Il contenuto dell’importantissima sentenza del Tar Lecce, sez. I, 13 febbraio 2021, n. 249 – Pres. ed Est. Pasca, così può essere riassunto:
È perfettamente legittima l’ordinanza contingibile e urgente con cui il Sindaco di Taranto ha disposto che l’attuale gestore dell’impianto siderurgico ArcelorMittal debba provvedere, entro 30 giorni, ad individuare ed eliminare le criticità riconducibili alla fonte delle immissioni e del conseguente rischio sanitario per la popolazione, sotto comminatoria di sospensione delle attività per il caso di inottemperanza.
Nel dettaglio, il giudice amministrativo leccese ha reso le seguenti motivazioni:
- L’asserito rispetto dei parametri emissivi previsti in AIA non è di per sé garanzia della esclusione del rischio o del danno sanitario.
- L’inesistenza di garanzia deriva dal fatto che nell’ambito del procedimento di rilascio dell’AIA non è generalmente obbligatorio procedere a valutazione di carattere sanitario e, con riferimento specifico al siderurgico di Taranto, la speciale normativa prevista dalla Legge 231/2012 ed il DPCM 2017 sostitutivo dell’AIA 2014 non prevede alcuna preventiva valutazione sanitaria;
- “Le prescrizioni e misure contenute nell’AIA possono rivelarsi inefficaci, sia per responsabilità dei gestori, sia indipendentemente da ogni responsabilità soggettiva. In tal caso trova applicazione la disciplina contenuta nell’art. 20 – octies, co. 4 del codice dell’ambiente, che impone all’amministrazione di aprire il procedimento di riesame” (Corte Costituzionale n. 85/2013).
- Per di più, dopo il riesame nell’anno 2012 dell’AIA del 2011, a seguito del D.L.207/12, convertito con modificazioni dalla Legge 231/2012, con cui lo stabilimento siderurgico è stato direttamente individuato dalla legge come impianto di interesse strategico nazionale (c.d. Legge- provvedimento, in luogo del DPCM ordinariamente previsto), è intervenuto il nuovo provvedimento AIA 2014 di cui al DPCM 14.3.2014 e, infine, in occasione della cessione della gestione del complesso aziendale alla società ArcelorMittal, il DPCM 29.9.2.17, recante conferma del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al precedente DPCM 14.3.2014 ma con talune modifiche: tali provvedimenti si inseriscono in un quadro normativo decisamente improntato alla tutela dell’interesse economico alla produzione ma in danno delle esigenze di tutela del diritto alla salute della popolazione residente, atteso che peraltro l’attuazione delle prescrizioni stabilite in senso via via migliorativo dai vari provvedimenti autorizzatori susseguitisi nel tempo non sempre è stata oggetto di adeguato controllo da parte delle autorità preposte, quantomeno con riferimento alla tempistica.
Con riferimento al rapporto tra tutela del diritto alla salute e attività industriali fonte di emissioni inquinanti e nocive, il TAR Lecce ha ritenuto utile richiamare quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 85/2013, con la quale il Giudice delle Leggi ha chiarito che l’aggettivo “fondamentale” contenuto nell’articolo 32 Costituzione non attribuisca al diritto alla salute carattere in assoluto preminente rispetto ad altri diritti della persona e che la qualificazione dell’ambiente e della salute come “valori primari” (C. Cost. 365/1993) non implichi una rigida gerarchia nell’ordine dei diritti fondamentali, atteso che tale gerarchia – e non a caso – non si rinviene nella Costituzione, dovendosi conseguentemente ritenere ammissibile il sacrificio del diritto all’ambiente e alla salute in favore di altri diritti fondamentali, secondo un bilanciamento degli interessi non precostituito, ma da valutarsi caso per caso dal legislatore in concreto e secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza, tali tuttavia da non determinare un sacrificio del loro nucleo essenziale (C. Cost. 85/2013).
Sulla scorta di tale premessa, secondo il TAR Lecce, se è vero che – in termini astratti e generali – il diritto alla salute sia logicamente prevalente su tutti gli altri, è vero anche che il bilanciamento dei diritti antagonisti debba essere rapportato alla entità del sacrificio imposto all’interesse soccombente rispetto al vantaggio correlativamente derivante all’interesse ritenuto prevalente.
In conclusione, per il TAR Lecce, se da un lato deve ritenersi ammissibile e compatibile con i principi costituzionali una compressione entro limiti ragionevoli del diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico, dall’altro tale bilanciamento in concreto deve necessariamente incontrare, rispetto al diritto alla salute, un ragionevole limite, limite che nel caso del siderurgico di Taranto risulta invece macroscopicamente violato.
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Avverso la sentenza del TAR Lecce, il gestore ArcelorMittal ha interposto appello avanti al Consiglio di Stato, chiedendone in via cautelare la sospensione degli effetti nell’attesa della decisione di merito.
Assumendo di essere esposto ad un pericolo di pregiudizio di eccezionalità gravità tale da non rendere possibile nemmeno l’attesa sino all’udienza camerale per la decisione sulla sospensiva proposta, il gestore ArcelorMittal ha altresì richiesto al Presidente del Consiglio di Stato di sospendere subito gli effetti della sentenza del TAR leccese.
Con decreto del 19.02.2021, n. 817, il Presidente della IV Sezione del Consiglio di Stato Dott. Maruotti, ha tuttavia respinto la predetta richiesta di sospensiva cautelare monocratica, rinviando l’esame della stessa alla sua naturale sede collegiale all’udienza del 11.3.2021.
All’esito della camera di consiglio tenutasi nella giornata del 11.3.2021, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensione della sentenza del Tar Lecce n.249/2021 con cui era stato assegnato il termine di 60 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nell’ordinanza sindacale impugnata.
Le motivazioni dell’accoglimento della sospensiva cautelare, in attesa dell’udienza pubblica per la decisione sul merito dell’appello già fissata per il giorno 13.5.2021, riposano per i Giudici della IV Sezione sulla necessità di evitare un pregiudizio grave ed irreparabile per la società appellante che deriverebbe dallo spegnimento della c.d. area a caldo, considerato “probabilmente irreversibile, una volta effettuato”.
Allo stato, in conclusione, le sorti della vicenda dipendono alla sentenza che sarà pronunciata Consiglio di Stato in esito all’udienza pubblica di discussione del 13.05.2021.
Avv. Alessandro Gaetani
Avv. Basilio Puglia