Riceviamo e pubblichiamo queto contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
L’esercito israeliano prepara l’assalto a Rafah!
(italiano – english)
Dai Giovani palestinesi d’Italia ci giunge questo grido di allarme e di lotta che immediatamente socializziamo:
ORDINE DI ESPULSIONE DEI PALESTINESI RIFUGIATI A RAFAH
Questa mattina l’esercito sionista ha ordinato l’evacuazione delle aree orientali di Rafah, l’ultima città nel Sud della Striscia di Gaza, la città più sovraffollata al mondo in questo momento, designata come “zona sicura” finora nonostante i bombardamenti continui. Circa 1,5 milioni di civili palestinesi sono rifugiati lì. L’esercito ha avvertito i residenti tramite volantini lanciati da aerei militari di spostarsi verso altre zone di Gaza. Si stima che circa 100.000 persone vivano nella parte orientale di Rafah.
Nei volantini, l’esercito ha indicato che sta preparando un’operazione militare contro la Resistenza nella zona. Questo ordine di evacuazione potrebbe essere la fase preparatoria per l’invasione della città, finora l’unica non invasa via terra, pianificata da settimane dal governo israeliano ma posticipata più volte a causa della pressione internazionale, causata dalla paura occidentale di perdere l’Egitto, contrario all’invasione delle zone vicine ai suoi confini, come partner strategico.
Le organizzazioni internazionali e gli alleati dei sionisti, inclusi gli Stati Uniti, si sono costantemente opposti all’invasione di Rafah a causa delle minacce dell’Egitto di ritirarsi dagli accordi siglati con l’entità sionista.
IL MONDO E’ COMPLICE. NON PERDONEREMO MAI.
Facciamo nostro questo grido d’allarme pieno di rabbia.
Non abbiamo mai dato particolare credito alla trattativa, resi sospettosi dal furbo battage propagandistico che si era orchestrato intorno ad essa (“Tutto dipende da Hamas”, “Se davvero Hamas ha a cuore le sorti della popolazione di Gaza”, “L’ala politica di Hamas è pronta all’accordo, ma Sinwar si oppone”, etc.), salvo poi “scoprire” che per la banda di Netanyahu l’assalto a Rafah, secondo atto del genocidio, non è mai stato in discussione. In sostanza, le forze della Resistenza avrebbero dovuto riconsegnare quasi tutti i prigionieri ancora vivi nelle loro mani per avere “in cambio”, con certezza, cosa? L’assalto a Rafah, solo posticipato di qualche decina di giorni. Forse posticipato, visto che lo stato di Israele non ha rispettato una sola delle sue promesse, certo com’è al 100% della sua impunità.
Avevamo, invece, preso sul serio – isolati, ma per niente intimiditi dal nostro isolamento – un altro scambio promesso da Washington&Co. a Tel Aviv : quello tra la fine delle tensioni tra Israele e Iran e il via libera alla distruzione di Rafah, magari non espresso in modo ufficiale – cosa importa? Ci permettiamo, perciò, di riprendere la conclusione politica, e operativa, della nostra analisi di qualche giorno fa:
“Per il momento Israele ha accettato di mettere il freno in direzione Teheran. Ma, in “compenso”, scalpita per portare a termine l’operazione-genocidio attaccando Rafah con lo stesso metodo sterminista con cui ha distrutto Gaza e Khan Younis, onde poter dimostrare di essere “invincibile” e di aver “sradicato Hamas”. Costi quel che costi.
“Se l’attacco a Rafah è stato finora posticipato, non si deve certo alle remore “umanitarie” di Washington o delle capitali europee, bensì al fatto che inevitabilmente, sferrandolo, il governo Netanyahu entrerà in attrito anche con l’Egitto, che teme come la peste lo sconfinamento in massa dei palestinesi nella zona contigua a Rafah – una zona fortemente depressa sul piano economico e rancorosa verso il potere centrale egiziano perché i progetti di infrastrutture sono bloccati e tutto il denaro disponibile va da tempo alle zone turistiche del sud. Con il risultato che è stata la zona di insediamento principale, se non unica, dell’Isis negli anni passati, e con l’arrivo di una massa di profughi palestinesi diverrebbe una polveriera. Ma la banda Netanyahu è pronta ad ogni avventura pur di imporre quella che sogna essere “la soluzione finale” della questione palestinese, sicura di poter trascinare dietro di sé, comunque vada, i suoi storici protettori e complici. E abbastanza sicura di non dover temere più di tanto l’azione di Teheran, se si terrà lontana dagli interessi vitali iraniani, tra i quali non c’è la liberazione della Palestina per mano della resistenza palestinese.
“Ancora una volta il solo elemento di freno alla prosecuzione del genocidio è dato dalla forza del movimento mondiale di solidarietà con la Palestina, che in questi ultimi giorni è stato particolarmente attivo nelle università statunitensi denunciando la totale copertura data da Biden&Co. al genocidio (Trump, da parte sua, ha già garantito che sarà ancor più determinato di Biden in questo) – una contestazione a cui hanno partecipato gruppi studenteschi e associazioni di ebrei anti-sionisti. Ed è sempre la forza, ancora limitata ma quanto mai reale, di questo movimento – unita a quella della resistenza palestinese – a non consentire alla Corte penale internazionale di insabbiare il procedimento aperto nei confronti degli assassini seriali che governano lo stato israeliano, e a spingerla addirittura a ventilare un possibile mandato di arresto per Netanyahu, Gallant e Halevi.
“Ecco perché l’imperativo politico del momento è raddoppiare gli sforzi per rilanciare ovunque la mobilitazione di piazza per impedire l’attacco a Rafah e imporre il cessate il fuoco definitivo nella striscia di Gaza.
“Abbiamo ascoltato attentamente l’ultimo messaggio (che circola in rete) del comandante delle Brigate al Qassam, Abu Ubaydah. Se si mette tra parentesi il suo linguaggio religioso, il suo contenuto politico è una rivendicazione integrale ed orgogliosa, giustamente orgogliosa, della forza che la resistenza palestinese ha mostrato e continua a mostrare nello scontro con l’esercito “nazista” e “sadico” degli “invasori” che con la sua furia di “vendetta cieca, indiscriminata, distruttiva” sta sfigurando definitivamente la sua immagine davanti al mondo, mostrando la sua totale estraneità alla terra che pretende di occupare per sempre. Nello stesso tempo, più che in altri precedenti messaggi, dopo un accenno al “tradimento” (non specificato, ma evidentemente di forze ritenute amiche), c’è un appello alle “masse, alle nazioni, alle forze della nostra grande nazione [un riferimento che può avere un doppio significato: arabo e “islamico” – n.] e ai popoli liberi del mondo ovunque essi siano”, che non è nuovo, ma ci pare formulato con particolare intensità. Forse l’ala combattente sul campo di Hamas si rende conto che le speranze che ha riposto sugli “stati amici” sono stritolate dalla realpolitik di questi regimi borghesi, disposti a sacrificare la causa palestinese ai loro interessi di potenza. Per cui, mentre il tradimento di lunga data dei regimi arabi si riconferma in pieno (in Egitto chi manifesta a sostegno dei palestinesi viene arrestato!), e così pure l’irriducibile ostilità alla causa palestinese di tutto l’establishment occidentale, ad impedire il genocidio a Rafah pianificato dai sionisti non resta che la forza delle masse oppresse del mondo arabo e “islamico” e di tutto il mondo.
“Non siamo in grado di valutare se sono autentiche oppure no quelle che la stampa mainstream presenta come le “ultime proposte” dell’ala politica di Hamas: cinque anni di tregua in cambio dello stato palestinese. Ma siamo certi di un fatto: oggi più che mai la causa della resistenza e della liberazione palestinese è la causa della resistenza e della liberazione degli oppressi e degli sfruttati di tutto il mondo – e il nemico da battere, per il popolo palestinese e per noi che ne sosteniamo da sempre la lotta di liberazione nazionale e sociale, è anzitutto e prima di tutto la “comunità” degli sfruttatori e degli oppressori sionisti e occidentali. Ma senza farsi alcuna illusione su quell’altra genia di profittatori che a Teheran, a Pechino, a Damasco, e forse anche a Mosca, storica alleata di Israele, conta di potersi ingrassare con il sacrificio e il sangue dei palestinesi. Basterà dire che prima Mosca (con Lavrov) e poi Pechino hanno convocato a rapporto Hamas e gli altri gruppi della resistenza per costringerli a riappacificarsi con i collaborazionisti con Israele dell’ANP: che grandi amici della causa palestinese!”
Nota: Proprio mentre pubblichiamo questo post, viene resa nota l’accettazione da parte di Hamas (nella persona di Haniyeh) della proposta di cessate il fuoco formulata da Egitto-Qatar, ma contemporaneamente il Times of Israel rende noto che il governo Netanyahu respinge la proposta. Staremo a vedere. In ogni caso le considerazioni da noi svolte restano fondate: per impedire l’assalto a Rafah, per imporre un cessate il fuoco definitivo, la fine di questo genocidio, si tratta comunque di intensificare ovunque nel mondo le iniziative a sostegno del popolo e della resistenza palestinese!
Note: Exactly when we were publishing this post, Hamas (in the person of Haniyeh) has accepted the Egyptian-Qatar ceasefire proposal, but at the same time the Times of Israel reports that the Netanyahu government rejects the proposal. We’ll see. In any case, our considerations remain well founded: in order to prevent the assault on Rafah, to impose a definitive ceasefire, an end to this genocide, it is in any case a matter of intensifying the efforts in support of the Palestinian people and the Palestinian resistance.
The Zionist army prepares the assault on Rafah!
From the Palestinian Youth of Italy we hear this cry of alarm and struggle that we immediately socialize:
ORDER FOR THE EXPULSION OF PALESTINIAN REFUGEES IN RAFAH
This morning the Zionist army ordered the evacuation of the eastern areas of Rafah, the last city in the southern Gaza Strip, the most overcrowded city in the world right now, designated as a “safe zone” so far despite continuous shellings. About 1.5 million Palestinian civilians have taken refuge there. The army warned residents through leaflets dropped by military planes to move to other areas of Gaza. An estimated 100,000 people live in eastern Rafah.
In the leaflets, the army indicated that it is preparing a military operation against the Resistance in the area. This evacuation order could be the preparatory phase for the invasion of the city, so far the only one not invaded by land, planned for weeks by the Israeli government but postponed several times due to international pressure, caused by the Western fear of losing Egypt, opposed to the invasion of areas near its borders, as a strategic partner.
International organizations and allies of the Zionists, including the United States, have consistently opposed the invasion of Rafah due to Egypt’s threats to withdraw from the agreements signed with the Zionist entity.
THE WORLD IS COMPLICIT. WE WILL NEVER FORGIVE.
Let us make this angry cry of alarm our own. We never gave particular credence to the negotiations, made suspicious by the clever propaganda campaign that had been orchestrated around it (“Everything depends on Hamas”, “If Hamas really cares about the fate of the people of Gaza”, “The political wing of Hamas is ready for an agreement, but Sinwar opposes it”, etc.), only to “discover” that for Netanyahu’s gang the assault on Rafah, the second act of genocide, was never in question. In essence, the Resistance forces would have to return almost all the prisoners still alive to their hands in order to get “in exchange”, with certainty, what? The assault on Rafah, only postponed for a few dozen days. Perhaps postponed, since the state of Israel has not fulfilled a single one of its promises, certain as it is 100% of its impunity.
Instead, we had taken seriously – isolated, but not at all intimidated by our isolation – another exchange promised by Washington & Co. to Tel Aviv: the one between the end of tensions between Israel and Iran and the green light for the destruction of Rafah, perhaps not officially expressed – what does it matter? We therefore take the liberty of repeating the political and operational conclusion of our analysis of a few days ago:
“For the time being, Israel has agreed to put the brakes on Tehran. But, on the ‘other hand’, he is eager to carry out the genocide operation by attacking Rafah with the same exterminating method with which he destroyed Gaza and Khan Younis, in order to prove that he is ‘invincible’ and that he has ‘eradicated Hamas’. Whatever the cost. If the attack on Rafah has so far been postponed, it is certainly not due to the ‘humanitarian’ qualms of Washington or European capitals, but to the fact that inevitably, by launching it, the Netanyahu government will also enter into friction with Egypt, which fears like the plague the mass encroachment of Palestinians into the area adjacent to Rafah – an area strongly depressed on an economic level and resentful towards the Egyptian central power because infrastructure projects are blocked and all the money available has been going to tourist areas in the south for a long time. As a result, it has been the main, if not the only, settlement area of Isis in the past years, and with the arrival of a mass of Palestinian refugees it would become a powder keg. But the Netanyahu gang is ready to take any adventure to impose what it dreams of being ‘the final solution’ to the Palestinian question, confident that it can drag behind it, whatever happens, its historical protectors and accomplices. And quite sure that it doesn’t have to fear Tehran’s action too much if it stays away from Iran’s vital interests, which do not include the liberation of Palestine at the hands of the Palestinian resistance.
“Once again, the only element holding back the continuation of the genocide is the strength of the global movement of solidarity with Palestine, which in recent days has been particularly active in U.S. universities denouncing the total cover-up given by Biden &. Co. to the genocide (Trump, for his part, has already guaranteed that he will be even more determined than Biden in this) – a protest in which student groups and anti-Zionist Jewish associations have participated. And it is always the strength, still limited but very real, of this movement – combined, needless to say, with the fundamental strength of the Palestinian resistance – that does not allow the International Criminal Court to cover up the proceedings opened against the serial killers who govern the Israeli state, and even pushes it to ventilate a possible arrest warrant for Netanyahu, Gallant and Halevi.
“That is why the political imperative of the moment is to redouble efforts to relaunch the mobilization of the streets everywhere to prevent the attack on Rafah and impose a definitive ceasefire in the Gaza Strip.
“We have listened carefully to the latest message (circulating on the net) from the commander of the al Qassam Brigades, Abu Ubaydah. If we put its religious language in parentheses, its political content is an integral and proud vindication, rightly proud, of the strength that the Palestinian resistance has shown and continues to show in the clash with the “Nazi” and “sadistic” army of the “invaders” that with its fury of “blind, indiscriminate, destructive revenge” is definitively disfiguring his image in front of the world, showing his total estrangement from the land he claims to occupy forever. At the same time, more than in other previous messages, after a reference to “betrayal” [not specified, but evidently of forces considered friendly – n.], there is an appeal to the “masses, to the nations, to the forces of our great nation [a reference that can have a double meaning: Arabic and “Islamic” – n.] and to the free peoples of the world, wherever they may be,” which is not new, but seems to us to be formulated with particular intensity. Perhaps the fighting wing on the ground of Hamas realizes that the hopes it has placed on “friendly states” are crushed by the realpolitik of these bourgeois regimes, willing to sacrifice the Palestinian cause to their own power interests. So, while the long-standing betrayal of the Arab regimes is fully confirmed (in Egypt those who demonstrate in support of the Palestinians are arrested!), as well as the irreducible hostility to the Palestinian cause of the entire Western establishment, the only thing that remains to prevent the genocide in Rafah planned by the Zionists is the strength of the oppressed masses of the Arab and “Islamic” world and of the whole world.
“We are not in a position to assess whether or not what the mainstream press presents as the “latest proposals” of the political wing of Hamas: a five-year truce in exchange for Palestinian statehood are authentic or not. But we are certain of one fact: today more than ever the cause of Palestinian resistance and liberation is the cause of the resistance and liberation of the oppressed and exploited all over the world – and the enemy to be defeated, for the Palestinian people and for us who have always supported their struggle for national and social liberation, is first and foremost the “community” of Zionist and Western exploiters and oppressors. But without having any illusions about that other breed of profiteers who in Tehran, Beijing, Damascus, and perhaps even in Moscow, Israel’s historic ally, count on being able to fatten themselves with the sacrifice and blood of the Palestinians. Suffice it to say that first Moscow (with Lavrov) and then Beijing summoned Hamas and other resistance groups to report to force them to make peace with the Abu Mazen PA’s collaborators with Israel: what great friends of the Palestinian cause!”
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