SIRIA: UNO STATO IN CONTINUA EMERGENZA

7 months ago 42

 di  Abdullah Alhusin

La Siria tra legge d’emergenza e forum politici

 Siria: lo stato di emergenza

Le questioni e gli eventi politici nel contesto siriano sono sempre stati affrontati facendo maggiore luce sugli attori e i promotori di questi avvenimenti, siano essi élite politiche, sociali o economiche. In questo articolo, voglio concentrarmi sulla posizione e sul ruolo dei gruppi popolari siriani in queste vicende, provando ad indagare i fattori che li influenzano e la natura del rapporto tra di essi, partendo dall’aspetto più importante: la loro relazione con il regime siriano.

Inoltre, esamineremo gli eventi sociopolitici significativi che hanno segnato momenti cruciali della nostra storia politica, con l’intento di interpretare e comprendere tali cambiamenti partendo dalle esperienze e dall’azione della base popolare, che ha vissuto e contribuito a quei momenti cruciali della storia siriana.

Il 2 febbraio 2019, sette mesi prima di ottenere asilo politico in Italia, ho avuto la grande opportunità di partecipare al forum politico giovanile del Programma Young Syrian Leaders durante il quale, per un anno, abbiamo discusso e riflettuto insieme a ricercatori e professori siriani e libanesi, tra cui Salam Al-Kawakibi, Gilbert Achcar, Hassan Abbas, Saud Al-Mawla e molti altri.

Uno degli studiosi con cui mi sono formato è Hassan Abbas,(1) che è stato uno degli attori principali nello spazio culturale e politico siriano, purtroppo venuto a mancare il 7 marzo del 2021.

In questo articolo, cercherò di organizzare e riportare le interpretazioni degli eventi siriani recenti che il dottor Abbas ha condiviso con noi durante il Forum politico giovanile a Beirut nel 2019. Il Dott. Abbas è stato parte attiva della primavera di Damasco, un movimento di fondamentale importanza che può essere considerato precursore della rivoluzione siriana. Per questo, penso che le sue riflessioni su quel periodo meritino di essere condivise e conosciute.

Per poterlo fare all’interno di un quadro chiaro della situazione, è stato necessario iniziare ripercorrendo i principali eventi storici e politici del paese.

La Siria può essere descritta come uno Stato in costante emergenza, una condizione che ha avuto inizio durante il periodo del mandato francese, durato fino al 1946. In questo periodo, la Siria ha sperimentato l’istituzione della legge marziale per la prima volta, una situazione che è stata interrotta solo da due decenni di instabilità, caratterizzati da oltre 20 colpi di stato, fino all’ultimo golpe del partito ancora al potere oggi.

Il decreto legislativo n. 51, emanato il 22 dicembre 1962, infatti, ha dichiarato lo stato di emergenza in seguito al colpo di stato militare guidato dal partito arabo socialista Baath dell’8 marzo. Dopo l’entrata in vigore di questa legge, il Primo Ministro è stato nominato sovrano marziale e tutte le forze di sicurezza interne sono state messe a sua disposizione.

Questo avveniva principalmente per mezzo dell’articolo 4 del decreto, che consentiva al presidente o al suo vice di limitare la libertà di riunione, residenza, movimento e passaggio delle persone in determinati orari e di monitorare giornali, bollettini, letteratura, oltre a deferire i trasgressori ai tribunali militari.

Solo un mese dopo l’inizio della rivoluzione siriana, il 21 aprile 2011, lo stato di emergenza è stato revocato, per essere prontamente sostituito dalla Legge Antiterrorismo, attraverso la quale è stata istituita la Corte antiterrorismo: un gruppo di giudici militari provenienti da diversi rami dei servizi di sicurezza, che possono emettere ordini di esecuzione immediati contro personale militare e semplici civili che si oppongono al regime. Purtroppo, molti dei miei amici sono stati giustiziati in questo modo.

Un altro evento cruciale da considerare è il massacro di Hama del 1982, quando Hafez al-Assad dichiarava di aver bombardato la città a causa della presenza dei Fratelli Musulmani. Tuttavia, è importante notare che il regime non ha combattuto direttamente i Fratelli Musulmani a Hama, ma piuttosto la popolazione della città. Secondo il dottor Abbas, le “avanguardie combattenti”, considerate l’ala armata dei Fratelli Musulmani, in realtà avevano poco a che fare con la Fratellanza stessa. Il dato certo è che si trattava della presenza di circa 500 soggetti armati in città, e, per combatterli, il regime ha massacrato più di 27.000 civili disarmati, nell’inconsapevolezza del mondo e nella totale assenza di media. Hafez AL Assad ha assediato Hama impedendone l’ingresso e l’uscita, poi ha dato inizio a bombardamenti ed eccidi, nel silenzio più totale.

La storia tornerà a ripetersi: Decenni dopo, Assad figlio è stato in grado di compiere più di 52 massacri documentati dal 2011 fino ad oggi, nonostante i moderni mezzi di comunicazione e Internet.

La BBC ha trasmesso la prima notizia del massacro del 1982 cinque giorni dopo la fine delle operazioni, senza fornire alcun dettaglio.

Gli abitanti di Damasco hanno provato a manifestare solidarietà alla popolazione di Hama, ma il Mufti della Repubblica Araba Siriana, Ahmed Kaftaro, e la Camera di commercio di Damasco hanno esercitato delle forti pressioni sulle persone, riuscendo a soffocare le manifestazioni di sostegno ad Hama.

È importante sottolineare che il principale responsabile di questo massacro è Rifaat al-Assad, fratello di Hafez al-Assad, passato alla storia come il “macellaio di Hama” e definito da Hassan Abbas il “fratello cattivo”, sul quale ritorneremo più avanti.

Per comprendere in che modo agisce la repressione nel paese, è essenziale conoscere la forma del potere in Siria.

Il dottor Hassan Abbas ha paragonato la struttura del regime degli Assad alla facciata dei templi greci. Secondo la sua analisi, il tempio degli Assad si basa su tre elementi:

La base, composta da due piani: quello superiore rappresenta lo Stato e quello inferiore il popolo siriano;

il frontone, che rappresenta il rais e, infine, i sette pilastri che sono:

L’ esercito siriano; Il partito arabo socialista Baath; I servizi segreti dell’Aeronautica Militare (creata da Hafez al-Assad); Servizi segreti militari; I servizi segreti politici; I servizi segreti dello Stato ed i servizi segreti Nazionali.

Quando Hafez al-Assad ha preso il potere, si è da subito adoperato per ripulire l’esercito, il partito e le forze di sicurezza dai suoi oppositori.

Qui vedete un’illustrazione della struttura di governo del regime siriano.

Tra il 1986 e il 1987, Hafez al-Assad è stato colpito da una malattia e suo fratello Rifaat ne ha approfittato per cercare di prendere il potere. Rifaat ha mobilitato la sua fazione dell’esercito, nota come “Brigate di Difesa”, per tentare un colpo di stato militare a Damasco. Questo ha portato a scontri tra le truppe dell’esercito siriano e le Brigate di Difesa. Tuttavia, Hafez è intervenuto esiliando Rifaat dal paese. Le Brigate di Difesa sono state sciolte e a Rifaat è stato concesso un considerevole “tesoro di famiglia”, una grande somma di denaro prelevata direttamente dalla banca centrale di Damasco, affinché potesse accettare l’esilio. Rifaat si è trasferito in Francia, portando con sé una vasta quantità di denaro, vivendo nel lusso fino alla fine del suo esilio nel 2021.

La malattia di Hafez è peggiorata dopo il 1990 ed il castello degli Assad fu scosso. In un sistema politico molto più simile ad una dinastia reale che ad una repubblica, Basil Al-Assad è emerso come l’erede naturale di suo padre ed immediatamente ha preso inizio la campagna mediatica in suo favore. La sua morte improvvisa in un incidente stradale nel 1994, però, ha scombinato nuovamente le carte in tavola. Il figlio più giovane, Majd, non era idoneo al ruolo di rais perché affetto da problemi di salute mentale (infatti, non veniva mai fatto apparire in pubblico per non mostrare al popolo gli elementi di debolezza della famiglia).

Maher, l’altro figlio, era noto per assomigliare allo zio Rifaat- i siriani usavano dire che era stato cresciuto dallo zio– e per avere un cattivo carattere; dunque, la scelta di Bashar come successore risultava quasi obbligata.

La sponsorizzazione di Bashar è iniziata a livello internazionale quando Jacques Chirac lo ha ricevuto sui tappeti rossi dell’Eliseo, un protocollo che si applica solo ai capi di stato. Il primo ministro siriano Mahmoud al-Zaaubi, che era contrario alla successione familiare degli Assad, è stato fisicamente eliminato e la sua morte è stata fatta passare come un suicidio.

Quando Hafez al-Assad morì, il 10 giugno del 2000, esisteva quindi un solo ostacolo alla successione di Bashar: la costituzione, la quale prevedeva un’età minima di quarant’anni per poter diventare presidente della repubblica. Il problema è stato risolto lo stesso giorno della morte del rais, con il parlamento che si è riunito per modificare la costituzione e adattare alla persona di Assad Junior il limite d’età, abbassandolo a 34 anni: si tratta probabilmente dell’emendamento costituzionale più veloce al mondo. La strada di Bashar verso il palazzo presidenziale era così ufficialmente aperta.

Da qui si è aperta una nuova fase, il cui cambiamento più evidente era l’introduzione di Internet nel paese, per far fede all’immagine che il nuovo presidente voleva proiettare di sé: quella di un uomo aperto e modernizzatore. Ricordiamo bene la martellante propaganda della televisione ufficiale, in cui il suo programma politico veniva chiamato “la marcia di sviluppo e modernizzazione”.

Nello stesso anno, a Beirut, quattro intellettuali siriani si incontravano e decidevano di scrivere un manifesto per chiedere il ripristino delle libertà fondamentali e politiche, tra cui l’attività partitica, tutte libertà sospese dalla legge di emergenza, in vigore dal 1963. Il dottor Hassan Abbas era uno dei quattro intellettuali che, una volta tornati a Damasco, hanno ultimato il manifesto e ne hanno create solo quattro copie per evitare che trapelasse. Ciascuno di questi intellettuali, portava in giro una copia della dichiarazione per raccogliere altre firme nel resto dei governatorati siriani. Il dott. Abbas ha evidenziato il fatto che l’80% degli intellettuali siriani si rifiutò di firmare la dichiarazione per paura dei servizi di sicurezza del regime.

Il giorno della proclamazione del Manifesto di Damasco coincideva con la provocazione del primo ministro israeliano Ariel Sharon, che proprio 26 settembre 2000 fece irruzione nella moschea di Al-Aqsa. Si convenne, quindi, che questa data non fosse adatta per l’annuncio al pubblico, a causa delle importanti ripercussioni dell’episodio sull’opinione pubblica siriana e internazionale.

L’intelligence del regime, tuttavia, non ha concesso alcuna scelta ai firmatari: essendo già venuta a conoscenza dei loro nomi, uno degli intellettuali è stato costretto a portare il documento alle agenzie di stampa internazionali in Siria per farlo pubblicare. Di fronte al loro rifiuto, forse prevedibile, ha preso un’auto privata ed è partito per Beirut per consegnare la dichiarazione all’agenzia di stampa Al-Nahar e al giornale francese Agence France-Presse.

Finalmente, nonostante le notizie provenienti dalla Palestina occupata, il 27 settembre 2000,3 mesi dopo la morte di Hafez al-Assad, la dichiarazione è stata pubblicata con il nome di “Manifesto dei 99 intellettuali siriani”, in seguito chiamato solo “Manifesto dei 99”.

La notizia della sua diffusione ha dominato la scena mediatica a Beirut, provocando grande clamore e confusione.

Secondo il dottor Abbas, il manifesto assomigliava a una rivolta spontanea come la Primavera di Praga o la Primavera di Budapest del 1961. Il gruppo dei 99 aveva molte richieste, ma le principali erano lo svuotamento delle carceri, l’annullamento dello stato di emergenza e la conseguente instaurazione dello stato di diritto, insieme alle libertà per la società civile.

È stato come un miracolo sotto lo Stato “amnocratico”, uno Stato nascosto che governa con il ferro e il fuoco.” Ci ha detto il dott. Abbas durante il forum.

Il manifesto ha dato vita ad una stagione di enorme fervore politico e culturale, il cui simbolo è stata l’apertura dei forum di discussione.

Il contesto nazionale di apparente cambiamento ha chiaramente influito sull’emergere di questo fenomeno e, sicuramente, la relativa apertura dopo il blocco economico dei paesi Golfo nei confronti della Siria negli anni ’80 ha contribuito alla creazione di questo clima. Infatti, la fase di apertura economica ha portato le persone a pensare con uno spirito liberale e c’era una relativa libertà nel fare affari, dovuta principalmente al Decreto 10, che ha consentito gli investimenti interni ed esterni privati.

La stessa “elezione” di Bashar, per quanto con i metodi sopracitati, ha portato con sé minime speranze di cambiamento, perché il nuovo raìs professava un innovatore, a differenza del padre e del fratello.

Il manifesto, che ha portato la gente a svegliarsi il 27 settembre del 2000 in un tumulto mediatico generale, ha generato l’apertura di175 forum politici e sociali nel periodo tra la fine del 2000 e l’aprile 2001.

All’inizio il regime ha reagito con apparente tolleranza, finché nell’aprile 2001, ha emesso un ordine di chiusura dei forum e circa il 95% dei forum sono stati chiusi.

Il dottor Abbas può essere considerato un precursore dei forum, poiché già nel 1993 aveva fondato il “Forum Culturale del Venerdì” presso il Centro Francese di Studi Arabi (oggi Istituto Francese per il Vicino Oriente), dove si discuteva di questioni economiche e del grande problema della corruzione. Tra le sue iniziative vi erano il Club del Cinema, il Club di Lettura e una serie di eventi culturali. Uno dei momenti più significativi è stato la celebrazione della festività curda del Nowruz nel 1998, quando un gran numero di curdi si radunò a Damasco per l’occasione, nonostante il festeggiamento fosse vietato dal regime.

Nello stesso anno, la pubblicazione del romanzo “Palazzo della pioggia” di Mamdouh Azzam, provocava forte scandalo nella comunità drusa. Gli sheikh drusi emisero una fatwa attraverso la quale invitavano alla sua uccisione (“chi prenderà il suo sangue non commetterà peccato”) in quanto colpevole di aver insultato la cultura drusa. Ma la gioventù di Sweyda, la principale città drusa, si è opposta alla fatwa prendendo le difese dello scrittore. Pochi anni dopo, il movimento della primavera di damasco ed i forum culturali hanno avuto un ruolo molto importante in questo episodio:

è stato formato un comitato per mediare tra l’autore e la parte della popolazione che era al suo fianco e gli sheikh che lo avevano condannato a morte.

Da quel momento in poi, i forum avevano iniziato ad intraprendere un ruolo attivo nella società, intervenendo concretamente nelle questioni più spinose e nelle dinamiche sociali più critiche.

Gli attivisti hanno poi iniziando a riprendersi le strade delle città, organizzando manifestazioni per la Palestina e per altre questioni sia di interesse globale che prettamente nazionale, come la corruzione dilagante nel paese.

Tra il 2000 e il 2001, il manifesto dei 99 si è converto nel “Manifesto delle Mille”, anche se di fatto le firme raccolte erano solo 265.

Purtroppo, già allora la società civile si divise presto tra le fazioni del movimento che volevano creare un partito politico e quelle che preferivano che rimanesse un movimento sociale. Oltre a questa importante divergenza, emerse anche la divisione tra la componente liberale, rappresentata dall’ex parlamentare Riad Seif, che aveva fondato il “Forum Liberale”, e quella democratica, incarnata da Radwan Ziadeh, che era stato una figura chiave nel forum di Seif prima di lasciarlo per creare il suo “Forum del Dialogo Democratico”.

Chiaramente, questo nuovo fervore non era gradito al regime siriano, che tuttavia non poteva reprimere immediatamente gli attivisti perché l’attenzione dell’opinione pubblica siriana e mondiale era molto alta. Inoltre, si trattava di movimenti sociali che assumevano posizioni difficilmente condannabili pubblicamente.

Quindi, per stroncare i movimenti, ha dovuto seguire il metodo che noi siriani chiamiamo “l’annegamento del pesce”: a partire dal 2001, il regime ha infiltrato le manifestazioni organizzate dai forum con i suoi sostenitori, che faceva unire alla manifestazione, e improvvisamente la manifestazione veniva dominata dalle immagini di Al-Assad e dagli slogan del partito arabo socialista Baath. Durante la rivoluzione ho assistito ad episodi come questo diverse volte, infatti, era una consuetudine del regime obbligare gli studenti di scuole ed università ad unirsi ai cortei della rivoluzione per infiltrarli con foto del rais e striscioni pro-regime.

In questa fase hanno avuto inizio anche gravi minacce alla sicurezza degli attivisti della società civile, come nel caso di “Riyad Saif”, al quale l’intelligence ha comunicato testualmente: “Noi siamo in grado anche di sapere cosa succede tra te e tua moglie in camera da letto”. Questa squallida intimidazione serviva a far comprendere fino a che punto il loro controllo potesse estendersi su tutte le sfere sociali e politiche del paese.

L’unico forum superstite era il forum Al-Atassi, fondato nell’aprile del 2001, stesso periodo in cui tutti gli altri sono stati costretti a chiudere. Nel mese di giugno dello stesso anno, nella residenza di Jamal al-Atassi (Nel quartiere di Mezze, a Damasco), si è tenuta una conferenza dal titolo “Stampa e censura in Siria”, alla presenza di circa 230 persone. Durante la conferenza, Habib Issa, portavoce ufficiale del forum, è stato arrestato dai servizi di sicurezza. Un paio di mesi dopo, ad agosto,Riad al-Turk ha tenuto un discorso presso lo stesso forum, dal titolo “la via della democrazia”, al termine del quale le forze di sicurezza hanno arrestato otto attivisti. Poco prima avevano arrestato Riyad Saif e Maamoun al-Homsi e li avevano condannati a pene dai 3 a 10 anni di reclusione. La stessa sorte è toccata anche ad Arif Dalila, famoso oppositore, condannato a dieci anni di prigione.

Nonostante questa palese e profonda repressione, il forum è rimasto formalmente aperto fino al 2005 per motivi puramente strategici: come accennato sopra, il regime non poteva reprimere i movimenti in modo plateale e, per questo motivo, aveva negato pubblicamente la chiusura dei forum, attraverso il giornale giordano Al-Majd, portando come esempio le attività del forum Atassi.

Solo nel 2005, quando si tenne un’assemblea di 15 partiti a cui furono invitati anche i Fratelli Musulmani, che parteciparono tramite una lettera letta da Ali Abdallah, è arrivato il punto di rottura che ha portato alla chiusura anche dell’ultimo forum rimasto.

Il dottor Hassan Abbas non è mai stato arrestato, secondo quanto ha riferito, per diverse ragioni: era solito tenere conferenze in 20 università in Europa, e il regime aveva ancora paura di distorcere la propria immagine in Occidente. Inoltre, era membro di una famiglia alawita e figlio di Abdul Hadi Abbas, uno dei fondatori del Partito Arabo Socialista Baath, ed un suo parente prossimo era ufficiale dell’Aeronautica Militare.

Nonostante la presenza di tali elementi che potevano rappresentare una forte forma di protezione dal regime settario degli Assad, nell’aprile 2013, dopo lo scoppio della rivoluzione, il Dott. Abbas è venuto a sapere che i servizi di sicurezza lo avrebbero presto arrestato da casa sua, così ha lasciato la Siria facendo perdere le sue tracce.

L’eredità di questa esperienza, unica in cinquant’anni di dittatura, è rimasta fortemente impressa nella nostra memoria collettiva

Purtroppo, però, I forum non sono mai riusciti a raggiungere la base popolare, perché erano strettamente limitati alle élites culturali, che da sole non potevano apportare un cambiamento significativo.

Dopo la rivoluzione siriana del marzo 2011, quelli che erano stati i forum si sono trasformati nelle “tansiqyat al thawra”, ovvero gruppi di coordinamento dei comitati locali. Le Tansiqyat avevano in mano l’organizzazione delle manifestazioni, la loro pubblicizzazione e diffusione. Purtroppo, anche questi rimanevano gruppi abbastanza distanti dalla base popolare, che era però fortemente presente nei comitati locali, responsabili dell’organizzazione pratica della vita quotidiana nelle zone liberate dal regime, dal 2011 in poi.

L’esperienza della rivoluzione è stata, come spero sia noto, profondamente popolare ed ha coinvolto ogni strato sociale della popolazione. Un forte scollamento tra i rappresentati politici dell’opposizione siriana e gli attivisti della rivoluzione ed il resto delle persone che hanno creduto (e credono ancora) nella rivoluzione, è apparso già dopo un anno dall’inizio delle proteste ed è aumentato sempre di più con il passare del tempo, fino ad arrivare alla situazione attuale, in cui posso affermare con pochi dubbi che nessun attivista della rivoluzione si sente rappresentato dalle organizzazioni politiche ufficiali dell’opposizione.

Traduzione dall’arabo di Paola Fracella 

NOTA

  1. Hassan Abbas (15 aprile 1955 – 7 marzo 2021) è stato uno scrittore e professore siriano, titolare di un dottorato di ricerca in letteratura e critica letteraria presso la Nuova Università Sorbona di Parigi. Abbas è stato tra gli intellettuali più attivi durante la “Primavera di Damasco”, un periodo di intenso dibattito politico e sociale in Siria dopo la morte dell’ex presidente Hafez al-Assad nel giugno 2000. Dopo l’inizio della Primavera Araba nel 2011, Abbas ha partecipato alla maggior parte delle proteste a Damasco. Nel 2012, dopo aver lasciato la Siria, ha intrapreso una delle sue più importanti attività politico-civili fondando la Lega Siriana per la cittadinanza. 

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