Ha generato non poca confusione una revisione sistematica pubblicata dalla Cochrane Library il 30 gennaio scorso riguardante le mascherine e la loro utilità nell’arginare la diffusione del nuovo Coronavirus. «Non ci sono prove che le maschere facciano la differenza, punto e basta», ha affermato in una intervista Tom Jefferson, principale autore del paper. Presto le conclusioni di questa pubblicazione scientifica sono state commentate in due articoli di opinione del New York Times e del Washington Post, suscitando critiche da parte di diversi esperti (per esempio qui, qui e qui), visti anche i pesanti limiti della review in questione, che comincia a venire riportato in maniera scorretta nelle condivisioni Facebook nostrane (per esempio qui).
Per chi ha fretta:
- I ricercatori della Cochrane Library hanno condotto una revisione sistematica di 78 studi sull’utilizzo delle mascherine nel prevenire la diffusione delle malattie respiratorie.
- L’analisi è parte di un contesto in cui sono stati esaminati diversi interventi di prevenzione.
- I limiti degli studi presi in esame non consentono ai ricercatori di stabilire con certezza l’efficacia delle mascherine, tanto meno del lavarsi le mani.
- La stessa editor di Cochrane si è scusata, in un comunicato del 10 marzo 2023, per le errate formulazioni della review che hanno fornito altrettante errate interpretazioni.
Analisi
I ricercatori hanno esaminato 78 studi controllati randomizzati (sei condotti durante la pandemia di Covid-19) per un totale di oltre 600 mila persone coinvolte; inclusi 12 studi che confrontavano l’utilizzo o meno di mascherine chirurgiche nel prevenire la diffusione di malattie respiratorie virali, concludendo che «indossare maschere nella comunità probabilmente fa poca o nessuna differenza per l’esito della malattia simil-influenzale». Risultati analoghi sono stati ottenuti confrontando con le N95/P2. Nelle loro conclusioni i ricercatori sostengono che non sia ancora possibile trarre conclusioni definitive sugli effetti dell’uso delle mascherine a causa dell’alto rischio di bias negli studi e della variazione nella misurazione dei risultati. Questa incertezza si deve anche alla relativa scarsità di studi controllati randomizzati in merito durante la pandemia, specialmente negli anziani e nei bambini. I risultati a disposizione non dimostrato – secondo gli autori – una chiara riduzione delle infezioni virali respiratorie né una chiara differenza tra l’uso di mascherine medico/chirurgiche e le N95/P2 negli operatori sanitari.
L’interpretazione su Tom Jefferson
Se la revisione della Cochrane sta facendo scalpore a quasi un mese dalla pubblicazione, è soprattutto a causa delle affermazioni senza mezzi termini rilasciate da Jefferson in una intervista. Sugli studi precedenti che hanno portato a imporre da parte dei governi l’uso delle mascherine, l’epidemiologo ha affermato che «Erano convinti da studi non randomizzati, studi osservazionali imperfetti». Sulla stessa possibilità teorica, che dovrebbe mettere tali dispositivi a fianco ad altre misure, come il distanziamento sociale e lavarsi le mani frequentemente, Jefferson è lapidario: «Non ci sono prove che molte di queste cose facciano la differenza».
Ecco quanto riportato da Bret Stephens sul New York Times (nella sezione “Opinions“), commentando le affermazioni di Jefferson:
Quando si tratta dei vantaggi delle mascherine a livello di popolazione, il verdetto è: l’obbligo di indossare le mascherine sono stati un fallimento. Quegli scettici che sono stati furiosamente derisi come eccentrici e occasionalmente censurati come “disinformatori” […] avevano ragione. Gli esperti […] tradizionali che hanno sostenuto tali provvedimenti si sbagliavano. In un mondo migliore, sarebbe opportuno che quest’ultimo gruppo riconoscesse il proprio errore, insieme ai suoi notevoli costi fisici, psicologici, pedagogici e politici.
La revisione non dimostra che è sbagliato usare le mascherine
Nelle loro conclusioni i ricercatori sostengono, sulla base degli studi da loro valutati, che «non siamo sicuri se indossare mascherine o respiratori N95/P2 aiuti a rallentare la diffusione dei virus respiratori». Questa insicurezza non implica che sia stata smentita l’utilità delle mascherine, al massimo può essere indice della difficoltà di misurare l’impatto, isolandolo rispetto ad altre misure di contenimento, come il già citato distanziamento sociale, la sanificazione dei locali, eccetera.
Bisogna dunque fare molta attenzione alla domanda che si pone. La revisione della Cochrane non dimostra che sia sbagliato usare le mascherine. «Nel complesso, questa review non mi tocca in un modo o nell’altro perché non c’è abbastanza per me per credere davvero che ci siano prove che dimostrano che le maschere non funzionino» – ha spiegato Peter Chin-Hong, professore di medicina presso l’Università della California a Health – «Il pubblico non dovrebbe usarla come un’affermazione definitiva che le maschere non funzionino».
Parliamo di un lavoro con numerosi limiti. Tanto per cominciare buona parte degli studi esaminati sono stati condotti prima della pandemia; in numerosi casi trattati l’uso della mascherina era altalenante o scorretto. «Sarebbe sbagliato concludere dalla recensione che tutti dovrebbero smettere indossare le mascherine perché […] non proteggono più chi la indossa. Anche se le raccomandazioni sulle mascherine potrebbero non avere un effetto sulla popolazione, le mascherine di alta qualità funzionano comunque a livello individuale se quella persona le indossa costantemente» – spiega la dottoressa Leana S. Wen, divulgatrice del Washington Post – «La scienza non è cambiata: le maschere N95, KN95 o KF94 ben aderenti proteggono chi le indossa da covid e altre malattie respiratorie».
Del resto, gli stessi autori riconoscono che gli studi da loro esaminati sono stati condotti prevalentemente «nel contesto di una circolazione e trasmissione virale respiratoria inferiore rispetto alla Covid-19».
Anche lavarsi le mani è inutile?
La revisione Cochrane è la sesta di una serie dedicata alla valutazione dell’efficacia di diversi interventi per la prevenzione della diffusione di infezioni respiratorie virali: screening alle porte di ingresso; isolamento e quarantena; distanziamento sociale; protezione individuale; igiene delle mani; mascherine; occhiali, e altri. Tanto per farci un’idea del contesto, da queste revisioni gli autori concludono che «l’igiene delle mani ha un effetto modesto come intervento fisico per interrompere la diffusione dei virus respiratori».
Quindi chi usa il lavoro della Cochrane per portare avanti una propaganda contro le mascherine dovrebbe sostenere che lavarsi le mani è inutile. Insomma, vi è proprio una incertezza di fondo, che se ignorata può portare a conclusioni paradossali, come il negare l’utilità stessa dell’igiene. «La qualità variabile degli studi impedisce di trarre conclusioni definitive» affermano gli stessi ricercatori.
Limiti e potenziali bias
Una revisione come quella condotta dalla Cochrane è qualcosa di estremamente complesso: va letta nella sua interezza, prestando attenzione ai limiti e bias degli studi che prende in esame. I ricercatori hanno riportato che gli studi controllati randomizzati a disposizione sulla mascherine avevano «qualità variabile», alcuni mancavano del cieco (difficile da applicare in questo genere di ricerche) o utilizzavano metodi di randomizzazione poco chiari, aumentando così il rischio di bias, riducendo l’affidabilità delle conclusioni a cui è giunta la revisione in oggetto. Inoltre, molti studi si basano su dati auto-segnalati, cosa che incrementa ulteriormente l’incertezza dei dati.
Come spiegato fin dall’introduzione della revisione, gli studi esaminati valutavano le mascherine in diverse popolazioni rispetto a diversi virus respiratori, comprendendo i contesti più disparati, cosa che non aiuta affatto ad avere una visione di insieme coerente. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti ai singoli studi non ha indossato costantemente le mascherine. Altri fattori che potrebbero aver influenzato i risultati riguardano la qualità e il materiale dei dispositivi e il comportamento di chi li indossava. Proprio in virtù di tali limitazioni, gli autori non hanno potuto precisare nelle loro conclusioni se le mascherine avessero un effetto significativo nel ridurre le infezioni respiratorie in generale.
«Non bastano» non significa «non servono»
La narrazione fuorviante contro le mascherine circolano fin da inizio pandemia, questo di Cochrane non è l’unico studio utilizzato erroneamente in tal senso. Tra le più virali c’era quella dove si sostenevano conseguenze come il cancro e l’ipercapnia. Abbiamo più volte spiegato, fin dai primi mesi del 2020, che l’uso scorretto delle mascherine poteva portare a delle conseguenze. Inoltre, oltre che nella nostra “guida utile“, abbiamo spiegato quanto queste non bastino per fermare il virus. Dire «non bastino» non significa sostenere che «non servano» o che «siano dannose».
Proponiamo una raffigurazione del virologo Ian Mackay con la quale spiega quanto le mascherine siano parte di un insieme di misure volte a ridurre la circolazione del virus. La figura è stata intitolata «Swiss Cheese Pandemic Defense».
Per renderci conto dell’uso corretto delle mascherine e dei numerosi fattori che riguardano la sicurezza e la prevenzione, uno degli studi considerati nella review riguarda i pellegrini Hajj diretti alla Mecca: solo il 24,7% del gruppo di analisi avevano indossato la mascherina quotidianamente in maniera intermittente, ma poi dormivano tutti insieme in tende da 50 o 100 persone. In certi contesti, la mascherina usata in quel modo non basta affatto.
In merito all’utilità, la review di Cochrane non smentisce gli studi e le certificazioni sulle mascherine, che sono diverse e hanno di conseguenza capacità diverse. Proponiamo la visione di un video del 2020 della University of New South Wales di Sidney che spiega chiaramente come operano:
La risposta di Cochrane
Lo scorso 14 marzo 2023 l’esperto nel revisionare di studi scientifici, Enrico Bucci, pubblica un articolo su Il Foglio dal titolo «Uno studio sull’uso delle mascherine che in molti non hanno capito» dove riporta quanto segue:
In effetti, la grandissima parte della comunità scientifica, tra cui il sottoscritto, avevano già avvisato non solo di tutti i caveat posti dagli stessi autori, ma anche e soprattutto dei numerosi problemi di fondo nel metodo e nel merito dell’analisi; problemi così rilevanti che per esempio Richard Ellison III, professore di Medicina, Microbiologia e Sistemi Fisiologici presso la Divisione di Malattie Infettive e Immunologia della University of Massachusetts Medical School, nonché passato editor in chief del New England Journal of Medicine, si era spinto a dichiarare che “la revisione Cochrane potrebbe essere interpretata al massimo nel senso che dimostra che le maschere non forniscono protezione quando non sono indossate”.
Ciò che però cita lo stesso Bucci è la risposta dell’editor di Cochrane. Ecco il testo integrale del comunicato pubblicato il 10 marzo 2023:
Many commentators have claimed that a recently-updated Cochrane Review shows that ‘masks don’t work’, which is an inaccurate and misleading interpretation.
It would be accurate to say that the review examined whether interventions to promote mask wearing help to slow the spread of respiratory viruses, and that the results were inconclusive. Given the limitations in the primary evidence, the review is not able to address the question of whether mask-wearing itself reduces people’s risk of contracting or spreading respiratory viruses.
The review authors are clear on the limitations in the abstract: ‘The high risk of bias in the trials, variation in outcome measurement, and relatively low adherence with the interventions during the studies hampers drawing firm conclusions.’ Adherence in this context refers to the number of people who actually wore the provided masks when encouraged to do so as part of the intervention. For example, in the most heavily-weighted trial of interventions to promote community mask wearing, 42.3% of people in the intervention arm wore masks compared to 13.3% of those in the control arm.
The original Plain Language Summary for this review stated that ‘We are uncertain whether wearing masks or N95/P2 respirators helps to slow the spread of respiratory viruses based on the studies we assessed.’ This wording was open to misinterpretation, for which we apologize. While scientific evidence is never immune to misinterpretation, we take responsibility for not making the wording clearer from the outset. We are engaging with the review authors with the aim of updating the Plain Language Summary and abstract to make clear that the review looked at whether interventions to promote mask wearing help to slow the spread of respiratory viruses.
Ecco la traduzione fornita da Bucci:
Molti commentatori hanno affermato che una Cochrane Review recentemente aggiornata mostra che “le maschere non funzionano”, il che è un’interpretazione imprecisa e fuorviante. Sarebbe corretto affermare che la revisione ha esaminato se gli interventi per promuovere l’uso della maschera aiutano a rallentare la diffusione dei virus respiratori e che i risultati sono stati inconcludenti. Dati i limiti delle prove primarie, la revisione non è in grado di affrontare la questione se l’uso della mascherina in sé riduca il rischio delle persone di contrarre o diffondere virus respiratori. Gli autori della revisione sono chiari sui limiti dell’abstract: “L’alto rischio di parzialità negli studi, la variazione nella misurazione dei risultati e l’aderenza relativamente bassa agli interventi durante gli studi ostacolano il trarre conclusioni definitive”. […] Il riassunto originale in linguaggio semplice per questa recensione affermava che “siamo incerti se indossare maschere o respiratori N95/P2 aiuti a rallentare la diffusione dei virus respiratori sulla base degli studi che abbiamo valutato”. Questa formulazione era suscettibile di interpretazione errata, per la quale ci scusiamo. Sebbene le prove scientifiche non siano mai immuni da interpretazioni errate, ci assumiamo la responsabilità di non aver reso la formulazione più chiara fin dall’inizio. Stiamo collaborando con gli autori della revisione con l’obiettivo di aggiornare il riepilogo e l’abstract in linguaggio semplice per chiarire che la revisione ha esaminato se gli interventi per promuovere l’uso della maschera aiutano a rallentare la diffusione dei virus respiratori.
Secondo l’editor, la Dott.ssa Karla Soares-Weiser, sarebbe corretto affermare che la review ha esaminato se gli interventi per promuovere l’uso delle mascherine aiutino a rallentare la diffusione dei virus respiratori e che i risultati siano stati inconcludenti. Inoltre, sempre secondo Soares-Weiser, i limiti delle prove primarie non permettono alla revisione di affrontare la questione se l’uso stesso delle mascherine riduca il rischio delle persone di contrarre o diffondere i virus respiratori. Nel comunicato, Soares-Weiser chiede scusa ai lettori per le formulazioni errate riportate nella review che hanno fornito delle interpretazioni altrettanto errate.
Le altre affermazioni di Tom Jefferson
Sono diverse le affermazioni controverse rilasciate da Jefferson nell’intervista che ha scatenato tutto i contestatori delle mascherine. Oltre a negare la raffigurazione del virologo Ian Mackay, si spinge a mettere in dubbio che il Sars-CoV-2 possa trasmettersi tramite aerosol. Non è la prima volta che Jefferson diffonde affermazioni fuorvianti: in un articolo dell’aprile 2020 si era chiesto se l’epidemia Covid-19 fosse realmente una pandemia e non una lunga serie di malattie respiratorie. Nello stesso anno propose un’altra versione, sostenendo la possibilità che il Sars-CoV-2 potesse essere rimasto dormiente ovunque da ben prima della pandemia e che questo non potrebbe aver avuto origine in Cina.
Conclusioni
Stando ai limiti degli studi presi in esame e dei potenziali bias in essi contenuti, così come vengono correttamente riportati dai ricercatori della Cochrane Library e dalla stessa nel suo comunicato, la revisione sistematica in oggetto non può confermare né smentire l’efficacia delle mascherine. Per tanto non è possibile usare questo genere di pubblicazioni per scoraggiare l’uso di tali dispositivi nella prevenzione della diffusione di malattie respiratorie.
Valutazione: “CONTESTO MANCANTE” – Uso di dati o statistiche che suggeriscono una conclusione falsa. Esempio: usare in modo selettivo i dati di uno studio per suggerire una conclusione non tratta dallo studio stesso. (link).
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