato, i cui uffici sono ubicati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Edilsavi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luciano Martucci e Mario Menzione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Brindisi, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – sede di Lecce (Sezione Prima) n. 00769/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Edilsavi s.r.l.;
Vista l’ordinanza n. 5348/2017 della Sezione che respinge l’istanza cautelare formulata da parte appellante;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2023 il Consigliere Lorenzo Cordì;
Lette le conclusioni rassegnate dalle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero della Cultura e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto appellavano la sentenza n. 769 del 2017, con la quale il T.A.R. per la Puglia – sede di Lecce (Sezione Prima) ha accolto il ricorso proposto da Edilsavi s.r.l. avverso: i) il provvedimento autorizzativo unico rilasciato dal Comune di Brindisi, Settore Urbanistica – SUAP n. 4/2016 del 13 giugno 2016, prot. n. 49317; ii) l’autorizzazione paesaggistica a firma del Responsabile del procedimento del Comune di Brindisi n. 25/2016 del 13 giugno 2016, prot. gen. n. 49117; iii) il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza belle arti e paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto del 10 giugno 2016, prot. n. 0008753.
2. In punto di fatto le Amministrazioni deducevano che la Edilsavi s.r.l. era divenuta proprietaria di una porzione di terreno ubicata nel territorio del Comune di Brindisi, località Betlemme. L’immobile era di proprietà della CRAL che aveva ivi realizzato uno stabilimento balneare. Tale stabilimento era stato interessato da lavori di ristrutturazione, assentiti con permesso di costruire n. 160/2014, preceduto dall’autorizzazione paesaggistica del 1.4.2011. I lavori di ristrutturazione erano avviati da Edilsavi s.r.l. che era stata, altresì, autorizzata a subentrare nella titolarità della concessione demaniale, con determinazione n. 20129 del 9.3.2016.
2.1. Con istanza del 7.1.2016 la Edilsavi s.r.l. aveva richiesto l’autorizzazione a realizzare alcune varianti al progetto originario consistenti nella realizzazione: i) di 36 cabine in luogo delle originarie 55, aventi ciascuna una superficie di mq. 2,56 e un’altezza di metri 2,20, per un totale di 104,37 mq.; ii) di due coperture rettangolari interamente aperte sui lati di mq. 50,58 e altezza di 2,20 m. ciascuna, per un totale di mq. 101,16; iii) di due gazebo, di cui uno con destinazione bar di mq. 47,85 e l’altro “pista coperta” di mq. 99,35; iv) di un blocco per locale igienico sanitario di mq. 36,86 e altezza m. 2,90 (suddiviso in un disimpegno comune, tre wc donne con disimpegno, tre wc uomini con disimpegno e un wc disabili); v) di un blocco per locale infermeria e ufficio, entrambi di mq. 16,97 e altezza m. 2,90, per un totale di mq. 33,95; vi) di un blocco “area preparazione piatti”, con predisposizione per una cappa di aspirazione, e bagno-spogliatoio per il personale, di mq. 36,86 e altezza m. 2,90; vii) di un deposito dei serbatoi dell’acqua di mq. 17,78 e altezza pari a m. 2,60; viii) di un’area attrezzata a parcheggio per n. 56 posti auto.
2.1.1. La variante aveva previsto che: i) i manufatti indicati al precedente punto fossero posizionati nell’area attrezzata su una piattaforma sopraelevata dal terreno con struttura portante in legno di abete, munita di scale e una rampa per disabili, con le quali raggiungere la spiaggia; ii) si sarebbe realizzata una pavimentazione in legno levigato antiscivolo e trattato con impregnante protettivo, mentre i camminamenti sarebbero stati posizionati sul terreno; iii) si sarebbero posizionati i gazebi in legno di forma ottagonale da adibire a bar e a pista coperta nella zona centrale della piattaforma ed il bar sarebbe stato dotato di un bancone attrezzato per la somministrazione verso l’esterno di alimenti e bevande; iv) si sarebbero realizzate delle chiusure in vetro per le strutture ospitanti il bar e la pista coperta, finalizzate alla protezione delle attrezzature interne; v) le cabine – originariamente posizionate nella parte centrale ai lati della pista coperta – sarebbero state trasformate in strutture aperte; vi) sarebbero state eliminate solo le pareti di tamponamento, conservando i pilastri, le travi e la copertura della struttura originaria; vii) sarebbero state ridimensionate le cabine restanti dei due corpi laterali esterni, incrementandone, tuttavia, il numero al fine di sopperire a quelle trasformate in strutture aperte nella zona centrale; viii) sarebbero stati realizzati altri manufatti e, in particolare, un manufatto di due vani a beneficio del vicino bar, organizzato per la preparazione dei piatti, un manufatto destinato ad infermeria con funzione di primo soccorso, e un manufatto destinato ad ufficio; ix) sarebbe stato realizzato il gruppo dei servizi igienici, raggruppati in un unico blocco di forma rettangolare.
2.2. Ricevuta l’istanza sopra indicata, il Comune di Brindisi ha acquisito il parere della Commissione locale per il paesaggio e, successivamente, ha inoltrato la documentazione alla Soprintendenza competente per il parere di cui all’art. 142, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004. L’articolazione amministrativa statale ha richiesto chiarimenti in ordine alla stabilità delle strutture e ha rilasciato parere favorevole con prescrizioni, imponendo, in particolare, la rimozione dei manufatti a fine stagione.
2.3. Con determina n. 25/2016 il Comune di Brindisi ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica, conformandosi alle prescrizioni della Soprintendenza, e, successivamente il provvedimento autorizzativo unico n. 4/2016.
3. Edilsavi s.r.l. ha, quindi, proposto ricorso al T.A.R. per la Puglia – sede di Lecce deducendo l’illegittimità dei provvedimenti impugnati nella parte in cui hanno imposto la rimozione delle opere a fine stagione, ritenendo tale limitazione possibile, ai sensi della previsione di cui all’art. 11 della L.r. della Puglia n. 17/2015, solo in caso di specifiche esigenze di protezione ambientale, non contemplate dai provvedimenti autorizzativi. In secondo luogo, Edilsavi s.r.l. ha dedotto il contrasto della prescrizione con la regola di cui all’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 evidenziando come l’Amministrazione avesse valutato le opere compatibili con la normativa edilizia ed urbanistica e con il contesto paesaggistico ma avrebbe, poi, imposto la rimozione durante il periodo invernale.
5. Il T.A.R. per la Puglia – sede di Lecce ha accolto il ricorso ritenendo fondata la censura riguardante la previsione di necessaria temporaneità dei manufatti autorizzati, evidenziando come la L.r. della Puglia n. 17/2015 consentisse il mantenimento per tutta la stagione delle strutture facilmente amovibili e come la giurisprudenza del Tribunale avesse evidenziato che le disposizioni del nuovo P.P.T.R. non contenessero disposizioni volte ad imporre la rimozione delle attrezzatura, terminata la stagione; di conseguenza, gli enti preposti alla tutela paesaggistica ed ambientale avrebbero dovuto supportare l’imposizione di un simile obbligo con l’indicazione di esigenze “di protezione dell’ambiente diverse ed ulteriori rispetto a quelle ritenute compatibili con l’esistenza dell’impianto nel periodo balneare”.
6. Le Amministrazioni appellanti hanno censurato la sentenza di primo grado, articolando due motivi di ricorso in appello.
6.1. Con il primo motivo (rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 4, della legge 17/06 della Regione Puglia e dell’art. 45 delle N.T.A. del P.P.T.R. della Regione Puglia”) le appellanti hanno dedotto l’erroneità della sentenza per violazione delle previsioni di cui all’art. 11, comma 4, della L.r. della Puglia, n. 17/2006 e di cui all’art. 45 delle N.T.A. del P.P.T.R. che, nel consentire unicamente l’installazione di strutture facilmente rimovibili e funzionali allo svolgimento di attività commerciali connesse alla balneazione, dovevano interpretarsi come volte a consentire la permanenza delle strutture solo durante la stagione balneare. In particolare, secondo le appellanti, la previsione di cui all’art. 45 delle N.T.A. del P.P.T.R., nella parte in cui prevede la possibilità di realizzare manufatti di facile amovibilità per la balneazione, doveva interpretarsi alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 232/1998, e tenendo conto del pregio paesaggistico delle zone costiere del Salento.
6.2 Con il secondo motivo di appello (rubricato: “Violazione dell’art. 146 comma 7 dell’art. 3 della legge 241/1990”) le Amministrazioni appellanti hanno dedotto l’erroneità del capo di sentenza con il quale il Giudice di primo grado ha ravvisato un difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, rilevando come la normativa in materia (esposta nel primo motivo) consentisse esclusivamente di mantenere la struttura durante la stagione balneare trattandosi di area sottoposta a vincolo.
7. Si è costituita in giudizio la Edisavi s.r.l. depositando, altresì, memoria difensiva con la quale ha eccepito l’inammissibilità dell’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado e, comunque, l’infondatezza dei motivi di ricorso in appello.
8. Con ordinanza n. 5348/2017 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare ritenendola non sorretta da periculum in mora.
9. In vista dell’udienza pubblica del 2.2.2023 Edilsavi ha depositato documenti formati dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e, in particolare, le autorizzazioni delle S.I.A.E. per eventi organizzati nella stagione invernali, i registri I.V.A. dei corrispettivi, dei corrispettivi degli eventi e delle vendite, e, in ultimo, le locandine degli eventi realizzati. L’appellata ha depositato, inoltre, memoria difensiva finale. All’udienza del 2.2.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
10. I motivi di ricorso in appello possono esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi.
11. La disamina delle questioni all’attenzione del Collegio impone la preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento anche in ordine alle evoluzioni della legislazione regionale in materia.
11.1. A tal fine si osserva come la disposizione di cui all’art. 11, comma 4-bis, della L.r. della Puglia n. 17/2006 (inserita all’art. 42 della L.r. della Puglia n. 10/2007) aveva previsto che “il mantenimento per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attività turistico-ricreativa e già autorizzate per il mantenimento stagionale, [fosse] consentito anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica”. Tale disposizione era inserita nel più ampio contesto della Legge regionale n. 17/2006, volta a disciplinare, ex aliis, l’esercizio delle funzioni amministrative connesse alla gestione del demanio marittimo e a regolare gli adempimenti ed il procedimento per il rilascio, il rinnovo e la variazione delle concessioni di aree o beni del demanio medesimo. In particolare, la disposizione di cui all’art. 11, comma 4, del medesimo articolato normativo aveva previsto: “La gestione di stabilimenti balneari e di altre strutture connesse alle attività turistiche ricadenti su aree demaniali regolarmente concesse è consentita per l’intero anno, al fine di svolgere attività collaterali alla balneazione, con facoltà di mantenere le opere assentite, ancorché precarie, qualora, prima della scadenza della concessione, sia stata prodotta regolare istanza di rinnovo e, comunque, sino alle relative determinazioni dell’autorità competente”.
11.2. Successivamente la disposizione di cui all’art. 11, comma 4-bis, della L.r. in esame era stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzione con sentenza n. 232/2008, per violazione della previsione di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in relazione alla disposizione di cui all’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004. A sostegno della declaratoria di illegittimità la Corte aveva evidenziato che: i) la disposizione di cui all’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio imponeva il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica nei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia e tale autorizzazione costituiva “atto autonomo da valere come presupposto rispetto al permesso di costruire e agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”; ii) la disposizione regionale consentiva il mantenimento delle opere precarie in questione, oltre il periodo autorizzato in relazione alla durata della stagione balneare, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica; iii) tale regola doveva ritenersi in contrasto con il principio secondo il quale la tutela ambientale e paesaggistica (avente ad oggetto un bene complesso ed unitario) costituisce un valore primario e assoluto, e rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato; iv) tale principio non era ostativo alla possibilità che leggi regionali, emanate nell’esercizio della potestà concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, o di quella residuale di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione, potessero assumere tra i propri scopi anche indirette finalità di tutela ambientale, ma non consentiva, tuttavia, l’introduzione di deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale, nel cui ambito doveva essere annoverata l’autorizzazione paesaggistica.
11.3. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale la Regione Puglia ha introdotto nel corpo dell’articolo 11 le regole di cui ai commi: i) 4-ter, a mente della quale “a parziale modifica dell’articolo 3.07.4, punto 4.1, lett. b, del piano urbanistico territoriale tematico (PUTT) paesaggio, approvato con delibera di Giunta regionale n. 1748 del 15 dicembre 2000, tutte le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno”; ii) 4-quater, a mente della quale “la rimozione delle strutture di cui al comma 4 ter avviene alla scadenza dell’atto concessorio, se non rinnovato, ovvero anche anticipatamente per sopravvenute esigenze di tutela ambientale”; iii) 4-quinquies, a mente della quale “i soggetti interessati devono munirsi preventivamente del nulla-osta dell’autorità competente in materia”; iv) 4-sexies, a mente della quale “in fase di prima applicazione le autorizzazioni di durata stagionale, rilasciate secondo le procedure della previgente prescrizione del PUTT paesaggio, si intendono uniformate al dettato della […] norma” in esame.
11.4. Le legge regionale n. 17/2006 è stata, successivamente, abrogata dalla disposizione di cui all’art. 18 della L.r. della Puglia n. 17/2015. Al posto delle disposizioni in precedenza indicate, la Regione ha introdotto la regola (attualmente vigente) contenuta all’interno dell’art. 8, comma 5, della L.r. della Puglia n. 17/2015, secondo la quale “ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare”.
11.5. La normativa regionale è completata dalle previsioni della delibera di Giunta regionale n. 176/2015 che ha approvato il Piano Paesaggistico territoriale della Regione Puglia. Assumono, in particolare, rilievo le previsioni di cui all’art. 45, comma 2, del P.P.T.R., le quali, nei territori costieri e contermini ai laghi, vietano piani, progetti e interventi che comportano: “a1) realizzazione di qualsiasi nuova opera edilizia, fatta eccezione per le opere finalizzate al recupero/ripristino dei valori paesistico/ambientali; a2) mutamenti di destinazione d’uso di edifici esistenti per insediare attività produttive industriali e della grande distribuzione commerciale; a3) realizzazione di recinzioni che riducano l’accessibilità alla costa e la sua fruibilità visiva e l’apertura di nuovi accessi al mare che danneggino le formazioni naturali rocciose o dunali; a4) trasformazione del suolo che non utilizzi materiali e tecniche costruttive che garantiscano permeabilità; a5) escavazione delle sabbie se non all’interno di un organico progetto di sistemazione ambientale; a6) realizzazione e ampliamento di grandi impianti per la depurazione delle acque reflue, di impianti per lo smaltimento e recupero dei rifiuti, fatta eccezione per quanto previsto al comma 3; a7) realizzazione e ampliamento di impianti per la produzione di energia, fatta eccezione per gli interventi indicati nella parte seconda dell’elaborato del PPTR4.4.1 – Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile; a8) realizzazione di nuovi tracciati viari, fatta eccezione per quanto previsto al comma 3; a9) nuove attività estrattive e ampliamenti; a10) eliminazione dei complessi vegetazionali naturali che caratterizzano il paesaggio costiero o lacuale”. Inoltre, la previsione di cui all’art. 45, comma 3, del Piano consente, fatta salva la procedura di autorizzazione paesaggistica, nel rispetto degli obiettivi di qualità e delle normative d’uso, nonché degli atti di governo del territorio vigenti ove più restrittivi, la realizzazione “di attrezzature di facile amovibilità per la balneazione e altre attività connesse al tempo libero, che non compromettano gli elementi naturali e non riducano la fruibilità ed accessibilità dei territori costieri e di quelli contermini ai laghi, che siano realizzate con materiali ecocompatibili, senza utilizzo di materiali cementati di qualsiasi genere e fondazioni nel sottosuolo, nel rispetto delle specifiche norme di settore e purché siano installate senza alterare la morfologia dei luoghi”.
12. Ricostruito il quadro normativo di riferimento il Collegio osserva come la disposizione di cui all’art. 8, comma 5, della L.r. della Puglia n. 17/2015 (secondo la quale “ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare”) debba interpretarsi alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 232/2008 (che, come visto, ha inciso sulle normative previgente) e delle regole contenute nel P.P.T.R. della Puglia.
12.1. La sentenza della Corte Costituzionale non si limita, infatti, a richiamare la regola sulla competenza esclusiva statale di cui all’art., comma 2, lettera s), della Costituzione, ma evidenzia sia la rilevanza primaria e assoluta della tutela ambientale e paesaggistica sia i limiti di possibili interventi normativi regionali che possono assumere tra i propri scopi anche indirette finalità di tutela ambientale, ma non sono abilitati a introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale. Tale principio è, ancora di recente, ribadito dalla Corte Costituzionale in relazione alla disposizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), della L.r. della Sardegna n. 3/2020, che, nel modificare la previsione di cui all’art. 43 della L.r. della Sardegna n. 8/2015, aveva previsto la possibilità di posizionare sulle spiagge strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo per l’intero anno solare. Nel dichiarare tale previsione illegittima la Corte ribadisce la necessità di una valutazione paesaggistica (non prevista dalla Legge regionale della Sardegna), aggiungendo, inoltre, come l’assenza di una tale valutazione possa “determinare uno sfruttamento delle coste che svilirebbe le loro bellezze naturali”. Secondo la Corte, in assenza del controllo periodico delle autorità paesaggistiche preposte alla tutela del vincolo, la legge regionale che permette di posizionare, per tutto l’anno, le strutture turistico-ricreative, può produrre un danneggiamento, indiscriminato, del valore preminente connaturato al litus maris.
12.2. Le indicazioni della giurisprudenza di legittimità costituzionale possono, ulteriormente, svilupparsi avendo riguardo al significato della tutela paesaggistica e alle peculiarità dei territori costieri che costituiscono i beni oggetto di tutela.
12.3. Osserva, infatti, il Collegio come i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia siano considerati aree tutelate per legge ex art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, rientrando, quindi, nella categoria dei beni paesaggistici di cui all’art. 136 del medesimo articolato normativo. La scelta legislativa assegna, quindi, protezione giuridica ai territori costieri, preservandoli da possibili lesioni esteriori che possano intaccare non solo la dimensione naturalistica ma, altresì, collettiva e identitaria che caratterizza le coste. Deve, infatti, considerarsi come il percorso normativo in tema di tutela dei beni paesaggistici muova da una concezione relazionale delle ragioni del valore culturale cui la tutela è funzionale. Il paesaggio non è, infatti, considerato nella sua dimensione strettamente territoriale e indifferenziata, ma, dando continuità alla matrice dell’accezione storicistica di paesaggio (manifesta nei lavori preparatori della L. n. 1497/1939 e nella L. n. 733/1922), nell’essere “rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali” (art. 131, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004). Il paesaggio ha, quindi, un immanente valore culturale che emerge, del resto, dalla stessa disposizione di cui all’art. 9, comma 2, della Costituzione, ove l’espressione “della Nazione”, figura – come notato in dottrina – come specificazione speculare, connotativa sia in relazione al patrimonio storico e artistico che al paesaggio.
12.4. In queste coordinate generali si ascrivono, pertanto, anche le coste alle quali, come spiegato, la previsione di cui all’art. 142, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, assegna quel valore culturale immanente alla nozione giuridica di paesaggio e che, come evidenziato supra, costituisce, al contempo, la ragione fondante e il parametro della tutela. Il valore culturale del paesaggio costiero si afferma non soltanto in ragione del dato di natura (che in sé risulterebbe tutelabile mediante strumenti diversi, calibrati sugli aspetti ambientali e naturali), ma in considerazione della valenza identitaria che le coste assumono, quali parti della “forma” del Paese e testimonianze materiali della storia millenaria di una penisola che ha avuto nelle proprie coste il crocevia delle partenze, dei ritorni e degli approdi degli uomini e delle civiltà che hanno concorso a determinare l’identità della Nazione italiana.
12.5. All’interno di questa cornice (composta dalle ragioni della tutela e dai tasselli del valore culturale che i paesaggi costieri esprimono) devono inserirsi le tematiche oggetto della controversia all’attenzione del Collegio. Il tema relativo all’utilizzo della costa per esigenze legate alla balneazione non può, infatti, esulare da tale cornice dalla quale, al contrario, si estraggono i principi necessari per la disamina e decisione delle questioni sub observatione.
12.6. Osserva, quindi, il Collegio come l’inserimento di strutture funzionali alla balneazione costituisca una modalità di utilizzo del bene paesaggistico che non può, tuttavia, tradursi nella deprivazione del valore naturalistico e culturale che deve essere preservato in modo prioritario. La conservazione della dimensione naturale e identitaria della costa costituisce, quindi, l’esigenza primaria con la quale devono coniugarsi le possibilità di sfruttamento per ragioni turistiche e ricreative, che sono, tuttavia, da considerarsi secondarie nel quadro assiologico che discende dalla Costituzione e dalle considerazioni in precedenza esposte. In quest’ottica la realizzazione di strutture funzionali alla balneazione costituisce un’eccezione rispetto alla primaria necessità di conservazione del sostrato materiale che si offre alla percezione umana, e che, ordinariamente, può ammettersi solo laddove temporalmente limitata alla specifica stagione della balneazione. In sostanza, l’ordinamento ammette la realizzazione di tali strutture (che realizzano, comunque, l’interesse sociale ed economico ad una certa modalità di fruizione della spiaggia) ma l’interpretazione delle regole che abilitano simile possibilità non può non tener conto di come la stessa riguardi un bene paesaggistico che, pertanto, deve essere “restituito” nella sua dimensione naturale ed identitaria una volta che la stagione balneare sia terminata.
13. La conclusione raggiunta sul piano dei principi trova ulteriore conferma nelle specifiche regole in materia che, alla luce di tali principi, devono interpretarsi ed applicarsi. In particolare, la previsione di cui all’art. 8, comma 5, della L.r. della Puglia n. 17/2015 (secondo la quale “ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare”), lungi dall’imporre – quale regola ordinaria – il mantenimento delle strutture per l’intero anno solare, deve, piuttosto, ritenersi eccezione limitata ai casi in cui tale possibilità non incida sulle ragioni del paesaggio costiero, come in precedenza delineate. Deve, infatti, considerarsi come la concezione relazionale del valore culturale del paesaggio che permea il sistema normativo vigente si articoli in plurime direzioni, con diversità di intensità e di sfumature. In sostanza, i beni paesaggistici costieri (come gli altri beni paesaggistici), pur nell’unitaria valenza culturale e identitaria che l’ordinamento riconosce loro, possono esprimere peculiari valori in ragione, ad esempio, delle particolari qualità naturalistiche del luogo, del costituire lo stesso oggetto di rappresentazione pittorica o letteraria, o teatro di vicende storiche o di un determinato ambiente socio-economico e del suo evolversi nel tempo. In simili situazioni, l’esigenza di giuridificazione del valore da preservare risulta, chiaramente, più accentuata e, conseguentemente, le concrete misure di tutela risultano particolarmente stringenti. In altri casi, al contrario, le caratteristiche del concreto paesaggio costiero potrebbero risultare tali da richiedere una tutela meno intensa. Ed è in relazione a tali situazioni che può ipotizzarsi l’applicazione della regola in esame, operante, in ogni caso, solo a seguito di una valutazione concreta da parte dell’Autorità competente in materia che apprezzi la compatibilità di un simile utilizzo della costa per periodi ulteriori rispetto alla stagione balneare ove il valore paesaggistico possa non risultare, in tal modo, alterato.
13.1. Alla luce di tali considerazioni deve rovesciarsi l’interpretazione della regola formulata dal Giudice di primo grado che intravvede nella stessa una previsione di portata generale e ordinaria, volta a consentire la permanenza delle strutture per l’intero anno solare e che, invece, è da ritenersi eccezione all’obbligo di rimozione che, come esposto, restituisce al bene costiero la propria dimensione naturale e identitaria. Ciò vale, a fortiori, nel caso di specie atteso che non è revocabile in dubbio il particolare pregio paesaggistico dell’area costiera salentina che, pertanto, deve essere conservata nel suo aspetto naturale e inedificato, una volta che siano cessate le esigenze connesse alla stagione balneare.
13.2. Né una diversa conclusione può affermarsi in ragione della circostanza che l’ordinanza balneare della Regione Puglia del 2015 (menzionata nella nota comunale del 10.3.2005) fissa la durata della stagione balneare nell’intero anno solare. Occorre, infatti, considerare come simile indicazione provenga, comunque, da fonte inidonea a derogare ai superiori principi e alle sovraordinate regole che governano l’assetto dei beni paesaggistici costieri. Inoltre, non può il Collegio esimersi dall’osservare come tale indicazione costituisca una finzione sostanzialmente strumentale al mantenimento delle strutture, non potendosi ritenere che una stagione come quella balneare possa dipanarsi anche nei mesi invernali ed essendo, quindi, volta a perseguire finalità diverse da quelle propriamente connesse alla balneazione. Si tratta, quindi, di finalità ulteriori che realizzano un ulteriore sfruttamento dei paesaggi costieri ma che, come tali, non possono anch’esse che ritenersi secondarie rispetto alla primaria esigenza di conservazione e tutela impressa dall’ordinamento.
14. Ulteriori conferme all’interpretazione del sistema sin qui compiuta si rinvengono nelle regole contenute nel P.P.T.R. della Puglia. La disciplina contenuta all’interno dell’art. 45, comma 2, di tale strumento vieta, in primo luogo, la possibilità di realizzare piani, progetti o interventi che comportino la creazione di nuove opere edilizie nelle zone costiere, imponendo, quindi, il mantenimento dei caratteri naturali delle stesse. Sono, invece, possibili interventi diversi, fatta salva la procedura di autorizzazione paesaggistica e nel rispetto degli obiettivi di qualità e delle normative d’uso. Tra questi vi sono gli interventi che consistono nella realizzazione “di attrezzature di facile amovibilità per la balneazione e altre attività connesse al tempo libero, che non compromettano gli elementi naturali e non riducano la fruibilità ed accessibilità dei territori costieri e di quelli contermini ai laghi, che siano realizzate con materiali ecocompatibili, senza utilizzo di materiali cementati di qualsiasi genere e fondazioni nel sottosuolo, nel rispetto delle specifiche norme di settore e purché siano installate senza alterare la morfologia dei luoghi”.
14.1. Dalle regole del P.P.T.R. della Puglia si evince come la realizzazione di opere edilizie nelle coste sia, quindi, preclusa. Sono consentite soltanto strutture per la balneazione e il tempo libero ma deve trattarsi di attrezzature di facile amovibilità e con le caratteristiche sopra indicate e sulle quali ci si soffermerà nel prosieguo (v., infra, punto 15.1). In sostanza la previsione detta due limiti. In primo luogo, le strutture devono essere funzionali alla balneazione e al tempo libero; prescrizione che si traduce nell’impossibilità di realizzare opere con finalità diverse da quello indicato. Inoltre, le attrezzature devono essere facilmente amovibili e tale indicazione deve ritenersi funzionale all’agevole ripristino della naturalità della costa che, come spiegato, è il bene primario che la normativa intende tutelare. Pertanto, la regola racchiusa all’interno del P.P.T.R. deve ritenersi volta ad abilitare esclusivamente la realizzazione di attrezzature temporalmente limitate alla sola stagione balneare, e destinate ad essere rimosse una volta che tale stagione sia conclusa e, quindi, l’interesse secondario allo sfruttamento del paesaggio costiero in tale periodo dell’anno sia venuto meno, rispandendosi integralmente l’interesse primario al mantenimento dell’assetto naturale della costa.
15. Declinando quanto esposto al caso di specie, può, quindi, osservarsi come la prescrizione imposta dalla Soprintendenza non sia altro che la corretta applicazione dei principi e delle regole (anche di fondamento costituzionale) che tutelano e presidiano i paesaggi costieri, imponendo il mantenimento del loro assetto naturale al termine della stagione balneare. In quanto applicazione del sistema delineato, la prescrizione della Soprintendenza non necessitava di alcuna ulteriore motivazione tenuto conto anche del particolare pregio della costa salentina in ragione del quale deve escludersi la possibilità di un’applicazione ordinaria e generale della facoltà concessa dalla previsione di cui all’art. 8, comma 5, della L.r. della Puglia n. 17/2015. Infatti, come spiegato in precedenza, simile regola può trovare spazi applicativi solo laddove l’esigenza di giuridificazione del valore da preservare risulti, per le concrete caratteristiche del tratto costiero, meno pregnante. Pertanto, è solo in tali ipotesi che occorre una istruttoria e una motivazione analitica da parte della Soprintendenza la quale dovrà evidenziare le ragioni per le quali un determinato tratto costiero possa non essere restituito al proprio assetto naturale e possa, quindi, giustificarsi il mantenimento di strutture oltre il periodo della balneazione.
15.1. La legittimità della prescrizione della Soprintendenza non è neppure revocabile in dubbio evidenziando come la stessa abbia ritenuto le opere finalizzate alla balneazione compatibili con il contesto paesaggistico di riferimento. Si tratta, infatti, di due aspetti distinti, come si evince dalla regola contenuta all’interno dell’art. 45, comma 3, del P.P.T.R. della Puglia. La limitazione temporale mira a garantire che la compressione del valore primario sia limitata nel tempo, garantendo il ripristino della vocazione naturale e culturale del paesaggio costiero terminate le esigenze della stagione balneare. La valutazione di compatibilità delle opere mira, invece, a garantire che tali attrezzature, per quanto temporanee alla stagione balneare, non alterino, nel tempo in cui sono installate, il contesto paesaggistico di riferimento. Non è, quindi, asseribile una interferenza delle due valutazioni che comporti il venir meno della limitazione temporale per effetto del giudizio di compatibilità. Al contrario, la pur sussistenza di una compatibilità non elide la necessità di rimuovere le opere consentendo al bene di riacquisire il suo assetto naturale.
16. Alla luce delle considerazioni svolte l’appello delle Amministrazioni statali deve essere accolto e, pertanto, deve respingersi il ricorso introduttivo del giudizio, in riforma della sentenza del T.A.R. per la Puglia – sede di Lecce.
17. Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere eccezionalmente compensate tenuto conto della complessità delle questioni esaminate e della sussistenza di orientamenti giurisprudenziali di segno difforme.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo del giudizio.
Compensa tra le parti le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Lorenzo Cordi’, Consigliere, Estensore
Giovanni Gallone, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Lorenzo Cordi’ | Giancarlo Montedoro | |
IL SEGRETARIO
pubblicata il 10 marzo 2023
(foto E.R., S.D., archivio GrIG)