Sciopero del 13 dicembre: anche nella scuola la vera priorità è costruire l’alternativa

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Lo sciopero del 13 dicembre giunge a ridosso della pausa natalizia, e permette a lavoratrici e lavoratori della scuola di fare un primo bilancio dell’anno scolastico in corso.

Solo che, a differenza del leopardiano venditore di almanacchi e della sua speranza di un indefinito ma possibile miglioramento, presente e futuro della scuola italiana sono quasi deterministicamente instradati su un binario che lascia poco spazio a variabili di cambiamento e  di ripristino di una funzione sociale progressiva, di un piano di apprendimento adeguato, serio e all’altezza dei grandi temi del nostro tempo per gli studenti, di un livello salariale e di diritti per docenti e personale ATA, un milione e passa di lavoratrici e lavoratori che portano ogni giorno avanti il malandato carrozzone della scuola pubblica statale.

Il binario obbligato è quello di un riformismo trasversale e autoritario, di cui il Ministro Valditara è solo l’ultima e azzeccata (dal loro punto di vista) incarnazione. I piani di intervento sono tanti, e spaziano dalla riscrittura di un mandato morale e sociale della scuola, tramite le Linee guida per l’educazione civica, all’uso diffuso del piano disciplinare per sanzionare e normalizzare la politicità insita nella dimensione scolastica; dall’accelerazione del connubio territoriale tra tessuto produttivo-imprenditoriale e istruzione tecnico-professionale, all’uso dei fondi del PNRR con il portato ideologico dell’equazione modernizzazione=tecnologia spinta (mentre le scuole cadono letteralmente a pezzi); dalla militarizzazione ovvero la traduzione pratica nelle aule scolastiche dell’economia di guerra sposata a pieno dal Governo Meloni, al rilancio del sistema del PCTO (ex alternanza) come modello consolidato di avviamento delle giovani generazioni a un futuro lavorativo precario e sfruttato.

La lista potrebbe continuare e riempire parecchi Cahiers de doléances. In questi anni se ne sono scritti tanti, tutti assolutamente centrati e utili ad individuare i mali della scuola italiana, la direzione che prendeva, il piano inclinato su cui si sta muovendo in maniera evidente. Quel che si è fatto meno, per rimanere nella metafora della Rivoluzione francese, è formare il Terzo Stato, dare cioè consistenza, organizzazione e pensiero a tutti quei soggetti che rappresentato interessi e finalità alternative al modello di Valditara e co.

Oggi non siamo in una fase pre-rivoluzionaria nella scuola, ma questo non ci esime dal lavoro politico e sindacale, anzi ci spinge a sistematizzarlo, a rafforzarlo, a configurarlo in tutti i sensi come alternativa.

I piani ci sembrano tre: 1) stringere i rapporti e la reciproca solidarietà con il mondo giovanile, studentesco, con il precariato diffuso, con quei pezzi del mondo del “sapere” e delle istituzioni culturali e formative che sono sotto l’evidente attacco di chi non vuole più che dalle aule delle scuole e delle università si levino moti di critica, di protesta e di opposizione a questa vera e propria rivoluzione passiva, autoritaria e regressiva; 2) costruire forza sindacale, opposizione diffusa, piani di rivendicazione e di tutela dei diritti, spinta alla collegialità, argine a un modello di gestione delle scuole ormai in mano a dirigenti scolastici e dsga che, con le ovvie eccezioni, pensano di gestire davvero delle aziende e usano maldestramente la forza come strumento  di direzione senza la benché minima capacità di consenso; 3) tornare a parlare di scuola dentro la scuola, di discipline, di saperi, della loro dimensione storica e della loro capacità di comprendere il presente. Per troppo tempo questa dimensione è stata schizofrenicamente separata dal lavoro scolastico, svuotandolo del suo nucleo più importante. Il carico burocratico non è lo spauracchio della debole lamentela diffusa nei corridoi o nelle aule insegnanti; no, esso è la forma concreta dello svuotamento di quei saperi e di quella funzione che i lavoratori della scuola si devono riprendere.

Questo in estrema sintesi il progetto di Usb Scuola, queste le parole d’ordine su cui sciopereremo il 13 dicembre, questi i punti sui quali invitiamo tutti al confronto. Fare numero o rimpolpare il codazzo allo sciopero dei soliti noti a noi davvero non interessa più. Nella scuola serve un’alternativa vera. Si costruisce passo dopo passo. A metà aprile dell’anno prossimo si rinnovano le rsu. Il nostro obiettivo è crescere ancora, come facciamo da quando siamo nati. Lo sciopero del 13 dicembre per noi è il lancio di questa campagna, dalla quale usciremo più forti, più diffusi e più consapevoli.

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