Sappiamo che di questi tempi l’antisemitismo ha visto un ruggente ritorno in scena, a volte grottesco, a volte attinto da un grottesco negazionismo con vignettine illustrate e teorie pseudostoriche da rendere necessaria la revoca di tutti i titoli di studio, compreso l’attestato di frequenza all’asilo nido ed alla colonia marina di chi li ha postati.
Quello che non sanno coloro tra i novelli antisemiti che si piccano di essere dei “grandi nerd esperti di retro” e che probabilmente gli si dovrebbe togliere anche il patentino di nerd e tutta la loro collezione.
Dato che la furia antisemita della Germana Nazista ci stava costando due importantissimi oggetti che hanno fatto la storia del retro: il calcolatore meccanico portatile Curta e il Commodore 64, vincitore della prima guerra degli home computer nonché antesignano del “PC Gaming” diventando per molti un sostituto delle console di Terza Generazione, e, cronologicamente, loro apripista occidentale.
Ma andiamo con ordine
Il calcolatore meccanico Curta: storia dei calcolatori meccanici
La storia dei calcolatori meccanici in realtà comincia da molto più lontano: l’astronomo ed ebraista cristiano Wilhelm Schickard già nel 1600 si lasciò note e progetti di qualcosa che avrebbe potuto evolvere in un macchinario in grado di effettuare meccanicamente somme, un calcolatore meccanico.
Le note furono abbandonate e studi successivi dimostrarono che se la macchina di Shickhard fosse stata davvero costruita avrebbe anticipato la “Pascalina” ma in modo non soddisfacente: probabilmente avremmo avuto di fronte un oggetto incline a bloccarsi se non direttamente a richiedere manutenzione e sostituzione di parti meccaniche ogni tot calcoli.
La Pascalina dono del filosofo Blaise Pascal al padre contabile, fu nel 1642 il primo calcolatore meccanico in grado di funzionare senza sfasciarsi dopo pochi calcoli.
I primi esemplari non erano costruiti per calcolare su base decimale, ma sulla base delle unità monetarie dell’epoca: furono comunque costruiti anche esemplari dedicati a persone che non erano contabili come il padre di Pascal.
Cominciò così la corsa al Calcolatore Meccanico, come la calcolatrice di Leibniz, in grado di effettuare le quattro operazioni matematiche fondamentali ma piagata da una serie di difetti.
Ciò nonostante proprio la calcolatrice di Leibniz può essere considerata l’antenata principale della celeberrima Curta mediante l’ottocentesco Aritmometro di Charles Xavier Thomas de Colmar, il primo calcolatore meccanico commercializizato in tutti i mercati noti.
A questo punto la storia di Curta e Commodore si incrocia ancora prima dell’orrore dei Campi di Sterminio: dalle macchine calcolatrici Charles Babbage progetterà la “Macchina Differenziale”, nata per il calcolo polinomiale per poi passare alla “Macchina Analitica”, prototipo di un elaboratore meccanico programmabile e latore del concetto stesso di quello che un giorno sarebbe diventato il computer.
In una sorta di storia a bivii, a questo punto possiamo separare i due rami che si ricongiungeranno sotto gli orrori del Nazifascismo e la sconfiitta (purtroppo abbiamo visto solo temporanea) degli effetti più brutali dell’antisemitismo.
Curt Herzstark, il padre della Curta
Nel 1902 nasce a Vienna Curt Herzstark, figlio dell’ebreo Viennese Jacob Samuel e della madre Luterana Marie. Curt crebbe Luterano e si fece le ossa nella ditta del padre, La “Austrian Calculating Machine Manufacturing Company”, ditta devota alla costruzione e progettazione di macchine calcolatrici.
Figlio d’arte, Curt decide comunque di andare a fare gavetta in Germania, evitando così la mitologia del “figlio di papà” entrato nella ditta di famiglia senza meriti, senza arte né parte. Non che ne avrebbe avuto bisogno: esperto ingegnere meccanico, aveva lavorato sin da giovinetto nella fabbrica del padre, e ritornato dal suo viaggio lo fece con le idee per un rivoluzionario calcolatore meccanico.
Nel 1938 Curt aveva già collazionato elencato e risolto tutti i difettii dei calcolatori meccanici della sua era. Oggetti “da scrivania”, pesanti e spesso difficili da usare, con tastiere, leve o ghiere rotanti e confinate agli uffici.
Racconterà in futuro Curt Herzstark che il cliente medio dinanzi ai prodotti Herzstark chiedeva sempre la stessa cosa
“Bello: lo fate anche portatile?”
Il concetto di “portatile”, abbiamo visto nell’informatica, fino agli anni ’80 era alquanto aleatorio, figurarsi negli anni ’30 dove nessuno aveva anche solo concepito una calcolatrice elettronica tascable, figurarsi il cellulare.
Curt così progettò “dall’esterno verso l’interno” un oggetto in grado di stare in palmo di mano, con dei selettori a scorrrimento per i numeri e una leva da girare su un “macinino” in testa, un piccolo miracolo di precisione che non riuscì a mettere in commercio.
Durante l’Anschluss of 1938 “Austrian Calculating Machine Manufacturing Company” fu costretta dai nuovi dominatori nazisti a produrre strumenti per l’industria bellica, e non passarono inosservate le ascendenze ebraiche del corrente dirigente.
Il regime cominciò a progettare come sbarazzarsi di Herzstark e tenersi la ACMMC: l’occasione fu fornita quando due lavoratori della ditta furono accusati di ascoltare radio inglesi.
In poco tempo su Curt si rovesciò il formulario standard di accuse antisemite con cui mandare un Ebreo nei Campi: rapporti sessuali proibiti con donne ariane, supporto alla causa semita/sionista con aggravanti varie e falsa testimonianza per aver cercato di testimoniare in favore dei dipendenti.
Fu immediatamente mandato a Buchenwald, dove fu inviato ai lavori forzati nella fabbrica di Gustloff-Werk per continuare a portare avanti il suo lavoro nella meccanica di precisione per il Reich.
Curt Herzstark confesserà di ricordare di quel periodo l’essere costretto ad assistere a tutte le esecuzioni di prigionieri e di essere “motivato” con la “promessa” che sarebbe stato mantenuto in vita finché utile.
Nel 1944 Gusloff fu distrutta e fu spedito nella vicina Billroda, per la progettazione di parti per i missili V1 e V2. Anche lì fu più fortunato di molti: le condizioni di lavoro più clementi gli consentirono di sopravvivere alla tubercolosi, ed un ufficiale delle SS che aveva saputo dei progetti del suo calcolatore meccanico gli fece una proposta: avrebbe portato a termine gli studi per “regalare al Fuhrer” il prodotto finto e in cambio, se Hitler avesse gradito la Curta, sarebbe stato “nominato ariano” e gli sarebbe stato consentito di vivere sotto il Terzo Reich anche dopo la “Soluzione Finale” degli altri giudei.
Fortunatamente per lui, quando nel 1945 fu rimandato nel lager di Buchenwald trovò gli americani ad accoglierlo.
Era libero, e riuscì a farsi raccomandare per un lavoro alla Rheinmetallwerke, fabbrica di calcolatori meccanici e macchine da scrivere a Weimar, ottenendo un posto da direttore e producendo tre prototipi, ricostruiti a memoria dai suoi iniziali progetti
Spaventato dall’idea che i Russi stavano cominciando a deportare ingegneri tedeschi promettenti per farli lavorare nell’URSS, ritornò a Vienna. Lì trovò la ditta di famiglia, ora in mano al fratello minore (che prima della guerra si occupava di cinema) e decise di non condividere i suoi progetti con lui.
Piuttosto, fu invitato in Lichtenstein dove gli fu messa a disposizione una ditta, Contina A.G., per la produzione della Curta, il nome della sua macchina calcolatrice.
All’inizio partì col 35% di quote: un misto di disinteresse e manovre aziendali lo portarono a dismettere la proprietà, restando come consulente, non ricco o agiato ma in grado di vivere decentemente, preoccupandosi solo della sua creatura, morendo nel 1988.
La Curta
La Curta arrivò sugli scaffali nel 1948: un modello con più cifre, il “tipo II”, seguì nel 1954.
Uno dei più sofisticati calcolatori meccanici della sua epoca, la Curta aveva l’aspetto di un “macinino da caffé”: tutto intorno c’erano selettori per scegliere le cifre. Ruotando una manovella si poteva agevolmente sommare il numero inizialmente inserito con se stesso, oppure un nuovo numero. Un indicatore selezionava il numero di operazioni.
Un utente solo mediamente perito poteva quindi effettuare agevolmente addizioni (inserendo il primo addendo, girando e inserendo il secondo) oppure moltiplicazioni (inserendo il numero e girando la manovella tante volte quanto il numero del moltiplicatore), nonché sottrazioni e divisioni (stesso metodo, ma sollevando la manovella prima di ruotarla).
Totalizzatore e contagiri potevano essere facilmente azzerati.
La Curta non era un oggetto esattamente “repair friendly”: per quanto entrambi i modelli della Curta avevano un tasso di rientro in garanzia pari al 3% sul venduto ed un costo di 125 dollari, ripararle in casa in caso di errori o cercare di fare manutenzione fai da te era impossibile.
Le Curta erano un piccolo miracolo di minaturizzazione, composte da un numero incalcolabile di parti in movimento con dimensioni spesso differenti di infinitesimi: smontare una Curta perché convinti di doverla “lubrificare” oppure per cercare di riparare un piccolo guasto significava spesso dover spedire i pezzi in laboratorio per una riparazione completa.
Le calcolatrici Curta ebbero molteplici usi: erano il modo più naturale per approcciarsi alla matematica, e se fossero costate meno sarebbero state un eccellente ausilio per lo studente.
Così divennero lo strumento preferito di agrimensori, ingegneri edili e, non troppo sorprendentemente, navigatori di rally in grado di calcolare rapidamente tutti i dati necessari per la ricognizione delle strade e correggere e valutare i dati provenienti da odometro, tempi di percorrenza in aree diverse e simili prima che esistessero le calcolatrici elettroniche e anche per diversi anni dopo, diventando ovviamente obsolete con l’introduzione di computer e GPS.
Come tutti gli oggetti del Retro, le Curta sono ad oggi un oggetto del desiderio valutato con cifre a tre zeri.
Potete simulare il funzionamento di una Curta gratis con questi emulatori, costruire una vostra Curta (ovviamente molto più grande del dovuto, non avendo accesso a strumenti di precisione…) con una stampante 3D e un elenco di parti, e dovrete scansare autentiche truffe come le “Rarissime Curta tagliate” come pezzi da dimostrazione, in realtà Curta danneggiate fatte a pezzi e vendute con didascalie falsificate.
Trovare una Curta in ottimo stato è costoso ma non impossibile per chi ha molti, molti soldi da lanciare in giro: già all’epoca le Curta furono comprate come un fenomeno di costume e un oggetto di grande design da esibire sulle scrivanie degli ingegneri che volevano circondarsi di piccoli lussi.
Le disavventure di Tramiel, padre del Commodore 64
Passiamo ora a Jack Tramiel, figlio di Ebrei Polacchi nel 1928.
Se a tutt’oggi la Polonia ha decisamente il sangue cattivo verso buona parte dei vicini, il motivo ricordiamo è fortemente storico: per quanto attiene il nostro eroe, nel 1939 dopo l’invasione Tedesca fu inviato nel ghetto di Lodz per lavorare, ancora bambino, in una fabbrica tessile.
Nel 1944 la famiglia Tramiel fu spedita al completo, madre, padre e figlio Jack, nel campo di Auschwitz. La madre vi rimase, padre e figlio furono oggetto delle attenzioni di Mengele.
Jack non rivedrà più la madre se non dopo la liberazione, e per diverso tempo si convincerà che il padre fosse morto di stenti: in realtà Mengele, dopo una assurda ed arbitraria visita medica (di fatto un’ispezione dei testicoli…) aveva deciso di mandare Jack Tramiel ai lavori forzati, con solo una gamella di zuppa, una patata e una fetta di pane, e rendere suo padre oggetto dei suoi malefici esperimenti.
Tramiel Sr. morì dopo essere stato sottoposto ad inezioni di gasolio nelle vene per capire il (assai prevedibile) effetto sull’organismo umano.
Un giorno del 1945 un gruppo di soldati americani si presentò negli alloggi dei prigionieri con la Croce Rossa annunciando ad alcuni prigioneri, tra cui il giovane Tramiel che “presto verranno altri Americani”.
Nell’aprile del 1945 Jack Tramiel fu liberato
Spese due anni in Germania facendo lavori minori, accettando di fatto di essere retribuito in cibo. Nel 1947 si sposterà in America con la sua consorte, donna conosciuta proprio durante gli anni dell’Olocausto, per imparare un mestiere nel campo delle macchine da scrivere.
Ammetterà in seguito di essere stato avvolto “dall’arroganza della giovane età”, convinto di poter fare ogni lavoro che gli si presentasse ed imparare rapidamente quello che gli serviva: cosa che fu la sua fortuna, in retrospettiva.
Cominciò a lavorare per la HIAS, associazione di supporto ai profughi ebrei che oggi chiameremmo una “ONG”, divenne tuttofare per un negozio di lampadari e decise di studiare da solo la lingua inglese usando il cinema come mezzo di apprendimento.
Nel 1948, come molti giovani inoccupati partì soldato, imparando a riparare macchinari industriali.
Alla fine del servzio militare era un padre di tre figli in grado di riparare macchine da scrivere e da ufficio: lavorò brevemente per una piccola ditta, per poi licenziarsi al rifiuto di un aumento dichiarando che, se non avessero acconsentito a dargli un aumento di stipendio dopo gli enormi profitti portati “allora erano gente priva di cervello”
Comprò un suo negozio nel Bronx, e si trasferì in Canada per cominciare un suo progetto personale: comprare e vendere macchine da scrivere ricondizionate, ovvero importare macchine da scrivere dismesse e rotte dall’Italia (le “Everest”) per ripararle e rivenderle funzionanti e munite di garanzia (introducendo al mondo quello che ora chiameremmo “economia circolare”).
Chiamò la nuova ditta Commodore, per una serie di motivi: gli altri “gradi dell’esercito” erano già presi, e voleva una ditta con un nome che evocasse un’immagine di solidità e potere.
Una serie di rovesci finanziari lo portarono a introdurre in Commodore come azionista Irving Gould, principale finanziatore della ditta e uno dei motivi per cui, anni dopo, Tramiel andrà via per andare a risollevare la rivale Atari.
Arrivano i “computer Commodore”
Siamo così arrivati agli anni ’70, dove il bivio a cui ci eravamo fermati qualche paragrafo fa si riunisce.
Dalla “macchina analitica” era nato il computer, il computer che come abbiamo visto insidiava sia le macchine da scrivere che le calcolatrici meccaniche come la Curta.
Tramiel decise che “se non poteva battere i Giapponesi”, principali produttori di elettronica di consumo a basso costo, sarebbe diventato egli stesso un Giapponese.
Non parliamo della Blefaroplastica ovviamente, ma dal salto dal mercato delle macchine da scrivere alle calcolatrici: provò quindi a costruire macchine da scrivere basate sui chip della Texas Instrument, che nel 1975 decise però di produrre calcolatrici da sola annientando le quote di mercato di ogni rivale, compresi i suoi stessi acquirenti.
Di fronte ad un mercato ormai in perdita, Tramiel decise nuovamente che se T.I. l’aveva messo in ginocchio producendo i suoi stessi chip per fargli concorrenza, lui avrebbe fatto lo stesso.
Nel 1976 comprò MOS Technology, in futuro Commodore Semiconductor Group, imbarcando il brillante Chuck Peddle, inventore del processore 6502 in ditta.
Chuck Peddle aveva già creato il 6501, rimpiazzo del Motorola 6800, ma fu costretto a creare il 6502, non compatibile con schede madri progettate per il Motorola, per problemi legali. E aveva creato il KIM-1, computer in grado di usare il 6502.
Tramiel si diede ambiziosamente sei mesi di tempo e non di più per lanciare un computer: nacque così il Commodore PET.
Al contrario del KIM-1 era un pacchetto completo per 599$ dollari: monitor, tastiera, BASIC preimpostato, era tutto quello che serviva per lavorare.
Fu l’inizio dello sfolgorante successo di Commodore nel campo dei Computer.
Il 6502 fu usato in moltissimi computer e console dell’epoca tra cui la famiglia di computer Atari ad 8 bit, la serie BBC Micro derivata dai sistemi ad 8 bit della Acorn Computers ed i computer di Ohio Scientific e Oric, nonché come vedremo il VIC20 Commodore e, nella sua variante 6510, nel Commodore 64, nonché in varianti di terze parti in console come il FamiCom, ovvero il NES.
Come abbiamo avuto modo di vedere la stessa storia di Nintendo sarebbe stata assai diversa se un certo Satoru Iwata, all’epoca giovane studente universitario, non avesse deciso di indebitarsi per comprare un PET e lanciare la sua carriera di programmatore.
Dopo una serie di versioni del PET, Tramiel decise di passare ai “computer per le masse, non per le classi”: nel 1981 decise di creare un “MiniPET”, computer evoluzone del PET che potesse essere usato senza sforzo nelle case degli utenti, non più appannaggio delle elite e del commercio.
Nacque il VIC20, seguito a ruota un anno dopo dal Commodore 64, facendo nascere il “mondo dei ‘Friendly Computers'”
Nasce il Commodore 64
Di cosa fosse e cosa sia il Commodore 64 ne abbiamo parlato in lungo ed in largo: non vogliamo ulteriormente tediarvi con le caratteristiche tecniche.
Ma il Commodore 64 arrivà durante il tracollo della seconda generazione di console, in un colpo solo sostituendo nelle case sia l’Atari 2600 come oggetto del desiderio che stimolando la voglia di possedere un vero e proprio computer.
In base alla visione di Tramiel, un Commodore 64 era più conveniente dei rivali Apple II e Tandy-RadioShack e in grado di garantire performances che lo rendevano eccellente come prodotto industriale ma anche videoludico.
Grazie all’unicità del chip video VIC-II e del chip audio SID, di fatto un vero sintetizzatore in un computer domestico, e grazie al fatto di essere creato da parti custom “fatte direttamente in casa”, il Commodore 64 dominò il mercato per lunghi dieci anni.
Fu un successo dal quale la stessa Commodore non si riprese: dopo l’uscita di nuovi prodotti, come il Commodore Plus/4 e il Commodore 128, eccellenti ma maledetti da un marketing subottimale, Tramiel uscì da Commodore sbattendo la porta, andando dalla rivale Atari e diventando, ad esempio, uno dei motivi per cui il Commodore Amiga perse un anno di tempo sul mercato, con la Atari di Tramiel e la Commodore di Gould a disputarsi i diritti su alcune componenti essenziali del nuovo progetto.
Cosa fosse il Commodore 64 per l’epoca e cosa rappresentasse lo abbiamo riccamente descritto nei nostri precedenti articoli, e anche di quale fenomeno mondiale esso sia stato.
Il primo approccio all’informatica per molti di voi lettori è stato probabilmente un Commodore 64, se non un PET o un VIC20.
Se l’Home Computer non è stato inventato da Commodore, sicuramente l’onnipresenza del Commodore 64 ha contribuito a renderlo popolare aprendo la strada al concetto odierno per cui semplicemente un personal computer (o quantomeno un dispositivo smart) è essenziale nella vita di ogni giorno.
E probabilmente i nostri “amici” antisemiti che ci subissano di memes e fake news, oggi avrebbero dovuti scriverli su scalcinate fanzine stampate nei loro scantinati, senza computer, senza stampanti, senza Internet, contando i numeri con le dita delle loro mani o con enormi calcolatori meccanici dal puzzo di olio e nafta.
The post Questi due idoli del retro hanno rischiato di non esistere a causa dell’Antisemitismo appeared first on Bufale.