SIONISMO, FASCISMO E IL FUTURO DELLA PALESTINA

1 year ago 64

di Gilbert Achcar

Sono arrivati a decine di migliaia, sabato dopo sabato, dall’inizio di questo nuovo anno, e la folla a Tel Aviv ha raggiunto più di centomila uomini e donne sabato 21 gennaio. Manifestazioni per le quali, in linea di principio, non ci si potrebbe che entusiasmare: i manifestanti non gridano “No alla dittatura”, chiedendo il mantenimento della “democrazia”? Non è forse questa l’ovvia richiesta del popolo, come durante le due ondate di rivolte nella regione araba nel 2011 e nel 2019, così come in vari continenti e Paesi dall’America Latina all’Africa sub-sahariana, dall’Iran alla Cina?

Ma noi non riusciamo ad entusiasmarci per i cortei di Tel Aviv, per un motivo molto importante: perché sono manifestazioni “bianche e blu”, un mare di bandiere israeliane che sventolano nella piazza principale di Tel Aviv. I manifestanti volevano, con questo tentativo esprimere il loro attaccamento al loro Stato, mostrare al governo di estrema destra, contro il quale stanno protestando, che non sono meno fedeli all’origine sionista di questo Stato, anzi, più fedeli ad essa di quanto lo sia il governo.

Vedono l’ascesa dell’estrema destra fascista come una minaccia alla loro “democrazia”, che alcuni critici chiamano giustamente “democrazia etnica” perché basata sulla discriminazione e quindi limitata a un tipo di persone: gli ebrei. Naturalmente, nel caso di Israele, che non si sente in imbarazzo ad affermare di essere uno “Stato ebraico e democratico”, è un’asserzione basata su una netta contraddizione. I manifestanti vedono nel governo di estrema destra una minaccia alla sicurezza del loro Stato, in quanto questo aggreverà il declino dell’immagine artificiale e ingannevole di Israele come “unica democrazia in Medio Oriente”, cosa che quindi allargherebbe il divario che ora esiste tra lo Stato sionista e l’opinione pubblica democratica internazionale, effetto che è un grande pericolo per uno Stato assolutamente dipendente dal sostegno esterno sin dalla sua nascita.

Uno dei resoconti dei media sulle manifestazioni di Tel Aviv ha riferito che c’era un cartello, in mezzo a un mare di bandiere bianche e blu, su cui era scritto “Nessuna democrazia con l’occupazione”. Siamo grati per le intenzioni di coloro che hanno innalzato questo striscione, ma il suo messaggio è comunque fuorviante, in quanto l’occupazione del 1967 non è altro che la continuazione di quella precedente avvenuta venti anni prima e su cui fu è fondato lo Stato sionista, rendendo possibile che si impossessasse della maggior parte della terra di Palestina e distruggendo la maggior parte di essa, impedendo ai suoi abitanti indigeni di continuare a viverci.

La verità è che nessuna democrazia è possibile con la sopravvivenza del sionismo, che si basa naturalmente sull’occupazione oltre che sulla discriminazione etnica e ha cercato fin dalla sua nascita di creare uno Stato per gli ebrei attraverso un processo di insediamento coloniale in uno dei Paesi soggetti a colonizzazione, mentre la questione riguardava una delle aree ad alta densità ebraica in Europa: come lo stesso David Ben-Gurion suggerì al generale Dwight Eisenhower, quando gli fece visita nella Germania occupata nel 1945 dopo la sconfitta dei nazisti. Ovviamente, Ben-Gurion non intendeva questo come un’alternativa al suo progetto in Palestina, ma era una proposta che era incommensurabilmente più vicina alla verità sulla proclamazione dello Stato sionista in Palestina!

L’attuale sviluppo del sionismo è quello logico e coerente con la sua essenza, tutti coloro che facevano affidamento su una “soluzione pacifica” con lo Stato di Israele erano nella migliore delle ipotesi degli ingenui sognatori. Per quanto riguarda l'”Autorità nazionale” [Palestinese, N.d.C.] che ha annunciato la rottura della sua cooperazione in materia di sicurezza con l’occupazione sionista, come è avvenuto pochi giorni fa (e non è la prima volta che tale dichiarazione è stata fatta da quell’autorità che ha perso qualsiasi credibilità), questa dichiarazione è di per sé un’indicazione che l’ANP è anche l’opposto del suo nome e non ha nulla a che vedere con il patriottismo, anzi è un’autorità simile a tutte quelle insediate dagli occupanti per dare l’impressione che la popolazione del Paese occupato sia contenta della sua sottomissione all’occupante.

Di conseguenza, la pace non arriverà se non sulle rovine del sionismo, quando i palestinesi otterranno il diritto a tornare sulla terra dei loro antenati e la Palestina tornerà a essere una patria per tutti i suoi abitanti con uguali diritti e senza discriminazione razziale. Questi sono i principi che il movimento di liberazione nazionale palestinese ha a lungo sostenuto, fino al fallito Progetto Oslo. Non è sufficiente il ritorno del pendolo nello Stato sionista da destra a sinistra sempre nei limiti della sua natura, è necessario arrivare, nella lotta contro il fascismo, alla denuncia del sionismo. E’ necessario che una larga parte degli ebrei israeliani si renda conto che lo sbocco naturale del sionismo è il fascismo e che il loro desiderio di vivere in democrazia e in pace sarà raggiunto solo quando il popolo palestinese riacquisterà tutti i suoi diritti. Fino ad allora, quest’ultimo continuerà la sua ostinata ed eroica resistenza, in tutti i modi possibili, da quella militare a quella pacifica di massa, con la necessaria interazione tra le due forme.

In questo senso, l’avvento al potere in Israele di una coalizione di fascisti potrebbe essere addirittura vantaggioso per la lotta palestinese, anche se quest’affermazione può sorprendere. Tra i vantaggi di questa situazione c’è quello di aver confuso tutti i collaborazionisti arabi con l’occupazione sionista, che ora sono riluttanti a tenere il loro prossimo incontro nel Negev, per il coordinamento sulla sicurezza con Israele. Hanno legato la loro sorte a quella del sionismo e questo si ritorcerà inevitabilmente contro di loro, perché è una rivoluzione fino alla vittoria, come recita lo slogan dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (ossia il “Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese” (Fatah)), promessa che i leader hanno abbandonato da molto tempo, ma che il popolo palestinese non ha dimenticato e che le nuove generazioni rinnoveranno in un modo nuovo.

31 – gennaio – 2023

Traduzione dall’arabo a cura della Redazione di Rproject utilizzando traduttori automatici.

Qui il testo originale tratto da www.alquds.co.uk

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