la petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.
In queste settimane è sempre più acceso il dibattito sulla difficile situazione per il territorio della Sardegna, assediato da una sempre più arrogante speculazione energetica.
La realtà della speculazione energetica, con particolare riferimento alla Sardegna.
La realtà della speculazione energetica è di banale quanto spaventosa evidenza. Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.
Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo.
La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria, qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.
La cartografia elaborata dalla Soprintendenza speciale per il PNRR è emblematica di quanto sta accadendo nell’Isola.
Ma questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a.(gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 5.930, pari a 341,33 GW di potenza, suddivisi in 3.805 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 150,29 GW (44,03%), 1.992 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 106,74 GW (31,27%) e 133 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 84,30 GW (24,70%).
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 824, pari a 54,39 GW di potenza, suddivisi in 547 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 23,82 GW (43,81%), 248 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,72 GW (30,73%) e 29 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 13,85 GW (30,90%).
54,39 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).
Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata. I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.
Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”. In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.
Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.
Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.
La Regione autonoma della Sardegna dovrebbe legiferare quanto prima trasformando le previsioni di misure di salvaguardia provvisorie di cui alla legge regionale n. 5 del 2024 in norme permanenti di inidoneità di ubicazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili e di relativa conservazione.
Inoltre, dovrebbe puntualizzare che, ai sensi dell’art. 5 dello Statuto speciale della Regione Sardegna, l’obiettivo di 6,264 GW di installazione di nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili entro il 2030 concordato in sede nazionale (art. 2, comma 1°, del D.M. Ambiente 21 giugno 2024), deve intendersi quale limite massimo tendenziale non inderogabile, connesso ai limiti derivanti dalla capacità dei sistemi di trasporto dell’energia esistenti, da indicarsi formalmente ogni anno con decreto ministeriale, previa intesa con la Regione autonoma della Sardegna.
La legge regionale Sardegna 3 luglio 2024, n. 5, la moratoria regionale.
In contemporanea all’entrata in vigore del decreto ministeriale sulle c.d aree idonee e inidonee d’intesa fra Stato, Regioni e Province autonome, il Consiglio regionale sardo ha licenziato la proposta normativa per fermare la speculazione energetica e gestire il territorio isolano avanzata dalla Giunta regionale presieduta dall’on. Alessandra Todde (deliberazione n. 11/3 del 30 aprile 2024, Disegno di legge concernente “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali“, qui la relazione): in Aula 31 voti favorevoli (centro-sinistra + M5S), 21 astenuti (centro-destra), 1 contrario (Lega).
In precedenza, le Commissioni permanenti IV e V del Consiglio regionale della Sardegna avevano istruito il disegno di legge e il 6 giugno 2024 hanno proceduto a una lunga serie di audizioni. Hanno ascoltato numerosi soggetti imprenditoriali, associazioni e comitati sul disegno di legge regionale a iniziativa della Giunta n. 15 del 2024, “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”.
Queste le osservazioni e le considerazioni del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)..
Che cosa prevede la legge regionale 3 luglio 2024, n. 5.
Innanzitutto, dispone, “nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ….. nonché dell’approvazione del PRS, dell’aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell’aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale, e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge” la vigenza (art. 3) delle “misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili:
- zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F, G e H, di cui all’articolo 3 del decreto dell’Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei comuni della Sardegna), fatto salvo quanto previsto dal comma 3;
- aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) ed inserite nell’Elenco ufficiale delle aree naturali protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b), della legge n. 394 del 1991 nonché aree equivalenti istituite dall’ordinamento regionale;
- zone umide d’importanza internazionale riconosciute e inserite nell’elenco della Convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale, con particolare riferimento agli habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971);
- zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario (SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone umide ricadenti all’interno di riserve naturali e oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale;
- aree incluse nella Rete natura 2000 ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;
- aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette oppure aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle convenzioni internazionali e dalla direttiva n. 92/43/CEE del 1992;
- aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità, quali produzioni biologiche, produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni tradizionali, ovvero aree di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, nel rispetto dell’articolo 12, comma 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità);
- aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure di rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di assetto idrogeologico (PAI) adottati dalle competenti Autorità di bacino ai sensi del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
- aree che distano meno di 7 chilometri da beni culturali, oppure di 1.500 metri per le isole minori, individuati ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137);
- le seguenti aree di cui all’articolo 142, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004:
- territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia;
- territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia anche per i territori elevati sui laghi;
- aree prospicienti a fiumi, torrenti, corsi d’acqua iscritti negli elenchi e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
- aree montuose per la parte eccedente 1.200 metri sul livello del mare;
- parchi e riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
- territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
- zone gravate da usi civici;
- zone di interesse archeologico;
- le seguenti aree così come individuate ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del 2004:
- fascia costiera;
- sistemi a baie e promontori, falesie e piccole isole;
- campi dunari e sistemi di spiaggia;
- aree rocciose e di cresta ed aree a quota superiore ai 900 metri sul livello del mare;
- grotte e caverne;
- monumenti naturali ai sensi della legge regionale 7 giugno 1989, n. 31 (Norme per l’istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale);
- zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
- fiumi torrenti e corsi d’acqua e relative sponde o piedi degli argini, per una fascia di 150 metri ciascuna, e sistemi fluviali, riparali, risorgive e cascate, ancorché temporanee;
- aree di ulteriore interesse naturalistico comprendenti le specie e gli habitat prioritari, ai sensi della direttiva n. 43/92/CEE del 1992;
- aree che distano meno di 2 chilometri in linea d’aria da alberi monumentali;
- aree caratterizzate da edifici e manufatti di valenza storico-culturale, compresa la fascia di tutela;
- aree caratterizzate da insediamenti storici: centri di antica e prima formazione;
- aree caratterizzate da insediamenti storici così come definiti dall’ordinamento regionale;
- aree che distano meno di 7 chilometri in linea d’aria, oppure 1.500 metri per le isole minori, da impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili realizzati o per i quali sia stata presentata istanza per l’avvio della relativa procedura di autorizzazione alla data di entrata in vigore della presente legge. La distanza è calcolata a partire dal punto più vicino del perimetro considerato per la misura dell’estensione.”
Le misure di salvaguardia si applicano “anche se nelle aree individuate … sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili” (art. 3, comma 2°), previsione che indica una palese moratoria ovvero sospensione delle procedure autorizzative.
Sono esclusi dall’applicazione delle misure vincolistiche provvisorie una serie di interventi, fra cui gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili destinati all’autoconsumo, “gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di revamping di impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili”, gli impianti di produzione energetica e di accumulo all’interno di interventi di mobilità o di opere pubblici, gli impianti agrivoltaici connessi a un’azienda agricola esistente prima del 2019 “aventi soluzioni costruttive in elevazione con altezza minima non inferiore a 2,1 metri dal suolo, tali da garantire la continuità dell’attività colturale e pastorale e l’intero e permanente utilizzo della superficie agricola utile” (art. 1, comma 3°).
Gli aspetti critici della legge regionale Sardegna n. 5/2024.
La legge regionale n. 5/1024 presenta – come ampiamente evidenziato in sede di audizione presso le Commissioni consiliari istruttorie, in numerose occasioni pubbliche, nonchè in parecchi frangenti sui mezzi d’informazione – macroscopici aspetti critici.
L’avremmo volentieri direttamente evidenziato direttamente alla Presidente della Regione autonoma della Sardegna Alessandra Todde, ma non è mai pervenuta risposta, anche a richieste formali.
In proposito, c’è da dire che non è stato tenuto in minima considerazione nemmeno quanto indicato dalla propria struttura tecnico-giuridica nella Relazione di analisi tecnico normativa (ATN) del 29 aprile 2024, allegata al disegno di legge regionale n. 15.
Innanzitutto, non vengono presi in considerazione i potenziali effetti dei numerosi progetti di centrali eoliche offshore già presentati per il rilascio delle relative pluridecennali concessioni demaniali marittime (artt. 36 e ss. del R.D. n. 327/1942 e s.m.i., Codice della Navigazione, nonchè 5 e ss. del D.P.R. n. 328/1952 e s.m.i., Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione): detti impianti in progetto prevedono necessariamente cavidotti e strutture di connessione con la rete elettrica nazionale presenti sulla terraferma, sui cui appare necessaria puntuale disciplina.
Inoltre, nonostante quanto ripetutamente segnalato, non si è tenuto conto della previsione del pur noto art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.
La giurisprudenza costituzionale è stata estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023; sentenza Corte cost. n. 11/2022; sentenza Corte cost. n. 177/2021; sentenza Corte cost. n. 106/2020).
In particolare, lo Stato “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che … non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021)”.
Una norma regionale che preveda la moratoria delle procedure ovvero la sospensione delle autorizzazioni delle centrali eoliche e fotovoltaiche sul proprio territorio regionale verrebbe con altissima probabilità ancora una volta impugnata per conflitto di attribuzioni (art. 127 Cost.) dallo Stato davanti alla Corte costituzionale con esiti abbastanza agevolmente prevedibili.
Non solo.
Le disposizioni vincolistiche temporanee si applicano “anche se nelle aree individuate … sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili” (art. 3, comma 2°). Tali disposizioni, inoltre, non possono incidere – e non incideranno – sui procedimenti autorizzativi di competenza nazionale, in particolare il procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.), ma teoricamente solo a valle della procedura autorizzatoria, significando de facto l’inibizione di progetti che hanno concluso le proprie procedure autorizzative, così come chiaramente indica il prescritto Elenco degli oneri amministrativi a carico dei cittadini, delle imprese e degli altri utenti ai sensi dell’art. 14, L.R. n. 24/2016: “Il disegno di legge comporta degli oneri amministrativi a carico delle imprese che abbiano procedure di autorizzazione o concessione in corso alla data di entrata in vigore, in quanto si determina il divieto di realizzazione di impianti di produzione o accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili per 18 mesi”.
La pudica espressione “oneri amministrativi” può e deve esser letta anche come oneri economici a carico delle società proponenti, determinando lo scontato avvio di azioni risarcitorie nei confronti della Regione autonoma della Sardegna in numero e proporzioni attualmente non calcolabili.
Insomma, un risultato piuttosto modesto, a voler essere buoni.
L’impugnazione governativa.
Come ampiamente previsto, il Governo Meloni ha impugnato la legge regionale sarda, fortemente voluta dalla Presidente della Regione Alessandra Todde, sulla moratoria degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili.
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 91 del 7 agosto 2024, ha, infatti, deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni (art. 127 Cost.) la legge regionale Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali”, comportante una sostanziale moratoria della realizzazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “in quanto talune disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale ed europea, violano gli articoli 3, 41 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione”.
Il Governo ha anche chiesto alla Corte costituzionale la sospensione in via cautelare dell’art. 3 della legge regionale impugnata (quello della moratoria).
Qui la delibera del Consiglio dei Ministri di impugnazione del 7 agosto 2024.
Al di là degli strali della Presidente Todde, anch’essi prevedibili, l’impugnativa era ampiamente prevista ed è ragionevolmente ipotizzabile anche l’esito del giudizio davanti alla Corte costituzionale, come ampiamente evidenziato in sede di audizione presso le Commissioni consiliari istruttorie, in numerose occasioni pubbliche, nonchè in parecchi frangenti sui mezzi d’informazione.
In particolare,è stato ripetutamente segnalato il pur noto art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.
La giurisprudenza costituzionale è stata estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023; sentenza Corte cost. n. 11/2022; sentenza Corte cost. n. 177/2021; sentenza Corte cost. n. 106/2020).
In particolare, lo Stato “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che … non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021)”.
La disciplina sulla c.d. aree idonee.
Nei mesi scorsi, in clamoroso ritardo di anni sulla previsione legislativa,è entrato in vigore il decreto ministeriale relativo alla disciplina nazionale di individuazione delle c.d. aree idonee o meno alla installazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
Il D.M. Ambiente 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili) è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica del 2 luglio 2024 e ha portato a compimento il processo di formazione della normativa in materia.
Come si ricorda, lo scorso 7 giugno 2024 la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano aveva siglato specifica “intesa, ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, sullo schema di decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura e con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, recante ‘Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili’ (PNRR – M2C2, Riforma 1.1)”.
Erano state recepite alcune osservazioni dell’A.N.C.I. e alcune proposte integrative avanzate dalla Regione autonoma della Sardegna, fatte proprie dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, e si è giunti alla sottoscrizione dell’intesa prevista (art. 20, comma 1°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.) sulle c.d. aree idonee.
Così era stata approvata la bozza dello schema di decreto MASE sulla ‘Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili’(7 giugno 2024), poi formalizzato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Come noto, ai sensi dell’art. 20, comma 1°, dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i., con decreti del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sono approvati principi e criteri per la aree idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, poi puntualmente resi esecutivi in sede regionale con provvedimenti legislativi e regolamentari ai sensi del comma 4° del medesimo art. 20 (direttiva n. 2018/2001/UE, art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53).
I provvedimenti relativi alle c.d. aree idonee provvedono a
a) dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili;
b) indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Il D.M. presenta poche luci e molte ombre per il futuro del Bel Paese.
In primo luogo, prevede (art. 1) “la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’, anche alla luce del pacchetto ‘Repower UE’” oltre che a individuare “principi e criteri omogenei per l’individuazione da parte delle Regioni e delle Province autonome delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi”.
La potenza installabile aggiuntiva rispetto a quella esistente all’1 gennaio 2021 assegnata alle Regioni e Province autonome (art. 2, Tabella A) è da considerarsi il traguardo minimo assegnato, da cui non si può transigere (complessivamente GW 80,001) e onestamente non si comprende in base a quali analisi aggiornate sia stata determinata.
Alla Sardegna, per esempio, è assegnata la potenza aggiuntiva al 2030 pari a GW 6,264, cioè circa 3,5 volte la potenza attualmente installata (GW 1,93).
La potenza relativa alle centrali eoliche offshore dev’essere riferita alla Regione prospiciente (art. 2, comma 2°).
Entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del D.M., le Regioni e le Province autonome “individuano … con propria legge … le aree” idonee e non idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili.
Qualora il termine scada infruttuosamente, sono previste procedure statali sostitutive anche ai fini del raggiungimento coattivo degli obiettivi di installazione previsti (art. 6).
In linea generale, sono da considerarsi “non idonee le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri”.
Tuttavia, “per i rifacimenti degli impianti in esercizio non sono applicate” queste norme di salvaguardia.
In particolare, per l’individuazione delle aree idonee e non idonee si deve tener conto “delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa” (art. 7, commi 2° e 3°).
Le Regioni individuano sul proprio territorio:
a) superfici e aree idonee: le aree in cui è previsto un iter accelerato e agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse secondo le disposizioni vigenti di cui all’art. 22 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199;
b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità stabilite dal paragrafo 17 e dall’allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010e s.m.i.;
c) superfici e aree ordinarie: superfici e aree diverse da quelle delle lettere a) e b) e nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari di cui al decreto legislativo n. 28 del 2011 e s.m.i.;
d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: aree agricole in cui vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell’art. 20, comma 1bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.
In ogni caso, sono fatte salve le competenze discendenti dagli statuti delle Regioni e province autonome, nonché dalle relative norme di attuazione (art. 9).
Non è, tuttavia, chiaro il destino dei tantissimi progetti di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili attualmente presentati (ben 5.930 in tutta Italia, 824 solo in Sardegna, dati al 30 giugno 2024): secondo il principio giuridico fondamentale tempus regit actum, i procedimenti attualmente avviati dovrebbero esser disciplinati dalla normativa ora in vigore, solo dopo l’entrata in vigore delle leggi regionali attuative del D.M. aree idonee potranno operare le relative disposizioni.
Resta da sottolineare che – in ogni caso – i quantitativi di potenza installabile aggiuntiva al 2030 (per esempio, GW 6,264 per la Sardegna) sono inderogabili.
La normativa di tutela provvisoria vigente.
In proposito, si ricorda che l’art. 6, comma 1°, del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in relazione all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è stata individuata una “fascia di rispetto … determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”.
Successivamente, con l’art. 47, comma 1°, del decreto-legge n. 13/2023, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 41/2023, la fascia di tutela è stata ridotta a “tre chilometri” per gli impianti eolici e a “cinquecento metri” per gli impianti fotovoltaici dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e/o con vincolo paesaggistico/ambientale (artt. 136 e ss. e 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Bisogna tener presente che il bene culturale (es. Nuraghe, Chiesa campestre, ecc.) presente in aree di titolarità privata dev’essere formalmente oggetto di provvedimento di vincolo per poter esser preso in considerazione (vds. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 29 maggio 2024, n. 414), in quanto per il solo “patrimonio culturale di proprietà pubblica è previsto un sistema di tutela che può definirsi reale in quanto vige una presunzione di interesse storico ed artistico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 12, comma 1 (Cass. Civ., Sez. II, ord. 17 ottobre 2023, n. 28792)”.
E bisogna anche tener presente che “una volta esaurita la fase di consultazione, il Ministero dell’Ambiente è tenuto a concludere l’iter procedimentale entro termini precisi – che riguardano tanto l’adozione del provvedimento finale quanto le fasi prodromi che – scaduti infruttuosamente i quali dovrebbe attivarsi il potere sostitutivo” (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 3 giugno 2024, n. 436), per cui i tantissimi procedimenti di V.I.A. attualmente in corso potrebbero esser conclusi in tempi brevi.
Il GrIG ha formalmente sollecitato (28 giugno 2024) gli organi centrali e periferici del Ministero della Cultura a concludere nel più breve tempo possibile i tanti procedimenti di vincolo culturale tuttora in corso su beni culturali presenti in terreni di titolarità privata: il Segretariato regionale per la Sardegna del Ministero della Cultura ha risposto (nota prot. n. 3372 del 5 luglio 2024), comunicando l’emanazione di ben 129 decreti di vincolo per altrettanti beni culturali negli ultimi due anni e mezzo, dei quali addirittura 57 nei primi mesi del 2024.
A esse dovrebbero quantomeno aggiungersi le aree ricadenti nella Rete Natura 2000, S.I.C., Z.P.S., Z.S.C. individuate ai sensi delle direttive n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica.
Che cosa si deve fare al più presto per salvaguardare il territorio.
La situazione è di una gravità estrema e i tempi sono sempre più stretti.
A questo punto appare velleitaria, in quanto improduttiva di effetti concreti, le proposta di referendum consultivo regionale relativo a qualsiasi modifica del territorio sardo da parte di qualsiasi centrale di produzione energetica da fonte rinnovabile.
Pur essendo condivisibile nella sostanza, anche la proposta di legge popolare denominata Pratobello ’24 (“Proposta di legge urbanistica della Regione Autonoma della Sardegna – Norme urbanistiche in applicazione dell’articolo 3, lettera f, dello Statuto Autonomo della Sardegna (Legge Costituzionale 3 del 26 febbraio del 1948) – disposizioni normative urbanistiche relative all’insediamento di impianti fotovoltaici industriali a terra e eolici terrestri con recepimento di principi e obblighi di tutela e valorizzazione contenuti in programmi sovranazionali, nazionali e regionali”) appare, però, portatrice di alcuni elementi critici analoghi alla legge regionale Sardegna n. 5/2024, già impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale.
Infatti, l’art. 3 (divieto di insediamento) della proposta di legge d’iniziativa popolare ripropone sostanzialmente la moratoria sine die vietata dall’art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i. e da conforme giurisprudenza costituzionale. . Disposizioni di sostanziale identico contenuto dovrebbero esser inserite nella normativa regionale sulle aree idonee e inidonee.
Quello che appare necessario sul piano giuridico è l’individuazione delle aree idonee e delle aree inidonee ai sensi del D.M. 21 giugno 2024, percorso normativo su cui Stato, Regioni e Province autonome si sono accordati.
La Regione autonoma della Sardegna, quindi, dovrebbe coinvolgere Comuni, associazioni, comitati e legiferare quanto prima trasformando le previsioni di misure di salvaguardia provvisorie vigenti e le indicazioni del D.M. 21 giugno 2024 in norme permanenti di inidoneità di ubicazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili e di relativa conservazione.
Inoltre, dovrebbe puntualizzare che, ai sensi dell’art. 5 dello Statuto speciale della Regione Sardegna, l’obiettivo di 6,264 GW di installazione di nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili entro il 2030 concordato in sede nazionale (art. 2, comma 1°, del D.M. Ambiente 21 giugno 2024), deve intendersi quale limite massimo tendenziale non inderogabile, connesso ai limiti derivanti dalla capacità dei sistemi di trasporto dell’energia esistenti, da indicarsi formalmente ogni anno con decreto ministeriale, previa intesa con la Regione autonoma della Sardegna.
Le proposte alternative.
Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta: dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
La Regione autonoma della Sardegna è coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza permanente delle Regioni e Province autonome (delibera del 31 marzo 2016, vds. deliberazione Giunta regionale Sardegna n. 37/26 del 21 giugno 2016): in quella sede può esser approvata una proposta di moratoria nazionale da portare alla Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome, così da farla divenire provvedimento a efficacia nazionale.
Oltre l’individuazione normativa delle aree idonee e inidonee a breve termine, a medio termine, è certamente necessario completare il processo di pianificazione paesaggistica avviato nel 2006 e già previsto su tutto il territorio regionale (art. 1, comma 2°, della legge regionale Sardegna n. 8/2004 e s.m.i.).
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha recentemente promosso in proposito la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!, che ha ormai superato le 18 mila adesioni.
Siamo ancora in tempo per cambiare registro.
In meglio, naturalmente.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
Allegato – elenco non esaustivo dei progetti di centrali produttive di energia da fonti rinnovabili da non autorizzare per contrasto con zone di rispetto di vincoli ambientali e culturali (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), nonché per violazione della normativa in materia di usi civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.):
* progetto di realizzazione di centrale eolica proposto dalla società campana IVPC s.r.l. nell’area di Su Monte de Subra, nei territori comunali di Pattada, Bultei e Benetutti (SS);
* progetto di centrale eolica proposta dalla società milanese Ecowind 6 s.r.l. nell’agro alle falde meridionali del massiccio dei Sette Fratelli, nei territori comunali di Maracalagonis, Sinnai, Selargius, Quartucciu, Settimo San Pietro (CA);
* progetto di centrale eolica “Bruncu de Lianu” proposto dalla società milanese Ecowind 2 s.r.l. in località Baccu Mandara – Bruncu de Lianu, alle pendici del massiccio dei Sette Fratelli, in Comune di Maracalagonis (CA);
* progetto di centrale eolica “Parco eolico flottante Mistral”, proposto dalla Parco Eolico flottante Mistral s.r.l. (Gruppo Acciona) nel Mar di Sardegna, prospiciente Alghero, la Planargia, le coste settentrionali del Sinis (violazione di fasce di rispetto in relazione ai cavidotti e altre opere connesse a terra);
* progetto di centrale eolica flottante nel Mar di Sardegna sud occidentale, proposto dalla Ichnusa Wind Power s.r.l. al largo dell’Isola di San Pietro e del Sulcis (violazione di fasce di rispetto in relazione ai cavidotti e altre opere connesse a terra);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Macomer 2” proposto da Enel Green Power s.r.l. nell’area compresa fra il Montiferru, Il Monte S. Antonio e l’altopiano di Abbasanta, nei territori comunali di Macomer, Borore e Santulussurgiu (NU – OR);
* progetto per la realizzazione di una centrale eolica da parte della milanese Sorgenia Renewables s.r.l. nei territori comunali di Seneghe, Narbolia, San Vero Milis, Solarussa, Siamaggiore (OR);
* progetto di centrale eolica Sindia proposto da Enel Green Power s.p.a. in varie località agricole e di pascolo arborato nei Comuni di Sindia, Scano di Montiferro, Santulussurgiu (OR), Macomer, Borore (NU);
* progetto di centrale eolica “Luminu” proposto dalla GRV Wind Sardegna s.r.l. in località varie della Marmilla e del Sarcidano, nel paesaggio agrario-archeologico alle pendici della Giara, nei Comuni di Barumini, Escolca, Gergei, Las Plassas, Villanovafranca, Genoni, Gesturi, Nuragus;
* progetto di centrale eolica “Marmilla” proposto dalla società milanese Engie Trexenta s.r.l. in varie località agricole della Marmilla, nei Comuni di Sardara, Villanovaforru, Sanluri e Furtei;
* progetto di centrale eolica “Serras” proposto dalla società torinese Asja Serra s.r.l. sempre nel paesaggio agricolo della Marmilla, nei Comuni di Sardara, Villanovaforru, Sanluri e Lunamatrona;
* progetto di centrale eolica “Impianto eolico di Collinas” presentato dalla Sorgenia Renewables s.r.l. nei territori comunali di Collinas, Villanovaforru, Lunamatrona e Sanluri;
* progetto di centrale eolica “Sanluri – Sardara” della Marte s.r.l. (Gruppo ENEL) con un impianto di accumulo energetico nelle aree agricole fra Villanovaforru, Sanluri e Sardara;
* progetto di centrale eolica “Alientu” proposto dalla Sardaeolica s.r.l. nel territorio comunale di Seui (SU);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Serra Joni” da parte della società multinazionale Acciona Energia Global Italia s.r.l. in località varie fra Ogliastra, Barbagia e Sarcidano, nei territori comunali di Ussassai, Esterzili, Escalaplano e Seui (SU-NU);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Orgosolo – Oliena” da parte della società pugliese Scirocco Prime s.r.l. in località varie dell’agro di Orgosolo, Oliena e Nuoro, ai piedi del Supramonte (NU);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Impianto di Telti” da parte di Enel Green Power s.r.l. in località varie della Gallura, nei territori comunali di Telti e Calangianus (SS);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Campovaglio” da parte di Acciona Energia Global Italia s.r.l. in località varie della Gallura, nei territori comunali di Tempio Pausania e Aglientu (SS);
* progetto di realizzazione della centrale eolica “Bassacutena” da parte di Myt Eolo 1 s.r.l. in località varie della Gallura nel territorio comunale di Tempio Pausania.
(foto AFP Photo/Ted Aljibe – Il Corriere della Sera, Cristiana Verrazza, C.B., S.D., archivio GrIG)