Sky, sindacati: esodo o riconversione per 1200 lavoratori

1 year ago 59

Sky Italia ha illustrato ai sindacati un piano di efficientamento che interesserà 1200 lavoratori, chiamati a scegliere fra un esodo volontario incentivato, fino alla capienza del budget stanziato dall’azienda, e una riconversione professionale verso le attività che verranno reinternalizzate.
Lo comunicano i sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil dopo un incontro con l’a.d di Sky Italia, che ha presentato loro il piano 2024-2025, evidenziando come un riassetto che interessa 1.200 persone su un organico di 4.000 “potrebbe diventare dirompente” se gli strumenti di riconversione “non fossero utilizzati in modo efficace”.

“Contratteremo ogni singola situazione, con particolare attenzione per i processi di reinternalizzazione e di reskilling di tutto il personale coinvolto, per verificare che si tratti effettivamente di un percorso concreto, e non di un semplice tentativo di guadagnare un po’ di tempo prima di soluzioni più drastiche”, ammoniscono i sindacati.
“In Sky sono diversi anni che, partendo dalla contrattazione di anticipo, siamo riusciti a governare una gestione non traumatica di molte situazioni critiche, partendo soprattutto dal concetto della riqualificazione dei lavoratori dinanzi ad una fase di profondo cambiamento tecnologico. Per noi – aggiungono – non c’è spazio, in questa azienda come nel resto del settore, per scelte diverse rispetto a quanto fatto sino ad ora”.

“Pur nella consapevolezza delle difficoltà che vivono il mondo del broadcasting e della pay-tv tradizionale – avvertono i sindacati – un riassetto che tocca 1200 persone (fra interni ed esterni) su un organico di poco più di 4000 unità, rappresenta un elemento che potrebbe diventare dirompente se, questi strumenti messi in campo, non fossero utilizzati in modo efficace”. D’altra parte, evidenziano i rappresentanti dei lavoratori, il settore si trova di fronte a una “crisi strutturale”, “acuita dall’entrata in campo delle piattaforme streaming, le cui economie di scala, unite alla forza economica e all’assenza pressoché totale di costo del lavoro nel nostro paese, stanno mettendo a dura prova l’esistenza dei broadcaster tradizionali”. Si tratta di una crisi “che, in assenza di un intervento regolatorio capace di riequilibrare il vantaggio competitivo strappato dalle piattaforme streaming, rischia di mettere in ginocchio l’intero settore, almeno a giudicare dall’andamento dei ricavi pubblicitari, sempre più sbilanciati, conclude la nota, a favore degli OTT”.

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